Io, Matilde e suo marito

di
genere
trio

Il nostro intreccio si era dipanato come un arazzo di desideri proibiti: io, Matilde e Simone, avvinti in un vortice di sensi che aveva sconvolto l'equilibrio delle nostre vite. Ricordo con nitidezza la notte inaugurale, quando Matilde si era abbandonata tra le mie braccia, i suoi sospiri come echi di un'anima in fiamme, rivelando un anelito profondo che né lei né io avevamo osato confessare. Poi era giunto Simone, il nostro comune confidente, e l'equilibrio si era inclinato verso l'ignoto: insieme l'avevamo condotta attraverso territori inesplorati del piacere, culminando in quell'episodio fatale dove, mentre Matilde conversava al telefono con suo marito Marco, io e Simone la stuzzicavamo con tocchi audaci e sussurri infuocati, le nostre mani e labbra che danzavano sul suo corpo fremente, costringendola a celare i gemiti dietro una maschera di normalità. Avevo immortalato quel momento in un video clandestino, un tesoro nascosto nel mio archivio digitale, catturando ogni fremito, ogni sguardo velato di estasi, ogni respiro spezzato.

Ma Simone era svanito dall'orizzonte poco tempo dopo, estromesso da Matilde stessa in un gesto di irrevocabile fermezza che aveva lasciato un'eco di stupore. Ufficialmente, gli aveva comunicato che non poteva più persistere in quel tradimento, che il rimorso la divorava e voleva ristabilire l'armonia coniugale, una vita immacolata e devota. Simone aveva accolto il verdetto con un misto di delusione e rassegnazione, ritirandosi senza clamore, come un'ombra che si dissolve all'alba. In verità, io conoscevo il cuore del mistero: Matilde era ormai irretita da me, catturata in una rete di emozioni che la legavano indissolubilmente. Da quel momento, i nostri rendez-vous si erano intensificati, avvolti in un velo di intimità profonda, un legame che ci univa oltre ogni confine.

Marco, il marito di Matilde, mio amico da sempre, incarnava l'essenza della solidità e della lealtà, un uomo che evocava ammirazione per la sua incrollabile affidabilità. Alto e imponente, con spalle forgiate dagli anni di rugby giovanile, il volto squadrato incorniciato da capelli brizzolati che conferivano un'aura di maturità saggia, gli occhi chiari che celavano una profondità spesso inespressa. Ingegnere in una prestigiosa azienda, vestiva con impeccabile eleganza, un sorriso cortese che mascherava una natura meticolosa, forse un tantino rigida. Era il baluardo della loro esistenza domestica, nutriva per Matilde un amore profondo, radicato nelle tradizioni. I suoi gesti di affetto erano testimonianze silenziose della sua devozione. Non nutrivo il minimo sospetto che fosse a conoscenza dei nostri arcani; per me, rimaneva l'amico fidato, il coniuge inconsapevole.

Fu proprio Marco a mandarci l'invito per quella sera fatidica. Mi contattò con la consueta affabilità: «Daniele, sabato si disputa Italia-Albania. Unitevi a noi? Tu e Laura, con pizza e birra sul nostro divano. » Accettai con entusiasmo, ma Laura dovette declinare per un impegno con le compagne, un fine settimana lontano dalla città. Lo comunicai a Marco, e lui replicò con disinvoltura: «Non importa, godremo ugualmente della compagnia noi tre.» Non vi ravvisai alcuna ombra; Matilde non aveva accennato a nulla che potesse insinuare dubbi, e io procedetti ignaro.

Giunsi alla loro dimora con una bottiglia di vino pregiato. Matilde dischiuse l'uscio, radiosa nel suo abito fluido che ne esaltava le forme sinuose, i capelli cascanti come una cascata di seta, un sorriso velato da un fremito che imputai all'eccitazione del nostro incontro. Mi sfiorò la guancia con un bacio effimero ma carico di elettricità. Marco, dalla cucina dove approntava la pizza, mi accolse con una stretta vigorosa: «Benarrivato. Accomodati pure.»

La cena trascorse in un'atmosfera di cordiale leggerezza, discorsi su professioni e conoscenze condivise. Matilde era effervescente, le sue risate come note cristalline alle mie facezie, ma i nostri sguardi si intrecciavano in un dialogo muto, pregno di quella complicità esclusiva. Marco irradiava buonumore, dispensando il vino con generosità. Poi, mentre ci apprestavamo al divano per guardare la partita, impugnò il telecomando. «Prima, vi mostro qualcosa che ho rinvenuto. È… rivelatore.»

Il video si materializzò sullo schermo.


Era il nostro filmato. Quello da me catturato: Matilde denudata, io e Simone che la accarezzavamo con audacia mentre lei dialogava al telefono con Marco, lottando per dissimulare i sospiri. Si scorgeva ogni dettaglio – le mie dita che la esploravano con delicatezza insistente, le labbra di Simone sul suo collo, il suo corpo che si inarcava in un'agonia di controllo. La sequenza fluiva verso il letto, con noi tre avvinti in un turbine di passione, i sospiri che si elevavano in un crescendo di estasi condivisa.

Matilde sbiancò, la mano premuta sulle labbra. «Marco… cielo… come hai…»

Marco balzò in piedi, il volto paonazzo d'ira. «Come? L'ho scovato nel tuo archivio digitale, Matilde! Da quanto dura questa ignominia? Con uno dei miei più cari amici?» Si avventò su di me, fronte a fronte, i pugni stretti in un fremito di violenza. Era a un soffio, il suo respiro ardente sul mio volto. «Tu, infame. Ti anniento. Ti distruggo qui e ora!» Mi sospinse contro la parete, il braccio levato come per colpire.

Io serbai una compostezza glaciale, le braccia inerti lungo i fianchi, lo sguardo inchiodato al suo. Lo lasciai sfogare, immobile. Matilde accorse, afferrandogli il braccio con disperazione. «Marco, smettila! Calmati, parliamone…»

Lui la respinse, ansimante. «E di cosa dovremmo parlare? Ho contemplato ogni istante! Tu che ti lasci scopare da loro mentre conversi con me! Sei oscena!»

«Marco,» mormorai con tono sommesso, senza elevare il volume. «Inspira profondamente. Siediti e parliamone.»

Esitò, il torace in tumulto. Infine, si accasciò sul divano, ma gli occhi ardevano ancora come braci. Matilde gli si accomodò accanto, in lacrime. « È stato un abbaglio. Non desideravo infliggerti sofferenza. Ti adoro, lo sai.»

Iniziai con lentezza, accomodandomi dall'altro lato. «Marco, comprendo il tuo furore. Hai ogni ragione per sentirti oltraggiato. Ma permettimi di rivelarti una verità: non è verso me o Matilde che dirigi la tua collera autentica. È verso te medesimo.»

Alzò il capo, perplesso. «Che assurdità è mai questa?»

«Rifletti, quante volte hai guardato quel filmato?» proseguii, la voce un sussurro persuasivo, avvolgente come seta. «Non una mera occhiata, non due. Decine di visioni. In solitudine, nelle ore buie della notte. E ogni volta, non l'hai interrotto in un impeto di disgusto. L'hai assorbito fino all'epilogo. Perché ti ha infiammato l'anima. Ti ha destato sensazioni inedite, potenti, che ribollono nel tuo intimo. Osserva te stesso in questo istante: l'ira ti consuma, sì, ma il tuo corpo narra un'altra epopea. Quella tensione palpabile nei tuoi indumenti… non è mera furia, Marco. È un desiderio represso, che affiora come un fiume sotterraneo, pronto a erompere. Non mentire a te stesso.»

Marco arrossì violentemente, distogliendo lo sguardo. «Io… è una menzogna. Mi repelle.» Eppure, la voce vacillava, e non accennava a muoversi.

«Marco,» continuai, accostandomi con delicatezza. «Sei un marito esemplare, un faro di virtù. Matilde ti venera sopra ogni altro. Sei il suo compagno eterno, il suo rifugio. Ma ogni unione evolve, e i desideri si trasformano come stagioni. Matilde custodisce visioni che non sminuiscono il vostro legame, bensì lo potrebbero elevare a sublimi altezze. Invece di contrastare questo flusso, potresti immergertici. Diventare il compagno che comprende, che accoglie. Non vi è peccato nell'esplorare orizzonti nuovi in armonia. Innumerabili coppie lo intraprendono e ne emergono più salde, più intrecciate. Tu rimani il fulcro, Marco. Lei nutre amore solo per te. Ma reprimerla la allontanerebbe come un vento impetuoso. Assecondala, e la custodirai più prossima che mai.»

Matilde gli strinse la mano con tenerezza. «Daniele ha ragione. Non voglio certo perderti. Ma questi impulsi… mi infondono vitalità, come un elisir che ravviva il mio essere. E vogloo condividerli con te, non celarli nell'ombra.»

Marco deglutì, un conflitto interiore che gli scolpiva il volto. «Io… mi sento un relitto, un fallito.»

«No,» ribattei con dolce fermezza. «Sei semplicemente confuso, Marco. E in quest'istante, il tuo corpo proclama la verità incontestabile. Quel filmato ti ha sconvolto perché hai scorto Matilde in una libertà assoluta, in una passione primordiale che ti ha scosso le viscere. Hai rivissuto quelle scene nelle tue notti insonni, il cuore in tumulto, il sangue che ribolle. Hai provato un'eccitazione che ti ha terrorizzato e al contempo inebriato, un misto di gelosia e desiderio che ti ha reso vivo come mai prima. Non è debolezza, è forza. Accoglila, Marco. Lasciati travolgere da questo pathos, e trasformerai il dolore in estasi condivisa.»

Rimase assorto per un'eternità che parve sospesa, poi annuì lievemente, gli occhi velati di un'emozione complessa. Matilde mi volse uno sguardo colmo di gratitudine e ardore. «Daniele…»

Mi accostai a lei, sfiorandole la guancia con dita tremanti. Lei dischiuse gli occhi, un sospiro profondo che le sfuggì dalle labbra. Marco bisbigliò: «Smettetela…» Ma il tono era fioco, privo di convinzione.

Le accarezzai le labbra con le mie, un bacio tenue all'esordio, che si approfondì in un vortice di passione. Matilde ricambiò con fervore, le dita intrecciate nei miei capelli.

Le sollevai l'abito con lentezza rituale, le mani che danzavano sulle sue cosce setose, risalendo verso il calore del suo essere. Lei inarcò la schiena, un gemito sommesso che echeggiò come una melodia proibita. Marco tentò nuovamente: «Basta… vi scongiuro…» Eppure, anziché intervenire, si abbandonò ancor più sul divano, lo sguardo ipnotizzato dal nostro intreccio, la mano che scivolava con esitazione verso la sua intimità.

Matilde lo osservò con occhi colmi di tenerezza e desiderio. «Amore, contemplaci. È per noi, per il nostro legame.» Si volse a me, slacciandomi la camicia con dita febbrili, le labbra che sfioravano il mio petto in baci ardenti. Io le liberai il seno dal reggiseno, accarezzandolo con reverenza, i capezzoli che si ergevano come boccioli al mio tocco. Lei ansimava.

Marco aveva dischiuso i pantaloni, il suo vigore teso e palpitante tra le dita, che si muovevano con ritmo crescente, rapito dal nostro spettacolo. «Io… non dovrei…finitela...»

«Va tutto bene» lo rassicurò Matilde, la voce intrisa di passione mentre le mie dita si insinuavano tra le sue cosce, scoprendola umida e accogliente come un'oasi segreta. «Osservaci. Lasciati andare. Senti il calore che ci avvolge.»

La distesi sul divano con delicatezza, rimuovendo le sue intime barriere, le labbra che tracciavano un sentiero di baci sull'interno delle sue cosce, ascendendo con languida pazienza. La mia lingua la esplorò con devozione, leccate lente e insistenti sul suo centro pulsante. Matilde emise un grido sommesso: «Oh, Daniele… più in profondità… mi fai tremare…» Si contorceva, le mani affondate nei miei capelli, il corpo un arco di desiderio.

Marco accelerò il suo ritmo, sospiri rauchi che si univano ai nostri.

Mi alzai, liberandomi dagli indumenti con movimenti fluidi. Matilde mi accolse tra le sue mani, accarezzandomi con dolce maestria. «Entra in me» implorò con voce velata. Mi distesi su di lei, penetrandola con lentezza esasperante, ogni centimetro un passo verso l'abisso del piacere. Lei cinse i miei fianchi con le gambe, gemendo intensamente.

I nostri fianchi danzavano in un'armonia perfetta, lenti e profondi, ogni affondo un'onda di emozione che ci sommergeva. Matilde mi baciava il collo con fervore, poi volgeva lo sguardo a Marco: «è un'estasi divina… unisciti a noi. Voglio te e Daniele simultaneamente, dentro di me, in un'unione totale.»

Marco vacillò solo un istante, poi si alzò, spogliandosi con mani tremanti. Si avvicinò, il corpo percorso da un fremito. Matilde lo guidò con dolcezza dietro di sé, offrendosi in un gesto di assoluta vulnerabilità. «Vieni, rendiamolo eterno.»

Marco la penetrò con delicatezza dietro e un gemito profondo gli sfuggì. Matilde urlò in un'estasi purissima: «Sì! Entrambi…vi voglio cosi, non smettete mai!»

Ci muovemmo in un sinfonia crescente, lenti all'inizio, poi sempre più impetuosi, un turbine di corpi e anime intrecciate. Matilde era il fulcro, i suoi gemiti un canto che riempiva l'aria, le unghie che incidevano la mia pelle in un marchio di passione. Culminammo in un'apoteosi: prima lei, scossa da un orgasmo violento che la fece vibrare come una corda tesa; poi io, riversandomi in lei con un'onda profonda e infinita; infine Marco, con un lamento rauco, colmandola appieno.

Rimanemmo avvinghiati per un tempo lunghissimo, ansimanti, un trittico di emozioni. Matilde ci baciò alternativamente, prima me con ardore, poi lui con tenerezza infinita: «Vi adoro entrambi. Grazie per questo dono.»

Mi rivestii con lentezza, un sorriso che aleggiava sulle labbra. «Una serata memorabile, Marco. La prossima eclisserà persino questa.»

Uscii nell'oscurità calda della notte, certo che questa serata avrebbe dispiegato nuovi capitoli, intrisi di pathos e intrighi ancor più profondi.
scritto il
2025-11-19
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