Capitolo 7 matilde

di
genere
etero

La luce del mattino filtrava a spicchi tra le tapparelle socchiuse. Lucia si alzò presto, prima ancora che suonasse la sveglia. Si stiracchiò in silenzio, evitando di svegliarmi.
Feci finta di dormire per un pò. Mi resi conto che era rimasta un attimo a guardarmi. Poi si mosse piano, raccolse i vestiti sparsi e si chiuse in bagno.
Uscì chiudendo piano la porta d'ingresso. Adorai quella sua gentilezza. Mi sarei alzato per poterla baciare ma mi piaceva sentirla muoversi piano per la casa.
Mi lasciò un bigliettino con su scritto:
- resta quanto vuoi. Se vai via tirati la porta. Un bacio... PS E' stata una bellissima notte.

Mezz'ora dopo era già in ufficio.
Quel giorno non doveva esserci. Tecnicamente aveva un giorno di recupero, ma l'idea di lasciare quel fascicolo in mani altrui senza almeno un controllo finale le metteva un'ansia che non riusciva a scrollarsi di dosso.
Entrò nel suo ufficio come faceva sempre. Aveva passato la notte tra le braccia di un uomo con cui si stava creando un legame autentico -- qualcosa che non le succedeva da tempo -- e adesso doveva dire addio al caso che li aveva fatti incontrare. Un caso che, in fondo, la coinvolgeva più di quanto avesse voluto ammettere.
Aprì l'armadio degli archivi, tirò fuori il fascicolo su Matilde Corsi, e lo posò sulla scrivania. Riaprì ogni singola busta, ogni verbale, ogni foto, ogni documento. Era tutto in ordine. Tutto pronto per essere consegnato.
Poi si fermò. Tirò fuori l'agenda rossa.
Il cuoio della copertina era ancora leggermente profumato, come se l'avesse tenuta in borsa fino a pochi giorni prima.
Lucia l'aprì, sfogliando lentamente. Il diario era pieno di annotazioni, descrizioni, riflessioni scritte con una calligrafia elegante, femminile ma sicura. Racconti, luoghi, orari, nomi a volte solo accennati, a volte completi. Matilde aveva documentato tutto, come se volesse lasciare traccia di sé, o come se sapesse che un giorno qualcuno avrebbe cercato di capire chi fosse davvero.
Si alzò, prese la strada della stanza fotocopie. Il corridoio era ancora semi deserto. Fece le copie di tutte le pagine dell'agenda. Poi fece lo stesso con i verbali più significativi -- quelli che, lo sapeva bene, contenevano le prime crepe, le prime ambiguità, i primi sospetti reali.
Prese una cartellina anonima, senza intestazioni. Mise dentro le copie e la infilò sotto altre scartoffie sulla sua scrivania.
Poi preparò il fascicolo ufficiale e appena finito chiamò l'ispettore Bianchi.
Lui entrò nel suo ufficio con l'aria di chi ha appena ricevuto un incarico importante ma non sa se deve esultare o preoccuparsi.
- Ciao Lucia, buongiorno.
- Ciao, ti consegno il fascicolo di Matilde Corsi.
Bianchi si sedette, le mani sul ginocchio, il viso serio.
- Il Questore mi ha detto che il caso passa a me. Mi ha anche detto che hai già fatto un bel po' di lavoro.
Lucia sorrise appena, ma il sorriso era privo di compiacimento.
- Abbiamo lavorato a fondo, questo sì. Dentro quel fascicolo trovi tutto quello che abbiamo raccolto finora: testimonianze, rilievi, referti preliminari, analisi dei dispositivi elettronici.
Fece una breve pausa, poi aggiunse:
- Ci sono alcune piste interessanti, Paolo. Alcune domande aperte. E alcuni nomi che secondo me andrebbero approfonditi con delicatezza.
Lui annuiva, prendendo appunti mentalmente.
- Ad esempio?
- C'è un certo Stefano Malderizzi -- lo troverai indicato in agenda e confermato da alcune chat. E poi ci sono i legami sociali e lavorativi di Matilde. Non era una donna comune. Aveva una vita... stratificata.
Bianchi sollevò lo sguardo.
- Capisco. Lo esaminerò con attenzione.
Lucia si alzò in piedi. Lo fece anche lui.
Gli porse il fascicolo.
- Ti lascio il lavoro. Sei tu adesso a doverci mettere mani. Ma se avrai bisogno di un confronto, o anche solo di un chiarimento... io sono qui. Sai dove trovarmi.
Lui annuì, grato.
- Apprezzo molto. Davvero.
- Perfetto
concluse lei, e gli strinse la mano.
Lo guardò uscire dal suo ufficio. Poi si voltò verso la finestra.
Lucia strinse la cartellina tra le mani. La portò a casa quella sera, senza fare parola con nessuno.
Lucia rientrò a casa poco dopo le tredici.
Appena chiusa la porta dietro di sé, si tolse il giubbotto di pelle e lo lasciò sulla sedia dell'ingresso. Si avvicinò al cellulare e compose il suo numero. Sentiva il bisogno di riascoltare la sua voce.
- Ciao
disse lui appena rispose.
- Ciao... solo per sentirti. Oggi non ci vediamo e volevo sentire la tua voce.
- Anch'io. Mi sei mancata già.
- Sei tenero. Come va?
- Giornata lunga. Ho risolto un paio di rogne che mi stavano addosso da settimane...
- Bene. Poi ci raccontiamo. Ora non ti rubo tempo. Solo un saluto...
- Ti bacio Lucia.
- Anche io.
Riagganciò, sorridendo, poi si passò una mano tra i capelli. Il calore della sua voce l'aveva rincuorata. Ma ora era il momento di tornare al lavoro.
Prese la cartellina anonima. Da dentro, sfilò le fotocopie dell'agenda rossa di Matilde. Si sedette, sistemò una lampada orientabile e cominciò a leggere.
Aveva già letto quei passaggi, ma ora voleva concentrarsi su un dettaglio preciso: le feste in villa.
Prese un taccuino e una penna. Aprì una pagina nuova e scrisse in alto, a lettere maiuscole:
FESTE PRIVATE - APPUNTI AGENDA ROSSA
Poi cominciò a spulciare l'agenda, cercando con metodo.
Quattro. Le feste erano quattro.
Tutte in ambienti diversi ma simili nella descrizione: ville private, contesti riservati, selezione ristretta di invitati.
Le segnò in colonna:
• 3 marzo
• 12 aprile
• 21 maggio
• 7 giugno
Il nome che ricorreva sempre, con puntualità quasi ossessiva, era quello di Stefano Malderizzi. Lo sottolineò.
E poi c'era Gianni De Santis-- il marito.
Anche lui presente in tre su quattro occasioni.
Aveva saltato solo quella del 21 maggio.
Lucia tornò a quel passaggio nell'agenda.
Le descrizioni erano dettagliate come al solito, ma il tono sembrava più personale, quasi intimo. Matilde non annotava solo i fatti, ma rifletteva. L'assenza del marito era sottolineata con una certa ironia, ma non senza una sfumatura di inquietudine.

"Stasera senza Gianni. Diceva che non aveva voglia, che era stanco. Io so che non era quello. Lo so bene. Ma tanto ci andrò lo stesso. Stefano ha insistito e mi piace quando insiste così. Vedremo che succede."

Lucia si fermò.
Prese il foglio e lo evidenziò con un asterisco rosso. Poi tornò indietro e confrontò le quattro serate. In tutte le altre, Matilde parlava di gioco, di eccitazione, di divertimento. Entrava in particolari scabrosi e osceni. Quella del 21 maggio era più la più scarna. Nessun dettaglio esplicito. Solo il riferimento a Stefano. Solo quell'ultima frase sospesa.

"Vedremo che succede."
- E qualcosa è successo davvero...
sussurrò Lucia, appoggiandosi allo schienale della sedia. Restò così qualche minuto. Poi scrisse al centro della pagina:
FOCUS: 21 MAGGIO -- GIANNI ASSENTE -- STEFANO PRESENTE
Sotto, a lettere maiuscole:
COLLEGAMENTI POSSIBILI CON EVENTI SUCCESSIVI?
Sapeva che quella sera avrebbe dormito poco.
Lucia si infilò sotto le lenzuola dopo aver spento la luce del comodino. La stanza era avvolta in una penombra che sembrava proteggerla dai pensieri del giorno. Aveva bisogno di riposo, eppure il sonno tardava ad arrivare.
Chiuse gli occhi e, come spesso le accadeva, le immagini si affollarono senza ordine. La voce del Questore, la cartellina che aveva nascosto con cura, le feste di cui parlava Matilde, quelle pagine così personali da sembrare confessioni sussurrate a un'amica e confidente.
Pensò a lei. A quella donna che aveva scelto di vivere come voleva. Senza filtri, senza vergogna. Una libertà che affascinava.
"Le devo qualcosa."
E inevitabilmente, il pensiero scivolò altrove. A lui.
A quell'uomo che le aveva complicato il cuore in silenzio.
E poi, quelle mani.
Si voltò sul fianco, portando una mano sotto il cuscino, l'altra sul ventre.
Sentì di nuovo il peso del suo corpo sopra il suo. Il ritmo dei suoi baci, il modo in cui l'aveva spogliata, guardandola come se fosse un mistero da scoprire. Le dita si mossero leggere, quasi senza volontà. Cercavano conforto.
Lucia si morse un labbro, ruotando appena il bacino tra le lenzuola. Sentiva il desiderio salire, attraversarla piano, senza forzare nulla. E lo accolse.
Pensava a lui, al suo sguardo quando non sapeva di essere osservato, al modo in cui la ascoltava. Le dita si muovevano tra le sue gambe, strette tra le cosce. Avrebbe voluto averlo li accanto anche quella notte.
Un sussurro le sfuggì dalle labbra mentre un brivido più netto la attraversava, poi un altro, finché il corpo non si tese appena. Silenziosamente. Intensamente.
Rimase immobile qualche istante, il respiro che lentamente tornava calmo. Si passò una mano tra i capelli, sorrise nel buio.
Prese il lenzuolo e se lo tirò addosso, nascondendo pelle e pensieri. Chiuse gli occhi di nuovo, stavolta senza resistenze. Dormire sarebbe stato più facile.
scritto il
2025-10-31
2 7 9
visite
1
voti
valutazione
9
il tuo voto

Continua a leggere racconti dello stesso autore

racconto precedente

Capitolo 6 matilde

racconto sucessivo

Capitolo 8 matilde
Segnala abuso in questo racconto erotico

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.