Il fidanzato di mia mogile 12 - Il matrimonio

di
genere
incesti

Durante la colazione, dopo aver liquidato il marito, avevano ripreso a conversare per approfondire le reciproche esperienze.

Intanto Argo che era stato il primo a finire il gustoso ed energetico contenuto della sua ciotola, si era infilato sotto il tavolo ed aveva cominciato a leccare la fica della sua padrona:

-E' una vera bestia questo qui, non si stanca mai di leccarmela.
Ed ha anche ragione!

Di solito mangia accucciato sul tavolo dove ogni tanto ci scambiamo qualche bacio e qualcosa che abbiamo in bocca che piace ad entrambi.

Poi scende e, mentre io finisco la mia colazione, lui da sotto il tavolo mi lecca la fica.

Oggi per il fatto che ci siete anche voi e non l'ho invitato a salire, è passato subito alla seconda fase.

Non è che mi dispiaccia se me la lecca ma dovendo parlare, mi diventa difficile:

-Basta Argo, basta leccarmela, vai a cuccia adesso!-

A quell'ordine il cane si era allontanato ed era andato ad accucciarsi sul materassino di pelliccia che aveva in terrazzo.

A quel punto il discorso l'aveva ripreso Lucia anche se i suoi racconti non erano ricchi di particolari piccanti come quelli di Chiara.

In fondo il suo era un racconto limitato alla sua famiglia ed alla mamma dalla quale aveva ereditato la sua indole di ninfomane mangia-cazzi e dominatrice dell'uomo che aveva accanto ridotto a servizievole cornuto.

Lei no, Lucia pur avendo scelto un uomo che le lasciasse tutta la libertà di cui aveva bisogno, non l'aveva mai umiliato ma piuttosto, lo aveva reso partecipe e complice delle sue scappatelle e delle sue necessità fisiche.

Mai nel loro rapporto aveva pronunciato la parola 'cornuto' e non l'aveva mai neanche pensato anche quando era lui stesso a procurarle i maschi che l'avrebbero fatta godere.

Infatti si era subito pentita se nella sfuriata telefonica di prima, le era scappata la parola 'cornuto'.

Aveva subito chiesto scusa al pari di lui che si era scusato per non aver accettato subito l'idea di farsi ingravidare da Arturo.

La madre riceveva i suoi amanti a tutte le ore umiliando il marito in ogni modo.

Ed era stata lei stessa quando Lucia non era ancora maggiorenne, a farla sverginare da uno dei suoi amanti che forse l'aveva anche pagata per questo; Che troia!

Col crescere però, dopo aver assaggiato altri uomini della mamma,la ragazza le si era distaccata ed aveva coltivato la sua indole di ninfomane conquistandosi una libertà fisica e cerebrale disinvolta senza mai però, cedere alla volgarità o all'arroganza nei confronti dei ragazzi che frequentava.

Dalla mamma aveva imparato a fare pompini con ingoio da vera artista e questo oltre che crearle una fama tra i maschi che avevano la fortuna di 'assaggiarla' (Tutti lontani dal suo giro di amicizie e famigliari) le permetteva anche di intavolare rapporti che andavano oltre il giudizio di puttanella succhiacazzi che avrebbero potuto affibbiarle.

Persino i suoi professori si mostravano rispettosi e riservati apprezzandone in classe le qualità di brava studentessa mentre nell'intimità, approfittando della sua sconfinata voglia di cazzo e capacità apprese dalla mamma, ne godevano e la facevano godere valorizzandola nel confronto con le mogli descritte per lo più come frigide o 'brave madri di famiglia asessuate'.

Naturalmente altro genere di racconti erano quelli di Chiara.

In quei due giorni trascorsi insieme, molte cose erano già state chiarite con le parole e con i fatti concreti.

Naturalmente, mancavano i dettagli che sarebbero venuti dopo.

In quel momento però, Chiara aveva voglia di svelare il segreto dei suoi ritratti sparsi in tutta la casa:

-Cosa dici Arturo, glielo diciamo adesso?-

Il marito che stravedeva per Chiara ed era sempre pronto ad assecondarne i desideri, aveva annuito.

-Sai Lucia, quando io e Arturo ci siamo sposati, abbiamo voluto fare qualcosa di importante che fosse impresso poi per sempre nella nostra memoria.

Pur essendo entrambi atei, avevamo scelto una piccola chiesa di campagna ed alla cerimonia avevamo invitato solo gli amici ed i parenti più stretti.

A quel tempo avevamo ancora My Boy il golden retriever che non si staccava mai da me.

Dunque, avevamo ottenuto dal prete che in chiesa in mancanza di mio padre fosse lui a sfilarmi accanto.

Io indossavo un magnifico abito da sposa in seta con la gonna attillata, un corpetto di taffetà di seta ricamato ed uno scialle in sta chiffon con le frange sino a terra.

Tutto rigorosamente di un bianco virginale.

Senza reggiseno e senza intimo per non coprire i miei odori all'olfatto di My Boy.

Naturalmente, nessuno sapeva che sotto ero completamente nuda, solo Arturo, mia madre ed il cane.

Alla fine del pranzo di nozze, dopo i rituali saluti degli invitati agli sposi, siamo andati a casa dove la camera da letto era stata preparata (Com'è ancora adesso) con un grande letto, tanti specchi ed un reticolo di microcamere in grado di riprendere ogni angolo dell'ambiente e captare ogni più tenue rumore.

In quel posto, dove il talamo nuziale era accomodato con candide lenzuola di lino, abbiamo trascorso la nostra prima notte di nozze io, Arturo, la mia mamma e l'inseparabile My Boy.

segue

scritto il
2025-09-23
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