“Doppia riunione N.1 - la moglie” – Capitolo 27
di
penna
genere
confessioni
Questa serie di racconti prende spunto da un’esperienza dell’autore che, attraverso la penna, confessa con fantasia l’evoluzione della realtà.
Per contatti: pennaefantasia@gmail.com
Il sabato mattina successivo si presentò sereno, con una luce dorata che filtrava dalle grandi vetrate del salotto della villetta. Mauro, ancora in pigiama di lino chiaro, si muoveva lentamente tra cucina e veranda, il corpo rilassato, la mente finalmente sgombra da calendari e riunioni.
Loretta lo osservava da lontano, in piedi sulla soglia del corridoio, le braccia incrociate. Aveva scelto con cura l’abbigliamento per quella giornata: un body nero in tulle trasparente, impreziosito da ricami floreali che sfioravano appena i seni piccoli ma pieni, sostenuti senza ostentazione. Ai piedi, un paio di mules neri con il tacco basso. Niente altro. A cinquantasette anni, il suo corpo raccontava la storia di una donna consapevole: minuta, agile, con curve morbide sui fianchi ma perfettamente proporzionate, e una pelle curata con attenzione. La sua bellezza non era da copertina, ma da vicinanza. E Mauro ne era ancora totalmente rapito.
«Oggi non lavori», disse lei, posandosi contro lo stipite della porta, la voce calda ma decisa.
Mauro si voltò e la vide. Si fermò.
«No, oggi sono tutto tuo per la prima riunione», rispose, in un gesto che era già offerta.
Loretta lo raggiunse lentamente, il rumore dei tacchi sul parquet sottile, elegante. Gli passò accanto sfiorandogli appena la spalla. La sua mano affondò nei capelli di Mauro con decisione, guidandogli il volto contro il fianco nudo, lasciandolo lì, in ascolto della sua pelle.
«Hai bisogno di essere svuotato. Non nel corpo, ma nella testa. E io... lo posso fare.»
La mattina si svolse così, in un equilibrio perfetto tra fermezza e carezza.
Lo fece inginocchiare sul tappeto della sala, mentre lei prendeva il suo caffè lentamente, incrociando le gambe con naturalezza. Ogni tanto lo guardava, altre volte lo ignorava. Ma ogni gesto era un comando silenzioso.
Mauro non parlava. Non doveva. Solo obbediva, restando in ginocchio, le mani posate sulle cosce, portava già la gabbia che lo serrava con gentile crudeltà, ricordandogli costantemente che il suo piacere era in attesa. E che l’attesa... era parte del dono.
Nella stanza da letto, Loretta si stese sul letto come una regina sulla sua stoffa preziosa. Ordinò a Mauro di rimanere vestito solo della sua gabbia, e di servirla: olio per il corpo, massaggi, piccoli baci sui piedi, sulle caviglie, sull’incavo delle ginocchia.
Ogni tanto, un suo gemito lieve tagliava il silenzio, come una nota in un brano lento. Non gli permetteva altro. Solo servire. Solo adorare.
«Guarda quanto sei bello quando ti perdi per me», mormorò, chinandosi a sfiorargli la fronte con le labbra.
E Mauro si sentiva davvero perso. Ma non smarrito. Era nel suo posto più giusto.
Quando la mattinata stava per volgere al termine, Loretta si sdraiò sul fianco, una mano tra le gambe, l’altra sulla nuca di Mauro, costringendolo a guardarla mentre si dava piacere con lentezza. I suoi occhi, lucidi, erano la misura della sua dominazione. Non c’era violenza. Solo potere, complicità, e un amore che non chiedeva permesso.
Poi, il suono del campanello.
Loretta si fermò, il respiro ancora affannato. Sorrise, senza imbarazzo, come se tutto fosse previsto.
«Carlo è puntuale», disse semplicemente, sollevandosi dal letto con grazia. Prese una vestaglia corta in raso, la annodò in vita senza fretta.
Si voltò verso Mauro, ancora inginocchiato. «Hai fatto bene a riposare stamattina. Il pomeriggio... sarà più intenso.»
Poi uscì dalla stanza per andare ad aprire. Le sue gambe nude, la schiena nuda, erano la promessa di ciò che sarebbe venuto dopo.
E Mauro restò lì, con il battito calmo e profondo, in attesa.
Per contatti: pennaefantasia@gmail.com
Il sabato mattina successivo si presentò sereno, con una luce dorata che filtrava dalle grandi vetrate del salotto della villetta. Mauro, ancora in pigiama di lino chiaro, si muoveva lentamente tra cucina e veranda, il corpo rilassato, la mente finalmente sgombra da calendari e riunioni.
Loretta lo osservava da lontano, in piedi sulla soglia del corridoio, le braccia incrociate. Aveva scelto con cura l’abbigliamento per quella giornata: un body nero in tulle trasparente, impreziosito da ricami floreali che sfioravano appena i seni piccoli ma pieni, sostenuti senza ostentazione. Ai piedi, un paio di mules neri con il tacco basso. Niente altro. A cinquantasette anni, il suo corpo raccontava la storia di una donna consapevole: minuta, agile, con curve morbide sui fianchi ma perfettamente proporzionate, e una pelle curata con attenzione. La sua bellezza non era da copertina, ma da vicinanza. E Mauro ne era ancora totalmente rapito.
«Oggi non lavori», disse lei, posandosi contro lo stipite della porta, la voce calda ma decisa.
Mauro si voltò e la vide. Si fermò.
«No, oggi sono tutto tuo per la prima riunione», rispose, in un gesto che era già offerta.
Loretta lo raggiunse lentamente, il rumore dei tacchi sul parquet sottile, elegante. Gli passò accanto sfiorandogli appena la spalla. La sua mano affondò nei capelli di Mauro con decisione, guidandogli il volto contro il fianco nudo, lasciandolo lì, in ascolto della sua pelle.
«Hai bisogno di essere svuotato. Non nel corpo, ma nella testa. E io... lo posso fare.»
La mattina si svolse così, in un equilibrio perfetto tra fermezza e carezza.
Lo fece inginocchiare sul tappeto della sala, mentre lei prendeva il suo caffè lentamente, incrociando le gambe con naturalezza. Ogni tanto lo guardava, altre volte lo ignorava. Ma ogni gesto era un comando silenzioso.
Mauro non parlava. Non doveva. Solo obbediva, restando in ginocchio, le mani posate sulle cosce, portava già la gabbia che lo serrava con gentile crudeltà, ricordandogli costantemente che il suo piacere era in attesa. E che l’attesa... era parte del dono.
Nella stanza da letto, Loretta si stese sul letto come una regina sulla sua stoffa preziosa. Ordinò a Mauro di rimanere vestito solo della sua gabbia, e di servirla: olio per il corpo, massaggi, piccoli baci sui piedi, sulle caviglie, sull’incavo delle ginocchia.
Ogni tanto, un suo gemito lieve tagliava il silenzio, come una nota in un brano lento. Non gli permetteva altro. Solo servire. Solo adorare.
«Guarda quanto sei bello quando ti perdi per me», mormorò, chinandosi a sfiorargli la fronte con le labbra.
E Mauro si sentiva davvero perso. Ma non smarrito. Era nel suo posto più giusto.
Quando la mattinata stava per volgere al termine, Loretta si sdraiò sul fianco, una mano tra le gambe, l’altra sulla nuca di Mauro, costringendolo a guardarla mentre si dava piacere con lentezza. I suoi occhi, lucidi, erano la misura della sua dominazione. Non c’era violenza. Solo potere, complicità, e un amore che non chiedeva permesso.
Poi, il suono del campanello.
Loretta si fermò, il respiro ancora affannato. Sorrise, senza imbarazzo, come se tutto fosse previsto.
«Carlo è puntuale», disse semplicemente, sollevandosi dal letto con grazia. Prese una vestaglia corta in raso, la annodò in vita senza fretta.
Si voltò verso Mauro, ancora inginocchiato. «Hai fatto bene a riposare stamattina. Il pomeriggio... sarà più intenso.»
Poi uscì dalla stanza per andare ad aprire. Le sue gambe nude, la schiena nuda, erano la promessa di ciò che sarebbe venuto dopo.
E Mauro restò lì, con il battito calmo e profondo, in attesa.
7
voti
voti
valutazione
4.7
4.7
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
“Il controllo dello stress” – Capitolo 26racconto sucessivo
“Doppia riunione N.2 - l’amante” – Capitolo 28
Commenti dei lettori al racconto erotico