“Ombre sullo schermo” – Capitolo 24

di
genere
confessioni

Questa serie di racconti prende spunto da un’esperienza dell’autore che, attraverso la penna, confessa con fantasia l’evoluzione della realtà.
Per contatti: pennaefantasia@gmail.com

Era una domenica pomeriggio di ottobre. Il cielo, grigio e uniforme, sembrava appiattire la città sotto una coperta di silenzio. Le strade erano vuote, umide di pioggia appena caduta, e l’aria aveva un odore di terra bagnata e malinconia.
Loretta e Mauro sedevano vicini sul divano, accoccolati sotto una coperta. Il tempo lento li avvolgeva, ma qualcosa tra loro vibrava. Una tensione dolce, come una corda sottile appena mossa dal vento. Loretta si voltò verso Mauro e lo guardò a lungo, come se stesse valutando un pensiero appena emerso.
«Che ne diresti di uscire?» chiese lei, con un tono leggero, ma pieno di intenzione.
Mauro sollevò un sopracciglio. «Con questo tempo?»
«Proprio per questo. Vogliamo vedere cosa succede fuori?»
L’idea piacque subito anche a Carlo, contattato da un messaggio vocale, breve, diretto. E fu lui, a sorpresa, a proporre la meta. «Vengo a prendervi. Preparatevi per qualcosa di insolito,» rispose.
Mauro e Loretta si scambiarono uno sguardo divertito, incuriosito. Non chiesero altro. Si fecero trovare pronti, avvolti nei loro cappotti scuri, il viso serio e gli occhi accesi.
Dopo una ventina di minuti in tangenziale, Carlo prese uno svincolo prima di entrare in città e parcheggiò davanti a un edificio anonimo, con un’insegna al neon consumata dal tempo.
Mauro restò in silenzio. Loretta, invece, si animò.
«Un cinema erotico?» sussurrò lei, più per gioco che per incredulità.
Carlo annuì. «È quasi sempre vuoto e mal frequentato. Ma oggi… magari succede qualcosa di insolito.»
Entrarono.
Dentro, l’ambiente era tiepido, con l’odore pungente dei luoghi chiusi da troppo tempo. La hall era spoglia e abbellita con vecchi manifesti di titoli degli anni ‘90 e locandine più recenti. Un uomo dietro al vetro del botteghino alzò appena lo sguardo, li squadrò con curiosità, poi indicò la sala con un cenno stanco.
La sala era piccola, immersa in una penombra blu. Sullo schermo già scorrevano le immagini di un film, palesemente omosessuale: due corpi maschili in un abbraccio lento, carico di desiderio. Pochi spettatori erano sparsi tra le file: uomini soli, silenziosi, fermi. Tutti guardavano, ma senza urgenza. Sembravano aspettare qualcosa.
Loretta scelse i posti, una fila verso il fondo, isolata. Si tolse il cappotto con lentezza, lasciando intravedere il maglione sottile e una gonna morbida, color grafite, con degli stivai alti di pelle nera. Si sedette affianco a Carlo e, Mauro accanto a quest’ultimo. Il film proseguiva, scandito da sospiri sempre più spinti.
Mauro si sentì subito fuori asse. L’atmosfera era densa, strana. Il respiro degli altri uomini, il rumore lieve di qualche movimento nella penombra, e poi lo schermo, con quei due corpi maschili che si cercavano per possedersi. Ogni gesto, ogni sguardo tra gli attori sembrava risuonargli dentro.
Guardò Carlo. Lo vide rilassato, calmo, ma presente. Poi allungò lo sguardo verso Loretta, che intanto si era avvicinata a Carlo, baciandogli piano la mascella, le dita intrecciate alle sue.
Carlo le prese una coscia, la accarezzò sotto la gonna. I due si muovevano lenti, come se tutto fosse già scritto, come se nessuno potesse disturbarli. E nessuno lo fece. Gli altri spettatori restavano nei loro angoli, silenziosi, partecipi solo con lo sguardo.
Mauro sentì il sangue accelerare.
Il modo in cui Loretta si abbandonava a Carlo lo destabilizzava ogni volta. E lì, in quel luogo sconosciuto, lo colpì ancora più forte. La vista di lei che si lasciava scoprire, che offriva un piacere disinvolto, consapevole, e il modo in cui Carlo la toccava, come un musicista sul proprio strumento, lo mandavano in uno stato quasi ipnotico.
Loretta si voltò verso di lui. Gli occhi lucidi. «Guarda come mi prende… Guarda come lo voglio.»
Poi si chinò verso Carlo, e si offrirono l’uno all’altra con una passione muta. I movimenti erano nascosti tra le poltrone, ma l’intensità era visibile. Le mani, i respiri, le curve appena accennate. Mauro non si mosse. Guardava, rapito. Era al confine tra desiderio e resa.
Quando Loretta si rialzò, con le guance arrossate e gli occhi pieni, si inginocchiò davanti a Carlo, le dita che accarezzavano con lentezza la stoffa scura dei suoi pantaloni. Mauro vide tutto. E tremò.
«Ora tocca a te,» sussurrò Loretta, voltandosi verso di lui. «Voglio vederti. Voglio che ti lasci andare.»
Carlo si stese leggermente sulla poltrona. Loretta allungò una mano verso Mauro, prendendolo per il polso.
«Fallo. Toccalo. È anche tuo.»
Mauro esitò un attimo. Poi si mosse più convinto. Le dita sfiorarono Carlo con desiderio, guidate dagli occhi fissi di Loretta. Le poltrone cigolarono piano, mentre il respiro dei tre si univa in un ritmo profondo. Intorno, il silenzio era assoluto.
Quando il piacere esplose, fu trattenuto, intimo. Mauro affondò il viso tra le cosce di Carlo, mentre le mani di Loretta lo accompagnavano. Nessuno parlò. Non ce n’era bisogno.
Allo schermo, i due attori si sodomizzavano a turno con passione carnale.
Fuori, il cielo continuava a essere grigio. Ma dentro di loro, qualcosa si era acceso. Un'altra soglia varcata, un altro desiderio accolto.
Un pomeriggio d’autunno che nessuno dei tre avrebbe dimenticato.
di
scritto il
2025-08-06
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