“Dopo il Club l’autunno vivo” – Capitolo 21
di
penna
genere
confessioni
Questa serie di racconti prende spunto da un’esperienza dell’autore che, attraverso la penna, confessa con fantasia l’evoluzione della realtà.
Per contatti: pennaefantasia@gmail.com
Dentro la casa, il calore era ovattato, familiare. Mauro era rientrato in salotto, ancora con il bicchiere in mano. Il ghiaccio si era ormai sciolto, ma lui non se n’era accorto: guardava Loretta.
Lei lo aveva seguito, preceduta dal profumo del suo corpo e da quell’energia che sembrava averla trasformata, ancora una volta. Il vestito era stropicciato, il rossetto non perfetto, i capelli sciolti, vividi. Ma era nei suoi occhi che Mauro colse tutto: la fame soddisfatta, il desiderio ancora presente, la gioia di una donna che aveva vissuto, che stava vivendo, profondamente.
Carlo chiuse la porta alle loro spalle. Lasciò la camicia sull’attaccapanni e si sedette sul bordo del divano. Il suo sguardo era complice, rilassato. Anche lui come Mauro, in attesa.
Loretta si tolse le scarpe da ballo e si avvicinò lentamente al marito. Si inginocchiò accanto a lui, poggiando la testa sulla sua coscia. Le sue dita scorrevano leggere lungo la stoffa dei pantaloni, tracciando linee senza disegno.
«Mi sono sentita una ragazzina eccitata.»
Il tono era basso, quasi infantile, ma carico di qualcosa di profondo.
«Non tanto per come mi ha presa…» fece una pausa, un sorriso sulle labbra. «Ma per come mi sono lasciata prendere.»
Mauro abbassò lo sguardo, le accarezzò piano i capelli. «E com’è stato, amore?»
Lei si voltò verso Carlo. I loro sguardi si incrociarono. «Voglio raccontartelo, voglio che tu lo senta con me. Voglio che anche tu lo viva.»
Mauro annuì. Era pronto. Lo era sempre stato, in fondo.
Loretta si alzò e si avvicinò al centro della stanza. Si tolse lentamente il vestito, lasciandolo scivolare lungo il corpo. Rimasero la lingerie nera, le spalle nude, le gambe scoperte. Poi si girò e guardò entrambi.
«Balliamo.»
Non c’era musica. Solo il suono ovattato della pioggia che fuori iniziava a cadere, e il battito dei cuori.
Carlo si alzò, le prese la mano. Le dita intrecciate, le braccia che si trovavano nel vuoto della sala trasformata in pista. Il loro corpo ricominciò a muoversi, a memoria. Una salsa silenziosa, fatta di tocchi, giri, movimenti più lenti, più sensuali. Non erano passi, erano gesti d’amore fisico.
Mauro li osservava, e ogni volta che Loretta si voltava verso di lui, il suo sguardo era un invito.
Dopo qualche minuto, la danza si fece più stretta, più raccolta. Carlo le baciò piano la clavicola, e lei si lasciò fare. Poi si avvicinò a Mauro, lo prese per mano.
«Vieni. Toccami. Spogliami.»
Mauro si alzò, con un respiro profondo. Lei gli salì in grembo, lo baciò piano. I loro corpi si muovevano con una lentezza nuova, come se il desiderio ora fosse più profondo, più maturo. Mentre Loretta si muoveva tra i due uomini, il tempo sembrava curvarsi. Lei si concedeva, ma era anche la regista. Ogni sguardo, ogni carezza, ogni parola era scelta con intenzione.
«Amo questa libertà» sussurrò tra un bacio e l’altro. «Amo che non mi limitiate. Amo sentirmi viva, così.»
Mauro le aprì lentamente il reggiseno, lasciando che le curve si mostrassero con naturalezza. Le accarezzò il seno con dolcezza, e lei chiuse gli occhi, sospirando. Dall’altro lato, Carlo le scostò gli slip, e le dita iniziarono a muoversi con maestria. Loretta gemeva piano, tra i due, completamente nuda, completamente donna.
Lentamente la portarono sul tappeto del salotto. Si sdraiò, le gambe aperte, il corpo rilassato. Carlo si chinò su di lei, la baciò tra le cosce. Mauro si sedette accanto alla sua testa, le accarezzava i capelli, le parlava con voce bassa e calda.
Era un triangolo perfetto: due uomini che l’amavano a modo loro, in modo diverso, e lei, al centro, che non doveva scegliere. Non c’erano ruoli fissi, né incertezze. Solo un equilibrio sensuale che si rinnovava.
Quando Loretta raggiunse l’apice, il corpo inarcato, la bocca aperta in un respiro trattenuto, fu come se il tempo si fermasse. Carlo la baciò sulla pancia, Mauro le sussurrò un “sei bellissima” che le fece vibrare il cuore.
Più tardi, stesi sul tappeto, coperti da una coperta di lana, Loretta tra i due, il silenzio calò di nuovo.
«Settembre sta finendo,» disse lei, con la voce ancora segnata dal godimento.
«E tu sei sempre più viva, quando si avvicina il tuo compleanno» rispose Mauro.
«Voglio una sorpresa da condividere» aggiunse lei sorridendo.
Era quello il suo autunno: una stagione matura, piena di frutti, dove non si raccoglieva soltanto, ma si sceglieva anche come seminare.
«Sei una ragazzina insaziabile» concluse Carlo.
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Dentro la casa, il calore era ovattato, familiare. Mauro era rientrato in salotto, ancora con il bicchiere in mano. Il ghiaccio si era ormai sciolto, ma lui non se n’era accorto: guardava Loretta.
Lei lo aveva seguito, preceduta dal profumo del suo corpo e da quell’energia che sembrava averla trasformata, ancora una volta. Il vestito era stropicciato, il rossetto non perfetto, i capelli sciolti, vividi. Ma era nei suoi occhi che Mauro colse tutto: la fame soddisfatta, il desiderio ancora presente, la gioia di una donna che aveva vissuto, che stava vivendo, profondamente.
Carlo chiuse la porta alle loro spalle. Lasciò la camicia sull’attaccapanni e si sedette sul bordo del divano. Il suo sguardo era complice, rilassato. Anche lui come Mauro, in attesa.
Loretta si tolse le scarpe da ballo e si avvicinò lentamente al marito. Si inginocchiò accanto a lui, poggiando la testa sulla sua coscia. Le sue dita scorrevano leggere lungo la stoffa dei pantaloni, tracciando linee senza disegno.
«Mi sono sentita una ragazzina eccitata.»
Il tono era basso, quasi infantile, ma carico di qualcosa di profondo.
«Non tanto per come mi ha presa…» fece una pausa, un sorriso sulle labbra. «Ma per come mi sono lasciata prendere.»
Mauro abbassò lo sguardo, le accarezzò piano i capelli. «E com’è stato, amore?»
Lei si voltò verso Carlo. I loro sguardi si incrociarono. «Voglio raccontartelo, voglio che tu lo senta con me. Voglio che anche tu lo viva.»
Mauro annuì. Era pronto. Lo era sempre stato, in fondo.
Loretta si alzò e si avvicinò al centro della stanza. Si tolse lentamente il vestito, lasciandolo scivolare lungo il corpo. Rimasero la lingerie nera, le spalle nude, le gambe scoperte. Poi si girò e guardò entrambi.
«Balliamo.»
Non c’era musica. Solo il suono ovattato della pioggia che fuori iniziava a cadere, e il battito dei cuori.
Carlo si alzò, le prese la mano. Le dita intrecciate, le braccia che si trovavano nel vuoto della sala trasformata in pista. Il loro corpo ricominciò a muoversi, a memoria. Una salsa silenziosa, fatta di tocchi, giri, movimenti più lenti, più sensuali. Non erano passi, erano gesti d’amore fisico.
Mauro li osservava, e ogni volta che Loretta si voltava verso di lui, il suo sguardo era un invito.
Dopo qualche minuto, la danza si fece più stretta, più raccolta. Carlo le baciò piano la clavicola, e lei si lasciò fare. Poi si avvicinò a Mauro, lo prese per mano.
«Vieni. Toccami. Spogliami.»
Mauro si alzò, con un respiro profondo. Lei gli salì in grembo, lo baciò piano. I loro corpi si muovevano con una lentezza nuova, come se il desiderio ora fosse più profondo, più maturo. Mentre Loretta si muoveva tra i due uomini, il tempo sembrava curvarsi. Lei si concedeva, ma era anche la regista. Ogni sguardo, ogni carezza, ogni parola era scelta con intenzione.
«Amo questa libertà» sussurrò tra un bacio e l’altro. «Amo che non mi limitiate. Amo sentirmi viva, così.»
Mauro le aprì lentamente il reggiseno, lasciando che le curve si mostrassero con naturalezza. Le accarezzò il seno con dolcezza, e lei chiuse gli occhi, sospirando. Dall’altro lato, Carlo le scostò gli slip, e le dita iniziarono a muoversi con maestria. Loretta gemeva piano, tra i due, completamente nuda, completamente donna.
Lentamente la portarono sul tappeto del salotto. Si sdraiò, le gambe aperte, il corpo rilassato. Carlo si chinò su di lei, la baciò tra le cosce. Mauro si sedette accanto alla sua testa, le accarezzava i capelli, le parlava con voce bassa e calda.
Era un triangolo perfetto: due uomini che l’amavano a modo loro, in modo diverso, e lei, al centro, che non doveva scegliere. Non c’erano ruoli fissi, né incertezze. Solo un equilibrio sensuale che si rinnovava.
Quando Loretta raggiunse l’apice, il corpo inarcato, la bocca aperta in un respiro trattenuto, fu come se il tempo si fermasse. Carlo la baciò sulla pancia, Mauro le sussurrò un “sei bellissima” che le fece vibrare il cuore.
Più tardi, stesi sul tappeto, coperti da una coperta di lana, Loretta tra i due, il silenzio calò di nuovo.
«Settembre sta finendo,» disse lei, con la voce ancora segnata dal godimento.
«E tu sei sempre più viva, quando si avvicina il tuo compleanno» rispose Mauro.
«Voglio una sorpresa da condividere» aggiunse lei sorridendo.
Era quello il suo autunno: una stagione matura, piena di frutti, dove non si raccoglieva soltanto, ma si sceglieva anche come seminare.
«Sei una ragazzina insaziabile» concluse Carlo.
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