“Si balla nel bagno del Club” – Capitolo 20
di
penna
genere
confessioni
Questa serie di racconti prende spunto da un’esperienza dell’autore che, attraverso la penna, confessa con fantasia l’evoluzione della realtà.
Per contatti: pennaefantasia@gmail.com
Il nuovo corso intermedio era iniziato da qualche settimana, e Carlo lo prendeva come una sfida personale. La fluidità dei movimenti, l’energia dei giri, la precisione della guida: tutto richiedeva attenzione, disciplina, ma anche quella leggerezza che solo certi corpi sanno trovare l’uno nell’altro. E Loretta, in questo, era diventata il suo punto di riferimento.
Per migliorare ancora, Carlo aveva un’idea chiara: “Serve la pista vera, serve il sudore delle serate latine.” Così, una sera, mandò un messaggio semplice a Loretta:
«Serata salsa domenica, ti va di condividere?»
La risposta arrivò dopo pochi secondi:
«Chiedilo a Mauro.»
Mauro, come sempre, non si fece pregare. Seduto nel suo studio, con gli occhiali sul naso e un bicchiere di whisky accanto al computer, sorrise leggendo il messaggio di Loretta. Poi scrisse:
«Divertitevi. Mia moglie è anche tua.»
La domenica sera, quando Carlo arrivò davanti alla villetta della coppia, trovò Loretta pronta sulla soglia. Elegante e sensuale, senza ostentare. Un vestito corto, rosso corallo, stretto in vita, con un’apertura laterale che lasciava intravedere la coscia. I capelli sciolti, morbidi. Scarpe da ballo nere, con un tacco che accentuava la curva del polpaccio.
Carlo rimase in silenzio per un momento. Poi sorrise.
«Sei illegale, stasera.»
Lei si avvicinò, gli appoggiò una mano sul petto.
Nel tragitto verso la discoteca parlarono solo di passi e figure. Il confronto era carico di attesa, una tensione elettrica, familiare.
Arrivarono al Club, un noto locale che la domenica aveva una serata latino americano. Le luci erano basse, arancioni, con riflessi verdi e blu sulle pareti specchiate. La musica, già alta, vibrava sotto le scarpe.
Appena entrati i due si concedettero un drink, prima che Carlo porse a Loretta la mano. «Si balla?»
Lei annuì, e fu come se il mondo attorno svanisse. La salsa portoghese iniziò con un ritmo incalzante e dolce, e i loro corpi si trovarono immediatamente. Le mani intrecciate, il bacino che seguiva, la schiena che si inarcava al comando.
Loretta si muoveva con sensualità, seppure i passi non risultavano perfetti. I fianchi che ondeggiavano, gli occhi che restavano fissi in quelli di Carlo, il sorriso disarmante di chi si diverte davvero. Ogni movimento era più audace, ogni giro più intimo. Non si trattava di tecnica. Le mani di lui guidavano con energia, sfiorandole le scapole, poi il fianco, poi un accenno alla parte bassa della schiena.
Ballavano troppo vicini, troppo complici per non attirare sguardi. Concedendosi anche delle risate quando il passo veniva dimenticato o mancato. Giocavano a modo loro, senza pressioni, in una pista da ballo piena di coppie.
Il terzo pezzo fu più lento, con un ritmo languido, quasi malinconico. Carlo la strinse a sé. Loretta gli posò la testa sulla spalla. Le dita scorrevano sulla nuca dell’altro. Il bacino si muoveva con un’armonia quasi oscena per quanto era naturale. In quel momento, non ballavano più. Facevano l’amore con i vestiti addosso, in mezzo alla sala.
Quando la canzone finì, lui non disse nulla. La prese per mano, deciso.
Attraversarono la pista, poi il corridoio, poi un piccolo angolo nascosto con la scritta Privato sul fondo. Carlo proseguiva senza esitazione. Aprì la porta dei bagni con un gesto deciso. All’interno, un’illuminazione tenue, pareti di piastrelle scure, uno specchio opaco. Nessuno in vista.
Si chiusero dentro.
Le mani di Carlo le sfilarono il vestito con un gesto sicuro, mentre Loretta si lasciava fare, il respiro profondo, gli occhi accesi. Rimase in lingerie: reggiseno nero in pizzo e slip coordinati. Un contrasto perfetto con la sua pelle chiara e vibrante.
«Mi sento una ragazzina» sussurrò lei, mentre lui la spingeva con dolce forza contro il lavandino.
Carlo le baciò la schiena, risalendo lentamente lungo la spina dorsale. «Siamo due ragazzini eccitati!»
Le mani si cercavano, le bocche si trovavano. Fu un atto fisico, urgente. Loretta gli aprì la camicia, sfiorandogli il petto con la punta delle dita, poi si lasciò sollevare da lui, le gambe attorno ai suoi fianchi.
Il rumore della musica, lontano, vibrava ancora nelle pareti.
Quando si unirono, ci fu un attimo sospeso, un respiro trattenuto da entrambi. Il ritmo fu lento all’inizio, poi più deciso e frenetico. I corpi parlavano, sfogavano la tensione sessuale accumulata.
Loretta gemette appena, sul suo collo, trattenendo il suono con i denti. Carlo le baciò le labbra. I loro respiri erano incrociati, scomposti, profondamente vivi. Quando raggiunsero l’apice insieme, fu come se la pista da ballo si fosse trasferita lì, in quel bagno, tra piastrelle fredde e mani calde. Un’onda lenta e potente, che li travolse.
Più tardi, mentre si ricomponevano, Loretta si guardò allo specchio. Aveva le guance arrossate, i capelli spettinati, il sorriso aperto di una donna senza rimorsi.
«Andiamo via» disse. «Mauro ci aspetta e voglio raccontargli tutto».
Salirono in macchina. Il silenzio era di nuovo comodo. Loretta, con la testa poggiata al finestrino, sorrise mentre Carlo allungava dolcemente la mano tra le sue cosce ancora umide. Si sentiva viva, desiderata e profondamente libera.
Quando arrivarono a casa, Mauro era in giardino, sotto la veranda, con un bicchiere in mano. Alzò lo sguardo e li vide arrivare.
Loretta scese per prima. Lo raggiunse e lo baciò sulle labbra, piano, con un gusto di notte e segreti.
«Andiamo dentro, voglio raccontarti questa serata.»
Per contatti: pennaefantasia@gmail.com
Il nuovo corso intermedio era iniziato da qualche settimana, e Carlo lo prendeva come una sfida personale. La fluidità dei movimenti, l’energia dei giri, la precisione della guida: tutto richiedeva attenzione, disciplina, ma anche quella leggerezza che solo certi corpi sanno trovare l’uno nell’altro. E Loretta, in questo, era diventata il suo punto di riferimento.
Per migliorare ancora, Carlo aveva un’idea chiara: “Serve la pista vera, serve il sudore delle serate latine.” Così, una sera, mandò un messaggio semplice a Loretta:
«Serata salsa domenica, ti va di condividere?»
La risposta arrivò dopo pochi secondi:
«Chiedilo a Mauro.»
Mauro, come sempre, non si fece pregare. Seduto nel suo studio, con gli occhiali sul naso e un bicchiere di whisky accanto al computer, sorrise leggendo il messaggio di Loretta. Poi scrisse:
«Divertitevi. Mia moglie è anche tua.»
La domenica sera, quando Carlo arrivò davanti alla villetta della coppia, trovò Loretta pronta sulla soglia. Elegante e sensuale, senza ostentare. Un vestito corto, rosso corallo, stretto in vita, con un’apertura laterale che lasciava intravedere la coscia. I capelli sciolti, morbidi. Scarpe da ballo nere, con un tacco che accentuava la curva del polpaccio.
Carlo rimase in silenzio per un momento. Poi sorrise.
«Sei illegale, stasera.»
Lei si avvicinò, gli appoggiò una mano sul petto.
Nel tragitto verso la discoteca parlarono solo di passi e figure. Il confronto era carico di attesa, una tensione elettrica, familiare.
Arrivarono al Club, un noto locale che la domenica aveva una serata latino americano. Le luci erano basse, arancioni, con riflessi verdi e blu sulle pareti specchiate. La musica, già alta, vibrava sotto le scarpe.
Appena entrati i due si concedettero un drink, prima che Carlo porse a Loretta la mano. «Si balla?»
Lei annuì, e fu come se il mondo attorno svanisse. La salsa portoghese iniziò con un ritmo incalzante e dolce, e i loro corpi si trovarono immediatamente. Le mani intrecciate, il bacino che seguiva, la schiena che si inarcava al comando.
Loretta si muoveva con sensualità, seppure i passi non risultavano perfetti. I fianchi che ondeggiavano, gli occhi che restavano fissi in quelli di Carlo, il sorriso disarmante di chi si diverte davvero. Ogni movimento era più audace, ogni giro più intimo. Non si trattava di tecnica. Le mani di lui guidavano con energia, sfiorandole le scapole, poi il fianco, poi un accenno alla parte bassa della schiena.
Ballavano troppo vicini, troppo complici per non attirare sguardi. Concedendosi anche delle risate quando il passo veniva dimenticato o mancato. Giocavano a modo loro, senza pressioni, in una pista da ballo piena di coppie.
Il terzo pezzo fu più lento, con un ritmo languido, quasi malinconico. Carlo la strinse a sé. Loretta gli posò la testa sulla spalla. Le dita scorrevano sulla nuca dell’altro. Il bacino si muoveva con un’armonia quasi oscena per quanto era naturale. In quel momento, non ballavano più. Facevano l’amore con i vestiti addosso, in mezzo alla sala.
Quando la canzone finì, lui non disse nulla. La prese per mano, deciso.
Attraversarono la pista, poi il corridoio, poi un piccolo angolo nascosto con la scritta Privato sul fondo. Carlo proseguiva senza esitazione. Aprì la porta dei bagni con un gesto deciso. All’interno, un’illuminazione tenue, pareti di piastrelle scure, uno specchio opaco. Nessuno in vista.
Si chiusero dentro.
Le mani di Carlo le sfilarono il vestito con un gesto sicuro, mentre Loretta si lasciava fare, il respiro profondo, gli occhi accesi. Rimase in lingerie: reggiseno nero in pizzo e slip coordinati. Un contrasto perfetto con la sua pelle chiara e vibrante.
«Mi sento una ragazzina» sussurrò lei, mentre lui la spingeva con dolce forza contro il lavandino.
Carlo le baciò la schiena, risalendo lentamente lungo la spina dorsale. «Siamo due ragazzini eccitati!»
Le mani si cercavano, le bocche si trovavano. Fu un atto fisico, urgente. Loretta gli aprì la camicia, sfiorandogli il petto con la punta delle dita, poi si lasciò sollevare da lui, le gambe attorno ai suoi fianchi.
Il rumore della musica, lontano, vibrava ancora nelle pareti.
Quando si unirono, ci fu un attimo sospeso, un respiro trattenuto da entrambi. Il ritmo fu lento all’inizio, poi più deciso e frenetico. I corpi parlavano, sfogavano la tensione sessuale accumulata.
Loretta gemette appena, sul suo collo, trattenendo il suono con i denti. Carlo le baciò le labbra. I loro respiri erano incrociati, scomposti, profondamente vivi. Quando raggiunsero l’apice insieme, fu come se la pista da ballo si fosse trasferita lì, in quel bagno, tra piastrelle fredde e mani calde. Un’onda lenta e potente, che li travolse.
Più tardi, mentre si ricomponevano, Loretta si guardò allo specchio. Aveva le guance arrossate, i capelli spettinati, il sorriso aperto di una donna senza rimorsi.
«Andiamo via» disse. «Mauro ci aspetta e voglio raccontargli tutto».
Salirono in macchina. Il silenzio era di nuovo comodo. Loretta, con la testa poggiata al finestrino, sorrise mentre Carlo allungava dolcemente la mano tra le sue cosce ancora umide. Si sentiva viva, desiderata e profondamente libera.
Quando arrivarono a casa, Mauro era in giardino, sotto la veranda, con un bicchiere in mano. Alzò lo sguardo e li vide arrivare.
Loretta scese per prima. Lo raggiunse e lo baciò sulle labbra, piano, con un gusto di notte e segreti.
«Andiamo dentro, voglio raccontarti questa serata.»
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