La fidanzata del mio amico…4
di
Eros.
genere
corna
Era passata appena una giornata. Ma da quando Marta mi aveva cercato da sola, nel pomeriggio precedente, il tempo sembrava deformato. Qualcosa si era rotto — anzi, liberato. Tra me e lei non c’era più confine, non c’era più il filtro dell’amicizia, né il rispetto per gli altri.
Solo una voglia cruda, diretta, che ci stava trascinando giù.
E non volevo fermarmi.
E lei… nemmeno.
Quella sera ci trovammo tutti e quattro in veranda, davanti a una grigliata improvvisata. Vino bianco, risate finte, battute banali. La mia ragazza rideva alle sciocchezze di Luca, e Marta sembrava rilassata, sorridente, perfettamente a suo agio.
Ma io la conoscevo ormai in profondità.
La sua gamba che tremava a intermittenza. La lingua che si passava tra le labbra troppo spesso. Il modo in cui mi lanciava sguardi brevi, ma taglienti.
Aveva voglia. Di me.
E sapeva che io lo sapevo.
Quando la mia ragazza andò a farsi la doccia e Luca si allontanò per sistemare la brace, Marta mi si avvicinò. Solo un secondo. Il suo corpo aderente al mio, il profumo leggero della sua pelle bagnata di mare.
“Stanotte… mi vuoi?” sussurrò appena, sulle mie labbra.
“Ti voglio adesso.”
Lei sorrise. Un sorriso sporco.
⸻
La notte calò e ognuno rientrò nel proprio alloggio. Finsi di addormentarmi accanto alla mia ragazza, poi mi alzai piano, scalzo, cuore in gola. Il silenzio fuori era perfetto. Solo il frinire di qualche insetto, il mare lontano.
Mi infilai nel piccolo vialetto tra gli alloggi, diretto verso quello di Marta. La porta era socchiusa.
Dentro, la luce soffusa.
Lei era lì, in piedi, contro la parete. Completamente nuda.
Mi guardò, le mani lungo i fianchi.
“Chiudi,” disse.
Lo feci.
Mi avvicinai, la presi per il collo e la baciai. Lei mi aprì subito la bocca, si spinse contro di me, il suo ventre nudo che cercava il mio. La mia mano scivolò sul culo, caldo, pieno, già in tensione.
“Ti sei toccata?” le chiesi.
Lei annuì. “Più di una volta… pensando a te che mi sborri in gola.”
La spinsi sul divano e la infilai subito, senza dire altro. Un colpo secco, tutto dentro. Marta urlò piano, ma non si tirò indietro. Era già pronta. Fradicia.
Il suo corpo si piegò sotto il mio, accogliendomi, spingendomi ancora più dentro.
La scopavo come se fosse mia.
E lei lo era.
Ma pochi istanti dopo, la porta si aprì.
Luca.
Era lì, fermo sulla soglia, paralizzato. Ci guardava. Io dentro la sua donna.
Marta non si fermò.
Al contrario, mi artigliò le braccia. “Non smettere,” mi ordinò. “Continua…”
Io non rallentai. La prendevo con ancora più forza, mentre lo fissavo negli occhi. Marta si contorceva sotto di me, il viso contratto di piacere. Luca sembrava pietrificato.
“Entra,” gli disse lei, con la voce rotta.
Luca obbedì, chiudendosi dietro la porta. Rimase in piedi, ci guardava. Marta allungò la mano verso di lui. “Toccati. Guardaci. Voglio che tu veda quanto godo…”
E lo fece. Con lentezza. Guardava me che la scopavo. Guardava il suo culo sbattere sul mio ventre. Il rumore della pelle. Le urla trattenute. La scena lo stava eccitando, e Marta lo sapeva.
Poi, senza smettere di muoversi sotto di me, disse qualcosa che tagliò l’aria:
“Ma se devo scegliere… se ci siete entrambi…”
Mi bloccai per un secondo, col cazzo ancora dentro di lei.
“…scelgo lui,” sibilò. “Lo voglio io. Perché mi scopa come se fossi una troia da scopare, e perché il suo cazzo… è più grande del tuo.”
Un silenzio denso. Luca sembrò incassare il colpo. Si fermò. Guardò me, poi lei.
Fece un passo indietro.
Marta lo ignorò completamente. Mi guardò, il viso in fiamme. “Ora fammelo nel culo. Voglio sentirmi tua.”
Le aprii le gambe e le girai il bacino. Il suo buco era lì, gonfio, pronto. Le sputai sopra e spinsi. Marta gridò.
“Così… fammi male… scopami fino a farmi dimenticare il suo nome…”
La dominai completamente. Lei non si tratteneva più. Urlava il mio nome. Diceva cose che non avrebbe dovuto nemmeno pensare. Si lasciava penetrare senza limiti.
Ogni colpo era un affondo dentro la sua perversione.
Poi sentimmo un rumore fuori. Passi. Voci.
La mia ragazza?
Mi bloccai.
Marta no.
Mi tirò verso di sé. “Non ti fermare… che ci senta… voglio che sappia che sto godendo solo con te.”
E io ripresi. Ancora più forte. Marta venne sotto di me, con il viso affondato nel cuscino per non urlare.
La sua figa pulsava, il suo buco mi stringeva.
Alla fine le venni dentro. Nel culo. Tutto. Con forza. Sentendo i miei colpi rimbombare tra le pareti.
Marta ansimava. Tremava.
Non aveva bisogno di altro.
Quando finì tutto, ci guardammo. Lei sudata. Io esausto.
Luca? Uscito in silenzio.
Marta si avvicinò, mi leccò il collo.
“Domani ti voglio ancora. Ma in un posto dove potremmo essere visti…”
Solo una voglia cruda, diretta, che ci stava trascinando giù.
E non volevo fermarmi.
E lei… nemmeno.
Quella sera ci trovammo tutti e quattro in veranda, davanti a una grigliata improvvisata. Vino bianco, risate finte, battute banali. La mia ragazza rideva alle sciocchezze di Luca, e Marta sembrava rilassata, sorridente, perfettamente a suo agio.
Ma io la conoscevo ormai in profondità.
La sua gamba che tremava a intermittenza. La lingua che si passava tra le labbra troppo spesso. Il modo in cui mi lanciava sguardi brevi, ma taglienti.
Aveva voglia. Di me.
E sapeva che io lo sapevo.
Quando la mia ragazza andò a farsi la doccia e Luca si allontanò per sistemare la brace, Marta mi si avvicinò. Solo un secondo. Il suo corpo aderente al mio, il profumo leggero della sua pelle bagnata di mare.
“Stanotte… mi vuoi?” sussurrò appena, sulle mie labbra.
“Ti voglio adesso.”
Lei sorrise. Un sorriso sporco.
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La notte calò e ognuno rientrò nel proprio alloggio. Finsi di addormentarmi accanto alla mia ragazza, poi mi alzai piano, scalzo, cuore in gola. Il silenzio fuori era perfetto. Solo il frinire di qualche insetto, il mare lontano.
Mi infilai nel piccolo vialetto tra gli alloggi, diretto verso quello di Marta. La porta era socchiusa.
Dentro, la luce soffusa.
Lei era lì, in piedi, contro la parete. Completamente nuda.
Mi guardò, le mani lungo i fianchi.
“Chiudi,” disse.
Lo feci.
Mi avvicinai, la presi per il collo e la baciai. Lei mi aprì subito la bocca, si spinse contro di me, il suo ventre nudo che cercava il mio. La mia mano scivolò sul culo, caldo, pieno, già in tensione.
“Ti sei toccata?” le chiesi.
Lei annuì. “Più di una volta… pensando a te che mi sborri in gola.”
La spinsi sul divano e la infilai subito, senza dire altro. Un colpo secco, tutto dentro. Marta urlò piano, ma non si tirò indietro. Era già pronta. Fradicia.
Il suo corpo si piegò sotto il mio, accogliendomi, spingendomi ancora più dentro.
La scopavo come se fosse mia.
E lei lo era.
Ma pochi istanti dopo, la porta si aprì.
Luca.
Era lì, fermo sulla soglia, paralizzato. Ci guardava. Io dentro la sua donna.
Marta non si fermò.
Al contrario, mi artigliò le braccia. “Non smettere,” mi ordinò. “Continua…”
Io non rallentai. La prendevo con ancora più forza, mentre lo fissavo negli occhi. Marta si contorceva sotto di me, il viso contratto di piacere. Luca sembrava pietrificato.
“Entra,” gli disse lei, con la voce rotta.
Luca obbedì, chiudendosi dietro la porta. Rimase in piedi, ci guardava. Marta allungò la mano verso di lui. “Toccati. Guardaci. Voglio che tu veda quanto godo…”
E lo fece. Con lentezza. Guardava me che la scopavo. Guardava il suo culo sbattere sul mio ventre. Il rumore della pelle. Le urla trattenute. La scena lo stava eccitando, e Marta lo sapeva.
Poi, senza smettere di muoversi sotto di me, disse qualcosa che tagliò l’aria:
“Ma se devo scegliere… se ci siete entrambi…”
Mi bloccai per un secondo, col cazzo ancora dentro di lei.
“…scelgo lui,” sibilò. “Lo voglio io. Perché mi scopa come se fossi una troia da scopare, e perché il suo cazzo… è più grande del tuo.”
Un silenzio denso. Luca sembrò incassare il colpo. Si fermò. Guardò me, poi lei.
Fece un passo indietro.
Marta lo ignorò completamente. Mi guardò, il viso in fiamme. “Ora fammelo nel culo. Voglio sentirmi tua.”
Le aprii le gambe e le girai il bacino. Il suo buco era lì, gonfio, pronto. Le sputai sopra e spinsi. Marta gridò.
“Così… fammi male… scopami fino a farmi dimenticare il suo nome…”
La dominai completamente. Lei non si tratteneva più. Urlava il mio nome. Diceva cose che non avrebbe dovuto nemmeno pensare. Si lasciava penetrare senza limiti.
Ogni colpo era un affondo dentro la sua perversione.
Poi sentimmo un rumore fuori. Passi. Voci.
La mia ragazza?
Mi bloccai.
Marta no.
Mi tirò verso di sé. “Non ti fermare… che ci senta… voglio che sappia che sto godendo solo con te.”
E io ripresi. Ancora più forte. Marta venne sotto di me, con il viso affondato nel cuscino per non urlare.
La sua figa pulsava, il suo buco mi stringeva.
Alla fine le venni dentro. Nel culo. Tutto. Con forza. Sentendo i miei colpi rimbombare tra le pareti.
Marta ansimava. Tremava.
Non aveva bisogno di altro.
Quando finì tutto, ci guardammo. Lei sudata. Io esausto.
Luca? Uscito in silenzio.
Marta si avvicinò, mi leccò il collo.
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