La fidanzata del mio amico…1

di
genere
trio

Quella vacanza era nata quasi per caso. Due coppie, amici da anni, stesso spirito libero, stesso bisogno di staccare. Io e la mia ragazza avevamo affittato un piccolo bilocale, mentre Luca e Marta, i nostri amici, avevano preso quello accanto. Una casa bianca con le persiane verdi, a pochi passi dal mare, immersa nel nulla. Silenzio, sole, sudore. E voglia.

Quel pomeriggio rientrammo tutti insieme dopo ore in spiaggia. Sabbia addosso, sale sulla pelle e occhi pieni di stanchezza e voglia di un po’ di ombra. La mia ragazza disse che si sarebbe fatta una doccia veloce e poi avrebbe dormito un po’. Io, fedele al mio rituale quotidiano, mi infilai un paio di boxer asciutti, presi due birre fresche dal frigo e uscii per andare a trovare Luca, con la scusa di bercele insieme e fare due chiacchiere da maschi.

Il sole filtrava ancora dalle fessure delle persiane. I nostri alloggi erano separati solo da un piccolo corridoio. Quando passai davanti alla loro finestra, mi accorsi subito che la porta del loro bilocale era socchiusa. Nessun rumore, ma il silenzio sospetto mi fece rallentare. Poi, un gemito. Uno di quelli che ti bloccano. E subito dopo un altro, più lungo. E poi Marta. Il suo respiro. Quel respiro che avevo sentito solo immaginato, quando ogni tanto la guardavo da dietro i suoi costumi troppo stretti per il suo culo pieno, o quando la osservavo ballare la sera, con quella maglietta che si incollava ai capezzoli.

Mi avvicinai piano, come un ladro. La porta era davvero aperta, appena una fessura, ma quanto bastava per vedere. Marta era sopra Luca, cavalcava lenta, a occhi chiusi, testa all’indietro e bocca socchiusa. I suoi capelli umidi di mare le cadevano sulle spalle nude. Il seno nudo ondeggiava appena a ogni colpo. Lui era sotto, mani sulle sue cosce, e mi vide. Gli occhi sgranati. Ma non era stupito. Sembrava più… divertito. Mi fece un cenno col mento. Un cenno sottile. Come a dirmi: “Chiudila, dai.” Solo che io non lo feci.

Mi avvicinai. Piano. La birra tremava nella mano. E il mio cazzo era già duro. La scena mi aveva fatto esplodere dentro. Sentivo le pulsazioni fino in gola. Guardai lei, che continuava a cavalcarlo, e sembrava non essersi accorta di nulla. Forse pensava che lui fosse agitato, o che si muovesse troppo. Ma no. Non sapeva che stavo entrando.

Spinsi la porta con la spalla e la chiusi lentamente dietro di me. Il clic del chiavistello fu come un rintocco. Luca mi fissava, stupito. Io lasciai le birre a terra. Lei gemeva, con la schiena sudata. Il suo culo si alzava e si abbassava sul cazzo del suo uomo, lentamente, con quel movimento ipnotico. Io mi avvicinai, il cuore a mille.

Fu un istante. Un istinto animale. Un impulso che non aveva bisogno di chiedere. Mi abbassai i boxer. Il mio cazzo uscì fuori, duro, gonfio, carico di voglia repressa. Marta si stava sollevando, e io mi posizionai. Senza parole. Senza chiedere. Puntai l’ingresso del suo culo, che sembrava già leggermente lubrificato, forse perché lui ci aveva già giocato un po’. O forse perché lei era così bagnata che tutto colava giù.

Spinsi. Una volta. Forte.

Lei urlò. Un suono spezzato, acuto, di sorpresa e dolore. Si irrigidì tutta, bloccata, e solo allora si girò. Mi vide. I suoi occhi si spalancarono. Ma non si spostò. Non mi cacciò via. Rimase lì, con il mio cazzo già mezzo dentro il suo culo, e un’espressione che era tutto: shock, confusione, ma anche l’inizio di qualcosa di perverso. Luca sotto di lei la teneva ferma. Le sussurrò qualcosa, e lei abbassò lo sguardo. Poi lo rialzò verso di me. Non disse nulla. Era rossa in volto. Ma non si tirò indietro. Non si ribellò.

Continuai a spingere. A fondo. Lei ansimava, le mani sulle spalle di Luca. Io la prendevo da dietro, nel culo stretto, mentre lui era ancora dentro la sua figa. Sentivo il calore dei nostri corpi, il rumore dei nostri respiri, il suono sordo dei colpi sul letto.

Era come essere dentro un film sporco. Luca mi guardava, con un mezzo sorriso incredulo. Le sue mani ora accarezzavano il seno di lei, che ormai era completamente in balia. Si muoveva tra noi, come un giocattolo nelle mani sbagliate.

“Ti piace così, troia?” sussurrai al suo orecchio, spingendo ancora.

Lei gemette forte. La testa scossa. “Sì…” sibilò, come se confessasse un peccato.

Lei si muoveva tra noi come un’onda sporca. Le gambe tremavano, ma non si fermava. Il suo culo stringeva il mio cazzo come se fosse stato fatto per quello. Si lasciava penetrare da entrambi, con la figa ancora piena del suo ragazzo, e il culo aperto per me, come se fosse la cosa più normale al mondo. Ma non c’era nulla di normale in quello che stavamo facendo. Era solo puro istinto. Voglia che traboccava, come il sudore che le colava lungo la schiena.

Ogni tanto si voltava, mi guardava con quegli occhi confusi e accesi, un misto di vergogna e godimento che mi faceva impazzire. Aveva la bocca semiaperta, le labbra lucide di saliva, e un’espressione da puttana incredula. Il respiro affannoso, come se il suo stesso corpo non riuscisse a star dietro al piacere che la stava invadendo.

“Non pensavo fossi così troia,” le sussurrai, stringendole i fianchi e affondando ancora più dentro.

Lei ansimò forte, ma non rispose. Solo un gemito, profondo, gutturale. Il viso le si contorse in una smorfia di piacere violento.

Luca, sotto di lei, la stava scopando con più forza adesso. La guardava da sotto, mentre le schiaffeggiava il culo con la mano aperta. “Non l’hai mai preso così, vero?” le disse con voce roca.

Lei scosse la testa, mordendosi il labbro. “No… mai così…” balbettò. Poi, come presa da un impeto, si buttò all’indietro, con le spalle contro il mio petto, aprendosi tutta per noi. Le sue mani si aggrapparono alle mie cosce, si lasciava dominare.

Era nostra. E lo sapeva.

Io la scopavo nel culo, spingendo sempre più forte. Sentivo ogni contrazione, ogni tremore. La sua figa scivolava sulle spinte di Luca, ormai zuppa, molle e bagnata come una bocca che ha appena succhiato per troppo tempo. Il letto cigolava, le lenzuola si erano accartocciate, il suo corpo era una mappa di sudore e carne viva.

Poi successe una cosa che non mi aspettavo.

Lei, senza nemmeno voltarsi, prese la mia mano e se la infilò tra le gambe, sulla figa. Come a voler sentire anche me lì. Come se non bastasse essere già scopata da due cazzi. Voleva anche le dita. Voleva tutto. La mia mano incontrò le sue labbra gonfie, calde, umide del cazzo di Luca. Le dita scivolarono dentro senza resistenza. Lei sussultò, la testa riversa sul mio petto, le labbra aperte in un sospiro.

“Cazzo, ti stai godendo tutto, eh?” le dissi, baciandole la spalla sudata.

Lei annuì, quasi con vergogna. Ma poi prese coraggio. “Scopatemi… insieme… non fermatevi…”

Quelle parole ci fecero impazzire.

Cominciammo a muoverci in sincrono. Io da dietro, nel suo culo, affondavo a ritmo con Luca sotto di lei. Le mie dita continuavano a esplorarla, dentro e fuori, mentre lei gemeva come se stesse esplodendo. Ogni colpo era una botta nei suoi reni, nella sua gola, nei nostri sensi.

Poi lei esplose.

Il suo corpo si irrigidì tutto. Un urlo le uscì dalla bocca, quasi un lamento rotto. Un orgasmo violento, incontrollato, che la fece tremare dalla testa ai piedi. Sentii i suoi muscoli contrarsi tutti attorno a me, sentii la sua figa pulsare sulle dita, e il suo culo stringermi come se volesse risucchiarmi dentro. Si abbandonò a noi, completamente. Senza limiti. Senza difese.

Luca la guardava come se fosse stregato. Anche lui ansimava, il viso rosso, le mani ancora strette sui fianchi di lei. “Non ti ho mai vista così…” disse, come in trance.

Lei gli sorrise. “Nemmeno io.”

Io mi tirai fuori piano. Il mio cazzo brillava dei suoi umori, della sua pelle, della sua voglia. Non ero ancora venuto. Ma ne avevo bisogno. Un bisogno feroce. Lei se ne accorse. Si voltò verso di me, mi guardò negli occhi, poi scivolò via da sopra Luca.

Si inginocchiò davanti a me.

Mi prese il cazzo in mano e iniziò a succhiarlo con avidità. Non era più la Marta che conoscevo. Non la ragazza elegante, riservata, dolce. Era un’altra. Era quella che si inginocchia col culo ancora aperto, il viso bagnato di sudore, il seno che balla a ogni movimento, e si prende tutto in gola come una troia affamata. Lo succhiava con rumori sporchi, profondi. Gli occhi lucidi, la bocca umida, mi fissava dal basso.

Luca la guardava, completamente rapito. Si stava toccando. Lo faceva piano, quasi con rispetto, come se la scena davanti a lui fosse troppo forte persino per lui. Marta continuava a succhiarmi il cazzo, me lo accarezzava con la lingua, mi leccava le palle con lentezza. Poi si voltò verso il suo uomo. Gli fece un sorriso sporco.

“Vieni qui anche tu…”

Lui si alzò, le si mise davanti. Lei prese il suo cazzo e lo avvicinò al suo viso. Poi guardò entrambi, con uno sguardo impudente.

“Datemi tutto…”

E così facemmo.

Io le presi la testa da un lato, Luca dall’altro. Alternavamo, le infilavamo i cazzi in bocca uno dopo l’altro, a volte insieme, sfiorandoci. Le mani di lei ci guidavano, la sua lingua era ovunque, la saliva colava, il suo viso era un disastro meraviglioso di lussuria.

“Sei la nostra puttana adesso?” le chiesi, mentre le infilavo il cazzo in gola.

Lei tossì, ma annuì.

“Dillo…”

“Vostra… puttana…”

Poi si sdraiò sul letto, le gambe aperte, il corpo ancora tremante. “Fatemi quello che volete…”

E lo facemmo.
di
scritto il
2025-07-24
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