Lei Canta, Io la Possiedo
di
Angelo B
genere
prime esperienze
Milano, notte calda, luci spente nel backstage. Il pubblico urlava ancora, ma io ero già lì ad aspettarla, in camerino. La porta si aprì con un colpo. Sarah entrò ancora col fiato spezzato, il trucco sciolto, le cosce bagnate dal sudore e dalla voglia. Vent’anni, voce d’oro, corpo da peccato, e occhi che cercavano solo me.
«Ti è piaciuto il mio show, Angelo?»
Non le risposi. Le afferrai il mento, la guardai dritta negli occhi.
«Ora fai lo spettacolo solo per me.»
Si inginocchiò. Sapeva cosa fare. Mi sbottonò i pantaloni e tirò fuori il cazzo già duro. Lo guardò un attimo, poi se lo infilò in bocca come se non aspettasse altro da ore. Profondo, lento, con la saliva che colava lungo il suo mento. Mi succhiava con la fame di una ventenne e la devozione di una puttana innamorata. Le tenevo la testa ferma, glielo facevo sentire in gola.
Quando la sollevai, era già bagnata. Le sollevai il vestitino corto di scena: niente slip. Solo la sua figa rasata e umida, pronta per me. La piegai sul tavolo del camerino e la presi da dietro. Colpi forti, lenti, profondi. Il suono della pelle che sbatteva contro la pelle, i suoi gemiti che rimbalzavano tra gli specchi.
«Sei mia. Sei solo mia, Sarah.»
«Sì… sì… scopami… fammi tua…»
Venimmo insieme, urlando, affondando. Ma non era finita.
La portai di peso nella suite dell’hotel. Nuda, sudata, ancora tremante, la spogliai del trucco e la gettai nella vasca piena d’acqua calda e olio profumato. Mi sedetti dietro di lei, le mie mani sul suo corpo bagnato. Le accarezzai i seni, poi la figa, la trovai ancora più calda, già pronta. Si girò e si infilò su di me.
Lo prese piano, centimetro dopo centimetro, poi iniziò a cavalcarmi. L’acqua schizzava fuori. I suoi gemiti erano una sinfonia, il suo corpo un’opera viva. Mi stringeva, mi baciava, gemeva il mio nome. La venni ancora dentro, profondo, trattenendola forte, sentendola tremare.
Ma il mattino non ci diede tregua.
Mi svegliai con lei nuda sul mio petto. Si stiracchiava come una gattina. Poi, senza dire nulla, si mise sopra e iniziò a scoparmi di nuovo. Lenta, bagnata, instancabile. I suoi seni che ondeggiavano, i suoi occhi che mi sfidavano. La ribaltai, la presi in missionario, baciandole tutto. Poi ancora da dietro. Non bastava mai.
«Non ce la faccio più… mi fai godere troppo…»
«Zitta. Ti voglio distrutta. E poi ti voglio ancora.»
La portai in doccia. Lei si piegò sulle piastrelle bagnate e si offrì.
«Voglio che mi prendi il culo. Voglio sentirtelo lì. Adesso.»
Le bagnai bene le chiappe. Le leccai l’ano finché non lo sentii aprirsi. Poi lo insaponai, lo preparai, e iniziai a spingere. Lei gemeva piano, si apriva lentamente, stretta, calda. Le entrai dentro, un colpo alla volta. Il mio cazzo affondava in quel buco giovane come in un tempio sacro. La scopavo piano, poi più forte. Lei si toccava la figa mentre io la distruggevo da dietro. Venni nel suo culo con un ruggito, mentre lei veniva gemendo con la testa contro il vetro.
«Non ho mai goduto così in vita mia…»
La baciai. «E non è finita, amore. Stasera ti voglio con il plug.»
⸻
Poche ore dopo, nel camerino del Forum di Assago, Sarah era pronta per salire sul palco. Il body nero le fasciava il corpo, ma sotto… solo un plug a cuore rosa nel culo. E un toy nascosto nella figa, controllato a distanza.
«Promettimi che mi farai impazzire là sopra», mi disse.
«Ti farò venire in diretta mondiale», risposi.
Salì sul palco. Venti, trentamila persone. Musica, luci, urla. Sarah cantava, dominava la scena… ma sapeva che lì, in prima fila, c’ero io. Ogni tanto incrociava il mio sguardo. Mi guardava. Apriva le gambe. Sorrideva sporca.
Durante la ballata finale, quando si inginocchiò al centro del palco, attivai il toy.
Lei sussultò.
Una nota le tremò in gola. Il microfono catturò quel respiro rotto. La voce le si spezzava tra le gambe aperte. Il plug nel culo brillava sotto le luci. Il vibratore in figa la stava distruggendo.
Lei continuò a cantare. Sudata, arrossata, eccitata.
Io aumentai la potenza. E la vidi venire.
Sì. Sarah venne davanti a trentamila persone. In piedi. Cantando. Con il mio controllo tra le gambe. Tremava, ma teneva il microfono. Finì il pezzo a occhi chiusi, con le gambe che si piegavano.
Il Forum esplose in un’ovazione. Nessuno capiva. Solo io e lei.
Scese dal palco. Tremante, bagnata, ancora scossa. Mi venne addosso e mi baciò.
«Hai vinto. Sei il mio re. Il mio padrone. Il mio Dio.»
Le sussurrai:
«E tu la mia stella. Ma domani… ti voglio sul palco con un plug più grande. E voglio sentirti cantare… mentre godi. Per me.»
FINE.
«Ti è piaciuto il mio show, Angelo?»
Non le risposi. Le afferrai il mento, la guardai dritta negli occhi.
«Ora fai lo spettacolo solo per me.»
Si inginocchiò. Sapeva cosa fare. Mi sbottonò i pantaloni e tirò fuori il cazzo già duro. Lo guardò un attimo, poi se lo infilò in bocca come se non aspettasse altro da ore. Profondo, lento, con la saliva che colava lungo il suo mento. Mi succhiava con la fame di una ventenne e la devozione di una puttana innamorata. Le tenevo la testa ferma, glielo facevo sentire in gola.
Quando la sollevai, era già bagnata. Le sollevai il vestitino corto di scena: niente slip. Solo la sua figa rasata e umida, pronta per me. La piegai sul tavolo del camerino e la presi da dietro. Colpi forti, lenti, profondi. Il suono della pelle che sbatteva contro la pelle, i suoi gemiti che rimbalzavano tra gli specchi.
«Sei mia. Sei solo mia, Sarah.»
«Sì… sì… scopami… fammi tua…»
Venimmo insieme, urlando, affondando. Ma non era finita.
La portai di peso nella suite dell’hotel. Nuda, sudata, ancora tremante, la spogliai del trucco e la gettai nella vasca piena d’acqua calda e olio profumato. Mi sedetti dietro di lei, le mie mani sul suo corpo bagnato. Le accarezzai i seni, poi la figa, la trovai ancora più calda, già pronta. Si girò e si infilò su di me.
Lo prese piano, centimetro dopo centimetro, poi iniziò a cavalcarmi. L’acqua schizzava fuori. I suoi gemiti erano una sinfonia, il suo corpo un’opera viva. Mi stringeva, mi baciava, gemeva il mio nome. La venni ancora dentro, profondo, trattenendola forte, sentendola tremare.
Ma il mattino non ci diede tregua.
Mi svegliai con lei nuda sul mio petto. Si stiracchiava come una gattina. Poi, senza dire nulla, si mise sopra e iniziò a scoparmi di nuovo. Lenta, bagnata, instancabile. I suoi seni che ondeggiavano, i suoi occhi che mi sfidavano. La ribaltai, la presi in missionario, baciandole tutto. Poi ancora da dietro. Non bastava mai.
«Non ce la faccio più… mi fai godere troppo…»
«Zitta. Ti voglio distrutta. E poi ti voglio ancora.»
La portai in doccia. Lei si piegò sulle piastrelle bagnate e si offrì.
«Voglio che mi prendi il culo. Voglio sentirtelo lì. Adesso.»
Le bagnai bene le chiappe. Le leccai l’ano finché non lo sentii aprirsi. Poi lo insaponai, lo preparai, e iniziai a spingere. Lei gemeva piano, si apriva lentamente, stretta, calda. Le entrai dentro, un colpo alla volta. Il mio cazzo affondava in quel buco giovane come in un tempio sacro. La scopavo piano, poi più forte. Lei si toccava la figa mentre io la distruggevo da dietro. Venni nel suo culo con un ruggito, mentre lei veniva gemendo con la testa contro il vetro.
«Non ho mai goduto così in vita mia…»
La baciai. «E non è finita, amore. Stasera ti voglio con il plug.»
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Poche ore dopo, nel camerino del Forum di Assago, Sarah era pronta per salire sul palco. Il body nero le fasciava il corpo, ma sotto… solo un plug a cuore rosa nel culo. E un toy nascosto nella figa, controllato a distanza.
«Promettimi che mi farai impazzire là sopra», mi disse.
«Ti farò venire in diretta mondiale», risposi.
Salì sul palco. Venti, trentamila persone. Musica, luci, urla. Sarah cantava, dominava la scena… ma sapeva che lì, in prima fila, c’ero io. Ogni tanto incrociava il mio sguardo. Mi guardava. Apriva le gambe. Sorrideva sporca.
Durante la ballata finale, quando si inginocchiò al centro del palco, attivai il toy.
Lei sussultò.
Una nota le tremò in gola. Il microfono catturò quel respiro rotto. La voce le si spezzava tra le gambe aperte. Il plug nel culo brillava sotto le luci. Il vibratore in figa la stava distruggendo.
Lei continuò a cantare. Sudata, arrossata, eccitata.
Io aumentai la potenza. E la vidi venire.
Sì. Sarah venne davanti a trentamila persone. In piedi. Cantando. Con il mio controllo tra le gambe. Tremava, ma teneva il microfono. Finì il pezzo a occhi chiusi, con le gambe che si piegavano.
Il Forum esplose in un’ovazione. Nessuno capiva. Solo io e lei.
Scese dal palco. Tremante, bagnata, ancora scossa. Mi venne addosso e mi baciò.
«Hai vinto. Sei il mio re. Il mio padrone. Il mio Dio.»
Le sussurrai:
«E tu la mia stella. Ma domani… ti voglio sul palco con un plug più grande. E voglio sentirti cantare… mentre godi. Per me.»
FINE.
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