Veronica, Senza Pietà
di
Angelo B
genere
prime esperienze
Prefazione
Ci sono donne che entrano nella tua vita come un uragano. Non bussano, non chiedono permesso. Si prendono tutto. Il corpo, il respiro, l’anima. Veronica era una di quelle.
E io, per lei, ho perso ogni controllo.
⸻
Racconto Unico
Era cominciato tutto con uno sguardo. Di quelli che ti attraversano la pelle e si piantano tra le gambe. Veronica si era presentata alla porta con un vestitino leggero, trasparente sotto la luce di fine pomeriggio. Nessuna vergogna. Nessuna fretta. Solo quella fame negli occhi.
«Non ti aspettavi che venissi, vero?»
«No. Ma ne avevo un dannato bisogno.»
Si era avvicinata con passo lento, le gambe nude e l’odore della pelle già pronto a confondermi. L’ho baciata con rabbia, con fame, come si bacia una donna che si è aspettata troppo a lungo. Lei ha risposto con la lingua, con il corpo, con l’anima.
Ci siamo strappati i vestiti addosso senza dire una parola. La casa era vuota, le finestre aperte, il silenzio rotto solo dal rumore dei nostri respiri che diventavano sempre più veloci, più ansiosi, più sporchi.
L’ho presa lì, contro la parete del corridoio. Poi sul tavolo. Poi ancora, in ginocchio davanti a me, mentre gemeva con la bocca piena e le lacrime agli angoli degli occhi. Ogni suo respiro era una preghiera, ogni mio colpo una bestemmia.
E quando finalmente ci siamo buttati sul letto, sudati, sfiniti, sporchi di tutto… è successo.
Avevo svuotato tutto: le palle, il fiato, perfino l’anima.
Veronica era lì, bagnata e stravolta, i capelli in disordine, il culo ancora aperto, arrossato e tremante.
Non parlava. Sorrideva soltanto, con quella malizia che ti fa capire che non è finita. Che anzi… sta per ricominciare.
Mi ero appena svuotato dentro di lei, ma la guardavo… e già mi stavo indurendo di nuovo.
Veronica si morse il labbro, si mise lentamente a carponi e si voltò, il culo in alto, ancora arrossato e lucido. Il mio sperma le colava piano lungo la coscia. Lo sentivo scendere anche dentro di lei, e l’idea mi fece perdere il fiato.
«Non hai finito…» sussurrò. «Mi devi distruggere ancora.»
Le allargai le chiappe con forza. Lì, al centro, il suo buco era ancora aperto, pulsante, rosso, assetato. Ci infilai due dita, piano, poi con più decisione. Lei si inarcò, ansimando come una cagna in calore.
«Più forte… così… sì, così…»
Il suo ano sembrava voler risucchiare tutto. Aveva imparato ad amarmi anche lì, a volermi tutto, ovunque.
Tirai fuori le dita, gliele feci leccare. Lei lo fece senza pensarci, guardandomi dritto negli occhi, come se fosse la cosa più naturale al mondo. Poi glielo infilai in bocca. Era ancora bagnato di lei, del nostro sapore.
Mi leccava come se stesse bevendo l’ultima goccia di piacere, con la lingua che girava intorno al glande, insistente, disperata. Poi giù, fino alla base, fino a farmi tremare.
L’afferrai per i capelli, glielo spinsi tutto in gola mentre lei si lasciava soffocare, le lacrime che scendevano e il sorriso che non spariva mai.
Quando gliel’ho sbattuto di nuovo dentro, dietro, senza pietà, ho sentito il suo corpo vibrare. Non gridava più. Ringhiava. Spingeva anche lei, si muoveva, si sbatteva su di me come se volesse rompersi.
Ogni colpo era più fondo. Ogni schianto più umido, più sporco. Le chiappe che battevano sulle mie anche, il letto che sbatteva contro la parete. Un concerto di gemiti, schiaffi e carne.
«Sei mia, cazzo. Sei la mia troia.»
«Sì… lo sono… tua… solo tua… scopami ancora… rompi me…»
La sentii squirtare, tremare tutta, inarcare la schiena come una bestia. E mentre le venivo dentro di nuovo, più forte ancora, sentii il suo culo stringermi, trattenermi, come se non volesse lasciarmi uscire mai più.
Poi il silenzio.
Rotto solo dal nostro respiro.
Ci stendemmo uno sull’altra, nudi, madidi, stremati.
Ma i suoi occhi dicevano una cosa chiara: non è finita.
⸻
Epilogo – L’ultima mossa
Il tramonto tagliava la stanza con lame dorate. Veronica si era alzata in silenzio, senza coprirsi. Le chiappe segnate, il sesso ancora gonfio.
Prese una cintura dal mio jeans, la fissò tra le mani.
«Ora mi leghi tu.»
Le legai i polsi al bordo del letto. La sua schiena nuda era un invito, la pelle calda e piena dei segni del nostro delirio.
Poi le infilai lentamente il plug che teneva nella borsa. Era rosa, di vetro, freddo.
Lei si morse le labbra.
«Riempimi. Ovunque.»
E lo feci.
Le presi la bocca, il culo e la figa in rapida successione. Duro, violento, sporco.
Lei si contorceva legata, gemeva con la gola piena, con la figa fradicia e l’ano che pulsava di piacere.
Sputavo, la schiaffeggiavo, le infilavo tutto, fino a sentire il suo corpo vibrare in una sinfonia di orgasmi multipli, spasmi incontrollati, urla soffocate.
Quando l’ho riempita ancora una volta, le gocce le uscivano da ogni buco.
Era distrutta.
Sfinita.
Perfetta.
Mi chinai all’orecchio.
«Adesso sei davvero mia.»
Lei sorrise, ancora legata.
«Lo sono sempre stata. Ma adesso… tu sei mio.»
E mi leccò tutto, piano, come a suggellare quel patto.
Ci sono donne che entrano nella tua vita come un uragano. Non bussano, non chiedono permesso. Si prendono tutto. Il corpo, il respiro, l’anima. Veronica era una di quelle.
E io, per lei, ho perso ogni controllo.
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Racconto Unico
Era cominciato tutto con uno sguardo. Di quelli che ti attraversano la pelle e si piantano tra le gambe. Veronica si era presentata alla porta con un vestitino leggero, trasparente sotto la luce di fine pomeriggio. Nessuna vergogna. Nessuna fretta. Solo quella fame negli occhi.
«Non ti aspettavi che venissi, vero?»
«No. Ma ne avevo un dannato bisogno.»
Si era avvicinata con passo lento, le gambe nude e l’odore della pelle già pronto a confondermi. L’ho baciata con rabbia, con fame, come si bacia una donna che si è aspettata troppo a lungo. Lei ha risposto con la lingua, con il corpo, con l’anima.
Ci siamo strappati i vestiti addosso senza dire una parola. La casa era vuota, le finestre aperte, il silenzio rotto solo dal rumore dei nostri respiri che diventavano sempre più veloci, più ansiosi, più sporchi.
L’ho presa lì, contro la parete del corridoio. Poi sul tavolo. Poi ancora, in ginocchio davanti a me, mentre gemeva con la bocca piena e le lacrime agli angoli degli occhi. Ogni suo respiro era una preghiera, ogni mio colpo una bestemmia.
E quando finalmente ci siamo buttati sul letto, sudati, sfiniti, sporchi di tutto… è successo.
Avevo svuotato tutto: le palle, il fiato, perfino l’anima.
Veronica era lì, bagnata e stravolta, i capelli in disordine, il culo ancora aperto, arrossato e tremante.
Non parlava. Sorrideva soltanto, con quella malizia che ti fa capire che non è finita. Che anzi… sta per ricominciare.
Mi ero appena svuotato dentro di lei, ma la guardavo… e già mi stavo indurendo di nuovo.
Veronica si morse il labbro, si mise lentamente a carponi e si voltò, il culo in alto, ancora arrossato e lucido. Il mio sperma le colava piano lungo la coscia. Lo sentivo scendere anche dentro di lei, e l’idea mi fece perdere il fiato.
«Non hai finito…» sussurrò. «Mi devi distruggere ancora.»
Le allargai le chiappe con forza. Lì, al centro, il suo buco era ancora aperto, pulsante, rosso, assetato. Ci infilai due dita, piano, poi con più decisione. Lei si inarcò, ansimando come una cagna in calore.
«Più forte… così… sì, così…»
Il suo ano sembrava voler risucchiare tutto. Aveva imparato ad amarmi anche lì, a volermi tutto, ovunque.
Tirai fuori le dita, gliele feci leccare. Lei lo fece senza pensarci, guardandomi dritto negli occhi, come se fosse la cosa più naturale al mondo. Poi glielo infilai in bocca. Era ancora bagnato di lei, del nostro sapore.
Mi leccava come se stesse bevendo l’ultima goccia di piacere, con la lingua che girava intorno al glande, insistente, disperata. Poi giù, fino alla base, fino a farmi tremare.
L’afferrai per i capelli, glielo spinsi tutto in gola mentre lei si lasciava soffocare, le lacrime che scendevano e il sorriso che non spariva mai.
Quando gliel’ho sbattuto di nuovo dentro, dietro, senza pietà, ho sentito il suo corpo vibrare. Non gridava più. Ringhiava. Spingeva anche lei, si muoveva, si sbatteva su di me come se volesse rompersi.
Ogni colpo era più fondo. Ogni schianto più umido, più sporco. Le chiappe che battevano sulle mie anche, il letto che sbatteva contro la parete. Un concerto di gemiti, schiaffi e carne.
«Sei mia, cazzo. Sei la mia troia.»
«Sì… lo sono… tua… solo tua… scopami ancora… rompi me…»
La sentii squirtare, tremare tutta, inarcare la schiena come una bestia. E mentre le venivo dentro di nuovo, più forte ancora, sentii il suo culo stringermi, trattenermi, come se non volesse lasciarmi uscire mai più.
Poi il silenzio.
Rotto solo dal nostro respiro.
Ci stendemmo uno sull’altra, nudi, madidi, stremati.
Ma i suoi occhi dicevano una cosa chiara: non è finita.
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Epilogo – L’ultima mossa
Il tramonto tagliava la stanza con lame dorate. Veronica si era alzata in silenzio, senza coprirsi. Le chiappe segnate, il sesso ancora gonfio.
Prese una cintura dal mio jeans, la fissò tra le mani.
«Ora mi leghi tu.»
Le legai i polsi al bordo del letto. La sua schiena nuda era un invito, la pelle calda e piena dei segni del nostro delirio.
Poi le infilai lentamente il plug che teneva nella borsa. Era rosa, di vetro, freddo.
Lei si morse le labbra.
«Riempimi. Ovunque.»
E lo feci.
Le presi la bocca, il culo e la figa in rapida successione. Duro, violento, sporco.
Lei si contorceva legata, gemeva con la gola piena, con la figa fradicia e l’ano che pulsava di piacere.
Sputavo, la schiaffeggiavo, le infilavo tutto, fino a sentire il suo corpo vibrare in una sinfonia di orgasmi multipli, spasmi incontrollati, urla soffocate.
Quando l’ho riempita ancora una volta, le gocce le uscivano da ogni buco.
Era distrutta.
Sfinita.
Perfetta.
Mi chinai all’orecchio.
«Adesso sei davvero mia.»
Lei sorrise, ancora legata.
«Lo sono sempre stata. Ma adesso… tu sei mio.»
E mi leccò tutto, piano, come a suggellare quel patto.
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