“Angelina – Il buco che mi prega”

di
genere
prime esperienze

L’avevo legata. Nuda. Braccia tese sopra la testa, polsi bloccati al letto con manette di pelle nera. Le cosce divaricate da una barra rigida. Il culo esposto, teso, offerto.
Il suo buco anale, stretto, rosa e pulito, sembrava un piccolo sacrilegio da profanare.
E lei lo voleva. Lo pregava.

«Ti prego Arturo… scoprami lì. Fammi urlare, fammi piangere. Aprimi quel buco come se volessi viverci dentro.»

Le passai il dito tra le chiappe. La pelle era liscia, il foro vibrava a ogni mio tocco. Le sputai sopra, due volte. Poi iniziai a lavorarlo. Primo un dito. Poi due.
La sentivo contorcersi, tremare, mugolare. Non per dolore.
Per voglia. Per disperata necessità di essere sfondata.

Le allargavo le natiche con forza, le davo schiaffi che le facevano tremare le tette sotto di lei. Poi le infilai un plug. Grosso. Nero. A forma di goccia.
Lei lo prese tutto, gemendo con un filo di voce:

«Più grosso. Fammi scoppiare il culo, Arturo.»

Quando glielo tolsi, il buco rimase aperto. Pulsante. Come se mi stesse chiamando.

«Adesso ti entra tutto. E non ti darò tregua.»

Presi il mio cazzo duro, madido di saliva e lubrificante, e glielo spinsi dentro senza pietà.
Lei gridò. Forte.
Le colpii le chiappe con forza, mentre affondavo fino in fondo. Il suo culo era una fiamma viva. Stretta, bollente, tremante. La scopavo con forza, con violenza, con cattiveria.
«Questo buco è mio, Angelina. È fatto solo per il mio cazzo.»
«Sì, cazzo, è tuo! Scopami, fammi svenire!»

Ogni affondo faceva schioccare il mio bacino contro le sue chiappe. Le tenni la testa schiacciata nel cuscino, la sua bocca schiumava saliva mentre la prendevo nel suo buco come se volessi trapassarla.
Poi venni. Dentro.
Profondo.
Senza toglierlo.
«Bevilo, troia. Prenditi tutto il mio seme in quel culo.»

Quando mi tirai fuori, lo sperma colava dal suo buco violato, mescolato alla sbava, al sudore, al suo squirting impazzito che non si era mai fermato.
Ma non era finita.

Le ficcai il plug sporco di nuovo dentro, spingendolo con forza.
Lei gemeva come in trance.
Le passai due dita tra le labbra. «Assaggia il tuo culo.»
Lei leccò, succhiò, si masturbò mentre lo faceva.

E sussurrò:
«Domani voglio che mi scopi con un dildo, mentre mi pisci addosso. Il culo è tuo, Arturo. Fanne un santuario del vizio.»
scritto il
2025-05-28
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