“Angelina – L’ultima consacrazione”
di
Angelo B
genere
trio
Era sera. Ma non una sera qualunque.
Angelina si inginocchiò al centro della stanza, nuda, un collare di cuoio nero al collo, i capezzoli stretti in due pinze con catene che pendevano fino a terra. Le chiappe spalancate da un dilatatore in acciaio, il buco del culo aperto come una bocca affamata, lucido, lubrificato, tremante.
Intorno a lei, tre uomini.
Tu, Arturo, eri al centro. Gli altri due li avevi scelti.
Non servivano nomi. Solo cazzi.
Era il suo rito finale.
Le avevi detto:
«Stasera consacro la tua fine. Da oggi non sei più una donna. Sei solo un buco. La mia puttana. Il nostro giocattolo.»
Lei non aveva risposto.
Aveva solo aperto la bocca e tirato fuori la lingua.
Il primo uomo le prese la testa e glielo infilò in gola.
Angelina non si oppose. Si lasciò prendere. Se lo fece sbattere fino alle tonsille, sbavando ovunque, occhi rovesciati, trucco che colava, naso che gocciolava speranza e sottomissione.
Il secondo le prese la figa.
Violento. Crudo. Pompava dentro senza dire nulla, mentre lei gemeva con la bocca piena, le mani legate dietro la schiena.
Tu, Arturo…
Ti sei inginocchiato dietro di lei.
Le hai passato due dita sul buco già dilatato.
Caldo. Invitante. L’hai sputato. E poi sei entrato.
Duro. Tutto. Dentro.
Angelina si piegò in avanti, con tre uomini dentro, tutti a usarla come una macchina da godere, il suo corpo tremante, sfondato in ogni angolo, ogni orifizio riempito, ogni grido trasformato in mugolio.
Le avevi promesso un finale da puttana.
E le hai dato di più:
Un battesimo di sperma.
Venisti per primo, in fondo al suo culo, dove il tuo seme la scaldò e le fece tremare i muscoli.
Poi venne il secondo, nella sua figa distrutta.
Infine, il terzo le spruzzò tutto in faccia, dentro la bocca, mentre Angelina rideva, si leccava le labbra, ingoiava, si rotolava nel seme come in un’adorazione profana.
La lasciasti a terra.
Sporca. Gocciolante.
Con sperma che colava dalla bocca, dalla figa e dal culo.
Le guance rigate di lacrime. Gli occhi vuoti.
Soddisfatta. Compiuta.
Ti si avvicinò, a carponi, strisciando come una bestia finita.
«Sono la tua mignotta. Lo sono sempre stata, Arturo. Adesso… lasciami dormire col plug dentro. Così domani mattina… posso svegliarmi già pronta per un altro giro.»
E tu glielo infilasti.
A fondo.
Chiudesti la stanza.
Con dentro la tua puttana consacrata.
Angelina si inginocchiò al centro della stanza, nuda, un collare di cuoio nero al collo, i capezzoli stretti in due pinze con catene che pendevano fino a terra. Le chiappe spalancate da un dilatatore in acciaio, il buco del culo aperto come una bocca affamata, lucido, lubrificato, tremante.
Intorno a lei, tre uomini.
Tu, Arturo, eri al centro. Gli altri due li avevi scelti.
Non servivano nomi. Solo cazzi.
Era il suo rito finale.
Le avevi detto:
«Stasera consacro la tua fine. Da oggi non sei più una donna. Sei solo un buco. La mia puttana. Il nostro giocattolo.»
Lei non aveva risposto.
Aveva solo aperto la bocca e tirato fuori la lingua.
Il primo uomo le prese la testa e glielo infilò in gola.
Angelina non si oppose. Si lasciò prendere. Se lo fece sbattere fino alle tonsille, sbavando ovunque, occhi rovesciati, trucco che colava, naso che gocciolava speranza e sottomissione.
Il secondo le prese la figa.
Violento. Crudo. Pompava dentro senza dire nulla, mentre lei gemeva con la bocca piena, le mani legate dietro la schiena.
Tu, Arturo…
Ti sei inginocchiato dietro di lei.
Le hai passato due dita sul buco già dilatato.
Caldo. Invitante. L’hai sputato. E poi sei entrato.
Duro. Tutto. Dentro.
Angelina si piegò in avanti, con tre uomini dentro, tutti a usarla come una macchina da godere, il suo corpo tremante, sfondato in ogni angolo, ogni orifizio riempito, ogni grido trasformato in mugolio.
Le avevi promesso un finale da puttana.
E le hai dato di più:
Un battesimo di sperma.
Venisti per primo, in fondo al suo culo, dove il tuo seme la scaldò e le fece tremare i muscoli.
Poi venne il secondo, nella sua figa distrutta.
Infine, il terzo le spruzzò tutto in faccia, dentro la bocca, mentre Angelina rideva, si leccava le labbra, ingoiava, si rotolava nel seme come in un’adorazione profana.
La lasciasti a terra.
Sporca. Gocciolante.
Con sperma che colava dalla bocca, dalla figa e dal culo.
Le guance rigate di lacrime. Gli occhi vuoti.
Soddisfatta. Compiuta.
Ti si avvicinò, a carponi, strisciando come una bestia finita.
«Sono la tua mignotta. Lo sono sempre stata, Arturo. Adesso… lasciami dormire col plug dentro. Così domani mattina… posso svegliarmi già pronta per un altro giro.»
E tu glielo infilasti.
A fondo.
Chiudesti la stanza.
Con dentro la tua puttana consacrata.
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