Inferno Privato – Una notte con Daniela

di
genere
prime esperienze

Prefazione

Non era amore.
Non era sesso.
Era bisogno. Fame.
Quella fame che ti scava lo stomaco, che non si placa con un bacio o una scopata qualsiasi.
Era lei. Daniela. 19 anni. Un corpo fatto per peccare.
E un’anima che ballava sopra il mio istinto come fosse un palo di acciaio rovente.
Quella notte non ci fu pietà. Solo verità. E carne.



Il racconto

Ore 00:14.
Locale Inferno.
Fumo denso, musica elettronica, pareti di velluto nero e neon rossi come vene in pulsazione.
Bevevo gin, ma era già lei a bruciarmi la gola.

Daniela entrò senza preavviso.
Tacchi alti, body nero incollato come un tatuaggio, labbra da peccato e occhi… quegli occhi.
Neri, liquidi, pericolosi. Ti guardavano come se sapessero già cosa avresti fatto con lei.
O meglio, cosa lei avrebbe fatto a te.

Salì sul palo. E il tempo si fermò.

Le gambe si aprirono come petali carnivori. Il bacino roteava in movimenti che sembravano incantesimi.
Le sue mani, le sue dita, il suo modo di leccarsi le labbra… tutto parlava solo di una cosa: voglio essere scopata. Ma alle mie regole.

I suoi occhi, inchiodati ai miei, urlavano: “Tu. Solo tu stanotte.”

Scese.
Camminò verso di me come se stesse sfilando per l’inferno.
Mi montò a cavallo.
Si strusciò senza chiedere.
Mi leccò l’orecchio.
«Seguimi. O resti col cazzo duro e la mano vuota.»

Salii con lei al piano di sopra.
Spogliatoio privato. Porte chiuse. Silenzio violento.

Daniela si spogliò senza dire nulla. Si tolse il body con lentezza sadica.
Era perfetta. Un tempio profanato. Seni sodi, addome scolpito, fianchi da presa.
E tra le gambe… il peccato, rasato e lucido come se mi stesse aspettando.

Mi spinse sulla poltrona.
Si inginocchiò.

E prese tutto.

Bocca calda, lingua esperta. Mi guardava dal basso, mentre mi succhiava come una dannata.
«Guarda. Guarda come ti prendo. Questo è solo l’inizio.»

Poi si alzò. Si girò. Mi mostrò il culo. Un’opera d’arte viva.

«Voglio sentirti dentro. Ma prima mi lecchi. Mi lecchi finché non ti supplico.»

E così fu.
Lì, in ginocchio dietro di lei, con la lingua immersa tra le sue labbra umide e tese.
Lei si muoveva. Si contorceva.
«Ancora. Così. Non ti fermare, bastardo.»

Venni quasi solo a sentirla gemere.
Ma trattenni tutto. Dovevo darle di più.

La presi.
Da dietro. Forte. Senza filtri.

Ogni spinta era un colpo di tamburo.
Ogni schiaffo sul suo culo faceva eco tra le pareti.

«Scopami come se non esistesse domani!» gridava.
E io lo feci.
Sul pavimento. Sul divano. Contro il muro. Sul palo.

E quando urlò il mio nome, con la voce rotta e le gambe che tremavano, venne per la terza volta.

E io esplosi dentro di lei, senza ritegno, senza pensiero.

Solo godimento.



Epilogo

Al risveglio, il suo profumo era ovunque. Ma lei no.
Un biglietto, scritto col rossetto sullo specchio:
“Stanotte sei stato l’unico. Ma io sono di nessuno. – D.”

Ogni tanto torno lì, allo stesso tavolo.
Ma Daniela non si fa più vedere.
Forse era un sogno.
O forse l’inferno ha solo deciso di darmi una notte di gloria.
E poi portarsela via.
scritto il
2025-05-10
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