Oriana ( 1 )

Scritto da , il 2021-09-29, genere bisex

Il borgo di Podenzana poggia su di un colle sovrastato da monti più alti, che come lama di aratro separano la Magra dalla Vara, fino al laghetto di Bottagna, dove le due acque si uniscono e proseguono verso il mare.
A vederla da lontano, Podenzana è un crocchio di case che spuntano tra gli alberi delle alture, come una macchia di funghi tra l'erba.
E se dovessimo seguire la strada tra gli alberi, fino alle porte merlate del borgo, e se invece di entrare girassimo attorno fino all'altro lato del colle, vedremmo delle fattorie distribuite sul pendio, case a corte e campi a terrazza circondati da ulivi, che sorreggono i filari delle vigne.

Tra queste, la corte dei Musetti si distingueva per il suo bel bosco di salici attentamente curato, e per la segheria in cui il prezioso legno flessibile veniva lavorato. E' conosciuto da pochi il mestiere del saliceto e si vedeva arrivare gente fin da Genova e Firenze per ordinare il materiale.

Oltre alla corte e alla segheria, i Musetti tenevano un campo d'orzo per le loro necessità, con un pozzo dotato di vite ad acqua per l'irrigazione, mossa da due buoi che incessantemente si faceva camminare in tondo. E poi c'era il fienile, e tutti lo sanno che dove c'è un fienile ci sono degli amanti.

“ Bòn, Oriana, che suzzoni che sai fareeee ! “

“ Si, ma tirami su la gonna adesso, inculami come fai sempre ! “

Parole e rumori soffocati dalle balle di paglia, persi tra il cigolio della vite la fuori e lo scalpitio di zoccoli bovini sui sassi bianchi.

Giulèn era un giovinotto roscio cui doveva ancora spuntare del tutto la barba, i Musetti lo avevano preso a bracciante, la figlia giovane del Musetti l'aveva preso per amante.

Non era del tutto bella l'Oriana, aveva un fisico magro ancora da ragazzina, più che da donna, i seni lunghi che scendevano in basso, per quanto pieni, e un mento troppo sfuggente per reggere la bocca larga e il naso lungo che ci stavano sopra. Di profilo sembrava una pavoncella, ma con due begli occhi verdi e una voce da usignolo.
Era verde scuro anche l'abito, orlato di linee spezzate ocra, lungo fino ai piedi, in modo da non dover indossare biancheria sotto.
Ma in quel momento la gonna era ribaltata fin sopra la testa, lei a quattro zampe e sedere in aria, col moroso che leccava famelico i due buchi, menandosi intanto la tega.

“ Si, dai, scopami con la lingua ! “

“ Ostì, e allora con sta fava cosa dovrei farci ? “

Senza attendere superflue risposte, Giulèn si rizzò in piedi e affondò il membro in un pertugio già allenato a quei cimenti, facendola ragliare come un'asina. Era desiderio giovanile il loro, nessuna modulazione, solo affondi ignoranti e lei che mordeva l'orlo della veste e respirava l'odore del fieno, mentre le paglie più dure la pizzicavano attraverso il tessuto.

Non ci misero molto, era pieno giorno e prima o poi qualcuno sarebbe entrato, ma per come erano fatti i vestiti, bastava un solo attimo per ricomporsi.
Uscì Giulèn per primo.. e si trovò davanti ad aspettarlo la Sora Melandra, donna severa e secca, dai capelli nerissimi ormai striati di bianco, che il Musetti ospitava e pagava perchè educasse la figlia e la preparasse a fare uso del raro dono che la sorte le aveva riservato.

“ Ci siamo divertiti ? Spero che tu abbia fatto le cose a modo, perchè già te lo dissi cosa farò a te, se non la trovo più intatta... “

“ Signora ? Se intende la signorina.. non facevamo nulla di che.. “

“ Vai, vai Giulèn. E tu Oriana, tirati via di dosso quelle paglie e vieni, che dobbiamo controllare come ogni santa volta. “

Quella scena in effetti non era nuova a casa Musetti, e anzi negli ultimi tempi si ripeteva sempre più di frequente.
Come sempre entrarono nella grande casa a due piani, attraversarono in silenzio l'impluvio centrale sfiorando le pietre della vasca per l'acqua piovana, e arrivarono a una cameretta di fianco alla porta di dietro, che dava sull'orto.

La cameretta aveva pareti e pavimento di pietra nuda, era illuminata solo da due feritoie che lasciavano entrare lame di luce in cui i granelli di polvere danzavano come moscerini.
E c'era un vecchio sofà rosso, su cui Oriana si stese rimboccando la gonna, e Donna Melandra senza tanti complimenti le ficcò due dita nella vagina, già bagnatissima visto quel che era accaduto poco prima.

“ L' imene è ancora a posto.. brava.. se tu lo perdessi prima che sia venuto il momento, la tua magia andrebbe sprecata. “

“ E quando verrà il momento ? Ci sono ragazze della mia età che già sono sposate. “

Oriana sentì le dita dentro di lei muoversi in una maniera più dolce, una carezza esperta che era come un fuoco e le strappò un sospiro.

“ Dimmelo tu quando. Dimostrami che sei pronta e hai imparato quel che dovevi, e allora ti permetterò di tentare il risveglio. “

Nel dirle queste parole la maestra aveva posato la mano destra sul suo seno e lo strizzava sotto l'abito, mentre con la sinistra continuava a carezzare piano sotto il clitoride, facendo sprizzare nuovi succhi da quella giovane passera.

Oriana chiuse gli occhi e lasciò che le scosse di piacere attraversassero tutto il suo corpo, senza resistere, anzi maggiormente offrendosi a quei tocchi.
Lasciò che le scosse arrivassero fino al suo volto, poco più su del naso, dove immaginò un punto di pura luce. Poi diede una forma a quella luce, un intento, un desiderio, per poi lasciarlo scivolare via e dimenticarlo nell'orgasmo.

Melandra attese che le contrazioni si fossero calmate, poi s'inginocchiò, e con la lingua ripulì attentamente le gambe dell'allieva, la passera, l'altro buco ancora sporco dello sperma del moroso.
Non l'avrebbe mai ammesso, ma le sue allieve precedenti non avevano un sapore così buono.

“ Ho potuto sentire il tuo potere. Adesso dimmi dove devo guardare. “

“ Nell'orto. “

Tutte e due si alzarono e uscirono nell'orto, subito abbagliate dalla luce intensa del sole settembrino.
Tempo di abituare gli occhi, si inoltrarono tra i filari di piante, i meloni erano già stati raccolti quasi tutti a parte gli ultimi frutti ritardatari, o quelli rimasti troppo piccoli.
Uno di quelli era cresciuto a dismisura, pareva un cocomero da tanto era grande, Melandra lo staccò dalla pianta, lo annusò da vicino e aveva un profumo meraviglioso.
Sorrise.

“ Si. Sei pronta. Ancora poco e anche tu potrai essere una donna. E una maga. “

...

Sul finire del giorno dopo, il sole si nascondeva dietro i monti a ponente e gli ultimi raggi strisciavano sulla piazza di Podenzana, in cima al colle, lastricata di ciottoli colorati che formavano disegni di fiori e cerchi concentrici. La gente tornava dal lavoro e tanti si fermavano a bere un bicchiere dal Poggiani, che aveva l'osteria nella piazza, davanti al palazzo comunale.
Oriana era l'attrazione della serata, da tempo infatti aveva formato un complesso musicale con degli amici suoi, e venivano anche dai paesi attorno per sentirla cantare. Si dice infatti che la magia e il talento nell'arte vengano spesso assieme.
Meneghino al liuto, la figlia del vicino che aveva imparato a suonare il flauto traverso, ma il migliore del gruppo era Flavio, che suonava la ghironda. Inizialmente, seduto su uno sgabello, traeva dalla manovella un suono basso e continuo, che faceva da tappeto alla voce e agli assoli del flauto, poi, alla fine di una qualche canzone, si alzava e riprendeva la melodia, ripetendola più veloce con suoni deformati e acuti lancinanti, tra gli applausi del pubblico più giovane.

Fecero notte fonda quella volta e smisero solo per sfinimento, andando poi a farsi riempire le scodelle di lambrusco gratis e scolandole assieme col Giuli, che non perse l'occasione per sbaciucchiarsi con la ragazza davanti a tutti. E si avviarono poi allegri per tornare alle loro case, quando il Podestà in persona, il Bacci, li fermò all'uscita dell'osteria e chiese di poter parlare in privato con Oriana.
Camminarono dunque, il Podestà e la ragazza, fino alla terrazza, da cui di giorno si può ammirare il corso della Magra fino al mare.
Era del tutto buio, la luna era uno spicchio in uno sciame di stelle, e per quanto venisse l'autunno, ancora qualche grillo cantava.

Il Podestà era molto serio, le indicò un punto a settentrione, dove dei fuochi brillavano vicino alla cima di uno dei monti.

“ Lo sai cos'è quello ? “

“ E' il castello di Gaggio, signore. Ci sono stata il mese scorso per la sagra dei panigacci. “

“ Facessero solo sagre, ma i Cordiviola sono una famiglia di predoni che si danno arie di cavalieri. Hanno fatto arrivare mercenari dai paesi foresti e hanno messo al sacco tutta la Garfagnana, e anche se la stagione è alla fine, ho paura che non siano ancora contenti. Ho paura che verranno qua dalla nostra parte, presto, una settimana o forse due. “

“ E' una cosa brutta. Ma io che c'entro ? “

“ Tu.. tuo padre lo ha detto a tutti che stai per diventare una maga. Anzi, voleva dire in lungo e in largo che vi state preparando al risveglio, che bè, se ho capito sarebbe quella cosa li.. come la notte di nozze insomma.. “

“ Si .. “

“ E allora gli ho detto di chiudere il becco, che non lo venissero a sapere i Cordiviola ! Soprattutto Donna Letizia Cordiviola, che è una maga terribile. Non lo devono sapere, perchè mi hanno detto che quando fate quella roba li.. il primo giorno che diventate maghe.. liberate una forza che poi non avrete più uguale. Puoi essere la nostra arma segreta ! Tutto quel che ti chiedo è avere pazienza e aspettare prima del tuo risveglio che arrivi il giorno della battaglia. “

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