Grand Hotel ER - Shameless Bar

di
genere
voyeur

Tanto tempo fa gli architetti lo sapevano fare il loro mestiere, guardate i castelli, anche di provincia, guardate i centri storici.
Con la tecnologia di oggi invece ?

L'Hotel ER, che stasera inauguriamo, comincia con una cancellata di ferro dipinto blu scuro, a metà tra il recinto di un asilo o di una prigione.
Superato il cancello ci si trova in un gran prato pieno di fiori selvatici col vialetto, e questo è buono, ma la visuale è dominata dalla facciata dell'hotel, piani squadrati e lunghi, a vetrate, pareti che oltre gli estremi della facciata si chiudono dietro a triangolo.

L'albergo è un triangolo a quattro piani, un enorme spigolo, come quelle architetture feng-shui concepite per colpire i concorrenti. O la fantasia di potenza di un architetto fatta palazzo.

Ma non è un problema mio, nel mentre che entro e saluto Kitty impegnata col telefono della reception, che invece dell'ascensore prendo le scale per vedere i preparativi, e di passaggio sfioro appena il collo di LaBelle, mentre grida ordini ai decoratori. Non è un problema mio, perchè il mio regno sta sopra, il bar Shameless, ovvero la terrazza sul tetto dell'hotel, da cui si vedono solo il prato e il cielo e tutto il mondo attorno.
Ho fatto il possibile per renderlo accogliente; si cammina su ghiaia, muschio, stuoie di canna che andranno cambiate ogni mese. Ci sono vasi di piante aromatiche lungo tutti i bordi, c'è un laghetto in stile zen al centro, e più all'esterno le tre isole dove i miei baristi prepareranno le ordinazioni.
Dietro al laghetto c'è poi il gazebo, li ci starò io, settantacinque euri per entrare e bere quanto si vuole. Immagino l'obiezione, entreranno in pochi, ma infatti se venisse molta gente dove lo trovo il tempo per giocare a Panzer Commander ? E almeno quei pochi saranno motivati, spero di vedere gente capace di capire la differenza tra un Silent Pool e un Martin Miller. Ma alla fine più un privè è privato e più vogliono entrarci, specie se c'è della figa, e ci sarà, perchè la mia buttadentro selezionerà tra la clientela signore e signorine cui offrire l'entrata libera. Non è ancora arrivata, ma è presto.

Però sento passi, una persona entra.
Una negra ? Sarà una cameriera, non è ancora l'orario dell'inaugurazione.

" Ciao, avevo paura che non ci fosse nessuno ancora. Mi hanno dato un attimo di pausa e ho pensato di cercare una birra. "

E' di quelle magre, ma non bassa, tette piccole, capelli cortissimi appiccicati alla testa, non sembra Africa occidentale.

" E l'altro giorno ho visto che portavano su delle casse di Kapuziner. Ce l'hai fredda ? "

Non è proprio bella, ma non di sole modelle vive l'uomo, una che mi chiede la Kapuziner invece delle birre di merda solite mi è già simpatica.
Pare sicura, spigliata, forse solo ingenua. Tiro la bottiglia dal frigo, stappo, le do il bicchiere, ma non verso.
Se la versa lei invece di bere a canna, ottimo, mi sta piacendo.

" Di dove sei ? "

" Kenya. Mi chiamo Dinah, come Dinah Washington. "

" Magari canti come lei ? "

" No, al massimo ballo. "

Butta giù contenta la sua birra, in fretta, sa che deve tornare indietro prima che la direttrice, Tilde, si accorga che s'è imboscata.

“ Hai detto Kenya, ma di quale popolo sei ? “

Qui si ferma stupita prima dell'ultimo sorso, non si aspettava questa domanda da un italiano.
La bocca è ancora aperta sul bordo del bicchiere, schiuma sul labbro, fa pensare ad altro, vorrei che si girasse e poter vedere la sua schiena nuda.

“ Ti farebbe ridere. “

“ Non rido se non vuoi. “

“ Sono un'Aringa. “

“ Ma va ? Avete questo nome ? “

“ Certo. Siamo gli Aringa, viviamo sparsi tra Uganda e Kenya, mio nonno era ugandese, ma quando Idi Amin è caduto ha dovuto scappare in Kenya con tutta la famiglia, e li sono nata. Questa è la storia. “

Sorride, penso sia contenta di aver potuto raccontare a qualcuno.
Finisce la birra.

“ Adesso però devo andare o mi licenziano. Ciao ! “

“ No. Stai ferma li. “

Prendo il telefono, ma guardo lei, sempre guardandola avvio la chiamata.

“ Tilde ciao, sono Hermann. Tu hai una cameriera che si chiama Dinah con la acca, no ? Ecco, l'ho sequestrata. Si, ce l'ho io, ma stai tranquilla che te la restituisco. Prima o poi. “

Se fosse più chiara impallidirebbe, sta capendo di non essere davanti a un altro lavorante come lei.
Gli verso un dito di Crown Royal canadese, allungato con un cremant alsaziano.

“ Ti hanno detto, vero, che questo albergo offre molti servizi opzionali che da altre parti non ci sono ? “

“ Ho sentito dire. Ma io sono qui solo per fare le camere ! Mi avete preso per una nigeriana ? “

“ No, appunto. Qui fuori ho un palchetto, hai detto che balli, invece delle camere potresti fare qualche esibizione qua e servire ai tavoli. C'è un servizio di sicurezza, nessuno potrebbe toccarti.”

“ Solo ballare ? “

“ No. Potremmo metterti una tuta di lattice, legarti, magari anche appenderti con delle catene.
Ma sarebbe tutto sul palco e come dicevo nessuno potrebbe salire a toccarti. E la paga sarebbe più alta. “

Ci sono tante cose nei suoi occhi, tentazione, paura, curiosità.

“ Però è inutile che stiamo a parlarne se prima non vedo come balli. Il palchetto è qua fuori. Vuoi fare un provino ? “

Qua dentro si sente in trappola, pur di uscire va bene tutto, pur di avere un attimo per ponderare, mentre giriamo attorno al gazebo e al laghetto.

Sale sul palco con un sospiro, un paio di inservienti buttano occhiate curiose, ma continuano col loro lavoro. Alla consolle gli metto su Petersen, Nilabeko, non è esattamente del paese suo, ma siamo in zona.
Si rilassa infatti e sentendo la musica di casa sorride. E parte ad agitare il culo come un frullatore.
E' bella elastica, lo sapevo, avevo intuito il talento.

Ci vorrà un nome d'arte, come potrei presentarla ?
Bunga Bunga ?



Nomino Tilde, visto che ha preso lei la telefonata.
scritto il
2023-07-10
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