Escort 15 - I due neri -

Scritto da , il 2020-03-18, genere etero

Nella professione che avevo scelto era implicito che avrei potuto incontrare persone di tutti i tipi, razze, sessi e religioni. Vi voglio raccontare il mio primo uomo di colore. Anzi due.

Venni contattata al cellulare per “fare compagnia” a due uomini di affari del Ghana o Ruanda, non ricordo, che erano di passaggio in città. La richiesta era per due ragazze e avrei dovuto pensare io a procurare la seconda. Inoltre volevano vederci prima di concludere.
Così mi recai al bar indicatomi e conobbi Opoku e Kwadwo abbreviati, per semplicità in Opi e Kiwa. Due bei ragazzi sui 30-35 anni, con la pelle così scura che il bianco dei denti era abbagliante. Vestiti in giacca e cravatta si comportarono come gentlemen e conversammo in inglese. Parlavano con un accento per me curioso ma immagino che il mio facesse loro lo stesso effetto (continuavo a studiare lingue ma le scarse possibilità di parlarla influivano parecchio sul mio accento).

Avevo contattato Muriel per fare coppia con me ma mi telefonò per un impegno improvviso dando forfait. Mi dispiaceva, pensavo di perdere l’affare e invece Opi butto là che io sembravo in grado di bastare a entrambi loro…….. se me la fossi sentita. Ero di loro gradimento, per questo avevano voluto vedermi di persona, e il compenso per me sarebbe quasi raddoppiato.
Accettai ovviamente e la sera mi feci condurre in taxi al loro albergo.
Dopo cena mi dissero di attendere nella hall perché volevano cambiarsi per uscire.
Mi sorpresi poiché pensavo che saremmo finiti subito a ruzzolarci sul letto e invece volevano che li accompagnassi in una discoteca poco distante. Per me era comunque lavoro e attesi di buon grado, restando sorpresa nel vederli tornare in jeans e maglietta. Così sembravano più giovani, due miei coetanei.

In discoteca ballammo divertendoci molto. Io, nel mio tubino nero sopra il ginocchio, ero attorniata da ragazzi di colore i quali, forse pensando che dato che ero in compagnia di altri neri fossi disponibile, non facevano altro che allungare le mani. Per fortuna c’erano Opi e Kiwa, soprattutto quest’ultimo, un ragazzone alto e muscoloso, che mi difesero e, con la loro simpatia, offrendo da bere a parecchie persone, parlando fitto in non so quale lingua, in pratica strinsero amicizia con tutti e così io potevo ballare liberamente tutelata e non più importunata da quasi tutti i presenti.

In pista mi strusciavo sui due, era giusto che avessero un anticipo sulla merce acquistata, e, in verità, mi stavo divertendo davvero. A un’ora non troppo tarda mi dissero che era il momento di andare e così tornammo in albergo.
Eravamo allegri e mi sentivo ben disposta verso i due così, nella stanza, li feci sedere sul letto improvvisando uno strip-tease. Scivolai fuori dal tubino nero e loro rimasero a bocca aperta vedendomi in lingerie, una lingerie che, come sempre, avevo scelto particolarmente provocante. Il davanti dei loro pantaloni stava già mostrando segni di risveglio e quando mi girai per togliermi il reggiseno, mostrando il mio culetto messo in bella mostra da un perizoma, a Kiwa sfuggì un fischio di ammirazione. Mi girai mostrando le tette, massaggiandomele mentre muovevo il bacino al ritmo di una musica che esisteva solo nella mia testa, e loro erano lì con gli occhi di fuori.
Opi, senza alzarsi, si tolse la maglietta e io feci un verso di approvazione al vedere i suoi pettorali scolpiti. Non sembrava ma era altrettanto muscoloso del suo amico. Potei confrontarli quando anche Kiwa si spogliò. Io continuavo a ancheggiare e con i gesti li invitai a togliersi tutto. Lo fecero in fretta e furia restando prima in boxer e poi togliendosi anche quelli, dandomi modo di vedere i loro sessi già semiturgidi. Opi era il più dotato dei due, anche se ancora non potevo farmi un’idea precisa. Mi sbrigai a togliermi il perizoma mostrando loro il mio piccolo cespuglietto ben curato, con altro fischio di Kiwa, e poi mi avvicinai a loro inginocchiandomi in mezzo. Una mano su ogni uccello li accarezzai per far prendere loro pieno vigore e li confrontai. Sì, Opi era il più dotato, credo un 22-23 centimetri che mi ingolosirono e preoccuparono insieme, però sapevo di cosa ero capace e guardai anche Kiwa. Lui era appena più piccolo, forse 19-20. Ci sarebbe stato da divertirsi pensai mentre scendevo con le labbra sulla cappella scura di Kiwa. Lo spompinai per un poco e poi passai a Opi. I due erano sempre immobili godendosi le mie attenzioni che cercavo di dedicare in modo equanime a entrambi.

Avevano un sapore diverso da altri uccelli che avevo succhiato. Non cattivo, erano pulitissimi, solo…….. diverso, non so se per il colore della pelle o che altro. Mi stavo divertendo a succhiarli così, a turno.
Li feci diventare duri come il ferro e quindi mi alzai, stendendomi sul letto e tirandomi addosso Kiwa, allungando la testa verso Opi per prenderglielo ancora in bocca.
Kiwa mi penetrò con gentilezza, piano piano come piaceva a me perché mi permetteva di adattarmi a qualsiasi calibro (o quasi). Lo sentii entrare mentre leccavo Opi e non potei fare a meno di sospirare sentendomi aprire. Mi scopò a lungo, giocando anche con le mie tette, e io continuai a spompinare l’altro per tutto il tempo. Mi stupivo della loro resistenza, altri si sarebbero già arresi riempiendomi, e invece loro continuavano imperterriti. Pensai che era una festa per me, che non potevo desiderare di meglio. Mi stavo eccitando anche io perché, non so se l’ho mai detto, ogni volta cerco di partecipare il più spontaneamente possibile. Serve a rendere felici i clienti…….. ed anche me. In quel caso era facile con quei due bei ragazzi e mi sentivo pronta per un orgasmo quando Kiwa si sfilò da me per scambiarsi di posto col suo amico. Opi fu meno delicato di Kiwa ma oramai ero già dilatata. La sua lunghezza era maggiore ma la circonferenza simile, così mi godetti anche la sua penetrazione fino a sentire il mio ventre a contatto col suo. In quel momento Opi prese a sbattermi forte, veloce come forse le gazzelle del suo paese: senza soste, velocissimo, entrando e uscendo senza mai staccarsi da me, muovendo le anche circolarmente per qualche secondo e poi ripartendo velocissimo dentro e fuori. Mi fece godere così, con la sua ennesima accelerata. Gli bagnai l’uccello mugolando e dovetti staccarmi da Kiwa per poter respirare tanto mi aveva preso.
Si fermarono entrambi guardandomi con gli occhi luccicanti e i denti bianchissimi visibili in un sorriso gioioso.

- Bella figa bianca –

Disse Kiwa prima di rimettermi l’uccello in bocca, e io lo leccai e lo succhiai come meglio sapevo mentre Opi mi scopava ancora e ancora.

Fu lui il primo a godere: si irrigidì sopra di me, diede ancora alcuni colpi fino in fondo e poi, mugolando qualcosa nella sua lingua, uscì da me prendendoselo in mano e spruzzandomi il suo seme sul ventre. Mi concentrai su Kiwa e presto anche lui si arrese, tenendomi la testa ferma sul suo uccello che avevo in bocca solo per la lunghezza della testa, sotto la quale avevo chiuso le labbra succhiando forte mentre con la mano andavo veloce su e giù sull’asta.
Mi venne in bocca con schizzi copiosi, densi, anche lui parlando nella loro lingua. Ingoiai senza staccarmi, man mano che li ricevevo, il sapore non era molto diverso da quello sentito tante volte. Mi venne quasi da ridere. Non riuscivo a trattenermi dal fare, istintivamente, dei confronti. D’altronde erano i primi ragazzi di colore che avevo.

Ci prendemmo una pausa sdraiati sul letto, io in mezzo a loro. Parlando seppi che erano funzionari governativi lontanamente imparentati con un loro ministro, che si erano laureati in Inghilterra e che…… ero la loro prima italiana. Avevano girato il mondo in rappresentanza degli interessi economici del loro paese, stringendo accordi, firmando contratti, ma era la prima volta che venivano in Italia……. venivano in tutti i sensi. Risi della mia stessa battuta e, quando mi chiesero il motivo, lo dissi anche a loro facendoli ridere insieme a me.
Le risate scemarono e già vedevo i loro occhi luccicare ancora. Le loro mani si mossero insieme sul mio corpo, toccandomi e carezzandomi dappertutto, specialmente nei punti più sensibili. Le loro mani sui miei seni, le loro dita nella mia micina. Presto mi eccitai ancora, felice di vedere i loro uccelli ergersi nuovamente per me.

- Bella figa……. Italiana –

Disse ridendo Opi facendomi ridere ancora, una risata spenta dalle sue labbra prepotenti sulle mie mentre mi saliva sopra e si apriva la strada nel mio ventre. La sua lingua sembrava lunga come il suo uccello, dura e morbida insieme, mi invase la bocca cercando la mia, intrecciandosi ad essa. Gli succhiai la lingua come fosse il suo uccello e già si stava muovendo dentro di me, col suo solito modo, tre o quattro colpi velocissimi e poi roteava le anche toccandomi nei punti più nascosti, poi ancora colpi veloci.
Intrecciai le gambe intorno a lui, tirandolo a me, frenandogli lo slancio per stringerlo forte tra le mie braccia gemendo nella sua bocca. Mi piaceva come mi scopava ma mi preoccupavo perché Kiwa pareva escluso. A lui ci pensò Opi facendo forza sulle braccia per staccarsi da me, girandosi con me sopra.

Capii subito cosa intendesse fare e mi preparai mentalmente. Non era la prima volta che mi prendevano in due, però gli uccelli interessati ora erano “importanti”. Mi accorsi che non mi importava niente, VOLEVO sentirli entrambi dentro di me.
Lasciai fare Opi quando mi strinse a sé facendomi sdraiare e così esporre il mio culetto indifeso, lasciai che la sua lingua mi invadesse di nuovo la bocca, cercai di rilassare i muscoli del buchino e, per aiutare, stesi le mani indietro aprendomi le natiche. Kiwa fece un verso di apprezzamento mentre mi si accostava. Lo sentii sputarsi sulla mano per lubrificarsi e poi….. poi la spinta lenta ma decisa sul mio ano che non oppose resistenza aprendosi all’invasore, la sensazione di sentirmi riempire anche dietro. Mi pareva quasi di sentire il rumore dei due uccelli che si sfregavano tra di loro divisi da una sottile membrana di carne, e invece ero io che emettevo suoni inarticolati smorzati dalla bocca di Opi. Sentii appena un po’ di dolore all’ennesima spinta, quella che lo fece entrare quasi totalmente, però Opi tornò a muoversi e le sensazioni che mi venivano dalla micina presero il sopravvento.
A breve stavamo gemendo tutti e tre, io stretta a sandwich che mi agitavo come un’ossessa, Opi che sgroppava come un cavallo imbizzarrito, Kiwa che mi inculava con gran colpi.
Cavalcammo così per diversi minuti e ogni colpo che ricevevo, davanti o dietro, mi arrivava dritto al cervello. Credo di aver goduto due o tre volte prima che i due, a breve distanza l’uno dall’altro, mi riempissero i miei buchini col loro seme.

Restai con loro tutta la notte e ancora, all’alba, mi presero insieme e ancora godemmo tutti e tre. Al mattino nemmeno la doccia riuscì a farmi sentire in forma: mi sentivo micina e buchino indolenziti ma ne era valsa la pena. Anche economicamente fui soddisfatta: mi diedero la cifra esatta pattuita per due ma non dovevo dividerla con nessuno.
Tornando a casa pensavo che la mia prima esperienza con ragazzi di colore era stata fantastica, forse era vero l’adagio “once black never back”, cioè che una volta provato il cazzo nero era difficile tornare ai bianchi. Io, però, non potevo scegliere il colore di chi mi scopava e mi limitai a archiviare nella mia mente l’esperienza come positiva. Opi e Kiwa furono i miei primi neri ma non gli ultimi, e l’esperienza successiva non fu affatto positiva, ma questa è un’altra storia.

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