Brigitta: la prima volta con il mio caldo brivido anale

Scritto da , il 2019-02-22, genere etero

storia vera
Ero appena rientrato carico e pronto a pregustarmi un periodo di meritata tranquillità. Tutto mi sembrava nuovo, in questo periodo mi ero reso conto che avevo viaggiato davvero molto, tuttavia, la pace della mia casa mi rendeva sempre sereno e gioioso e allora tanto valeva godersela questa pace, non vedevo l’ora. Chiusi il portone, sulle scale incontrai Sabine, un lungo sguardo, un bacio di sfuggita, una promessa con gli occhi e poi lei uscì e io scaricai nell'ascensore i bagagli pesanti, entrai, ma non avevo ancora premuto il pulsante che fui chiamato al piano superiore non sapevo quale ma di li a breve l’avrei scoperto. Difatti, la porta automatica si aprì e vidi Brigitta, che per intenderci era la cognata della splendida Sabine, cioè sorella del marito della mia vicina francese. Conoscevo Brigitta era una donna con cui io negli anni avevo maturato una certa confidenza, e non nascondo che da sempre avrei voluto conoscerla, in senso biblico, speravo, ma ciò non era mai accaduto e io per mia natura non ho mai fantasticato. Si trattava di una bella signora cinquantenne, che era stata particolarmente sfortunata, poiché dopo oltre venti anni di matrimonio e due figli, era stata abbandonata dal marito andato a convivere con una giovane brasiliana. Lei, invece, rimasta sola aveva iniziato a dimostrare di avere un certo desiderio verso il sesso maschile e devo dire che non me la sentivo di darle torto. Non che avesse mai fatto nulla di particolare ma mi ero reso conto in più occasioni di interessarla e ciò non mi lasciava certo indifferente. Questo suo nuovo modo di essere anche un po’ audace, se vogliamo aggressiva, una panterona che appariva libera e disinibita, mi intrigava molto, ma al contempo, e questo era il rovescio della medaglia, era molto sfuggente. Quando sembrava si potesse concretizzare qualche cosa non avveniva nulla, non si riusciva ad arrivare a nulla. Era frustrante, insomma, La sua vicinanza prometteva tanto e poi tutto svaniva senza concludere niente. Ogni qual volta che Gitta mi incontrava erano sguardi di fuoco, sembrava che la voglia che doveva avere in quantità industriale dovesse prosciugarmi, sembrava dire con gli occhi scopami, possiedimi fino allo sfinimento, ma nulla solo sguardi sorrisi accattivanti e niente più. Mi ero segretamente convinto che lei godesse per così dire della conquista celebrale, quasi le bastasse vedere negli occhi il desiderio di sesso nell’uomo che aveva scelto e basta. Ovviamente, quindi la scelta delle sue prede doveva essere legata al fatto che esse non potessero andare per le vie esplicite, o almeno così credeva e così realizzava il suo convincimento di essere una grande seduttrice. Sebbene, non nego che in passato avevo più volte imparato a mie spese a non contare su un’ipotetica relazione con lei, senza farmi eccessive illusioni, aspettavo nel caso in cui fosse venuta l’occasione giusta, se no pazienza, specie da quando avevo conquistato Sabine (vedi la storia una visita inaspettata), con cui Brigitta aveva davvero pessimi rapporti, come spesso accade fra cognate. La disponibilità di Brigitta era sempre stata solo apparente ma ora eravamo di fronte io e lei vicino alla sua porta di casa e ad un piano da casa mia, soliti convenevoli, poi imbarazzo, io che la decisi di prenderla da un braccio prima che si potesse ritrarre e la scaravento dentro l’ascensore, senza per la verità particolari difficoltà, Brigitta apparve assolutamente consenziente, quindi poche parole e un mezzo sorriso complice. Le feci spazio gongolando fra me stesso e a stento riuscii a spingere il bottone. l’ascensore partì e salimmo. Tenevo le mani sulle natiche della donna, scesi e condussi per una mano lei e un primo bagaglio, aprii la porta e lei mi aiutò, dopodiché vi fu un altro momento di pausa, tensione, e da parte mia un certo imbarazzo, prima di qualche cosa che sentivo dovesse essere pregustato a dovere. L’ambiente costipato dell’ascensore mi aveva costretto, con un certo piacere, ad addossarmi a lei, ed io mi ero proiettato verso il suo fantastico deretano. Brigitta aveva un fondoschiena meraviglioso, io lo avevo sempre ammirato e ora a giudicare dalle tastate che le avevo potuto fare e che lei aveva accettato di buon grado, notai che non mi sbagliavo, e ciò aveva inevitabilmente provocato una erezione formidabile in me e un certo piacere, forse, in lei. Avevo notato che seppure nel breve tratto la donna era molto compiaciuta, addirittura soddisfatta per cui pensai subito che quello era stato il gusto di sentirsi desiderata e se mi chiedevo fosse visibile la mia eccitazione ai suoi occhi, l’eloquente sorriso della “femmina” che era in lei mi diede la conferma. Tuttavia il suo sguardo come al solito sembrava beffardo, quasi stesse giocando al gatto col topo, dirigesse il gioco e ad un certo punto potesse a suo piacimento dire che il gioco non le piaceva. La assecondavo, tuttavia, quello che seguì fu una serie di azioni tutte compiute senza proferire alcuna parola. Brigitta entrò in casa, chiusi la porta alle sue spalle e la presi, la abbracciai da dietro con tutta la forza che avevo, lasciammo in mezzo all’ingresso i bagagli e inizia a baciarla con ardore, lei rispose, mi baciava in bocca dava con la lingua sugosa umidi baci alla francese, sentivo il sapore del suo rossetto rosso acceso ma avevo altro da pensare, mentre lei mostrava esercizi di languidi baci io puntavo al concreto, l’avevo semivestita e cercavo di aprirle la camicetta e soprattutto volevo con tutto me stesso sfilarle la gonna, volevo raggiungere la vagina, il culo, volevo il possesso suo in tutti quelli che ritenevo fossero i suoi deliziosi buchi. Lei capì, cercò di divincolarsi ma io, invece, la volevo integralmente e ora la trascinavo per il corridoio con forza verso la camera da letto e lei era ancora semivestita, faceva una tenue resistenza, della serie vorrei ma non posso e invece io sapevo che avrebbe potuto. Sentivo il mio pene turgido, le tolsi le scarpe coi tacchi e la spinsi nel letto, cadde cercò di rialzarsi ma io ero sopra, la camicetta era aperta e le alzai il reggiseno, i capezzolotti della donna erano duri come due grandi splilloni. Ricordò l'odore acido tipico del suo profumo misto al sudore e alla sua pelle, e ciò mi rese ancora più eccitato. Era una pantera la guardai intensamente mentre si muoveva cercava di liberarsi, sapevo come del resto iniziava ad essere cosciente anche lei che era rimasta prigioniera del suo gioco. Non c’era dubbio, la giocatrice era stata giocata. L’aureola della mammella quasi non c’era, piccolissima e chiarissima, le tette erano tutte da ciurrare, in maniera ossessiva, costante, e più ciurravo più i capezzoli svettavano, si inturgidivano e la difesa di Gitta si abbassava. La donna ansimava, ansimava forte. Era eccitata, il viso scomposto, forse finalmente ora riusciva a capire cosa si provava a sentire il frutto delle sue provocazioni ero io che ora godevo, giocavo, le avevo sfilato finalmente la gonna facendo saltare il bottone e la cerniera senza molti complimenti. Il mio obbiettivo era sempre più circoscritto. Nella parte inferiore la donna era tanta, polposa, possente, e io ero a questo punto famelico, ma presente a me stesso, lucido. Sapevo bene, che erano infatti questi i momenti in cui la perdita di lucidità avrebbe potuto compromettere un eccitante rapporto che finalmente tanto sospirato prometteva una grande scopata. Ora Gitta era in balia di se stessa, le leccate del seno l’avevano trasformata, eccitata in maniera parossistica. Era supina in attesa del suo premio che mostrava di bramare, che richiedeva a gran voce. Cercava di raggiungere il mio pene, toccava senza sosta, sembrava un polipo, mentre io le sfilavo la gonna, lei mi aveva tolto gli slip, voleva il cazzo, del resto, lo vedeva duro svettare. Io temevo i suoi giochi, non volevo essere masturbato, non volevo pompini, non ora. Da come si muoveva, da come toccava avevo compreso la sua esperienza, la sua maturità, non era certo una sprovveduta, sapeva come far godere un uomo, soprattutto sapeva prendere e voleva prendere. Ingaggiammo così una piccola ingorda battaglia. Anche io volevo prendere, anzi volevo prenderla e farle pagare tutti quegli ammiccamenti e quante volte mi aveva fatto arrapare inutilmente. Gitta aveva un tanga da favola, da cui le naticone che avevo immaginato e che ora vedevo straripavano. Mi buttai letteralmente sui fianconi e le potenti natiche. Brigitta cercò con l'esperienza di controllarmi, fece per prima le sue mosse ma io avevo capito le sue dinamiche, sembrava che la conoscessi carnalmente da sempre. Senza grande sforzo la agirai, iniziai a sollecitarle la vagina con l’indice, il medio e l’anulare, le labbra erano grandi, lei iniziava già a fare umori caldi e soprattutto un odore forte, che mi stimolarono. La fica era depilata in maniera perfetta, il tanga era solo un filo. Era nuda. Senza tenere particolarmente conto dei suoi tentativi, mi buttai a capofitto a leccare la vagina, senza un attimo di pausa, e fu così che iniziai a sentirla mia, dentro di me ero convinto che oramai eravamo giunti ad un punto di non ritorno, ansimava e fiottava liquido, ma ancora non desisteva dall’intento di prendere in bocca il mio pene, io intanto la facevo impazzire con lingua e dita, il suo clitoride era mio e così in breve anche il suo magnifico buchetto, una splendida rosellina rosata. Anche lì l'odore era forte ma io imperterrito insinuavo alternativamente lingua e dito, dolcemente ma perentoriamente tra le sue natiche, e lei rispondeva o meglio si sottometteva sempre più suadentemente. Continuavo a titillavo con sapienza la vagina. Fu allora che Brigitta, che aveva già iniziato a sgorgare sempre più copiosamente ricominciò a parlare per protestare, non accettava che io avessi preso la guida del rapporto e la soggiogassi, dandole piacere con la bocca e le mani, relegandola a subire. Forse aveva immaginato l’atto in maniera differente, ma questo era. D’altra parte non era colpa mia se l’autonomia sessuale degli uomini è manifestamente inferiore a quella delle donne e per far godere a pieno certe donne è fondamentale l’astuzia. In questi casi l’esperienza mi aveva insegnato tanto. Io mi compiacevo follemente di sentire i suoi gemiti di piacere, la sua voce interrotta dall’eccitazione e dagli orgasmi implacabili, a cui arrivava, lei era un lago. Ora implorava di poter avere il mio pene tra le sue mani, nella sua vagina. Era pronta, bagnata a puntino, ma io la martellavo sempre dolcemente con la lingua, poi con le dita sempre più forte, finché si ritrovò carponi con il pene che le forzava finalmente l'ano. Volevo prendere Brigitta e volevo assolutamente prenderla così nel suo culo, non fu difficile, aveva fatto molto esercizio, L’orifizio era grande, non c’era dubbio che era stata inculata a dovere molte volte, ma a me ciò non interessava volevo il suo culo con tutto me stesso. lo volevo e adesso lei voleva che il mio cazzo se ne impadronisse a gran voce, sempre di più, anche lei. Sentivo che stava dando tutta se stessa, si sentiva desiderata, voluta. Lei spesso voltava la sua testa all’indietro, Gli sguardi brevi e intensi che ci scambiavamo nella foga consentivano a lei di sapere cosa io volessi e a me di comprendere le sue esigenze. Il mio dardo duro e grosso entrava con ripetute spinte mentre Brigitta gridava grugniva, e soprattutto incitava come un’invasata. Io le spremevo le tette, forte. L’ano era caldo bruciava e lo stesso accadeva al mio cazzo, lo sentivo bruciare, immaginavo scintille. Le sue natiche erano inarcate secondo il mio gusto, sapeva cosa fare e come comportarsi. La montai con una passione antica, atavica. Stavo arrivando ma volevo prolungare il piacere e così sapendo che l’avrei fatta protestare nel bel mezzo le tolsi l’asta, e lei sbraitò, era fuori di se in un primo tempo aveva creduto di portarmi a letto e di fare di me un solo boccone. Sapevo che tempi darmi e soprattutto che tempi darle, volevo sfiancarla. L'esperienza della donna non era certo poca, ma io volevo godermela tutta, troppo l’avevo desiderata, per cui aspettai che il mio pene si acquetasse, non volevo già spruzzare il mio liquido. Ricominciai a succhiarla nonostante i suoi accorati no, tra fica e culo, mentre mi implorava di rimettere il pene al suo posto, quello che lei riteneva fosse il suo posto. Ma altre cose dovevano essere fatte secondo me. Era zuppa, fradicia di orgasmo, usciva un liquido sempre più vischioso e caldo, la tempestavo, e mentre singhiozzava la sua libidine, le imposi di nuovo il pene, ma questa volta nuotando nella sua vagina. Anche in quel caso protestò, lo voleva nel culo ma questa nuova dolce prepotenza del mio pene l'aveva resa oramai, rotta, ansimava senza pace chiedendomi spesso per quanto avrebbe dovuto ancora sopportare, e li fui io a fiottare, capitolando alla sua supplica. Muoveva i muscoli della vagina in maniera straordinaria e aveva una splendida padronanza del suo apparato sessuale, e soprattutto notavo ora cosa era in grado di fare con quello splendido organo. La sua fica era un mantice, avevo l’impressione che mi risucchiasse tutto in lei, era salita su di me e con uno smorza candela ossessivo e frenetico mi aveva soggiogato. Il mio cazzo non aveva avuto tempo di afflosciarsi che già lo sentivo ritto con lei che si contorceva, si dimenava in una danza frenetica. A questo punto fu lei a sollevarsi e senza che potessi fare niente ancora una volta aveva preso il pene, lo masturbava con la mano destra e in un attimo lo fece scomparire nella sua larga bocca calda e ricolma di saliva, non ci fu nulla da fare con la lingua faceva tutto, leccava e succhiava alla perfezione, tanto che bastarono una serie di succhiate profonde in cui persi l’anima e scoppiai diffondendo nella sua bocca sino alla gola tutto quello che gelosamente avevo tentato di custodire. L’asta incandescente vomitò panna tanto il liquido era denso e i testicoli ora facevano male. Il suo sguardo era ancora famelico, ma fui io a ricominciare a lavorare di lingua e a succhiare la sua magnifica passera, quindi lo spacco delle natiche e finalmente il buco che violai prima con le dita più e più volte e poi con il pene di nuovo grosso, duro e questa volta determinato a concludere impalandola a dovere. Se avessi continuato a farmi dominare mi avrebbe schiantato. Le premetti le natiche con violenza, tentai di aprirle sicuro di me ma lei che evidentemente ora non voleva essere sodomizzata, strinse con tutta se stessa i muscoli dello sfintere. Volevo entrare, entrare e allora la colpii duramente con ceffoni forti tra le due natiche con le dita la lavorai in vagina in maniera assidua, insistente, assillante, lei cercava di allontanare le mie dita ma non poteva, gli schiaffi e le sollecitazioni erano troppo e così di botto il muscolo prolassò, lei cadde a faccia avanti sul cuscino con il culo in alto e io approfittando, entrai dentro di lei con tutta la forza che mi era rimasta in corpo, fino all'intestino. Non le rimase che subire il mio assalto, il mio sfogo, godeva senza ritegno, ormai senza più freni e soprattutto per il gusto di darsi. La pelle sudata, l’orgasmo, la saliva e gli umori dell’ano e della fica creavano un’alchimia pazzesca e lei ora si volgeva dietro a cercare avida i miei baci. La spinsi a faccia avanti e caricandola più forte le munsi le tette, poi la mia mano destra si infilò nella vagina calda e sugosa. Cedette di schianto, ma io la risollevai. Esplose il grido straziante di Brigitta e ciò sancì un nuovo orgasmo che esplose dilagando in tutto il suo interno erano addirittura quasi entrate anche le palle. La donna si accasciò, mentre io toglievo l’idrante dall'ano. Mi alzai e andai a lavarlo. Ritornato Brigitta seppe cosa fare lo prese magnificamente in bocca, in questo campo la sua esperienza era fondamentale, leccava e succhiava a tutta bocca, era davvero brava. Io la svaccavo mungendole i seni in maniera forse eccessiva ma sapevo che la donna voleva essere trattata rudemente. La saliva sbrodolava e mi venne voglia di montarla nuovamente. In quel momento suonarono alla porta. Ero molto eccitato, feci finta di nulla, ma suonarono ancora e poi ancora, misi in dosso una tuta, qualche cosa di largo per coprire il pene e suonarono ancora. Guardai lo spioncino, era Sabine, ma io avevo Brigitta sotto, decisi di non aprire, la francese suonò nuovamente, sapevo che le due non si sopportavano l’importante era non combinare pasticci. Improvvisamente da dietro comparve Brigitta che mi abbracciò iniziando a adorarmi tutto il corpo, e quel che più conta scese ad omaggiare con la sua bocca il grande dardo e lì mi sentii svenire. La lingua della donna andava fortissima. Non c'era dubbio Brigitta era una grandissima porca. In quel momento me lo prese nuovamente a tutta bocca, in ginocchio sul tappeto davanti alla porta d’ingresso tracannandolo fino alla gola, ed io sentii che dovevo godermi il bocchino fino all’ultimo, pompavo pompavo e alla fine esposi, questa volta la donna lo riversò su di me e con perizia ripulì tutto. Pazienza per Sabine. Ci sarebbero state altre occasioni, ma Gitta ora non poteva rimanere delusa. Ci risollevammo eravamo entrambi madidi di sudore, spossati e soddisfatti, Brigitta ritornò verso la camera da letto sculettando e lì nonostante fossi pago, vedendola sculettare in quel modo, approfittando di una scrivania nella camera degli ospiti la feci appoggiare con le braccia sul tavolo. Lei sorrise capì, inarcò il culo e io la inculai nuovamente, dandoglielo in maniera forte ed autoritaria rallentando, togliendolo e rimettendolo, con numerosi cambi di ritmo. La donna, del resto, oramai farcita a dovere, con l’ano prolassato, seppe farsi possedere mugghiando felice.

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