Tra dolore e desiderio - capitolo 4
di
ErosScritto
genere
tradimenti
Giulia, ancora ansimante, il respiro irregolare e affannoso che le sollevava il petto, si staccò dal focoso amplesso con Andrea. Il sapore della pelle e del desiderio era ancora vivido sulle sue labbra gonfie, rosse e tumide, testimoni silenziose dell'intensità bruciante del momento appena concluso. Si voltò lentamente verso Martina, i suoi occhi di un verde smeraldo acceso, lucidi e brillanti come stelle, che riflettevano una gioia maliziosa e una fame insaziabile di ulteriore piacere. Un sorriso sornione, carico di promesse proibite, le si disegnò sul volto.
«Che ne dici, amica?» domandò Giulia, la voce ridotta a un sussurro rauco e profondo, vibrante di una sensualità che riempiva l'aria come fumo denso. Si leccò le labbra con una lentezza quasi studiata, un gesto che non aveva nulla di casuale, mentre il suo sguardo, carico di intenti inconfondibili, indugiava su Martina. I suoi occhi scuri brillavano di un'eccitazione febbrile, riflettendo le luci soffuse della stanza.
«Il tavolo è pronto, no?» continuò, inclinando leggermente la testa. Un sorriso malizioso le increspò l'angolo della bocca, un piccolo, crudele capolavoro di attesa. «Chiamiamo anche Luca? Credo che la nostra opera d'arte abbia bisogno del suo tocco finale. Sarebbe il tocco di classe definitivo, non credi? La ciliegina perfetta su questa torta deliziosa che abbiamo preparato con tanta cura.»
Si avvicinò ancora di più, il profumo inebriante del suo costoso profumo francese avvolse Martina in una spirale di desiderio e anticipazione. «Un piccolo, delizioso, assaggio di tutto quello che ci aspetta. Solo un antipasto, certo. Il piatto forte, la vera festa, deve ancora iniziare. E lui è l'ingrediente che manca per rendere questo pomeriggio indimenticabile, per renderla nostra in ogni senso possibile. Dopotutto, non è per questo che siamo qui?»
Martina, fino a quel momento, era rimasta seduta, una statua di carne vibrante, osservando ogni sfumatura della scena con un misto di crescente eccitazione, curiosità trepidante e un velo di timida meraviglia che non riusciva a nascondere. La vista dei corpi intrecciati, dei gemiti, della libidine sfacciata, aveva risvegliato in lei corde inesplorate. L'idea proposta da Giulia, quella di un'orgia a tre, o magari a quattro, che coinvolgesse la sua amica/fidanzata del fratello/amante di suo padre e il suo ragazzo, era un'esperienza non solo nuova, ma squisitamente proibita, una porta spalancata su un abisso di piacere condiviso e trasgressione. Si riscosse, scacciando la timidezza con un atto di volontà. Annuì con un movimento deciso del capo, liberando un bagliore avventuroso che le accese gli occhi azzurri, chiari e profondi come il cielo estivo.
«Sì, chiamalo! Assolutamente,» rispose, la sua voce un po' più acuta per l'emozione. «Dovrebbe essersi già... rinfrescato a dovere.» L'allusione alla doccia che Luca aveva intenzione di fare era un eufemismo appena velato, un invito a un'unione che prometteva di essere tanto purificatrice quanto inebriante.
Andrea, nel frattempo, era in uno stato di pura, sublime estasi voyeuristica. Seduto sul bordo del letto, il lenzuolo di seta scivolato sui fianchi, era ancora preda di un respiro affannoso e profondo, ma i suoi occhi erano fissi, ipnotizzati, sul corpo di sua figlia, Martina. Non l'aveva mai vista in una luce così esposta, così vulnerabile e, paradossalmente, così desiderabile. Sebbene fosse perfettamente consapevole del legame di sangue che li univa, vederla lì, completamente nuda, le curve perfette, sinuose e giovani, esposte alla luce soffusa e complice della stanza, gli mozzava il fiato in gola.
Era un uomo di saggezza, o forse semplicemente di lealtà, che gli imponeva una barriera invisibile ma invalicabile tra lui e Martina. Ma l'idea di poterla guardare, di assistere alla danza del piacere che coinvolgeva le sue due donne preferite darsi al sesso con un altro uomo – o, ancor meglio, l'una con l'altra – era un afrodisiaco mentale di potenza inaudita. Si sentiva un re, il sovrano incontrastato di un regno di piacere. Non si sentiva tradito; al contrario, si sentiva onorato dalla generosità e dalla libidine senza freni delle sue regine.
Pochi minuti dopo, il suono sommesso dell'apertura della porta annunciò l'arrivo. Apparve Luca. Era una visione mozzafiato, un'epifania di bellezza maschile. Alto e scolpito, sfoggiava un fisico da crossfitter curato maniacalmente: muscoloso ma agile, asciutto e tonico. La definizione dei suoi addominali era una mappa di rilievi perfetti, i pettorali ampi e potenti. Ogni pelo superfluo sul corpo era stato meticolosamente rimosso, un omaggio alla pulizia e all'estetica. Era a torso nudo, la pelle ancora umida e lucida della doccia, che rifletteva la luce fioca con un bagliore ambrato. Il viso, di una bellezza quasi angelica, era incorniciato da capelli lunghi, biondi e mossi che gli ricadevano con grazia sulle spalle. I suoi occhi, di un intenso e penetrante colore ambra, come miele fuso, si posarono sulla scena: i corpi eccitati, l'attesa palpabile.
Era avvolto solo da un asciugamano bianco, una fascia precaria di tessuto che pendeva, quasi per miracolo, sui suoi fianchi. Non appena i suoi occhi incrociarono la nudità disinvolta e l'eccitazione febbrile, quasi tangibile, di Giulia e Martina, l'asciugamano non poté più reggere la pressione della situazione. Complice l'erezione istantanea e veemente, una risposta fisica prepotente alla vista, che sollevò il tessuto con forza, cadde a terra in un mucchio morbido e indifferente. Luca non si curò dell'asciugamano caduto. I suoi occhi rimasero fissi sulle donne, un sorriso selvaggio, famelico, che gli spuntava sulle labbra.
Il suo sesso, un bel membro, leggermente curvo verso l'alto ma teso e duro come marmo, era ora in piena, gloriosa vista, pulsando di un desiderio irrefrenabile, un invito esplicito e inequivocabile. L'aria, già satura, si fece immediatamente più densa, carica di feromoni e di promesse lascive. Il gioco, quello vero, stava per iniziare.
Senza proferire parola, in un silenzio carico di intesa, Martina scese dal letto e si sedette, le gambe leggermente divaricate, offrendo la sua intimità allo sguardo. Guardò prima Luca, i suoi occhi ambrati che rispondevano al suo sguardo azzurro, e poi suo padre, Andrea, facendogli un occhiolino di complicità che valeva mille parole.
Luca si avvicinò a lei, il suo membro eretto che vibrava per l'attesa. Martina, con uno sguardo malizioso e una sicurezza sorprendente, afferrò il suo pene, anch'esso glabro e liscio come il resto del corpo, alla base, accarezzandone la pelle vellutata. Avvicinando la bocca, già umida di saliva per l'eccitazione febbrile, lo prese con foga e decisione. Iniziò a spompinare con una passione inattesa, un'abilità naturale, passando la lingua lungo tutta l'asta tesa e soffermandosi sulla cappella pulsante, inghiottendolo e rigurgitandolo con ritmo esperto.
Giulia, testimone estasiata della scena, si leccava le labbra, i suoi occhi che non perdevano un dettaglio. Sentendo che il suo sesso, gonfio e rovente, era di nuovo zuppo e desideroso di attenzione, si voltò verso Andrea, il suo amante e complice. «Non è più una bambina, eh?» sussurrò, un misto di orgoglio e desiderio nella voce.
Andrea, estasiato dalla visione di sua figlia che si dedicava al piacere con tanta disinvoltura, annuì lentamente con il capo, un'espressione di ammirazione e di eccitazione profonda. Con un cenno della mano, indicò alla sua amante di raggiungerlo.
Martina si abbandonò totalmente al gesto, succhiava con gran lena, con una voracità e una passione che facevano vibrare ogni fibra del corpo di Luca. Il ritmo si fece sempre più incalzante, un crescendo di desiderio e piacere, tradotto nei gemiti ringhianti e rochi che sfuggivano al controllo di Luca, segnali inequivocabili della sua imminente esplosione.
Lei non si fermò un istante, il suo unico scopo era donare piacere, in una dedizione totale e quasi sacrale. Sentiva la tensione crescere nel corpo del suo uomo, il fremito prima della scarica. Continuò, con la bocca e la gola, ad accogliere e stimolare, fino a quando la pressione divenne insostenibile.
Luca non poté più trattenersi. Con un grido soffocato, esplose in lei, riempiendole la bocca del suo nettare caldo, denso e abbondante. Il sapore forte e virile inondò la bocca di Martina, che accolse il dono con un piacere quasi materno.
Deglutì lentamente, assaporando ogni goccia, un gesto di completa accettazione e soddisfazione. Sollevò lo sguardo verso Luca, i suoi occhi che brillavano di un orgoglio sincero. Era fiera di sé, del suo operato e, soprattutto, del piacere assoluto che aveva saputo donare, un legame intimo e potentissimo che li univa oltre le parole. Luca, ansimante e svuotato, le accarezzò i capelli, un gesto di gratitudine silenziosa e profonda.
Andrea era lì, seduto al loro fianco, un'imponente presenza che riempiva lo spazio con la sua sola esistenza. Anche in quella posizione, i suoi 190 cm si facevano notare, la sua figura che non solo dominava lo spazio fisico, ma anche l'atmosfera circostante. Non era semplicemente un uomo seduto; sembrava un re sul suo trono, emanando un'aura di potere e autorevolezza.
Il suo corpo era una vera e propria scultura, l'incarnazione di anni di disciplina e dedizione, degno di essere esposto in un museo di arte classica. Il petto vasto e muscoloso si espandeva sotto il tessuto della camicia, evidenziando una peluria virile, curata ma presente, un segno distintivo di mascolinità adulta. Le spalle e le braccia erano possenti, vene leggermente in rilievo che testimoniavano la forza repressa, pronte a esplodere al minimo sforzo. L'addome era ultra definito, una serie di placche scolpite che un ragazzino, o persino molti uomini più giovani, avrebbero potuto solo sognare di raggiungere, un'evidenza irrefutabile della sua forza interiore.
E poi ancora la schiena, un'opera d'arte a sé stante, possente e larga, la tela perfetta per l'enorme tatuaggio che la ricopriva quasi interamente: una fenice maestosa che rinasceva dalle ceneri, un simbolo potente e calzante della sua resilienza e della sua capacità di rinnovarsi. Le gambe erano potenti, massicce, i quadricipiti e i polpacci sviluppati al punto che ogni muscolo era percepibile in dettaglio, quasi vivo, sotto la pelle tesa. Non c'era un grammo di grasso superfluo, solo pura potenza e definizione.
I suoi 45 anni erano solo un numero anagrafico, un dettaglio irrilevante che la sua vitalità e il suo aspetto fisico rendevano quasi assurdo. Il volto era super curato, la pelle distesa, con solo qualche sottile linea d'espressione agli angoli degli occhi che aggiungeva profondità. E quei pochi capelli bianchi, che spuntavano qua e là tra la chioma scura, non erano un segno di declino, ma un sigillo di esperienza, un tocco di grigio che gli conferiva, se possibile, un fascino ancora maggiore, un'aura di saggezza e dominio inattaccabile. Era un uomo che aveva vissuto, combattuto e vinto.
Un vero Re, e il pensiero sottinteso che attraversava la mente di chiunque lo guardasse era inevitabile: e con che scettro. La sua intera persona emanava una virilità così intensa e innegabile da trasformare la sua presenza in una dichiarazione di dominio.
Il suo membro era uno spettacolo mai visto, un'imponente scultura di carne che sfidava ogni aspettativa. Già di dimensioni impressionanti, era incredibilmente grosso e venoso, una potenza pulsante che sembrava quasi in contrasto con la già notevole muscolatura del suo fisico massiccio. La pelle, tesa e lucida, rifletteva la luce fioca della stanza, e ogni nervatura era un segno della sua erezione implacabile.
Giulia, in ginocchio, lo fissava con uno sguardo che bruciava di un desiderio quasi sacro e una bramosia irrefrenabile. Un rivolo di saliva, lento e denso, le colava da un lato della bocca, un segno involontario della sua eccitazione animale. Non era solo sesso, era potere: una consapevolezza assoluta le riempiva la mente, che quella forza maschile, quella prepotente manifestazione di virilità, era diventata sua, da plasmare e dominare.
Volendo partecipare pienamente alla festa dei sensi che si stava preparando, si avvicinò lentamente, gattonando sul pavimento freddo con una grazia sinuosa, il fare felino di una pantera che si avvicina alla sua preda. I suoi movimenti erano fluidi, calcolati, un preludio sensuale all'atto che stava per compiersi.
Raggiunto l'obiettivo, le sue labbra esperte si chiusero intorno alla punta dura e impaziente. Iniziò a succhiargli il cazzo con estrema abilità e una naturalezza disarmante, muovendosi con la precisione ritmica di una professionista consumata del piacere. Ogni spinta, ogni leccata, ogni movimento della lingua era studiato per massimizzare la sensazione, per condurlo sull'orlo del baratro.
Un mugolio sommesso, quasi un ringhio trattenuto di puro godimento, lasciò le sue labbra, mentre con gli occhi imploranti lo invitava, senza bisogno di parole, a prendere il controllo. Lui comprese immediatamente, posandole la mano sulla nuca, non con violenza, ma con la fermezza di chi guida. Le dita affondarono leggermente nei suoi capelli, indicandole con una pressione decisa il ritmo desiderato, il limite che desiderava fosse superato.
Con la bocca lei lavorava sapientemente, inghiottendolo e liberandolo, leccando e succhiando con una tecnica che era allo stesso tempo arte e tortura. Quella tortura piacevole ed eccitante lo faceva ansimare e gemere sempre più forte. Il respiro gli si spezzava in gola, trasformandosi in ringhi trattenuti che vibravano nel profondo del suo petto, scuotendo il suo corpo possente. La sua testa si reclinò all'indietro, i muscoli del collo tesi, mentre cercava disperatamente di ritardare l'inevitabile.
Ma l'onda montante non poteva essere fermata. Con un ultimo, straziante gemito, che si trasformò in un grido strozzato di liberazione, esplose in un orgasmo potente e liberatorio. Il suo bacino sussultò con forza. Inondò la bocca di Giulia, che lei teneva spalancata in un'attesa paziente e avida, del suo nettare denso e dolce.
La sua focosa amante non si ritrasse, al contrario, bevve ogni singola goccia con un'espressione di trionfo e soddisfazione incrollabile. Quando si staccò, il mento lucido e la bocca bagnata, i suoi occhi brillavano di una luce intensa e vittoriosa, il sigillo della sua conquista impresso sul suo volto. Era la conferma che quel potere, per quella notte, era interamente suo.
In tutto questo, Andrea buttò un occhio all'orologio a cucù posizionato nella stanza. L'uccellino meccanico suonava le 16. Emise un sospiro di sollievo, un suono quasi impercettibile, perché sapeva con assoluta certezza che sua moglie e suo figlio non sarebbero rincasati prima delle 19.
I giochi, ora più che mai, potevano continuare senza fretta, senza paura, in un'orgia di piaceri senza fine.
«Che ne dici, amica?» domandò Giulia, la voce ridotta a un sussurro rauco e profondo, vibrante di una sensualità che riempiva l'aria come fumo denso. Si leccò le labbra con una lentezza quasi studiata, un gesto che non aveva nulla di casuale, mentre il suo sguardo, carico di intenti inconfondibili, indugiava su Martina. I suoi occhi scuri brillavano di un'eccitazione febbrile, riflettendo le luci soffuse della stanza.
«Il tavolo è pronto, no?» continuò, inclinando leggermente la testa. Un sorriso malizioso le increspò l'angolo della bocca, un piccolo, crudele capolavoro di attesa. «Chiamiamo anche Luca? Credo che la nostra opera d'arte abbia bisogno del suo tocco finale. Sarebbe il tocco di classe definitivo, non credi? La ciliegina perfetta su questa torta deliziosa che abbiamo preparato con tanta cura.»
Si avvicinò ancora di più, il profumo inebriante del suo costoso profumo francese avvolse Martina in una spirale di desiderio e anticipazione. «Un piccolo, delizioso, assaggio di tutto quello che ci aspetta. Solo un antipasto, certo. Il piatto forte, la vera festa, deve ancora iniziare. E lui è l'ingrediente che manca per rendere questo pomeriggio indimenticabile, per renderla nostra in ogni senso possibile. Dopotutto, non è per questo che siamo qui?»
Martina, fino a quel momento, era rimasta seduta, una statua di carne vibrante, osservando ogni sfumatura della scena con un misto di crescente eccitazione, curiosità trepidante e un velo di timida meraviglia che non riusciva a nascondere. La vista dei corpi intrecciati, dei gemiti, della libidine sfacciata, aveva risvegliato in lei corde inesplorate. L'idea proposta da Giulia, quella di un'orgia a tre, o magari a quattro, che coinvolgesse la sua amica/fidanzata del fratello/amante di suo padre e il suo ragazzo, era un'esperienza non solo nuova, ma squisitamente proibita, una porta spalancata su un abisso di piacere condiviso e trasgressione. Si riscosse, scacciando la timidezza con un atto di volontà. Annuì con un movimento deciso del capo, liberando un bagliore avventuroso che le accese gli occhi azzurri, chiari e profondi come il cielo estivo.
«Sì, chiamalo! Assolutamente,» rispose, la sua voce un po' più acuta per l'emozione. «Dovrebbe essersi già... rinfrescato a dovere.» L'allusione alla doccia che Luca aveva intenzione di fare era un eufemismo appena velato, un invito a un'unione che prometteva di essere tanto purificatrice quanto inebriante.
Andrea, nel frattempo, era in uno stato di pura, sublime estasi voyeuristica. Seduto sul bordo del letto, il lenzuolo di seta scivolato sui fianchi, era ancora preda di un respiro affannoso e profondo, ma i suoi occhi erano fissi, ipnotizzati, sul corpo di sua figlia, Martina. Non l'aveva mai vista in una luce così esposta, così vulnerabile e, paradossalmente, così desiderabile. Sebbene fosse perfettamente consapevole del legame di sangue che li univa, vederla lì, completamente nuda, le curve perfette, sinuose e giovani, esposte alla luce soffusa e complice della stanza, gli mozzava il fiato in gola.
Era un uomo di saggezza, o forse semplicemente di lealtà, che gli imponeva una barriera invisibile ma invalicabile tra lui e Martina. Ma l'idea di poterla guardare, di assistere alla danza del piacere che coinvolgeva le sue due donne preferite darsi al sesso con un altro uomo – o, ancor meglio, l'una con l'altra – era un afrodisiaco mentale di potenza inaudita. Si sentiva un re, il sovrano incontrastato di un regno di piacere. Non si sentiva tradito; al contrario, si sentiva onorato dalla generosità e dalla libidine senza freni delle sue regine.
Pochi minuti dopo, il suono sommesso dell'apertura della porta annunciò l'arrivo. Apparve Luca. Era una visione mozzafiato, un'epifania di bellezza maschile. Alto e scolpito, sfoggiava un fisico da crossfitter curato maniacalmente: muscoloso ma agile, asciutto e tonico. La definizione dei suoi addominali era una mappa di rilievi perfetti, i pettorali ampi e potenti. Ogni pelo superfluo sul corpo era stato meticolosamente rimosso, un omaggio alla pulizia e all'estetica. Era a torso nudo, la pelle ancora umida e lucida della doccia, che rifletteva la luce fioca con un bagliore ambrato. Il viso, di una bellezza quasi angelica, era incorniciato da capelli lunghi, biondi e mossi che gli ricadevano con grazia sulle spalle. I suoi occhi, di un intenso e penetrante colore ambra, come miele fuso, si posarono sulla scena: i corpi eccitati, l'attesa palpabile.
Era avvolto solo da un asciugamano bianco, una fascia precaria di tessuto che pendeva, quasi per miracolo, sui suoi fianchi. Non appena i suoi occhi incrociarono la nudità disinvolta e l'eccitazione febbrile, quasi tangibile, di Giulia e Martina, l'asciugamano non poté più reggere la pressione della situazione. Complice l'erezione istantanea e veemente, una risposta fisica prepotente alla vista, che sollevò il tessuto con forza, cadde a terra in un mucchio morbido e indifferente. Luca non si curò dell'asciugamano caduto. I suoi occhi rimasero fissi sulle donne, un sorriso selvaggio, famelico, che gli spuntava sulle labbra.
Il suo sesso, un bel membro, leggermente curvo verso l'alto ma teso e duro come marmo, era ora in piena, gloriosa vista, pulsando di un desiderio irrefrenabile, un invito esplicito e inequivocabile. L'aria, già satura, si fece immediatamente più densa, carica di feromoni e di promesse lascive. Il gioco, quello vero, stava per iniziare.
Senza proferire parola, in un silenzio carico di intesa, Martina scese dal letto e si sedette, le gambe leggermente divaricate, offrendo la sua intimità allo sguardo. Guardò prima Luca, i suoi occhi ambrati che rispondevano al suo sguardo azzurro, e poi suo padre, Andrea, facendogli un occhiolino di complicità che valeva mille parole.
Luca si avvicinò a lei, il suo membro eretto che vibrava per l'attesa. Martina, con uno sguardo malizioso e una sicurezza sorprendente, afferrò il suo pene, anch'esso glabro e liscio come il resto del corpo, alla base, accarezzandone la pelle vellutata. Avvicinando la bocca, già umida di saliva per l'eccitazione febbrile, lo prese con foga e decisione. Iniziò a spompinare con una passione inattesa, un'abilità naturale, passando la lingua lungo tutta l'asta tesa e soffermandosi sulla cappella pulsante, inghiottendolo e rigurgitandolo con ritmo esperto.
Giulia, testimone estasiata della scena, si leccava le labbra, i suoi occhi che non perdevano un dettaglio. Sentendo che il suo sesso, gonfio e rovente, era di nuovo zuppo e desideroso di attenzione, si voltò verso Andrea, il suo amante e complice. «Non è più una bambina, eh?» sussurrò, un misto di orgoglio e desiderio nella voce.
Andrea, estasiato dalla visione di sua figlia che si dedicava al piacere con tanta disinvoltura, annuì lentamente con il capo, un'espressione di ammirazione e di eccitazione profonda. Con un cenno della mano, indicò alla sua amante di raggiungerlo.
Martina si abbandonò totalmente al gesto, succhiava con gran lena, con una voracità e una passione che facevano vibrare ogni fibra del corpo di Luca. Il ritmo si fece sempre più incalzante, un crescendo di desiderio e piacere, tradotto nei gemiti ringhianti e rochi che sfuggivano al controllo di Luca, segnali inequivocabili della sua imminente esplosione.
Lei non si fermò un istante, il suo unico scopo era donare piacere, in una dedizione totale e quasi sacrale. Sentiva la tensione crescere nel corpo del suo uomo, il fremito prima della scarica. Continuò, con la bocca e la gola, ad accogliere e stimolare, fino a quando la pressione divenne insostenibile.
Luca non poté più trattenersi. Con un grido soffocato, esplose in lei, riempiendole la bocca del suo nettare caldo, denso e abbondante. Il sapore forte e virile inondò la bocca di Martina, che accolse il dono con un piacere quasi materno.
Deglutì lentamente, assaporando ogni goccia, un gesto di completa accettazione e soddisfazione. Sollevò lo sguardo verso Luca, i suoi occhi che brillavano di un orgoglio sincero. Era fiera di sé, del suo operato e, soprattutto, del piacere assoluto che aveva saputo donare, un legame intimo e potentissimo che li univa oltre le parole. Luca, ansimante e svuotato, le accarezzò i capelli, un gesto di gratitudine silenziosa e profonda.
Andrea era lì, seduto al loro fianco, un'imponente presenza che riempiva lo spazio con la sua sola esistenza. Anche in quella posizione, i suoi 190 cm si facevano notare, la sua figura che non solo dominava lo spazio fisico, ma anche l'atmosfera circostante. Non era semplicemente un uomo seduto; sembrava un re sul suo trono, emanando un'aura di potere e autorevolezza.
Il suo corpo era una vera e propria scultura, l'incarnazione di anni di disciplina e dedizione, degno di essere esposto in un museo di arte classica. Il petto vasto e muscoloso si espandeva sotto il tessuto della camicia, evidenziando una peluria virile, curata ma presente, un segno distintivo di mascolinità adulta. Le spalle e le braccia erano possenti, vene leggermente in rilievo che testimoniavano la forza repressa, pronte a esplodere al minimo sforzo. L'addome era ultra definito, una serie di placche scolpite che un ragazzino, o persino molti uomini più giovani, avrebbero potuto solo sognare di raggiungere, un'evidenza irrefutabile della sua forza interiore.
E poi ancora la schiena, un'opera d'arte a sé stante, possente e larga, la tela perfetta per l'enorme tatuaggio che la ricopriva quasi interamente: una fenice maestosa che rinasceva dalle ceneri, un simbolo potente e calzante della sua resilienza e della sua capacità di rinnovarsi. Le gambe erano potenti, massicce, i quadricipiti e i polpacci sviluppati al punto che ogni muscolo era percepibile in dettaglio, quasi vivo, sotto la pelle tesa. Non c'era un grammo di grasso superfluo, solo pura potenza e definizione.
I suoi 45 anni erano solo un numero anagrafico, un dettaglio irrilevante che la sua vitalità e il suo aspetto fisico rendevano quasi assurdo. Il volto era super curato, la pelle distesa, con solo qualche sottile linea d'espressione agli angoli degli occhi che aggiungeva profondità. E quei pochi capelli bianchi, che spuntavano qua e là tra la chioma scura, non erano un segno di declino, ma un sigillo di esperienza, un tocco di grigio che gli conferiva, se possibile, un fascino ancora maggiore, un'aura di saggezza e dominio inattaccabile. Era un uomo che aveva vissuto, combattuto e vinto.
Un vero Re, e il pensiero sottinteso che attraversava la mente di chiunque lo guardasse era inevitabile: e con che scettro. La sua intera persona emanava una virilità così intensa e innegabile da trasformare la sua presenza in una dichiarazione di dominio.
Il suo membro era uno spettacolo mai visto, un'imponente scultura di carne che sfidava ogni aspettativa. Già di dimensioni impressionanti, era incredibilmente grosso e venoso, una potenza pulsante che sembrava quasi in contrasto con la già notevole muscolatura del suo fisico massiccio. La pelle, tesa e lucida, rifletteva la luce fioca della stanza, e ogni nervatura era un segno della sua erezione implacabile.
Giulia, in ginocchio, lo fissava con uno sguardo che bruciava di un desiderio quasi sacro e una bramosia irrefrenabile. Un rivolo di saliva, lento e denso, le colava da un lato della bocca, un segno involontario della sua eccitazione animale. Non era solo sesso, era potere: una consapevolezza assoluta le riempiva la mente, che quella forza maschile, quella prepotente manifestazione di virilità, era diventata sua, da plasmare e dominare.
Volendo partecipare pienamente alla festa dei sensi che si stava preparando, si avvicinò lentamente, gattonando sul pavimento freddo con una grazia sinuosa, il fare felino di una pantera che si avvicina alla sua preda. I suoi movimenti erano fluidi, calcolati, un preludio sensuale all'atto che stava per compiersi.
Raggiunto l'obiettivo, le sue labbra esperte si chiusero intorno alla punta dura e impaziente. Iniziò a succhiargli il cazzo con estrema abilità e una naturalezza disarmante, muovendosi con la precisione ritmica di una professionista consumata del piacere. Ogni spinta, ogni leccata, ogni movimento della lingua era studiato per massimizzare la sensazione, per condurlo sull'orlo del baratro.
Un mugolio sommesso, quasi un ringhio trattenuto di puro godimento, lasciò le sue labbra, mentre con gli occhi imploranti lo invitava, senza bisogno di parole, a prendere il controllo. Lui comprese immediatamente, posandole la mano sulla nuca, non con violenza, ma con la fermezza di chi guida. Le dita affondarono leggermente nei suoi capelli, indicandole con una pressione decisa il ritmo desiderato, il limite che desiderava fosse superato.
Con la bocca lei lavorava sapientemente, inghiottendolo e liberandolo, leccando e succhiando con una tecnica che era allo stesso tempo arte e tortura. Quella tortura piacevole ed eccitante lo faceva ansimare e gemere sempre più forte. Il respiro gli si spezzava in gola, trasformandosi in ringhi trattenuti che vibravano nel profondo del suo petto, scuotendo il suo corpo possente. La sua testa si reclinò all'indietro, i muscoli del collo tesi, mentre cercava disperatamente di ritardare l'inevitabile.
Ma l'onda montante non poteva essere fermata. Con un ultimo, straziante gemito, che si trasformò in un grido strozzato di liberazione, esplose in un orgasmo potente e liberatorio. Il suo bacino sussultò con forza. Inondò la bocca di Giulia, che lei teneva spalancata in un'attesa paziente e avida, del suo nettare denso e dolce.
La sua focosa amante non si ritrasse, al contrario, bevve ogni singola goccia con un'espressione di trionfo e soddisfazione incrollabile. Quando si staccò, il mento lucido e la bocca bagnata, i suoi occhi brillavano di una luce intensa e vittoriosa, il sigillo della sua conquista impresso sul suo volto. Era la conferma che quel potere, per quella notte, era interamente suo.
In tutto questo, Andrea buttò un occhio all'orologio a cucù posizionato nella stanza. L'uccellino meccanico suonava le 16. Emise un sospiro di sollievo, un suono quasi impercettibile, perché sapeva con assoluta certezza che sua moglie e suo figlio non sarebbero rincasati prima delle 19.
I giochi, ora più che mai, potevano continuare senza fretta, senza paura, in un'orgia di piaceri senza fine.
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