Tra dolore e desiderio - capitolo 3

di
genere
tradimenti

L’aria in casa era pesante, densa di desiderio inespresso e della tensione di un silenzio rotto solo dal lieve scricchiolio del parquet antico sotto i piedi nudi di Andrea. Il suono era misurato, quasi cauto, mentre si allontanava dalla cucina. Le sue spalle, ampie e muscolose, erano tese sotto la camicia di lino, lasciata sbottonata quel tanto che bastava per rivelare il petto scolpito, una tela di muscoli e peluria scura che si insinuava sensualmente sotto la cintura dei jeans, promettendo ancora di più. Il profumo muschiato del suo dopobarba, un aroma virile e intenso, lottava con l’odore dolciastro e stantio del vino bianco versato in fretta, creando una dissonanza olfattiva che strideva con il fuoco che gli bruciava nelle vene, un’urgenza che era tutt’altro che domestica.

Giulia rimase per un istante che le parve un’eternità, la schiena ancora appoggiata al freddo bancone di marmo, le cosce che vibravano di una scarica nervosa, un residuo dell’eccitazione violenta che era stata interrotta. Il suo corpo, una scultura di marmo caldo sotto la luce dorata delle lampade a sospensione, era un manifesto di lussuria. I fianchi larghi e sensuali si fondevano in una vita incredibilmente sottile, mentre i seni, pieni e pesanti, si sollevavano e abbassavano con il ritmo affannoso della sua respirazione. I capezzoli, scuri e induriti, spuntavano come bacche mature, testimoni silenziosi del gioco che stava conducendo. Le labbra, gonfie per la foga dei baci rubati e ricambiati, si schiusero in un sospiro quasi impercettibile quando sentì i passi di Andrea farsi più distanti. Un sorriso si disegnò lentamente, quasi fosse una maschera, un’espressione predatoria e consapevole. Le dita lunghe e affusolate scivolarono lungo il proprio corpo, una carezza invisibile dalla curva della gola fino al ventre piatto, fermandosi infine sul sesso, ora caldo, umido e dolente di attesa.

Non avrebbe permesso che finisse così. La consapevolezza le diede una forza felina.

Con un movimento repentino e sinuoso, si staccò dal bancone e cominciò a seguirlo, i piedi scalzi che danzavano silenziosi sul parquet lucido. Ogni passo era una mossa calcolata, una coreografia di seduzione che trasformava il salotto in un palcoscenico proibito, ogni muscolo al servizio del suo desiderio. Passando accanto al divano di pelle nera, il fulcro del loro gioco, si chinò appena, le mani che sfioravano lo schienale per un attimo fugace, un tocco che si trasformò in una spinta leggera, inarcando la schiena quel tanto che bastava. Il suo culone sodo e rotondo si sollevò in un’offerta perfetta, un invito muto e scandaloso. Sentì lo sguardo di Andrea perforarle la pelle, una presenza incandescente anche se lui non si era ancora voltato. Non ancora, ma lo avrebbe fatto.

«Dove vai, Andrea?» La sua voce era bassa, un sussurro roco e vellutato, carico di una promessa che era quasi una minaccia. «Non mi hai ancora finito. E io ho ancora fame.»

Lui si immobilizzò di colpo, la figura imponente rigida, i pugni serrati che spuntavano oltre la stoffa dei jeans. Il membro, turgido come l'acciaio, premeva con violenza contro la cerniera, pulsante di sangue e desiderio represso. Si voltò, la rotazione lenta, drammatica, e quando i suoi occhi scuri e ardenti incontrarono il verde intenso degli occhi di Giulia, l’aria tra loro si caricò di una scarica elettrica, un cortocircuito di lussuria. Lei non esitò. Si avvicinò con una lentezza studiata, i seni che ondeggiavano leggermente ad ogni passo, le labbra che si schiudevano in un invito muto. Quando fu a un palmo di distanza, allungò una mano e la posò sul suo petto, sentendo il cuore di lui martellare con la violenza di un tamburo sotto la sua pelle.

«Mi stai fottutamente facendo impazzire» ringhiò lui, la voce più bassa, più roca, quasi un lamento di piacere.

«È esattamente quello che voglio.» Giulia sorrise, il trionfo le illuminava il viso. Poi, si sollevò in punta di piedi, chiudendo lo spazio tra loro con un bacio vorace, disperato. La sua lingua si insinuò nella bocca di lui con una fame atavica che non conosceva né freno né pudore. Andrea gemette, un suono profondo e gutturale, le mani che scattarono istintivamente ad afferrarle i fianchi, le dita che affondavano con avidità nella carne morbida e cedevole. Lei si staccò appena, solo il tempo necessario per sussurrare contro le sue labbra, l’alito caldo che le accarezzava la pelle: «Senti? Anche loro si stanno divertendo.»

E infatti, dai piani superiori, i gemiti soffocati, ma inequivocabili, di Martina e Luca filtravano attraverso le pareti, un coro involontario di piacere che non faceva altro che infiammare il desiderio già febbrile di Andrea. Il suono delle voci giovani, i letti che scricchiolavano sotto sforzi ritmici, l’eco sorda dei corpi che si scontravano: era la colonna sonora perfetta per la loro trasgressione. Giulia approfittò di quella distrazione uditiva, scivolando in ginocchio davanti a lui con un movimento fluido e consapevole, le mani che erano già all’opera sulla fibbia della cintura dei suoi jeans.

«Cazzo, Giulia…» Andrea chiuse gli occhi per un istante, le dita che si aggrappavano convulsamente al bordo del tavolino alle sue spalle mentre lei liberava il suo membro dalla prigione dei pantaloni. Il cazzo balzò fuori, grosso, venato, con la punta già lucida di un pre-sperma invitante. Giulia lo avvolse con una mano, sentendo il calore pulsante, la vita stessa sotto la pelle, poi si sporse in avanti e passò la lingua sulla fessura, raccogliendo quella goccia salata con una delicatezza perversa.

«Mmm, già pronto per me» mormorò, le parole che vibravano sul suo cazzo, prima di ingurgitarlo intero, la testa che scendeva fino alla base, le labbra strette in un anello perfetto, la gola che si contraeva per accoglierlo. Andrea ansimò, le dita che si intrecciarono con violenza nei suoi capelli scuri, guidandola con movimenti che erano contemporaneamente lenti e implacabili. «Così… così brava, puttana obbediente» sussurrò, la voce spezzata dal piacere che la dominava. Giulia gemette attorno al suo cazzo, la vibrazione profonda che lo fece sussultare. Le sue mani scivolarono lungo le cosce di lui, risalendo con decisione per stringergli le natiche, le unghie che si conficcavano nella carne mentre lo prendeva sempre più a fondo, la saliva che colava dagli angoli della bocca, bagnandogli le palle con un’umidità calda.

Ma non era sufficiente. Non per lei.

Si staccò con un pop umido, lasciando il membro scivolare fuori dalle sue labbra gonfie, un filo sottile di bava che si allungava come un ponte tra la sua lingua e la punta del suo cazzo. «Ora tocca a me» dichiarò, alzandosi con l’eleganza di un predatore e spingendolo indietro finché non fu seduto sul divano. Senza dargli il tempo di rispondere, si arrampicò su di lui, cavalcandolo a ritroso, il suo culo premuto contro le sue cosce come un cuscino morbido. Si chinò in avanti, offrendogli la vista perfetta del suo sesso: era fradicio, le grandi labbra rosate si aprivano come un fiore carnoso in attesa.

Andrea non ebbe bisogno di ulteriori istruzioni. Le sue mani scattarono in avanti, artigliandole le natiche con forza e tirandola verso di sé, la sua bocca che si chiudeva sulla sua figa in un solo, avido morso. Giulia gridò, le dita che si aggrappavano con disperazione allo schienale del divano mentre la lingua di lui si insinuava con maestria tra le sue pieghe, lapidando il clitoride gonfio con colpi precisi e una fame implacabile. «Dio, sì! Così, leccami come il cane che sei!» ansimò, spingendo il bacino contro il viso di lui, sentendo le labbra di Andrea allargarsi in un sorriso contro la sua carne calda e bagnata.

«Sei così porca, Giulia» ringhiò Andrea, tra una leccata e l’altra, le dita che si conficcavano nella sua carne sensibile mentre la lingua tracciava cerchi sempre più stretti e veloci attorno al suo bottone. «Vuoi che ti svergini il culetto, vero? Vuoi sentirmi dentro mentre ti riempio tesoro mio.»

Lei gemette, il corpo scosso da un brivido violento e totale. «Sì… sì, per favore. Sono tua, completamente. Fallo subito.»

Non ci fu più spazio per le parole.

Andrea la sollevò senza sforzo, come se non pesasse nulla, il suo corpo muscoloso teso e scattante, e la trascinò su per le scale. I loro corpi nudi si sfioravano ad ogni passo, pelle contro pelle in un attrito che scottava. La camera da letto era immersa in una penombra sensuale, la luce del sole al tramonto filtrava attraverso le tende, proiettando ombre lunghe sul letto disfatto. Giulia vi si gettò sopra, il petto che si sollevava in respiri affannosi e incerti, le gambe che si aprivano in un invito esplicito e senza riserve.

Ma Andrea aveva un piano più audace.

Si chinò su di lei, catturandole le labbra in un bacio selvaggio, mentre la sua mano scivolava tra i loro corpi, le dita che si insinuavano abilmente tra le sue natiche, sfiorando l’ingresso anale, stretto, caldo e proibito. Giulia sobbalzò, un gemito strozzato che le sfuggì dalla gola. «Sei sicura, mia regina?» chiese lui, anche se il tono non lasciava spazio a un rifiuto. Le sue dita erano già rese scivolose dalla sua stessa eccitazione, e iniziò a massaggiarle il buco con una lentezza quasi sadica, preparandola.

«Cazzo, Andrea, smettila di chiedere e fottimi con tutta la tua forza» ringhiò lei, spingendo il culo con urgenza contro la sua mano, le unghie che gli graffiavano le spalle in un misto di dolore e piacere. Lui rise, un suono basso, oscuro, di puro potere, poi si spostò dietro di lei, afferrandole i fianchi e sollevandola in una posizione carponi, di sottomissione. Il suo cazzo, duro come la pietra, si posizionò contro l’ingresso proibito, la punta che premeva con insistenza e determinazione.

«Respira profondamente» ordinò, la voce che non ammetteva discussioni, e poi spinse.

Giulia urlò.

Il dolore fu acuto, bruciante, ma fu un lampo, un istante fugace subito sommerso da un’ondata di piacere così intensa da farle girare la testa. Andrea era enorme, il suo cazzo che la dilatava senza pietà, centimetro dopo centimetro, fino a quando non fu interamente dentro, le palle premute con forza contro il suo clitoride. «Cazzo… sei così stretta, una meraviglia» ansimò lui, le dita che si conficcavano nei suoi fianchi mentre iniziava a muoversi, con colpi lenti, ma di una profondità devastante che la facevano gemere ad ogni affondo.

«Di più! Più forte, per l’amor di Dio, non fermarti!» supplicò Giulia, spingendo il bacino indietro contro di lui, il sudore che le imperlava la schiena, rendendola lucida. Andrea non si fece pregare due volte. Afferrò i suoi capelli con una mano, tirandole la testa all’indietro, un gesto di possesso, mentre con l’altra le stringeva un seno, pizzicandole il capezzolo con violenza fino a farle emettere un grido strozzato. Poi, iniziò a fotterla sul serio, il suo bacino che sbatteva contro il suo culo con un ritmo selvaggio e incessante, i testicoli che schiaffeggiavano la sua figa ad ogni spinta, un doppio stimolo infernale.

«Sei mia, Giulia. Solo mia, e lo sei anche qui» ringhiò, sentendo il suo corpo tremare e cedere sotto di lui, i muscoli anali che si contraevano attorno al suo cazzo come una morsa calda e bagnata, un massaggio quasi insopportabile. Lei non riusciva a rispondere, le parole le morivano in gola, i gemiti si trasformavano in un flusso ininterrotto mentre un orgasmo violento la travolgeva, il corpo scosso da spasmi che le annebbiavano la vista. Andrea sentì le pareti stringersi, massaggiandolo fino al midollo, e seppe che la sua resistenza era finita.

«Vengo dentro di te, ora» avvisò, la sua voce un ringhio animale, il controllo perduto. «Ti riempio, amore, fino all’orlo.»

Giulia annuì freneticamente, le unghie che graffiavano le lenzuola. «Sì, sì, vieni dentro di me! Riempimi questo culone da troietta, la tua troietta, dai svuotati!»

Andrea urlò, le anche che si bloccarono contro di lei, la schiena inarcata, mentre il suo sperma esplodeva dentro il suo corpo, caldo, denso, riempiendola con una sensazione di pienezza assoluta. Giulia sentì ogni singola spinta, ogni goccia che le colava dentro, e venne di nuovo, il corpo scosso da un piacere così intenso da farle vedere una miriade di stelle.

Poi, mentre ancora ansimava, con il cazzo di Andrea che pulsava, ancora pieno dentro di lei, sentì un rumore leggero, un fruscio, alla porta.

Alzò lo sguardo, seguendo la direzione dello sguardo fisso di Andrea, e vide Martina.

La ragazza era sulla soglia, i lunghi capelli biondi sciolti sulle spalle, gli occhi azzurri che brillavano di un’eccitazione lucida, innegabile. Indossava solo una maglietta oversize di Luca, che le arrivava a malapena a metà coscia, lasciando in bella vista le gambe snelle e i piedi nudi. Una mano era infilata con noncuranza sotto il tessuto, massaggiandosi il contorno di un seno molto generoso, una quarta abbondante ereditata da mamma, mentre l’altra mano si muoveva tra le sue gambe, le dita che scivolavano dentro e fuori dalla sua figa da neo 18enne, liscia e visibilmente bagnata, con un ritmo lento, sensuale e completamente sfacciato fino ademettere un gemito di piacere mentre veniva e il suo liquido le colava tra le gambe.

«Papà…Giulia…» sussurrò Martina, le labbra dischiuse in un sorriso malizioso e carico di sottintesi. «Non sapevo che vi piacesse farlo così… selvaggio.»

Andrea sentì il suo cazzo irrigidirsi di nuovo dentro Giulia, il cuore che gli martellava nel petto con una violenza inaudita. La situazione era precipitata ed era fuori controllo, ma in quell’istante di pura, animalesca lussuria, non gli importava più nulla.

Se non che ormai il limite era stato oltrepassato...
scritto il
2025-12-05
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