Ricatto
di
Tato
genere
bondage
Infine le ho sentito dire:” Una!”, poi ho ricevuto la prima frustata ed un missile di dolore mi ha colpito con un sonoro schiocco. Accidenti che male, non mi aspettavo che essere frustato a sangue fosse così doloroso. Inoltre essendo io in ginocchio, legato in posizione di strappado e con l’ uccello incatenato al pavimento, per evitare di farmi male da solo distorcendomi le spalle o schiacciandomi le palle dovevo restare il più immobile possibile. Mentre la mia prima reazione alla frustata è stato dimenarmi nei miei legami, cagionandomi così ulteriore dolore alle articolazioni delle spalle che si sono lesionate ed alle mie povere palle che si sono schiacciate nella manetta di castità che le contiene. Alla seconda frustata ho iniziato a mugugnare di dolore ed alla quinta anche a piangere apertamente. Intanto il sangue aveva iniziato a defluire dalle brucianti ferite che i colpi di frusta mi causavano, accontentando così quelle due arpie sanguinarie della preside e dell’ eletta anziana suprema.
Rispetto alle bastonate che avevo ricevuto durante il processo, da me subito presso il tribunale dell’ istituto di produzione e punizione e presieduto dalla mia futura suocera. Le frustate che abilmente mi infliggeva Clara erano tutto un’ altro livello di dolore, più concentrato e persistente. Un dolore molto difficile da tollerare, scandito purtroppo dalla voce della mia amata Fata che conteggiandole mi annunciava la frustata successiva. Onestamente non so come abbia fatto a rimanere cosciente fino alla diciottesima frustata, però dopo quella non sono più stato in grado di controllare le mie reazioni istintive. Sono svenuto, poi Clara mi ha risvegliato con una secchiata di acqua ghiacciata, poi dopo avermi chiesto perdono in lacrime ha ripreso a frustarmi. Le frustate che ho subito dopo sono state le più tremende, difatti prima di ricevere l’ultima sono svenuto altre due volte e la mia futura moglie mi ha riportato nell’ universo di dolore, un cui per lei ero sprofondato.
Le due grasse stronze mi avevano inculato e preso a cazzotti in faccia e mi ero dovuto puppare tutto il discorso inaugurale di Ifigenia senza finire al tappeto. Con meno di trenta frustate la mia futura moglie mi aveva mandato KO tre volte. Ero di nuovo in un bozzolo di dolore, a malapena cosciente e nel mio cervello c’era spazio solo per due pensieri, uno riguardo al dolore che provavo e l’ altro riguardo al dolore che avrei provato. Così quando Clara dopo aver arrotolato la frusta di quattro metri ed averla riappesa al cinturone che le cingeva i fianchi, si è diretta verso di me. Sistemandosi i lunghi guanti in pelle nera che portava ed appena giunta in mia prossimità ha allungato una mano per accarezzarmi, chinandosi su di me. Io ancora intontito dal dolore ho cercato di evitare il contatto con lei, dimenandomi nei miei legami mentre un’ acuto mugugno usciva da sotto il bavaglio che mi zittiva, perché avevo paura che la mia fatata compagna mi facesse ancora male, avevo paura di lei. Inoltre dato che sanguinavo come un porco scannato da trenta brucianti ferite, muovendomi con foga e convulsamente ho abbondantemente schizzato di sangue il volto di Clara e la sua linda camicia bianca da tormentatrice. È stato solo poco più di un’attimo, però è bastato per turbare profondamente il mio fatato amore. Sulle sue conturbanti labbra, oggi evidenziare da un rossetto di colore fucsia, si è dipinta una O di stupore. Mentre sul suo meraviglioso viso dai tratti finemente cesellati, all’ espressione avvilita che già aveva se ne è aggiunta un’altra di angoscia profonda e tristezza. Si è alzata discostandosi leggermente da me con le lacrime che scendevano copiose sulle sue guance. Stava per dirmi qualcosa quando quella vecchia sanguinaria di sua madre le ha perentoriamente ordinato:” Tormentatrice capo Clara che non ti venga in mente di guarire la tua anomalia, le tue allieve devono potere valutare di persona i danni che si possono infliggere con una frusta. Le cadette dovranno poi produrre una relazione scritta che tu valuterai. Inoltre al momento sei conciata in uno stato pietoso e non puoi continuare ad insegnare così. Vatti a dare una ripulita ed a rifarti il trucco, poi torna in classe a terminare la tua lezione.”. Asciugandosi le lacrime che non riusciva più a trattenere, mi ha lasciato senza dire una parola. Incamminandosi mestamente verso il suo spogliatoio privato ed ho sentito il ticchettio che facevano i suoi tacchi a spillo camminando spedita frammisto ad i suoi struggenti singhiozzi.
Dopo poco mi sono ritrovato la mia futura suocera davanti che con un timbro di voce graffiante mi ha detto:” Molto bene anomalia tanto per essere chiari ne io ne Ifigenia ti vogliamo come fidanzato ufficiale di mia figlia ne tanto meno come marito. Purtroppo insieme avete superato la prova delle Fate e questo ci impedisce di ordinarle di lasciarti. Di conseguenza sarai tu a lasciare lei, dato che è tua facoltà farlo. Se non lo farai, noi ti spezzeremo e credimi siamo perfettamente in grado di farlo. Ordineremo a mia figlia di farti così tanto male che alla fine non ne potrai più di lei e lo faremo a cominciare da oggi. Quindi se vuoi evitarti di patire le pene dell’ inferno, mi basta un tuo cenno di assenso ed io ti rispedirò nel mondo dove Clara ti ha trovato seduta stante. Poi cancellerò la tua memoria, in modo che tu ti dimentichi di lei e di noi Fate.
Allora che mi rispondi?”.
Io ero messo così male che a stento capivo quello che Ofelia mi comunicava. Però nonostante tutto io sono un pugile, cioè un combattente e non sono abituato ad arrendermi. No non avrei ceduto al ricatto delle due megere. Di conseguenza la ho guardata freddamente negli occhi per un’attimo e poi ho scosso ripetutamente la testa. Lei stizzita ha esclamato:” Bene ragazze dopo avere assistito all’ esibizione con la frusta della vostra insegnante chi di voi desidera emularla?”. La deliziosa brunetta che mi aveva ripetutamente mostrato le tette, mentre Ifigenia teneva il suo discorso inaugurale, ha immediatamente alzato la mano tutta emozionata. Ofelia la ha subito notata e con un cenno la ha invitata a venire vicino a me. Quando è arrivata le ha chiesto il suo nome ed ho scoperto che si chiama Maurene. “ Molto bene cadetta sulla parete alla tua destra troverai una cernita di fruste. Prendine una lunga due metri, dato che non avendo la pratica e l’ abilità della tua insegnante, utilizzando una frusta lunga quattro metri rischieresti di farti male oppure che le tue frustate siano deboli ed inefficaci sull’anomalia. Poi vai a posizionarti dietro a questo inutile maschio ad una distanza di un paio di metri ed infine frustalo con tutta la forza che hai. Però mi raccomando presta attenzione al gioco di polso che applicherai nelle tue frustate, perché è con quello che stabilisci il danno da infliggere.”. Ha detto Ofelia mentre mi guardava sogghignando come una jena.
Maurene ha fatto come le era stato indicato ed in breve ha incominciato a frustarmi. Non avendo ancora sviluppato la diabolica abilità di Clara con la frusta, i suoi colpi erano dolorosi ma non così devastanti, come quelli che mi aveva inflitto la mia Fata. Però alla quinta o sesta frustata che mi ha assestato, deve avere azzeccato il gioco di polso, perché mi ha fatto quasi perdere conoscenza.
Dopo Maurene è toccato ad Ippolita frustarmi e dopo lei ad Ermenegilda. Poi ho perso il conto del nome di chi mi frustava e di quanti colpi mi infliggeva. Annegando in una marea di dolore.
“Trenta!”, dopo avere inflitto l’ ultima frustata all’ amore della mia vita ho arrotolato la frusta e poi la ho agganciata al cinturone. Un silenzio assordante era calato in aula ed io ho avuto modo di vedere l’arabesco di dolore che avevo inciso sulla pelle di Tato. Durante la dimostrazione lui era svenuto tre volte per il male che ero costretta ad infliggergli ed io avevo dovuto fargli riprendere i sensi e continuare a frustarlo. A stento ho trattenuto le lacrime ed ogni suo straziante mugugno che udivo, era per me una pugnalata al cuore. Mentre mi avvicinavo a lui mi sono aggiustata i guanti da opera che indossavo, perché con tutte le frustate che avevo dovuto vibrare mi erano scivolati quasi fino sui gomiti. Una volta raggiunto Tato mi sono chinata vicino a lui e con una mano volevo toccarlo per dargli conforto. Lui però ha rifuggito il mio tocco, dimenandosi nei suoi legami e mugugnando come una bestia ferita. Facendolo mi ha schizzato di sangue in faccia e sulla camicia, guardandomi come fossi il peggior incubo della sua vita. Non sono riuscita a resistere e mi sono allontanata da lui in lacrime. Stavo per l’ ennesima per chiedergli perdono e guarirlo con la mia magia. Quando è intervenuta quella sanguinaria stronza di mia madre, impedendomi di farlo. Poi mi ha perentoriamente ordinato di andare a mettermi in ordine ed io ho dovuto lasciare Tato in condizioni disperate, per andare a ripulirmi ed a rifarmi il trucco. Perché sempre secondo mia madre non potevo insegnare nelle condizioni in cui ero ridotta.
Non sono riuscita nemmeno a ad esprimergli a parole tutto l’ amore che provavo per lui. Perché lo sguardo di puro terrore nei miei confronti che mi aveva lanciato, mi aveva ammutolita.
Allora singhiozzando sono andata nel mio spogliatoio privato ed una volta entrata mi sono accasciata sulla branda che aveva in dotazione. Infine tenendomi il volto tra le mani, mi sono messa a piangere, come mai mi era capitato nella mia vita. Ci ho messo un po’ di tempo per tornare in me, tanto ero straziata da quello che avevo vissuto e soprattutto da quello che avevo fatto a Tato. Mi sono ripulita ed ho cambiato la camicia piangendo perché era nuovamente impregnata del sangue del mio amore.
Dopo essermi rifatta il trucco ed essermi rifatta forza perché Tato aveva bisogno di me, sono rientrata in aula per scoprire che le mie allieve stavano esercitandosi con un frusta lunga due metri sull’ amore della mia vita e dando una occhiata distratta al misuratore di energia emessa ho notato che era muto come una medusa. Mi sono avvicinata con foga a mia madre, domandandole il motivo di un tale accanimento nei confronti del mio futuro marito. “ Le cadette sono state così colpite dalla tua abilità con la frusta, tanto da volerti imitare. Così ho colto l’ occasione ed ho permesso loro di esercitarsi sulla anomalia, in fondo è questo il motivo per cui è qui. Adesso che ti sei rimessa in ordine puoi continuare la tua lezione e secondo il programma oggi devi insegnare alle cadette come bastonare un candidato durante il suo processo. Comincerai con la canna di bambù, direi che trenta bastonate sulla pianta dei piedi saranno sufficienti come esempio e poi con la pagaia lo colpirai altre trenta volte sul sedere. A quel punto dovrebbe essere l’ ora della pausa pranzo, tu accompagnerai le cadette in sala mensa e mangerai con loro. Una volta finito di pranzare le riporterai in classe affinché si esercitino sulla anomalia sotto la tua supervisione, fino al termine delle lezioni. Adesso sbrigati che le tue allieve sono ansiose di continuare la lezione e non perdere tempo a guarire il tuo fidanzato, lo farai quando lo riporterai a casa. Io ed Ifigenia abbiamo deciso che è un inutile spreco di magia se tu lo guarisci ogni volta che si fa la bua, di conseguenza da adesso in poi fra le mura dell’accademia e durante i tuoi impegni didattici non ti è più consentito guarire l’anomalia. Spero di essere stata chiara. Ora devo andare ma Ifigenia resterà qui con voi per controllare che tu faccia come ti è stato ordinato e che le bastonate che darai al tuo fidanzato siano abbastanza forti da farlo sussultare.”. Detto ciò e senza permettermi di replicare come al solito, mia madre mi ha voltato le spalle ed è uscita dalla classe a passo spedito.
Ho guardato Tato, era ridotto proprio male, di nuovo ero stata io a conciarlo così ed adesso non mi era permesso curarlo. Anzi lo dovevo ancora bastonare e dopo pranzo le mie studentesse avrebbero fatto pratica su di lui, sempre che Tato fosse ancora vivo dopo pranzo. Ho raggiunto Ifigenia e le ho detto:” Guarda come è ridotto, è a malapena cosciente. Bastonarlo in queste condizioni significa rischiare di ammazzarlo, lascia che lo guarisca e poi riprenderò ad infierire su di lui. Ti prego Ifigenia!”. “ No Clara come ti ha spiegato tua madre qui in accademia e durante i tuoi impegni didattici non puoi usare la tua magia per guarire la tua anomalia. Adesso fai quello che ti è stato ordinato. Come hai affermato nel discorsetto che hai tenuto alle tue allieve, la nostra specie funziona così chi è gerarchicamente superiore comanda, quindi ora gradirei che tu mettessi in mostra la tua ottusa ottemperanza agli ordini bastonando il tuo fidanzato ufficiale e voglio vederlo sussultare ogni volta che lo colpisci!”.
“ Farò come mi avete ordinato, però le ottuse siete voi e non mi stupisce che la nostra specie sia in via di estinzione con voi al comando.”. Ho risposto a quella emerita stronza e poi sono andata da Tato, i cui mugugni e singhiozzi erano diventate oramai una triste litania che accompagnava la lezione. Lui era così prostrato che non mi ha nemmeno riconosciuta. Né credo abbia sentito mentre gli esprimevo tutto il mio amore e quando ho provato a toccarlo, lui ha di nuovo cercato di evitare il contatto agitandosi nei suoi legami. Allora con il cuore che mi si straziava nel petto, sono andata a prelevare una canna di bambù dalla panoplia e mi sono posizionata alle sue spalle. Come un automa ho spiegato alle cadette il modo corretto per bastonare i piedi di un candidato al fine di causargli il più dolore possibile. Poi ho iniziato a colpire Tato contando ad alta voce i colpi che gli infierivo. Mentre gli bastonavo i piedi mi sembrava di colpire un pezzo di carne inerte. Dato che l’unica prova che fosse ancora in vita erano i continui mugugni di dolore che uscivano da sotto il bavaglio. Per il resto dondolava immobile appeso nella crudele posizione di strappado, eccetto quando lo colpivo, allora sussultava ed il mugugno di dolore diveniva più acuto, mischiandosi ai suoi singhiozzi ed ai miei dato che non riuscivo a trattenere le lacrime. Dopo aver finito di infierire sulla pianta dei piedi del mio amore, bastonandolo per la trentesima volta. Sono andata ad accucciarmi di fronte a lui, in modo che i nostri visi fossero alla stessa altezza per poterlo guardare negli occhi. I suoi dolci e gentili occhi azzurri erano quasi irriconoscibili, tanto erano velati dalla sofferenza ed in essi vi leggevo un’ espressione di terrore attonito nei miei confronti che mi spezzava il cuore. Non ho avuto il coraggio di toccarlo ne di parlargli, intanto che cosa avrei mai potuto dirgli, senza replicare le solite vuote parole che continuavo a ripetergli dopo aver infierito senza pietà su di lui.
Ero ancora lì accucciata davanti a lui a commiserarmi quando ho sentito Ifigenia gracchiare:“ Bene cadette mentre la vostra insegnante va a sostituire la canna di bambù con la pagaia, voi avvicinatevi all’ anomalia per valutare i danni che una buona bastonatura causa.
Complimenti Clara hai fatto davvero un buon lavoro te lo devo concedere. Adesso però è meglio che prima di insegnare alle tue allieve come si usa una pagaia, tu vada a darti una ripulita. Perché tutte quelle stupide lacrime che versi ti hanno rovinato il trucco.”. Mentre mi alzavo la ho guardata con odio, ho sbattuto con forza la canna di bambù in terra e senza una parola mi sono diretta nel mio spogliatoio privato. Questa volta non ci ho messo molto a rimettermi in ordine, essendo cosciente che non sarebbe stata l’ ultima. Perché oramai non riuscivo più ad infierire su Tato senza piangere. Sono rientrata in classe e quasi in apnea ho spiegato alle ragazze il modo migliore di usare la pagaia sul sedere di un maschio ed indicare la zona anatomica precisa da colpire per provocare più dolore. Questa volta non c’è la ho fatta ad andare dal mio amore, non riuscivo quasi a guardarlo tanto mi sentivo in colpa nei suoi confronti. Così mi sono fermata dietro di lui e dopo aver assunto la posizione prescritta. Ho incominciato a colpirlo violentemente con la pagaia, sempre contando ad alta voce le pagaiate che gli davo. Tato oramai credo che fosse quasi in coma, dato che non offriva la benché minima resistenza ai violenti colpi che gli sferravo con la pagaia. Anche questa volta è svenuto più di una volta ed ho paura di avergli causato dei seri danni con la trentesima pagaiata che gli ho inferto. Perché dopo averla subita per un breve attimo si è riattivato, inarcandosi di scatto sulla schiena per quanto i suoi legami gli consentissero. Poi è tornato immobile ma il mugugno che prima emetteva da sotto il bavaglio è diventato un distorto ululato di dolore.
Ifigenia è intervenuta dicendo:” Ottimo lavoro Clara, adesso però vatti a sistemare un po’ e precedici in sala mensa. Resterò io con le cadette mentre valutano il tuo eccellente operato e ti raggiungeranno non appena avranno finito.”. Ingenuamente le ho detto indicando Tato:” Ma lui non lo posso lasciare qui!” . “ Questo qui non va da nessuna parte resterà, legato come si trova e dove si trova, rimarrà ad aspettarci da bravo mentre noi ci rifocilliamo. Adesso non restare li impalata fai come ti ho detto e sbrigati!”.
Allora ho preso la pagaia e con un violento colpo ho fatto a pezzi il misuratore di energia emessa che era muto sulla cattedra, dato che non aveva niente da misurare. “ Il costo di questo inutile aggeggio me lo potete detrarre dallo stipendio!” ho esclamato uscendo dalla classe e scagliando la pagaia a terra. Sono rientrata nel mio spogliatoio privato, mi sono data una sistemata e mi sono diretta a passo deciso verso la mensa, faticando a trattenere le emozioni. In sala mensa speravo di incontrare Dafne per raccontarle l’orribile primo giorno di scuola di Tato e chiederle di intercedere presso il concilio delle Fate elette, affinché potessi curare il mio uomo. Purtroppo però Dafne non c’era e dato che non avevo fame, mi sono trovata un’ angolino appartato dove isolarmi.
Le frustate di Clara erano state devastanti e quelle inesperte infieritemi dalle cadette avevano finito l’ opera, spedendomi ancora una volta a ritroso nella scala evolutiva. Questa non mi ero fermato allo stadio di bruco, bensì ero regredito ulteriormente fino a fermarmi giusto un paio di gradini sopra quello del brodo primordiale. Mi erano rimaste due cellule funzionanti, una per recepire il dolore e l’ altra per avere il terrore del dolore prossimo a venire. Ero sicuramente uno spettacolo pietoso, acuito dal fatto che non riuscivo a smettere di squittire e versare lacrime per il male che provavo.
Nella dolente nebbia in cui galleggiavo, avevo l’ impressione che l’ aula dove si teneva il mio supplizio fosse illuminata con delle lampade stroboscopiche. Perché le immagini ai miei occhi apparivano frammentate e le conversazioni che udivo erano spezzate.
Ho percepito la presenza del mio fatato amore alle mie spalle e speravo che venisse finalmente a guarirmi con la sua magia. Invece si è fermata a parlare con sua madre, della loro conversazione sono riuscito a recepire solo alcuni frammenti, purtroppo però sono bastati per farmi capire che ero fottuto. Su ordine di Ofelia ed Ifigenia Clara non poteva più guarirmi con la sua magia tra le mura dell’ accademia e durante i suoi impegni didattici. Questa notizia è quella che mi ha dato il colpo di grazia, riempiendomi di una sorta di terrore cieco per quello che mi sarebbe capitato fino alla fine delle lezioni. Così quando la mia futura moglie si è portata davanti a me io non volevo guardarla, né sono stato a sentire quello che mi ha detto e quando dopo essersi chinata per toccarmi provando a farlo, io ho di nuovo cercato di rifuggire il contatto. Se fossi stato nel pieno delle mie facoltà mentali, non lo avrei fatto ma dopo le frustate nella mia mente c’era spazio solo per il dolore che provavo e per il terrore per il dolore che avrei patito e questo dolore principalmente era lei ad infliggermelo. Mestamente Clara mi ha lasciato per andare a prelevare una canna di bambù dalla panoplia, si messa alle mie spalle, le ho sentito gridare una e poi il mio supplizio è ricominciato.
La pianta dei miei piedi era ancora sana, in quanto le frustate mi erano state inferte principalmente sulla schiena e sul sedere. Di conseguenza le trenta bastonate che ho ricevuto, le ho sopportate senza svenire ma ogni una di esse che subivo, era un gradino in più che scendevo nella scala evolutiva. Clara dopo aver temporaneamente terminato il suo lavoro di carnefice, è venuta ad accucciarsi di fronte a me in modo da poterci guardare negli occhi. Questa volta non mi ha parlato né ha cercato di toccarmi, mi ha solo guardato mestamente e con le lacrime che scendevano copiose. Purtroppo la parte più primordiale di me, che al momento aveva il totale controllo di quello che restava del mio corpo, vedeva nella mia Fata solo il male che partiva e quello che avrebbe patito. Ero totalmente terrorizzato dalla sua presenza, lei deve averlo capito da come la guardavo e credo di averla fatta soffrire ma purtroppo non potevo fare altro. Su ordine di Ifigenia Clara mi ha lasciato per andare a sostituire la canna di bambù con la pagaia ed al posto del mio amore sono venute le giovani cadette intorno a me, per valutare l’ eccellenza del lavoro di demolizione compiuto dalla mia futura moglie. Quando le ho viste ritornare ai loro banchi ho capito che stavo di nuovo per essere bastonato, ho incominciato a tremare e quando lei mi ha colpito per la prima volta, ho scoperto di essere fisicamente inerte, non riuscendo più ad offrire la minima resistenza ai colpi li subivo e basta. Sono svenuto un’ altro paio di volte prima della trentesima pagaiata che è stata tremenda perché mi ha frantumato il coccige. Allora mi sono inarcato sulla schiena per quanto mi permettevano i legami che mi trattenevano e poi mi sono nuovamente accasciato ululando di dolore. Clara questa volta non è venuta a mettersi di fronte a me, come aveva fatto prima. La sentita discutere animatamente con Ifigenia, poi deve avere rotto il misuratore di energia emessa con la pagaia. Perché ho sentito un gran fracasso e lei che diceva:” Il costo di questo inutile aggeggio me lo potete detrarre dallo stipendio!” e poi se ne è andata. Lasciandomi solo con il mio dolore, Ifigenia e le cadette. Dopo una accurata ispezione dell’ operato della mia futura moglie, la preside ha spedito le future tormentatrici a pranzo e dopo che erano uscite dall’ aula è andata verso la panoplia a prendere qualcosa. Poi si è presentata davanti a me ed ho scoperto che aveva preso un tirapugni.
“ Molto bene anomalia adesso sei disposto a lasciare Clara?” mi ha detto. Tutto quello che restava del mio corpo voleva a tutti i costi dire di si e terminare l’ agonia in cui ero sprofondato. Però mentre stavo per farlo, per un’ attimo sono tornato nel mio negozio di libri e fumetti usati, quando Clara mi aveva detto ti amo per la prima volta. Solo immaginando quel fatidico e magico momento, mi è scattato qualcosa dentro, il combattente che è insito in me si è risvegliato ed ho risposto negativamente alla mia aguzzina con un cenno del capo.
“ D’accordo lo hai voluto tu ed adesso vediamo se una Fata anziana con l’aiuto di questo giocattolino riesce a cambiarti i connotati !” ed ha incominciato rompendomi il naso con un cazzotto. Poi si è accanita contro gli occhi e le arcate sopraccigliari ed ha fatto un maledetto buon lavoro, perché alla fine i miei occhi erano talmente pesti e gonfi che non riuscivo più a tenerli aperti. Si è divertita molto anche a colpirmi con forza sulle tempie ed almeno una commozione cerebrale me la deve avere cagionata. Dopo avermi detto sprezzante:” Ripensaci anomalia è meglio per te.” Ha gettato in terra il tirapugni ed è uscita anche lei dall’ aula ma io non la ho sentita perché ero svenuto e stavo pian piano cadendo in coma.
Non so quanto tempo sono rimasto incosciente ed onestamente non so distinguere i brevi momenti di lucidità dalle visioni che mi tenevano compagnia quando ero privo di sensi. Anche perché non riuscendo ad aprire gli occhi era come se fossi cieco. Comunque a dire la verità, più che visioni erano incubi la cui protagonista principale purtroppo era Clara. Addirittura a volte mi sembrava di udire alle mie spalle la sua voce dire “ Una!” ed allora cadevo in uno stato di terrore agitato, dimenandomi nei miei legami e schizzando il sangue che perdevo da numerose ferite tutto intorno a me. Le articolazioni delle spalle ed i muscoli che le integravano, erano oramai un ammasso di tendini, ossa, cartilagini e fibre muscolari del tutto inutili. Perché la posizione di strappado in cui ero legato all’ incirca dalle otto di mattina, aveva fatto il suo crudele e devastante lavoro, slogandomi le articolazioni delle spalle e strappando i muscoli ad esse collegati. Non ero più in grado di muovere le braccia ne di fare forza con i muscoli. Inoltre avendo il coccige fratturato, e nonostante fossi costretto in ginocchio, avevo notevoli e dolorosissime difficoltà nel restare in quella posizione. In effetti l’ unico motivo per cui non ero accasciato al suolo, era la catena che pendeva dal soffitto sopra di me, a cui erano collegate le manette che mi serravano i polsi dietro la schiena.
Dopo un tempo infinito ed in un momento in cui ero cosciente ho udito Clara, Ofelia e le cadette rientrare in classe. La mia Fata si è messa davanti a me, o almeno così mi sembrava ad orecchio perché non potevo vederla, però con uno sforzo immane ho alzato la testa per un’ attimo e dopo aver visto il lavoro di Ifigenia lei ha esclamato:” Oh santo cielo ma cosa gli hanno fatto in faccia!” poi probabilmente rivolgendosi alle cadette ha perentoriamente ordinato:” Una di voi vada di corsa in infermeria a prendere la cassetta del pronto soccorso!”.
Al solo sentirle dire:” Una!”, io ignominiosamente mi sono pisciato addosso dal terrore, mentre squittivo di dolore e poi sono svenuto. Era troppo, a quella parola avevo oramai associato l’ arrivo di una sofferenza straziante e l’ unico modo che avevo di evitarla, era rifugiarmi nell’ oblio
Rispetto alle bastonate che avevo ricevuto durante il processo, da me subito presso il tribunale dell’ istituto di produzione e punizione e presieduto dalla mia futura suocera. Le frustate che abilmente mi infliggeva Clara erano tutto un’ altro livello di dolore, più concentrato e persistente. Un dolore molto difficile da tollerare, scandito purtroppo dalla voce della mia amata Fata che conteggiandole mi annunciava la frustata successiva. Onestamente non so come abbia fatto a rimanere cosciente fino alla diciottesima frustata, però dopo quella non sono più stato in grado di controllare le mie reazioni istintive. Sono svenuto, poi Clara mi ha risvegliato con una secchiata di acqua ghiacciata, poi dopo avermi chiesto perdono in lacrime ha ripreso a frustarmi. Le frustate che ho subito dopo sono state le più tremende, difatti prima di ricevere l’ultima sono svenuto altre due volte e la mia futura moglie mi ha riportato nell’ universo di dolore, un cui per lei ero sprofondato.
Le due grasse stronze mi avevano inculato e preso a cazzotti in faccia e mi ero dovuto puppare tutto il discorso inaugurale di Ifigenia senza finire al tappeto. Con meno di trenta frustate la mia futura moglie mi aveva mandato KO tre volte. Ero di nuovo in un bozzolo di dolore, a malapena cosciente e nel mio cervello c’era spazio solo per due pensieri, uno riguardo al dolore che provavo e l’ altro riguardo al dolore che avrei provato. Così quando Clara dopo aver arrotolato la frusta di quattro metri ed averla riappesa al cinturone che le cingeva i fianchi, si è diretta verso di me. Sistemandosi i lunghi guanti in pelle nera che portava ed appena giunta in mia prossimità ha allungato una mano per accarezzarmi, chinandosi su di me. Io ancora intontito dal dolore ho cercato di evitare il contatto con lei, dimenandomi nei miei legami mentre un’ acuto mugugno usciva da sotto il bavaglio che mi zittiva, perché avevo paura che la mia fatata compagna mi facesse ancora male, avevo paura di lei. Inoltre dato che sanguinavo come un porco scannato da trenta brucianti ferite, muovendomi con foga e convulsamente ho abbondantemente schizzato di sangue il volto di Clara e la sua linda camicia bianca da tormentatrice. È stato solo poco più di un’attimo, però è bastato per turbare profondamente il mio fatato amore. Sulle sue conturbanti labbra, oggi evidenziare da un rossetto di colore fucsia, si è dipinta una O di stupore. Mentre sul suo meraviglioso viso dai tratti finemente cesellati, all’ espressione avvilita che già aveva se ne è aggiunta un’altra di angoscia profonda e tristezza. Si è alzata discostandosi leggermente da me con le lacrime che scendevano copiose sulle sue guance. Stava per dirmi qualcosa quando quella vecchia sanguinaria di sua madre le ha perentoriamente ordinato:” Tormentatrice capo Clara che non ti venga in mente di guarire la tua anomalia, le tue allieve devono potere valutare di persona i danni che si possono infliggere con una frusta. Le cadette dovranno poi produrre una relazione scritta che tu valuterai. Inoltre al momento sei conciata in uno stato pietoso e non puoi continuare ad insegnare così. Vatti a dare una ripulita ed a rifarti il trucco, poi torna in classe a terminare la tua lezione.”. Asciugandosi le lacrime che non riusciva più a trattenere, mi ha lasciato senza dire una parola. Incamminandosi mestamente verso il suo spogliatoio privato ed ho sentito il ticchettio che facevano i suoi tacchi a spillo camminando spedita frammisto ad i suoi struggenti singhiozzi.
Dopo poco mi sono ritrovato la mia futura suocera davanti che con un timbro di voce graffiante mi ha detto:” Molto bene anomalia tanto per essere chiari ne io ne Ifigenia ti vogliamo come fidanzato ufficiale di mia figlia ne tanto meno come marito. Purtroppo insieme avete superato la prova delle Fate e questo ci impedisce di ordinarle di lasciarti. Di conseguenza sarai tu a lasciare lei, dato che è tua facoltà farlo. Se non lo farai, noi ti spezzeremo e credimi siamo perfettamente in grado di farlo. Ordineremo a mia figlia di farti così tanto male che alla fine non ne potrai più di lei e lo faremo a cominciare da oggi. Quindi se vuoi evitarti di patire le pene dell’ inferno, mi basta un tuo cenno di assenso ed io ti rispedirò nel mondo dove Clara ti ha trovato seduta stante. Poi cancellerò la tua memoria, in modo che tu ti dimentichi di lei e di noi Fate.
Allora che mi rispondi?”.
Io ero messo così male che a stento capivo quello che Ofelia mi comunicava. Però nonostante tutto io sono un pugile, cioè un combattente e non sono abituato ad arrendermi. No non avrei ceduto al ricatto delle due megere. Di conseguenza la ho guardata freddamente negli occhi per un’attimo e poi ho scosso ripetutamente la testa. Lei stizzita ha esclamato:” Bene ragazze dopo avere assistito all’ esibizione con la frusta della vostra insegnante chi di voi desidera emularla?”. La deliziosa brunetta che mi aveva ripetutamente mostrato le tette, mentre Ifigenia teneva il suo discorso inaugurale, ha immediatamente alzato la mano tutta emozionata. Ofelia la ha subito notata e con un cenno la ha invitata a venire vicino a me. Quando è arrivata le ha chiesto il suo nome ed ho scoperto che si chiama Maurene. “ Molto bene cadetta sulla parete alla tua destra troverai una cernita di fruste. Prendine una lunga due metri, dato che non avendo la pratica e l’ abilità della tua insegnante, utilizzando una frusta lunga quattro metri rischieresti di farti male oppure che le tue frustate siano deboli ed inefficaci sull’anomalia. Poi vai a posizionarti dietro a questo inutile maschio ad una distanza di un paio di metri ed infine frustalo con tutta la forza che hai. Però mi raccomando presta attenzione al gioco di polso che applicherai nelle tue frustate, perché è con quello che stabilisci il danno da infliggere.”. Ha detto Ofelia mentre mi guardava sogghignando come una jena.
Maurene ha fatto come le era stato indicato ed in breve ha incominciato a frustarmi. Non avendo ancora sviluppato la diabolica abilità di Clara con la frusta, i suoi colpi erano dolorosi ma non così devastanti, come quelli che mi aveva inflitto la mia Fata. Però alla quinta o sesta frustata che mi ha assestato, deve avere azzeccato il gioco di polso, perché mi ha fatto quasi perdere conoscenza.
Dopo Maurene è toccato ad Ippolita frustarmi e dopo lei ad Ermenegilda. Poi ho perso il conto del nome di chi mi frustava e di quanti colpi mi infliggeva. Annegando in una marea di dolore.
“Trenta!”, dopo avere inflitto l’ ultima frustata all’ amore della mia vita ho arrotolato la frusta e poi la ho agganciata al cinturone. Un silenzio assordante era calato in aula ed io ho avuto modo di vedere l’arabesco di dolore che avevo inciso sulla pelle di Tato. Durante la dimostrazione lui era svenuto tre volte per il male che ero costretta ad infliggergli ed io avevo dovuto fargli riprendere i sensi e continuare a frustarlo. A stento ho trattenuto le lacrime ed ogni suo straziante mugugno che udivo, era per me una pugnalata al cuore. Mentre mi avvicinavo a lui mi sono aggiustata i guanti da opera che indossavo, perché con tutte le frustate che avevo dovuto vibrare mi erano scivolati quasi fino sui gomiti. Una volta raggiunto Tato mi sono chinata vicino a lui e con una mano volevo toccarlo per dargli conforto. Lui però ha rifuggito il mio tocco, dimenandosi nei suoi legami e mugugnando come una bestia ferita. Facendolo mi ha schizzato di sangue in faccia e sulla camicia, guardandomi come fossi il peggior incubo della sua vita. Non sono riuscita a resistere e mi sono allontanata da lui in lacrime. Stavo per l’ ennesima per chiedergli perdono e guarirlo con la mia magia. Quando è intervenuta quella sanguinaria stronza di mia madre, impedendomi di farlo. Poi mi ha perentoriamente ordinato di andare a mettermi in ordine ed io ho dovuto lasciare Tato in condizioni disperate, per andare a ripulirmi ed a rifarmi il trucco. Perché sempre secondo mia madre non potevo insegnare nelle condizioni in cui ero ridotta.
Non sono riuscita nemmeno a ad esprimergli a parole tutto l’ amore che provavo per lui. Perché lo sguardo di puro terrore nei miei confronti che mi aveva lanciato, mi aveva ammutolita.
Allora singhiozzando sono andata nel mio spogliatoio privato ed una volta entrata mi sono accasciata sulla branda che aveva in dotazione. Infine tenendomi il volto tra le mani, mi sono messa a piangere, come mai mi era capitato nella mia vita. Ci ho messo un po’ di tempo per tornare in me, tanto ero straziata da quello che avevo vissuto e soprattutto da quello che avevo fatto a Tato. Mi sono ripulita ed ho cambiato la camicia piangendo perché era nuovamente impregnata del sangue del mio amore.
Dopo essermi rifatta il trucco ed essermi rifatta forza perché Tato aveva bisogno di me, sono rientrata in aula per scoprire che le mie allieve stavano esercitandosi con un frusta lunga due metri sull’ amore della mia vita e dando una occhiata distratta al misuratore di energia emessa ho notato che era muto come una medusa. Mi sono avvicinata con foga a mia madre, domandandole il motivo di un tale accanimento nei confronti del mio futuro marito. “ Le cadette sono state così colpite dalla tua abilità con la frusta, tanto da volerti imitare. Così ho colto l’ occasione ed ho permesso loro di esercitarsi sulla anomalia, in fondo è questo il motivo per cui è qui. Adesso che ti sei rimessa in ordine puoi continuare la tua lezione e secondo il programma oggi devi insegnare alle cadette come bastonare un candidato durante il suo processo. Comincerai con la canna di bambù, direi che trenta bastonate sulla pianta dei piedi saranno sufficienti come esempio e poi con la pagaia lo colpirai altre trenta volte sul sedere. A quel punto dovrebbe essere l’ ora della pausa pranzo, tu accompagnerai le cadette in sala mensa e mangerai con loro. Una volta finito di pranzare le riporterai in classe affinché si esercitino sulla anomalia sotto la tua supervisione, fino al termine delle lezioni. Adesso sbrigati che le tue allieve sono ansiose di continuare la lezione e non perdere tempo a guarire il tuo fidanzato, lo farai quando lo riporterai a casa. Io ed Ifigenia abbiamo deciso che è un inutile spreco di magia se tu lo guarisci ogni volta che si fa la bua, di conseguenza da adesso in poi fra le mura dell’accademia e durante i tuoi impegni didattici non ti è più consentito guarire l’anomalia. Spero di essere stata chiara. Ora devo andare ma Ifigenia resterà qui con voi per controllare che tu faccia come ti è stato ordinato e che le bastonate che darai al tuo fidanzato siano abbastanza forti da farlo sussultare.”. Detto ciò e senza permettermi di replicare come al solito, mia madre mi ha voltato le spalle ed è uscita dalla classe a passo spedito.
Ho guardato Tato, era ridotto proprio male, di nuovo ero stata io a conciarlo così ed adesso non mi era permesso curarlo. Anzi lo dovevo ancora bastonare e dopo pranzo le mie studentesse avrebbero fatto pratica su di lui, sempre che Tato fosse ancora vivo dopo pranzo. Ho raggiunto Ifigenia e le ho detto:” Guarda come è ridotto, è a malapena cosciente. Bastonarlo in queste condizioni significa rischiare di ammazzarlo, lascia che lo guarisca e poi riprenderò ad infierire su di lui. Ti prego Ifigenia!”. “ No Clara come ti ha spiegato tua madre qui in accademia e durante i tuoi impegni didattici non puoi usare la tua magia per guarire la tua anomalia. Adesso fai quello che ti è stato ordinato. Come hai affermato nel discorsetto che hai tenuto alle tue allieve, la nostra specie funziona così chi è gerarchicamente superiore comanda, quindi ora gradirei che tu mettessi in mostra la tua ottusa ottemperanza agli ordini bastonando il tuo fidanzato ufficiale e voglio vederlo sussultare ogni volta che lo colpisci!”.
“ Farò come mi avete ordinato, però le ottuse siete voi e non mi stupisce che la nostra specie sia in via di estinzione con voi al comando.”. Ho risposto a quella emerita stronza e poi sono andata da Tato, i cui mugugni e singhiozzi erano diventate oramai una triste litania che accompagnava la lezione. Lui era così prostrato che non mi ha nemmeno riconosciuta. Né credo abbia sentito mentre gli esprimevo tutto il mio amore e quando ho provato a toccarlo, lui ha di nuovo cercato di evitare il contatto agitandosi nei suoi legami. Allora con il cuore che mi si straziava nel petto, sono andata a prelevare una canna di bambù dalla panoplia e mi sono posizionata alle sue spalle. Come un automa ho spiegato alle cadette il modo corretto per bastonare i piedi di un candidato al fine di causargli il più dolore possibile. Poi ho iniziato a colpire Tato contando ad alta voce i colpi che gli infierivo. Mentre gli bastonavo i piedi mi sembrava di colpire un pezzo di carne inerte. Dato che l’unica prova che fosse ancora in vita erano i continui mugugni di dolore che uscivano da sotto il bavaglio. Per il resto dondolava immobile appeso nella crudele posizione di strappado, eccetto quando lo colpivo, allora sussultava ed il mugugno di dolore diveniva più acuto, mischiandosi ai suoi singhiozzi ed ai miei dato che non riuscivo a trattenere le lacrime. Dopo aver finito di infierire sulla pianta dei piedi del mio amore, bastonandolo per la trentesima volta. Sono andata ad accucciarmi di fronte a lui, in modo che i nostri visi fossero alla stessa altezza per poterlo guardare negli occhi. I suoi dolci e gentili occhi azzurri erano quasi irriconoscibili, tanto erano velati dalla sofferenza ed in essi vi leggevo un’ espressione di terrore attonito nei miei confronti che mi spezzava il cuore. Non ho avuto il coraggio di toccarlo ne di parlargli, intanto che cosa avrei mai potuto dirgli, senza replicare le solite vuote parole che continuavo a ripetergli dopo aver infierito senza pietà su di lui.
Ero ancora lì accucciata davanti a lui a commiserarmi quando ho sentito Ifigenia gracchiare:“ Bene cadette mentre la vostra insegnante va a sostituire la canna di bambù con la pagaia, voi avvicinatevi all’ anomalia per valutare i danni che una buona bastonatura causa.
Complimenti Clara hai fatto davvero un buon lavoro te lo devo concedere. Adesso però è meglio che prima di insegnare alle tue allieve come si usa una pagaia, tu vada a darti una ripulita. Perché tutte quelle stupide lacrime che versi ti hanno rovinato il trucco.”. Mentre mi alzavo la ho guardata con odio, ho sbattuto con forza la canna di bambù in terra e senza una parola mi sono diretta nel mio spogliatoio privato. Questa volta non ci ho messo molto a rimettermi in ordine, essendo cosciente che non sarebbe stata l’ ultima. Perché oramai non riuscivo più ad infierire su Tato senza piangere. Sono rientrata in classe e quasi in apnea ho spiegato alle ragazze il modo migliore di usare la pagaia sul sedere di un maschio ed indicare la zona anatomica precisa da colpire per provocare più dolore. Questa volta non c’è la ho fatta ad andare dal mio amore, non riuscivo quasi a guardarlo tanto mi sentivo in colpa nei suoi confronti. Così mi sono fermata dietro di lui e dopo aver assunto la posizione prescritta. Ho incominciato a colpirlo violentemente con la pagaia, sempre contando ad alta voce le pagaiate che gli davo. Tato oramai credo che fosse quasi in coma, dato che non offriva la benché minima resistenza ai violenti colpi che gli sferravo con la pagaia. Anche questa volta è svenuto più di una volta ed ho paura di avergli causato dei seri danni con la trentesima pagaiata che gli ho inferto. Perché dopo averla subita per un breve attimo si è riattivato, inarcandosi di scatto sulla schiena per quanto i suoi legami gli consentissero. Poi è tornato immobile ma il mugugno che prima emetteva da sotto il bavaglio è diventato un distorto ululato di dolore.
Ifigenia è intervenuta dicendo:” Ottimo lavoro Clara, adesso però vatti a sistemare un po’ e precedici in sala mensa. Resterò io con le cadette mentre valutano il tuo eccellente operato e ti raggiungeranno non appena avranno finito.”. Ingenuamente le ho detto indicando Tato:” Ma lui non lo posso lasciare qui!” . “ Questo qui non va da nessuna parte resterà, legato come si trova e dove si trova, rimarrà ad aspettarci da bravo mentre noi ci rifocilliamo. Adesso non restare li impalata fai come ti ho detto e sbrigati!”.
Allora ho preso la pagaia e con un violento colpo ho fatto a pezzi il misuratore di energia emessa che era muto sulla cattedra, dato che non aveva niente da misurare. “ Il costo di questo inutile aggeggio me lo potete detrarre dallo stipendio!” ho esclamato uscendo dalla classe e scagliando la pagaia a terra. Sono rientrata nel mio spogliatoio privato, mi sono data una sistemata e mi sono diretta a passo deciso verso la mensa, faticando a trattenere le emozioni. In sala mensa speravo di incontrare Dafne per raccontarle l’orribile primo giorno di scuola di Tato e chiederle di intercedere presso il concilio delle Fate elette, affinché potessi curare il mio uomo. Purtroppo però Dafne non c’era e dato che non avevo fame, mi sono trovata un’ angolino appartato dove isolarmi.
Le frustate di Clara erano state devastanti e quelle inesperte infieritemi dalle cadette avevano finito l’ opera, spedendomi ancora una volta a ritroso nella scala evolutiva. Questa non mi ero fermato allo stadio di bruco, bensì ero regredito ulteriormente fino a fermarmi giusto un paio di gradini sopra quello del brodo primordiale. Mi erano rimaste due cellule funzionanti, una per recepire il dolore e l’ altra per avere il terrore del dolore prossimo a venire. Ero sicuramente uno spettacolo pietoso, acuito dal fatto che non riuscivo a smettere di squittire e versare lacrime per il male che provavo.
Nella dolente nebbia in cui galleggiavo, avevo l’ impressione che l’ aula dove si teneva il mio supplizio fosse illuminata con delle lampade stroboscopiche. Perché le immagini ai miei occhi apparivano frammentate e le conversazioni che udivo erano spezzate.
Ho percepito la presenza del mio fatato amore alle mie spalle e speravo che venisse finalmente a guarirmi con la sua magia. Invece si è fermata a parlare con sua madre, della loro conversazione sono riuscito a recepire solo alcuni frammenti, purtroppo però sono bastati per farmi capire che ero fottuto. Su ordine di Ofelia ed Ifigenia Clara non poteva più guarirmi con la sua magia tra le mura dell’ accademia e durante i suoi impegni didattici. Questa notizia è quella che mi ha dato il colpo di grazia, riempiendomi di una sorta di terrore cieco per quello che mi sarebbe capitato fino alla fine delle lezioni. Così quando la mia futura moglie si è portata davanti a me io non volevo guardarla, né sono stato a sentire quello che mi ha detto e quando dopo essersi chinata per toccarmi provando a farlo, io ho di nuovo cercato di rifuggire il contatto. Se fossi stato nel pieno delle mie facoltà mentali, non lo avrei fatto ma dopo le frustate nella mia mente c’era spazio solo per il dolore che provavo e per il terrore per il dolore che avrei patito e questo dolore principalmente era lei ad infliggermelo. Mestamente Clara mi ha lasciato per andare a prelevare una canna di bambù dalla panoplia, si messa alle mie spalle, le ho sentito gridare una e poi il mio supplizio è ricominciato.
La pianta dei miei piedi era ancora sana, in quanto le frustate mi erano state inferte principalmente sulla schiena e sul sedere. Di conseguenza le trenta bastonate che ho ricevuto, le ho sopportate senza svenire ma ogni una di esse che subivo, era un gradino in più che scendevo nella scala evolutiva. Clara dopo aver temporaneamente terminato il suo lavoro di carnefice, è venuta ad accucciarsi di fronte a me in modo da poterci guardare negli occhi. Questa volta non mi ha parlato né ha cercato di toccarmi, mi ha solo guardato mestamente e con le lacrime che scendevano copiose. Purtroppo la parte più primordiale di me, che al momento aveva il totale controllo di quello che restava del mio corpo, vedeva nella mia Fata solo il male che partiva e quello che avrebbe patito. Ero totalmente terrorizzato dalla sua presenza, lei deve averlo capito da come la guardavo e credo di averla fatta soffrire ma purtroppo non potevo fare altro. Su ordine di Ifigenia Clara mi ha lasciato per andare a sostituire la canna di bambù con la pagaia ed al posto del mio amore sono venute le giovani cadette intorno a me, per valutare l’ eccellenza del lavoro di demolizione compiuto dalla mia futura moglie. Quando le ho viste ritornare ai loro banchi ho capito che stavo di nuovo per essere bastonato, ho incominciato a tremare e quando lei mi ha colpito per la prima volta, ho scoperto di essere fisicamente inerte, non riuscendo più ad offrire la minima resistenza ai colpi li subivo e basta. Sono svenuto un’ altro paio di volte prima della trentesima pagaiata che è stata tremenda perché mi ha frantumato il coccige. Allora mi sono inarcato sulla schiena per quanto mi permettevano i legami che mi trattenevano e poi mi sono nuovamente accasciato ululando di dolore. Clara questa volta non è venuta a mettersi di fronte a me, come aveva fatto prima. La sentita discutere animatamente con Ifigenia, poi deve avere rotto il misuratore di energia emessa con la pagaia. Perché ho sentito un gran fracasso e lei che diceva:” Il costo di questo inutile aggeggio me lo potete detrarre dallo stipendio!” e poi se ne è andata. Lasciandomi solo con il mio dolore, Ifigenia e le cadette. Dopo una accurata ispezione dell’ operato della mia futura moglie, la preside ha spedito le future tormentatrici a pranzo e dopo che erano uscite dall’ aula è andata verso la panoplia a prendere qualcosa. Poi si è presentata davanti a me ed ho scoperto che aveva preso un tirapugni.
“ Molto bene anomalia adesso sei disposto a lasciare Clara?” mi ha detto. Tutto quello che restava del mio corpo voleva a tutti i costi dire di si e terminare l’ agonia in cui ero sprofondato. Però mentre stavo per farlo, per un’ attimo sono tornato nel mio negozio di libri e fumetti usati, quando Clara mi aveva detto ti amo per la prima volta. Solo immaginando quel fatidico e magico momento, mi è scattato qualcosa dentro, il combattente che è insito in me si è risvegliato ed ho risposto negativamente alla mia aguzzina con un cenno del capo.
“ D’accordo lo hai voluto tu ed adesso vediamo se una Fata anziana con l’aiuto di questo giocattolino riesce a cambiarti i connotati !” ed ha incominciato rompendomi il naso con un cazzotto. Poi si è accanita contro gli occhi e le arcate sopraccigliari ed ha fatto un maledetto buon lavoro, perché alla fine i miei occhi erano talmente pesti e gonfi che non riuscivo più a tenerli aperti. Si è divertita molto anche a colpirmi con forza sulle tempie ed almeno una commozione cerebrale me la deve avere cagionata. Dopo avermi detto sprezzante:” Ripensaci anomalia è meglio per te.” Ha gettato in terra il tirapugni ed è uscita anche lei dall’ aula ma io non la ho sentita perché ero svenuto e stavo pian piano cadendo in coma.
Non so quanto tempo sono rimasto incosciente ed onestamente non so distinguere i brevi momenti di lucidità dalle visioni che mi tenevano compagnia quando ero privo di sensi. Anche perché non riuscendo ad aprire gli occhi era come se fossi cieco. Comunque a dire la verità, più che visioni erano incubi la cui protagonista principale purtroppo era Clara. Addirittura a volte mi sembrava di udire alle mie spalle la sua voce dire “ Una!” ed allora cadevo in uno stato di terrore agitato, dimenandomi nei miei legami e schizzando il sangue che perdevo da numerose ferite tutto intorno a me. Le articolazioni delle spalle ed i muscoli che le integravano, erano oramai un ammasso di tendini, ossa, cartilagini e fibre muscolari del tutto inutili. Perché la posizione di strappado in cui ero legato all’ incirca dalle otto di mattina, aveva fatto il suo crudele e devastante lavoro, slogandomi le articolazioni delle spalle e strappando i muscoli ad esse collegati. Non ero più in grado di muovere le braccia ne di fare forza con i muscoli. Inoltre avendo il coccige fratturato, e nonostante fossi costretto in ginocchio, avevo notevoli e dolorosissime difficoltà nel restare in quella posizione. In effetti l’ unico motivo per cui non ero accasciato al suolo, era la catena che pendeva dal soffitto sopra di me, a cui erano collegate le manette che mi serravano i polsi dietro la schiena.
Dopo un tempo infinito ed in un momento in cui ero cosciente ho udito Clara, Ofelia e le cadette rientrare in classe. La mia Fata si è messa davanti a me, o almeno così mi sembrava ad orecchio perché non potevo vederla, però con uno sforzo immane ho alzato la testa per un’ attimo e dopo aver visto il lavoro di Ifigenia lei ha esclamato:” Oh santo cielo ma cosa gli hanno fatto in faccia!” poi probabilmente rivolgendosi alle cadette ha perentoriamente ordinato:” Una di voi vada di corsa in infermeria a prendere la cassetta del pronto soccorso!”.
Al solo sentirle dire:” Una!”, io ignominiosamente mi sono pisciato addosso dal terrore, mentre squittivo di dolore e poi sono svenuto. Era troppo, a quella parola avevo oramai associato l’ arrivo di una sofferenza straziante e l’ unico modo che avevo di evitarla, era rifugiarmi nell’ oblio
0
voti
voti
valutazione
0
0
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Primo giorno di scuola 2
Commenti dei lettori al racconto erotico