Ultima Volta
di
Maschio Vero
genere
sentimentali
Il vento salmastro sferzava i loro capelli, un sibilo costante che sembrava il lamento di un tempo passato. Il faro abbandonato, mausoleo di un tempo che fu, si ergeva contro il cielo plumbeo: un gigante di pietra scrostata che aveva smesso di guidare le navi, lasciando al buio la linea dell'orizzonte. Lui, Claudio, era venuto lì, alla fine di una strada senza nome, solo per vederla un'ultima volta. Cecilia la donna che aveva amato troppo fino al doversene liberare per tornare a vivere.
Più che un appuntamento era un incontro con il proprio destino e con tutte le angosce e le ferite non ancora perfettamente rimarginate. Claudio e Cecilia si ritrovarono, dopo mesi, a distanza di qualche metro. Non ci fu bisogno di parole. Lei si voltò verso di lui, i suoi occhi marroni che riflettevano la luce grigia del mare, e in un istante tornarono a quel giorno d'estate sulla spiaggia. Un'elettricità sottile nell'aria, la stessa che un tempo preannunciava un temporale. Senza parole, lei si avvicinò spavalda. Le sue mani si avvinghiarono a quelle di lui, non un porto sicuro, ma una stretta che prometteva un'ultima, necessaria afflizione.
Senza dire una parola, camminarono verso l'interno del faro. Spostarono qualche asse di legno ormai malferma ed entrarono con cautela. Insieme alla polvere c’era un silenzio denso, rotto solo dal rumore dei loro passi sulle scale di ferro arrugginite. Salendo, l'aria si fece più quieta, e il mondo fuori, con il suo caos e i suoi rimpianti, sembrava allontanarsi. Erano sospesi in un tempo che non esisteva più.
Arrivarono in cima, nella stanza della lanterna ormai rotta e frantumata. Le vetrate a pezzi lasciavano entrare una brezza gelida. Lui le sfiorò il viso, i loro sguardi si incrociarono per un attimo, come se ci fosse ancora una speranza. Le labbra di lei si schiusero in un sospiro, quasi un ringhio, e la distanza tra loro si dissolse. Lui la baciò, e non era un bacio per ricominciare, ma per dire addio. Un bacio che sapeva di sale e nostalgia, di tutte le volte in cui si erano amati e di quelle in cui avevano fallito.
Le mani di lei scivolarono sulla schiena di lui, stringendolo con una forza che gli fece mancare il fiato. I loro corpi si mossero all'unisono, come se non avessero mai smesso, in una frenesia disperata. Lui la sollevò, e lei si aggrappò a lui, la sua intimità umida e calda che si apriva per accoglierlo. Claudio appoggiò Cecilia su una base di legno che un tempo sosteneva carte e attrezzi marinari. Le alzò la gonna scoprendo parte delle natiche e il pube nudo perché come sempre lei non aveva indossato lo slip. Era completamente rasata come l’ultima volta. Claudio si avvicinò abbassandosi il jeans e poi lo slip. Senza chiedere va dritto alla meta. Il pene di lui, duro e teso, forza un attimo l’ingresso. La sente umida e calda. Entra qualche centimetro. Il suo cazzo pulsa. Claudia allarga gambe: un lamento profondo e sommesso le usciva dalla gola. Lui affondò le dita nella carne dei suoi glutei, le loro pelli che sfrigolavano ad ogni spinta. Non c'era fretta, solo la certezza che quella sarebbe stata l'ultima volta. Lui la strinse forte, i loro respiri che si facevano affannosi, mescolandosi con il suono del vento fuori. Il piacere era un'ondata che montava, ma non era un piacere cieco. Era intriso di consapevolezza, di ogni errore che avevano fatto, di ogni parola non detta. Lui spingeva forte il suo membro sempre più in profondità guardando i suoi occhi dilatarsi per il piacere. Sentiva i suoi umori colargli sotto i testicoli e scendere sopra le cosce. Lei veniva sempre copiosamente e iniziò a tremare forte sotto i suoi colpi sempre più ritmati.
E l'orgasmo, quando arrivò, non fu una liberazione, ma un'esplosione violenta, una bomba che li squarciava da dentro, lasciando solo le macerie di ciò che erano stati. Lui le venne dentro con violenza. I gemiti di lei si trasformarono in un grido strozzato, mentre si stringeva a lui, le unghie che si conficcavano nella sua schiena e i loro corpi che si muovevano più velocemente in una danza frenetica e disperata. I loro liquidi caldi si mescolavano in una fusione dolorosa e meravigliosa.
Finita, si stesero a terra, l'uno tra le braccia dell'altra, i loro corpi ancora uniti dal sudore e dalla stanchezza. Le loro anime si parlavano in quel silenzio fatto di lacrime e rimpianti. Lui la baciò sulla fronte, l'ultimo bacio, quello che non si dimentica. La sua mano si posò sulla sua guancia per un'ultima volta. Poi lei si alzò e, senza guardarlo, se ne andò.
Lui rimase solo, in quella stanza di vetro, il vento che fischiava tra le pareti rotte. Non l'aveva più. Non l'avrebbe mai più rivista. E in quel momento, il faro, per la prima volta, si sentì completamente inutile.
Più che un appuntamento era un incontro con il proprio destino e con tutte le angosce e le ferite non ancora perfettamente rimarginate. Claudio e Cecilia si ritrovarono, dopo mesi, a distanza di qualche metro. Non ci fu bisogno di parole. Lei si voltò verso di lui, i suoi occhi marroni che riflettevano la luce grigia del mare, e in un istante tornarono a quel giorno d'estate sulla spiaggia. Un'elettricità sottile nell'aria, la stessa che un tempo preannunciava un temporale. Senza parole, lei si avvicinò spavalda. Le sue mani si avvinghiarono a quelle di lui, non un porto sicuro, ma una stretta che prometteva un'ultima, necessaria afflizione.
Senza dire una parola, camminarono verso l'interno del faro. Spostarono qualche asse di legno ormai malferma ed entrarono con cautela. Insieme alla polvere c’era un silenzio denso, rotto solo dal rumore dei loro passi sulle scale di ferro arrugginite. Salendo, l'aria si fece più quieta, e il mondo fuori, con il suo caos e i suoi rimpianti, sembrava allontanarsi. Erano sospesi in un tempo che non esisteva più.
Arrivarono in cima, nella stanza della lanterna ormai rotta e frantumata. Le vetrate a pezzi lasciavano entrare una brezza gelida. Lui le sfiorò il viso, i loro sguardi si incrociarono per un attimo, come se ci fosse ancora una speranza. Le labbra di lei si schiusero in un sospiro, quasi un ringhio, e la distanza tra loro si dissolse. Lui la baciò, e non era un bacio per ricominciare, ma per dire addio. Un bacio che sapeva di sale e nostalgia, di tutte le volte in cui si erano amati e di quelle in cui avevano fallito.
Le mani di lei scivolarono sulla schiena di lui, stringendolo con una forza che gli fece mancare il fiato. I loro corpi si mossero all'unisono, come se non avessero mai smesso, in una frenesia disperata. Lui la sollevò, e lei si aggrappò a lui, la sua intimità umida e calda che si apriva per accoglierlo. Claudio appoggiò Cecilia su una base di legno che un tempo sosteneva carte e attrezzi marinari. Le alzò la gonna scoprendo parte delle natiche e il pube nudo perché come sempre lei non aveva indossato lo slip. Era completamente rasata come l’ultima volta. Claudio si avvicinò abbassandosi il jeans e poi lo slip. Senza chiedere va dritto alla meta. Il pene di lui, duro e teso, forza un attimo l’ingresso. La sente umida e calda. Entra qualche centimetro. Il suo cazzo pulsa. Claudia allarga gambe: un lamento profondo e sommesso le usciva dalla gola. Lui affondò le dita nella carne dei suoi glutei, le loro pelli che sfrigolavano ad ogni spinta. Non c'era fretta, solo la certezza che quella sarebbe stata l'ultima volta. Lui la strinse forte, i loro respiri che si facevano affannosi, mescolandosi con il suono del vento fuori. Il piacere era un'ondata che montava, ma non era un piacere cieco. Era intriso di consapevolezza, di ogni errore che avevano fatto, di ogni parola non detta. Lui spingeva forte il suo membro sempre più in profondità guardando i suoi occhi dilatarsi per il piacere. Sentiva i suoi umori colargli sotto i testicoli e scendere sopra le cosce. Lei veniva sempre copiosamente e iniziò a tremare forte sotto i suoi colpi sempre più ritmati.
E l'orgasmo, quando arrivò, non fu una liberazione, ma un'esplosione violenta, una bomba che li squarciava da dentro, lasciando solo le macerie di ciò che erano stati. Lui le venne dentro con violenza. I gemiti di lei si trasformarono in un grido strozzato, mentre si stringeva a lui, le unghie che si conficcavano nella sua schiena e i loro corpi che si muovevano più velocemente in una danza frenetica e disperata. I loro liquidi caldi si mescolavano in una fusione dolorosa e meravigliosa.
Finita, si stesero a terra, l'uno tra le braccia dell'altra, i loro corpi ancora uniti dal sudore e dalla stanchezza. Le loro anime si parlavano in quel silenzio fatto di lacrime e rimpianti. Lui la baciò sulla fronte, l'ultimo bacio, quello che non si dimentica. La sua mano si posò sulla sua guancia per un'ultima volta. Poi lei si alzò e, senza guardarlo, se ne andò.
Lui rimase solo, in quella stanza di vetro, il vento che fischiava tra le pareti rotte. Non l'aveva più. Non l'avrebbe mai più rivista. E in quel momento, il faro, per la prima volta, si sentì completamente inutile.
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