Claudio: il ritorno in Italia

di
genere
etero

Il borsone ai suoi piedi, un tempo simbolo di una fuga disperata, era ora solo un peso morto. Claudio camminò per le strade di Istanbul. La sinfonia caotica della città si dissolveva in un ronzio indistinto. All'aeroporto, tra volti sconosciuti e partenze annunciate, si sentì come un fantasma. La gente si muoveva con uno scopo, un desiderio, una meta. Lui aveva solo un biglietto per l'inferno del suo passato.
A bordo dell'aereo, si sedette al suo posto, cercando di diventare invisibile. Il rumore del motore era un sottofondo costante per la sua mente, una prigione di ferro e plastica. Il freddo dell'aria condizionata gli gelava la pelle, ma la sua mente era in fiamme. Un fantasma erotico lo tormentava. Riviveva la mano di Cecilia sul suo petto, il suo profumo, il sapore salmastro della sua pelle, la profondità del suo gemito quando la penetrava. Ogni sensazione era un coltello che si rigirava nelle sue carni, una tortura infinita.
Poi, un'ombra si fermò accanto a lui. Alzò lo sguardo, e la sua mente si spezzò. Era Martina. Non la vedeva da anni, eppure era lì, a pochi metri da lui, con un piccolo bagaglio a mano. Era l'immagine di una bellezza solare, mediterranea, con una grazia moderna e sportiva. I suoi capelli, di un biondo acceso, le incorniciavano un viso dai tratti perfetti e le labbra piene. Il suo seno esplodeva dal top color arancio, sempre di una misura in meno. Indossava un jeans attillato che le fasciava il sedere, mettendo in risalto le gambe toniche e una vita stretta. La sua andatura era sicura, quasi regale, come se l'attenzione le fosse dovuta di diritto. I suoi occhi chiari e penetranti si posarono un istante su di lui prima che lei andasse a sedersi nel posto in corridoio, il più vicino possibile. Non si scambiarono nemmeno una parola.
Il vero colpo di scena arrivò quando lei si alzò per andare in bagno. Passandogli accanto, si fermò un istante, gli fece l'occhiolino e sorrise con un'espressione che non era solo un saluto, ma un invito a una danza che lui conosceva fin troppo bene. La disperazione di Claudio si fece più complessa. Non era solo il dolore per la perdita di Cecilia, ma la consapevolezza di aver tradito ogni relazione, ogni sentimento vero, ogni parte di sé che aveva provato a essere migliore. La presenza di Martina lo costrinse a guardare in faccia la sua dipendenza da donne che lo distraessero da se stesso.
Quando l'aereo toccò terra, non ci fu il rumore trionfale di un'avventura, ma il silenzio di un'attesa. I passeggeri si affollarono verso l'uscita, spingendosi per scendere. Claudio si alzò, le gambe pesanti, il cuore che batteva all'impazzata. Vide Martina che lo precedeva, il suo sedere tondo e tonico che gli faceva strada nella folla. Lo sguardo di lei non si voltò, ma il suo passo si fece più lento. Superò una lunga fila di persone, poi un'altra. In lontananza si vedeva il cartello luminoso "Bagni". Martina arrivò di fronte all'ingresso, si girò leggermente verso di lui e gli fece un piccolo gesto con la mano, non plateale, quasi un tocco invisibile. Poi, con un ultimo sguardo veloce, entrò nella toilette delle donne.
Claudio si ritrovò immobile. Il suo corpo era una casa vuota, riempita solo dal fantasma di un desiderio impossibile. La Turchia era declassata a un pensiero da riprendere dopo. La sua mente era in fiamme, sospesa tra il fantasma del passato e l'orrore di un futuro che non aveva più la forza di cambiare. Si incamminò in una direzione inevitabile. Seguì Martina in bagno. Lei aveva uno sguardo trionfale ed era appoggiata al muro. Claudio entrò, la porta si chiuse alle sue spalle con un click che risuonò come la fine di ogni speranza. Martina non disse una parola, ma si spostò sedendosi sul bordo del lavandino, le gambe incrociate, la sua espressione un mix di trionfo e freddezza. Non c'era passione in lei, solo la certezza di aver vinto. Era una vendetta, un modo per dimostrare che anche lui poteva essere rotto e posseduto.
Lui si appoggiò alla porta, esausto. La sua mente, un attimo prima un campo di battaglia, si svuotò. Aveva scelto questa strada. Era in un bagno di donne in un aeroporto, a chilometri di distanza da casa, con una donna che non amava e che lo avrebbe usato. E capì che era tornato a Istanbul per cercare una fuga, ma l'aveva trovata solo dentro se stesso, nell'incapacità di scappare dai suoi stessi errori. Non era da lui cedere alle provocazioni. Le si avvicinò e la condusse nel bagnetto interno accettando una resa totale a una forza che non aveva mai saputo combattere.
Lei con un gesto secco gli colpì una guancia. Le loro mani si incontrarono e si aggrapparono l'una all'altra. Lui sentì le sue unghie affondare nella pelle di lui. La baciò avido, le lingue si muovevano con una passione feroce. Sentì la sua lingua, la sua bocca, l'odore dei suoi capelli, la sua saliva, il brivido di desiderio che lo avvolgeva. Sentì il desiderio ardente in ogni millimetro del suo corpo, la mano di lei che gli accarezzava il viso e poi il suo petto fino a scendere sul tessuto dei suoi pantaloni di lino azzurro. Sentì una fitta quando lei strinse con tutta la forza il membro all’interno del pantalone. Lui la spinse dietro e liberò il suo cazzo che era diventato enorme e durissimo. Lei sorrise e si scoprì un seno, offrendogli il capezzolo da succhiare. Lui non si fece pregare e iniziò a succhiare forte, riempendosi la bocca di quanta più carne possibile. Ricordava il sapore di Martina: più dolce di quello di Cecilia. Lei gli chiese di essere fottuta selvaggiamente che aveva bisogno di un cazzo e non di un bebè da allattare. Claudio reagì con stizza. La girò contro il muro e quasi le strappò i jeans, abbassandoli alle caviglie affusolate di lei. Si sputò sull’asta e sulla cappella. Si piegò sulle ginocchia e puntò il cazzo, dal basso verso l’alto, verso la figa di Martina che brillava di umori. Non esitò e con un veloce scatto di reni la impalò completamente facendola sobbalzare. Lei emise un rantolo. Lui le tappò la bocca per evitare che qualcuno la sentisse e iniziò a pompare forte. Vedeva le sue mani stampate sulle mattonelle del cesso quasi ad aggrapparsi. Le dita con le unghie laccate di nero si contraevano sul freddo del muro. Non aveva appigli e solo il cazzo di Claudio completamente dentro di lei, ormai fradicia, la sosteneva in posizione verticale. Martina iniziò a tremare. Claudio era inferocito e sfogava su di lei la mortificazione e la rabbia covata dalle ultime parole di Cecilia. La bionda e bellissima Martina era diventata la sua preda. Continuò a chiavarla senza senso per minuti che sembravano eterni. Lei, rossa in viso, aveva perso qualsiasi padronanza. I suoi liquidi colavano sulle cosce di Claudio godendo senza tregua. Claudio continuava a tapparle la bocca e a riempirla di cazzo. “Era questo che cercavi, troia?”. Lei annuì in preda all’ennesimo spasmo. Poi lui con un ringhio sborrò dentro di lei. Pochi secondi e si accasciarono a terra ansimanti, sudati e affannati. Non c'era dolcezza e non c’era mai stata tra loro.
Lui guardò lei e poi il pavimento sporco. Il desiderio che lo aveva spinto fin lì si dissolse nell'aria stantia del bagno, lasciando dietro di sé un vuoto più profondo di quello che aveva cercato di riempire. Si rialzò e si allontanò da lei. I suoi occhi si posarono sul suo riflesso nello specchio appannato. Non era un uomo che aveva appena amato, ma un ragazzo che aveva appena perso l'ultima partita. Il suo sguardo, spento e senza vita, rispecchiava la sua anima. Non aveva sconfitto i suoi demoni, li aveva solo nutriti. E capì che non c'era più nulla da fuggire.
Lei nel frattempo si era alzata, provando a rivestirsi con le gambe ancora tremanti e lo sperma di Claudio che colava. Si pulì con una salvietta e guadagnò, tutta scompigliata, l’uscita del bagnetto, raggiungendo lo specchio grande. E così, dando le spalle a Claudio, disse: “Tu sei più feroce, ma Giorgio, l’amante storico della tua ormai ex, ha più pazienza e, in definitiva, non lascia così tanto amaro in bocca alla fine. Aveva ragione Cecilia”. Fu un pugno inatteso per Claudio. Martina, vedendolo per la prima volta ‘senza armatura’, continuò: “Per la cronaca, Giorgio era quello seduto al tavolino a Istanbul, e la sedia vuota al fianco di Cecilia era la mia. Peccato non essermi persa la scena dalla prima fila. Ma meglio così, altrimenti mi sarei persa questa chiavata e la tua faccia ora da ebete indifeso”.

(continua…)


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scritto il
2025-09-15
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