Claudio e Cecilia: la crisi seconda parte

di
genere
sentimentali

Il clic del telefono risuonò nella stanza vuota, un suono secco e definitivo come lo sparo di un proiettile. Claudio rimase in piedi, la cornetta ancora all'orecchio, il silenzio di Cecilia più assordante di qualsiasi urlo. Non provò sollievo, solo la nausea. Il senso di libertà che aveva percepito uscendo da quella stanza d'albergo era già svanito, sostituito dal vuoto che lei aveva lasciato. D'un tratto, la Turchia, seppur lontana, era l'unica destinazione possibile, l'unico luogo dove poteva cercare di rimettere insieme i pezzi. Non pensò, agì. Prese il portafoglio, le chiavi e un borsone, riempiendolo con i primi vestiti che gli capitavano. L'aereo, una nave rumorosa volante, lo portò via. Non guardò fuori dal finestrino, si perse nei suoi pensieri, nella fredda, spudorata necessità che lo aveva spinto tra le braccia di una sconosciuta.
E come un'immagine proiettata sulla tela buia della sua mente, rivisse la loro ultima notte insieme. Non c'era un albergo, un profumo stantio o un accordo tacito. C'era il loro letto, il profumo di Cecilia che sapeva di pelle e di vita, un bacio che era un ritorno a casa. Lei lo aveva spogliato lentamente, come in un rituale sacro. Le sue mani avevano liberato i bottoni della camicia uno a uno, il fruscio del tessuto che cadeva a terra riempiva il silenzio come una promessa. Si era sdraiata su di lui, i loro corpi a contatto, e aveva sussurrato: "Non c'è niente di più vero di questo". Cominciarono un lungo ed eccitantissimo 69, stando di fianco. Non ci volle molto perché venissero copiosamente, uno nella bocca dell'altra contemporaneamente ed ingoiando i loro liquidi. Ma non si fermarono. Continuarono a succhiarsi a vicenda, con il cazzo di Claudio che continuava a ergersi con presunzione verso il soffitto. Lui la girò a pancia sotto e prese a leccarle le natiche per arrivare all’ano rosa, con lei che si inarcò verso la sua bocca. La sapiente lingua di Claudio la rilassò, tanto che non dovette usare molto sforzo per sodomizzarla. Claudio si umettò la cappella e brutalmente la penetrò. Cecilia urlò, più per la rapidità con cui lo fece che per il dolore. Stette qualche secondo, fermo, interamente dentro il suo culetto, e poi prese a scoparla. Ma dolcemente, come se volesse gustare ogni millimetro. E mentre lo faceva, le mordicchiava il lobo dell’orecchio. All’improvviso, prese a fotterla talmente veloce da farglielo sentire in gola. Si fermò. Si tolse di sopra, ed ella credette fosse venuto nuovamente. Invece la rimise dentro e iniziò ad andare avanti e indietro tenendola ferma per i capelli contro il cuscino. Per sua fortuna, non riuscì a resistere a lungo e le venne dentro. I loro corpi si erano mossi come in una danza che non aveva bisogno di parole, fatta di respiri che si facevano sempre più corti, di lievi gemiti e del crepitio delle lenzuola. Poi decise di farla venire di nuovo e iniziò a ‘mangiarle’ la figa. Le mani di lei si erano intrecciate nei suoi capelli, tirando appena, e le sue unghie gli avevano graffiato la schiena in un gesto istintivo e selvaggio. Claudio aveva sentito il sapore salmastro della passione. Cecilia fu scossa da un brivido e venne urlando il suo nome, una preghiera, un ordine, una supplica che aveva riempito ogni angolo della stanza. Lei lo aveva stretto a sé dopo che erano venuti, con un abbraccio che non era possesso ma protezione, come se entrambi sapessero che quello era un momento fragile, un'oasi che un giorno sarebbe scomparsa.
Una hostess lo destò dal ricordo chiedendogli se avesse bisogno di un drink. Claudio si ricompose e tornò al disastro che aveva compiuto. Cercava una via di fuga, ma aveva solo trovato una prigione più grande. La sua non era una caccia, ma un'espiazione. Sbarcò a Istanbul. L'aria era umida, il rumore del traffico e i richiami del muezzin si mescolavano in una sinfonia caotica che lo disorientò. Le strade strette e affollate non gli davano pace, ma solo il senso di un labirinto dal quale non sarebbe uscito. Con una sensazione di panico, si rese conto di non avere la minima idea di dove cercarla. Non aveva il nome dell'hotel, solo il ricordo che fosse con i colleghi. Camminò per ore, il borsone sempre più pesante, gli occhi che scrutavano ogni volto di donna, la speranza un ago nel pagliaio della sua disperazione. Entrò in ogni albergo, ogni bar, sperando di incrociare il suo sguardo. Era un'ossessione, una follia senza senso, ma non aveva scelta. Arrivò a una piazza principale, circondato da turisti, venditori ambulanti e guide che urlavano in mille lingue diverse. Si sedette su una panchina, sconfitto, il borsone ai suoi piedi. Chiuse gli occhi, sentendo l'odore di spezie e di fumo. La voce di Cecilia, così fredda e lontana, gli tornò in mente, la sentiva ovunque. "Figlio di puttana," era tutto ciò che le rimaneva.
Quando aprì gli occhi, la vide. Era seduta a un tavolo di un piccolo caffè, con una tazza di tè fumante tra le mani. Il suo volto, di solito radioso, era pallido e segnato da una stanchezza che Claudio non le aveva mai visto. Non era sola. Con lei c'erano due donne e un uomo, colleghi, ridevano e scherzavano. Claudio si sentì inerme. L'aveva trovata. Ma ora cosa? Il suo cuore batteva forte, non per la paura di un amore profondo, ma per la paura di non poterlo avere più. Fece un respiro profondo e si avvicinò al tavolo. "Cecilia", disse, la sua voce un sussurro. Lei alzò lo sguardo. I suoi occhi, solitamente pieni di vita, ora erano un deserto ghiacciato. Il suo volto non tradì nessuna emozione, solo un profondo, incolmabile vuoto. I colleghi si zittirono, guardandolo perplessi. Lei lo fissò e poi, con una calma innaturale, posò la tazza sul tavolo. Le sue parole arrivarono a lui come lame di ghiaccio, scandite e precise. "Sei venuto fin qui per chiedere perdono, Claudio? O solo per guardarti nel riflesso di ciò che hai distrutto?" Il suo tono non era di rabbia, ma di un'implacabile compassione che lo feriva più di qualsiasi insulto. Claudio rimase in piedi, la bocca socchiusa, incapace di rispondere. "Tu non hai tradito me", continuò lei, "hai tradito te stesso. E ora, figlio di puttana, sei venuto a chiedere a me di ricucire i tuoi pezzi, ma non è più il mio lavoro". Si alzò, le sue due amiche e l'uomo si alzarono a loro volta. Senza guardarlo più, si incamminarono, lasciandolo solo in mezzo alla piazza. La Turchia, un attimo prima unica destinazione possibile, divenne un luogo ostile. In quel momento, Claudio capì di non aver perso solo lei, ma la sua stessa strada. Era di nuovo solo, ma questa volta il suo cuore non batteva per la nausea di una fuga, ma per l'orrore di un ritorno che non avrebbe mai più potuto fare.
scritto il
2025-09-11
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