Elysara – L’isola del Piacere

di
genere
prime esperienze

Sull’isola di Elysara, dove il mare cristallino lambiva spiagge dorate e le montagne si ergevano come guardiani antichi, il sole tramontava in un tripudio di colori che sembravano incendiare il cielo. L’aria era carica di promesse, di segreti sussurrati tra le onde, mentre i turisti si attardavano lungo la riva.

Tra loro, una figura giovane spiccava come una visione: Daniela, diciotto anni appena compiuti, con i capelli biondi mossi dalla brezza e il corpo da dea, scolpito dal desiderio. Indossava un bikini bianco che sembrava creato per esaltare ogni curva. I suoi occhi azzurri erano accesi di voglia e curiosità. Era lì per una vacanza, sì, ma soprattutto per scoprire se stessa. Per lasciarsi andare.



Mentre camminava a piedi nudi lungo la sabbia calda, vide un uomo seduto su una roccia liscia, lo sguardo perso nel mare. Angelo. Trenta e qualcosa, muscoli vivi, torace nudo, sguardo profondo e segnato. Daniela si avvicinò, spinta da un impulso primitivo.

— «Ciao» disse con un sorriso malizioso. «Mi sembri lontano. Stai aspettando qualcuno?»

— «No. Solo osservando il mare. E adesso te.»

— «Io sono qui per… divertirmi.» Si sedette accanto a lui, incrociando lentamente le gambe. «E tu? Sei qui per lavoro o per piacere?»

— «Solo piacere. E a quanto pare, adesso anche per te. Quel bikini ti sta da dio.»

Daniela rise, abbassando lo sguardo.

— «Non è il bikini. È quello che c’è sotto. Se vuoi, posso dimostrartelo.»

Angelo la guardò negli occhi, e quel sorriso si fece più scuro.

— «Allora mostramelo. Qui, adesso. Il sole cala, la spiaggia è vuota. Nessuno ci vedrà.»

— «E se ci vedesse qualcuno?»

— «Siamo su un’isola dove tutto è permesso. E tu sembri il tipo che ama infrangere le regole.»

Daniela si alzò in piedi, il bikini che le disegnava le forme come un tatuaggio vivo.

— «Hai ragione. Adoro infrangerle.»



Lui si alzò, la raggiunse. Le sue mani calde le afferrarono i fianchi, la tirò a sé con forza. I loro corpi si toccarono. Le bocche si fusero in un bacio violento e affamato.

Angelo la sollevò, e lei avvolse le gambe intorno alla sua vita.

— «Voglio scoparti qui. Ora.»

— «Falllo… non posso aspettare.»

Le sue mani le tirarono via il bikini, la fica lucida e bagnata che brillava al tramonto. Angelo la penetrò con un unico affondo, profondo, secco.

— «Oh cazzo!» gemette lei. «Sei così… grosso!»

— «E tu così stretta. Mi stringi da impazzire.»

Il ritmo crebbe, i loro corpi sbattevano uno contro l’altro, la sabbia sotto ai piedi, le grida soffocate dal vento.

— «Più forte!» implorò Daniela. «Spaccami!»

Angelo la scopava senza tregua, selvaggio, brutale, perfetto. E quando vennero, fu insieme: lei urlò il suo nome, lui ruggì come un animale che trovava finalmente la tana.



La notte era appena cominciata.

Angelo la prese in braccio e la portò via dalla spiaggia, lungo un sentiero nascosto tra le dune. La capanna era scavata nella roccia, semplice e segreta. Dentro, un letto ampio e lenzuola stropicciate. Candele tremolanti, odore di mare e desiderio.

Appena entrarono, lei lo guardò.

— «Ancora. Non è finita.»

— «Io non mi fermo mai.»

La spinse sul letto, e Daniela si aprì sotto di lui, spalancata, disposta a tutto.

— «Leccami. Fammi impazzire.»

Angelo si inginocchiò e affondò la lingua tra le sue cosce. Le labbra le tremavano, la sua vulva era tesa, aperta, viva.

— «Sì… lì… così!»

Due dita dentro, lingua sul clitoride, e lei esplose, urlando, tremando, venendo con tutta se stessa. Ma non bastava.



Angelo la prese di nuovo. La scopò da sotto mentre lei cavalcava il suo cazzo duro e bollente. Ogni colpo era una pugnalata di piacere, ogni spinta più profonda. Le tette rimbalzavano, la sua fica grondava.

— «Sbattilo dentro. Fammi tua.»

— «Ti sto scopando come nessuno ha mai fatto. E non ho ancora finito.»

La girò, la prese da dietro, con una forza che le fece urlare. Le mani sui fianchi, le palle che sbattevano contro la sua fica bagnata.

— «Sei nata per essere scopata così.»

— «Sì! Cazzo, sì! Vieni dentro, Angelo! Riempi quella fica!»



E fu lì che accadde la scopata epocale. L’ultima, la più violenta, la più selvaggia. Non c’era più pelle, più ossa, più pensiero. Solo corpi, carne, sudore, cazzo e fica che si fondevano.

Daniela urlò. Lui grugnì. Il letto cigolava sotto la furia dei loro colpi. Lei venne con un’onda che la spezzò in due, e lui si svuotò dentro di lei, profondo, caldo, infinito.

Si lasciarono cadere.



— «Quella,» disse lei a fatica, «era la scopata di una vita.»

— «No,» rispose lui, accendendo una sigaretta. «Quella era solo l’inizio.»

Daniela sorrise, il corpo esausto, ma già desideroso di ricominciare.

— «E allora, se domani non arriva… va bene così.»
scritto il
2025-07-01
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