Halana Gabriela – A putaria continua
di
Angelo B
genere
bisex
Inizio
Mi scrisse alle 23:47. Nessun messaggio romantico. Solo una foto.
Era sul letto, a gambe aperte, con un tappo nel culo e un dildo trasparente infilato nella figa fino al manico.
Testo sotto:
“Vem me arrombar. Traz corda, cinto e goza onde quiser.”
Presi un Uber. In dieci minuti ero sotto casa sua. Mi aprì nuda, con una bottiglia di birra in mano, già sbronza. Mi mise il bottiglione in mano, si girò, mi offrì il culo e disse:
«Empurra devagar… quero sentir até o fundo.»
Sì. Voleva che le infilassi la bottiglia.
Mi tremavano le mani, ma lo feci. Lentamente. Il vetro scivolava tra le sue chiappe lucide di olio. Il suo buco si apriva poco a poco. Gemiti. Occhi chiusi. Quando fu dentro quasi tutta, si masturbò furiosa, leccandosi le dita, con la faccia incollata alle lenzuola.
Tirai fuori la bottiglia. Leccò il vetro come una porca in calore. Poi si girò, mi spinse sul letto, si sedette sulla mia faccia e disse:
«Faz sujar essa cara.»
Mi pisciò addosso. Caldo, salato, potente. Mi fece bere, mi strinse la testa tra le cosce e godeva ansimando.
Era diventata un demone. Una bestia. Una puttana senza freni.
⸻
Il Picco
Legò le mie mani con una corda e mi cavalcò al contrario, culo in vista, sbattendosi contro il mio cazzo duro e pieno. Ogni spinta era un’onda di sudore e fluidi. Si toccava l’ano mentre lo faceva. Si stava preparando.
«Agora mete aqui… me rasga.»
Glielo infilai nel culo. Piano all’inizio, ma lei non voleva dolcezza.
«Vai, porra! Me fode como uma cadela!»
Glielo sbattevo dentro come un animale. Il suono della pelle, dello scontro, dell’aria che usciva dal suo buco stretto ogni volta che affondavo, riempiva la stanza. Lei non gemeva più. Urlava. Rideva. Si umiliava.
«Cuspe na minha cara!»
Le sputai in faccia. Se lo spalmò sulle guance come una crema.
«Bate na minha cara, me chama de puta!»
Le diedi uno schiaffo.
«Sua puta do caralho!»
«Isso! Mais forte!»
Altro schiaffo. Lei godeva come una posseduta.
⸻
Finale – Porca senza redenzione
Mi inginocchiai sul suo viso.
«Quer porra? Vai ganhar.»
Si aprì la bocca. Le sbattevo le palle in faccia, la tenevo per i capelli e mi masturbavo sulle sue labbra gonfie. Lei gemeva e si toccava come una drogata. Quando venni, le riempii tutta la bocca, le versai sperma sulla lingua, sugli occhi, sulla fronte.
Lei si mise a raccogliere ogni goccia col dito.
Poi si sdraiò a pancia in giù, il culo aperto, e scrisse col dito sulla pelle:
“USE ME.”
Mi voltò verso di me e sussurrò:
«Sou tua. Só tua putinha. Usa minha boca, meu cu, minha alma… quando quiser.»
E io lo sapevo: Halana non era solo una troia.
Era il mio vizio. La mia rovina preferita.
Mi scrisse alle 23:47. Nessun messaggio romantico. Solo una foto.
Era sul letto, a gambe aperte, con un tappo nel culo e un dildo trasparente infilato nella figa fino al manico.
Testo sotto:
“Vem me arrombar. Traz corda, cinto e goza onde quiser.”
Presi un Uber. In dieci minuti ero sotto casa sua. Mi aprì nuda, con una bottiglia di birra in mano, già sbronza. Mi mise il bottiglione in mano, si girò, mi offrì il culo e disse:
«Empurra devagar… quero sentir até o fundo.»
Sì. Voleva che le infilassi la bottiglia.
Mi tremavano le mani, ma lo feci. Lentamente. Il vetro scivolava tra le sue chiappe lucide di olio. Il suo buco si apriva poco a poco. Gemiti. Occhi chiusi. Quando fu dentro quasi tutta, si masturbò furiosa, leccandosi le dita, con la faccia incollata alle lenzuola.
Tirai fuori la bottiglia. Leccò il vetro come una porca in calore. Poi si girò, mi spinse sul letto, si sedette sulla mia faccia e disse:
«Faz sujar essa cara.»
Mi pisciò addosso. Caldo, salato, potente. Mi fece bere, mi strinse la testa tra le cosce e godeva ansimando.
Era diventata un demone. Una bestia. Una puttana senza freni.
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Il Picco
Legò le mie mani con una corda e mi cavalcò al contrario, culo in vista, sbattendosi contro il mio cazzo duro e pieno. Ogni spinta era un’onda di sudore e fluidi. Si toccava l’ano mentre lo faceva. Si stava preparando.
«Agora mete aqui… me rasga.»
Glielo infilai nel culo. Piano all’inizio, ma lei non voleva dolcezza.
«Vai, porra! Me fode como uma cadela!»
Glielo sbattevo dentro come un animale. Il suono della pelle, dello scontro, dell’aria che usciva dal suo buco stretto ogni volta che affondavo, riempiva la stanza. Lei non gemeva più. Urlava. Rideva. Si umiliava.
«Cuspe na minha cara!»
Le sputai in faccia. Se lo spalmò sulle guance come una crema.
«Bate na minha cara, me chama de puta!»
Le diedi uno schiaffo.
«Sua puta do caralho!»
«Isso! Mais forte!»
Altro schiaffo. Lei godeva come una posseduta.
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Finale – Porca senza redenzione
Mi inginocchiai sul suo viso.
«Quer porra? Vai ganhar.»
Si aprì la bocca. Le sbattevo le palle in faccia, la tenevo per i capelli e mi masturbavo sulle sue labbra gonfie. Lei gemeva e si toccava come una drogata. Quando venni, le riempii tutta la bocca, le versai sperma sulla lingua, sugli occhi, sulla fronte.
Lei si mise a raccogliere ogni goccia col dito.
Poi si sdraiò a pancia in giù, il culo aperto, e scrisse col dito sulla pelle:
“USE ME.”
Mi voltò verso di me e sussurrò:
«Sou tua. Só tua putinha. Usa minha boca, meu cu, minha alma… quando quiser.»
E io lo sapevo: Halana non era solo una troia.
Era il mio vizio. La mia rovina preferita.
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