“La notte che spacca”
di
Angelo B
genere
prime esperienze
Era la terza sera di fila che lavoravo nel backstage del suo tour. Lei, Annalisa T., icona del pop italiano, curve assassine e voce che entrava sotto pelle, si aggirava nel camerino come una pantera in seta. La pelle sudata brillava sotto le luci al neon.
Mi guardò.
«Mi aiuti a slacciarmi questo vestito?»
Mi si seccò la gola. Mi avvicinai alle sue spalle, la zip dorata che scivolava giù lenta, rivelando la schiena nuda, liscia, perfetta. Il vestito le scivolò ai piedi. Rimase con un perizoma nero e un reggiseno trasparente che esaltava due seni alti e pieni.
Si voltò con un sorriso sporco.
«Chiudi la porta.»
Lo feci. Lei mi venne addosso con la fame di una che non baciava da troppo. Il suo seno premeva forte sul mio petto. Le sue mani erano già nella mia cintura.
«Voglio sentire la tua lingua su di me. Ora.»
Mi inginocchiai. Non potevo far altro. Lei si appoggiò al tavolo del trucco, gambe spalancate. Il perizoma fu solo un ostacolo da spostare. Il suo profumo era un veleno dolce. La mia lingua si fece strada e lei gemeva, bagnata, pulsante.
«Non fermarti… Dio, così… sì…»
Il suo corpo tremava. Venne forte, aggrappata allo specchio, graffiandomi il collo. Ma non era finita.
Si rialzò, mi prese il viso.
«Domani. Suite 305. Niente limiti.»
⸻
La suite d’albergo era al trentesimo piano. Quando aprì la porta, Annalisa indossava solo una vestaglia nera che lasciava intravedere tutto: il seno nudo, i fianchi larghi, la pelle ancora più liscia del velluto.
«Fino a che punto sei disposto a spingerti, stanotte?»
Non risposi. L’attirai a me e la baciai con la stessa fame della notte prima. Lei mi spinse sul divano e si inginocchiò davanti a me, strappandomi i pantaloni.
«Fammi sentire quanto mi desideri.»
Prese tutto in bocca con una lentezza feroce, le mani sulle mie cosce, gli occhi fissi nei miei.
Poi si alzò.
«Seguimi.»
Mi portò sul balcone, nuda. Si piegò in avanti, spalancando la finestra.
«Prendimi qui. Fammi tremare, fammi urlare.»
La presi con forza, senza dolcezza. Il suo culo tondo spingeva contro il mio bacino a ogni colpo. Il suo gemito si confondeva con il rumore della città.
«Più forte… fammi venire davanti al mondo…»
Rientrammo barcollando. Lei si gettò sul letto, a gambe aperte, il corpo nudo che brillava di eccitazione.
Salì sopra di me, mi montò selvaggia, il seno che rimbalzava, i capelli sciolti sulla mia bocca.
«Sto venendo… ti sento dentro ovunque…»
Venne. Si strinse forte a me, urlando il mio nome. La seguii con un’esplosione totale, un piacere che mi fece perdere i sensi.
Pensavo fosse finita.
Mi sbagliavo.
⸻
IL FINALE — “APOTEOSI”
Annalisa si alzò. Prese dalla borsa una scatola di velluto. Dentro: una mascherina, manette, lubrificante e un dildo trasparente.
Mi sorrise.
«Adesso giochiamo sul serio.»
Mi legò al letto con una calma sadica. Salì a cavalcioni sul mio viso, bagnata, pronta, impaziente.
«Fai quello che sai fare… fammi squirtare in bocca.»
E lo fece. Con la voce spezzata dal godimento, le cosce che mi stringevano la testa, il corpo che tremava come scosso da scosse elettriche.
Poi prese il dildo, se lo spinse lentamente dentro, mentre mi guardava.
«Vuoi vederlo sparire tutto? Guarda… guarda bene…»
Lo fece. E poi si mise a cavalcarlo sopra di me, mentre la mia bocca era ancora sporca di lei.
Un concerto di gemiti, schizzi, sudore e fiamme.
Alla fine, si sdraiò nuda sul mio petto, esausta, bagnata, con il respiro spezzato.
Mi sussurrò all’orecchio:
«Questo non è sesso. Questo è un culto. E tu, da stanotte, sei mio discepolo.»
Mi guardò.
«Mi aiuti a slacciarmi questo vestito?»
Mi si seccò la gola. Mi avvicinai alle sue spalle, la zip dorata che scivolava giù lenta, rivelando la schiena nuda, liscia, perfetta. Il vestito le scivolò ai piedi. Rimase con un perizoma nero e un reggiseno trasparente che esaltava due seni alti e pieni.
Si voltò con un sorriso sporco.
«Chiudi la porta.»
Lo feci. Lei mi venne addosso con la fame di una che non baciava da troppo. Il suo seno premeva forte sul mio petto. Le sue mani erano già nella mia cintura.
«Voglio sentire la tua lingua su di me. Ora.»
Mi inginocchiai. Non potevo far altro. Lei si appoggiò al tavolo del trucco, gambe spalancate. Il perizoma fu solo un ostacolo da spostare. Il suo profumo era un veleno dolce. La mia lingua si fece strada e lei gemeva, bagnata, pulsante.
«Non fermarti… Dio, così… sì…»
Il suo corpo tremava. Venne forte, aggrappata allo specchio, graffiandomi il collo. Ma non era finita.
Si rialzò, mi prese il viso.
«Domani. Suite 305. Niente limiti.»
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La suite d’albergo era al trentesimo piano. Quando aprì la porta, Annalisa indossava solo una vestaglia nera che lasciava intravedere tutto: il seno nudo, i fianchi larghi, la pelle ancora più liscia del velluto.
«Fino a che punto sei disposto a spingerti, stanotte?»
Non risposi. L’attirai a me e la baciai con la stessa fame della notte prima. Lei mi spinse sul divano e si inginocchiò davanti a me, strappandomi i pantaloni.
«Fammi sentire quanto mi desideri.»
Prese tutto in bocca con una lentezza feroce, le mani sulle mie cosce, gli occhi fissi nei miei.
Poi si alzò.
«Seguimi.»
Mi portò sul balcone, nuda. Si piegò in avanti, spalancando la finestra.
«Prendimi qui. Fammi tremare, fammi urlare.»
La presi con forza, senza dolcezza. Il suo culo tondo spingeva contro il mio bacino a ogni colpo. Il suo gemito si confondeva con il rumore della città.
«Più forte… fammi venire davanti al mondo…»
Rientrammo barcollando. Lei si gettò sul letto, a gambe aperte, il corpo nudo che brillava di eccitazione.
Salì sopra di me, mi montò selvaggia, il seno che rimbalzava, i capelli sciolti sulla mia bocca.
«Sto venendo… ti sento dentro ovunque…»
Venne. Si strinse forte a me, urlando il mio nome. La seguii con un’esplosione totale, un piacere che mi fece perdere i sensi.
Pensavo fosse finita.
Mi sbagliavo.
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IL FINALE — “APOTEOSI”
Annalisa si alzò. Prese dalla borsa una scatola di velluto. Dentro: una mascherina, manette, lubrificante e un dildo trasparente.
Mi sorrise.
«Adesso giochiamo sul serio.»
Mi legò al letto con una calma sadica. Salì a cavalcioni sul mio viso, bagnata, pronta, impaziente.
«Fai quello che sai fare… fammi squirtare in bocca.»
E lo fece. Con la voce spezzata dal godimento, le cosce che mi stringevano la testa, il corpo che tremava come scosso da scosse elettriche.
Poi prese il dildo, se lo spinse lentamente dentro, mentre mi guardava.
«Vuoi vederlo sparire tutto? Guarda… guarda bene…»
Lo fece. E poi si mise a cavalcarlo sopra di me, mentre la mia bocca era ancora sporca di lei.
Un concerto di gemiti, schizzi, sudore e fiamme.
Alla fine, si sdraiò nuda sul mio petto, esausta, bagnata, con il respiro spezzato.
Mi sussurrò all’orecchio:
«Questo non è sesso. Questo è un culto. E tu, da stanotte, sei mio discepolo.»
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