Confessioni di una porca illuminata – La notte di Giada
di
Angelo B
genere
confessioni
Parte I – Nudi a Bellagio
Il battello aveva appena lasciato la riva, e Bellagio si stendeva davanti a loro, quieta e vibrante come una promessa mantenuta. Le luci dei lampioni si riflettevano nell’acqua immobile, e l’aria aveva quel profumo unico di lago e primavera.
Angelo e Giada camminavano fianco a fianco sul lungolago. Nessuno dei due parlava troppo. C’era quella tensione sospesa tra due persone che si conoscono da poco ma si intuiscono da sempre. Non era la prima volta che si vedevano, ma quella sera aveva un sapore diverso. Più lento. Più vero.
Si fermarono su una panchina di pietra, di fronte al silenzio del lago. Lei strinse le spalle nel giubbotto di pelle, lui le offrì la sua felpa. Lei accettò, ma non per il freddo.
“Qui sembra tutto fermo, come se il tempo avesse paura di rovinare qualcosa,” disse lei.
Angelo annuì, poi la guardò. Ma non con lo sguardo di chi desidera un corpo. Con quello di chi vorrebbe entrare in un’anima.
“È facile togliersi i vestiti, Giada. La gente lo fa continuamente. Ma lasciarti vedere per davvero… quello è il vero essere nudi.”
Lei lo fissò, come se le sue parole le avessero tolto qualcosa di pesante dalle spalle.
“Allora spogliamoci,” disse lei. “Ma non la pelle. Il resto.”
Camminarono fino a un piccolo B&B con vista sul lago. La stanza era semplice, ma bastava. Si sedettero sul letto, vestiti, senza sfiorarsi.
Angelo parlò per primo. Delle sue insicurezze. Del modo in cui ogni volta si sentiva di troppo, anche quando veniva cercato. Di quanto facesse male mostrarsi forte quando dentro crollava. Della paura di non saper amare nel modo giusto.
Giada si aprì a sua volta. Raccontò delle notti in cui l’ansia la svegliava senza motivo. Di quell’ex che le aveva insegnato a dubitare di ogni carezza. Della voglia di cedere, ma anche del terrore di diventare trasparente per chi diceva di amarla.
Non c’erano lacrime. Solo parole nude. Crude. Necessarie.
Poi, nel silenzio che seguì, lui le prese la mano. Niente di erotico. Solo una presa reale, viva.
Lei appoggiò la testa sulla sua spalla, e restarono così a lungo, ascoltando il respiro del lago, e il battito dell’altro.
“Nessuno mi ha mai vista così,” disse Giada piano.
“Forse è la prima volta che mi vedo anch’io,” rispose Angelo.
E in quella notte, lontani da tutto, vicini solo all’essenziale, fecero l’amore. Non nel modo in cui i corpi si cercano. Ma come due anime che si riconoscono.
Nudi. Finalmente.
⸻
Parte II – Giada la porca
Bellagio dormiva, cullata dal respiro lento del lago. Le barche erano ferme, il vento aveva smesso di soffiare, e nella stanza al secondo piano del piccolo B&B, Angelo fissava Giada come se la stesse vedendo per la prima volta.
Fino a un’ora prima, lei era stata tutta pudore e parole profonde. Ma ora, qualcosa era cambiato.
“Lo senti anche tu?” aveva sussurrato lei, seduta sulle sue gambe, ancora vestita ma con gli occhi accesi.
“Sento tutto, Giada,” aveva risposto lui, “ma non so ancora chi sei, davvero.”
Lei si sollevò e si sfilò la maglietta. Niente reggiseno. Solo pelle e cuore.
“Vuoi davvero vedermi? Allora guardami.”
C’era fame nei suoi occhi. Fame di verità, ma anche di godimento.
“Io sono quella che geme forte, quella che si bagna mentre racconta i suoi dolori. Quella che si inginocchia e ti guarda mentre ti prende tutto. Sono porca, Angelo. Ma non sono vuota.”
Angelo le abbassò i jeans, rivelando un perizoma nero.
“Non sei porca. Sei viva.”
La spinse sul letto, la spogliò baciando ogni insicurezza.
Giada non chiese permesso. Lo prese in bocca con foga, lo accarezzava con la lingua come se fosse sua. Poi si voltò e si mise a quattro zampe, pronta, aperta.
“Fammi tua, ma non lasciarmi andare.”
E lui la prese, colpi profondi, veri, mentre lei godeva, gridava, rideva.
“Più mi scopi, più mi salvo.”
Quando i loro corpi crollarono uno sull’altro, non c’era più distinzione tra peccato e verità. Solo la certezza di essersi trovati.
⸻
Parte III – La notte del peccato universale
Il campanile batteva mezzanotte, lento. Nella stanza, Giada era in piedi davanti allo specchio, nuda, il corpo segnato da morsi e liquidi.
“Stasera sono il peccato universale,” disse voltandosi.
S’inginocchiò e lo prese in bocca ancora, lenta, ipnotica. Poi salì sopra di lui e si fece scivolare addosso, affondando con un gemito profondo.
“Fammi gridare per tutte le volte in cui ho dovuto stare zitta.”
Poi si voltò e si offrì da dietro, guardando la finestra aperta.
“Se Dio guarda, che guardi bene. Questa è la mia messa.”
E lui la prese come una preghiera laica, carnale. Gemiti, colpi, confessioni.
Lei godeva come se stesse guarendo.
E quando venne, il corpo le tremò come in estasi.
Era nuda. Era vera. Era salva.
⸻
Parte IV – L’ultima resa
L’alba si stendeva sul lago. Angelo era nudo, svuotato. Giada guardava l’acqua, le gambe nude, i seni segnati. Si voltò, si avvicinò, e lo guardò negli occhi.
“Adesso ti do tutto quello che resta.”
Lo prese in bocca con tenerezza. Poi salì sul letto, si mise a carponi, aprì le cosce.
“Prendimi dove ho sempre avuto paura. Fammi tua, del tutto.”
Lui lo fece. Piano. Profondo. Intimo. Lei godeva piangendo, gridando, vibrando. L’orgasmo fu una resa e una liberazione.
Poi, il silenzio.
Si rivestì con lentezza. Alla porta si fermò.
“Ora puoi dire di avermi avuta. Non solo il mio corpo. Hai avuto me. Tutta.
Ora torno alla mia vita. Ma tu… tu mi hai vista davvero.”
E svanì nel sole, lasciandogli tra le lenzuola solo l’odore di una donna che aveva osato vivere.
⸻
Fine.
O l’inizio.
Dipende da quanto Angelo vorrà cercarla ancora.
Il battello aveva appena lasciato la riva, e Bellagio si stendeva davanti a loro, quieta e vibrante come una promessa mantenuta. Le luci dei lampioni si riflettevano nell’acqua immobile, e l’aria aveva quel profumo unico di lago e primavera.
Angelo e Giada camminavano fianco a fianco sul lungolago. Nessuno dei due parlava troppo. C’era quella tensione sospesa tra due persone che si conoscono da poco ma si intuiscono da sempre. Non era la prima volta che si vedevano, ma quella sera aveva un sapore diverso. Più lento. Più vero.
Si fermarono su una panchina di pietra, di fronte al silenzio del lago. Lei strinse le spalle nel giubbotto di pelle, lui le offrì la sua felpa. Lei accettò, ma non per il freddo.
“Qui sembra tutto fermo, come se il tempo avesse paura di rovinare qualcosa,” disse lei.
Angelo annuì, poi la guardò. Ma non con lo sguardo di chi desidera un corpo. Con quello di chi vorrebbe entrare in un’anima.
“È facile togliersi i vestiti, Giada. La gente lo fa continuamente. Ma lasciarti vedere per davvero… quello è il vero essere nudi.”
Lei lo fissò, come se le sue parole le avessero tolto qualcosa di pesante dalle spalle.
“Allora spogliamoci,” disse lei. “Ma non la pelle. Il resto.”
Camminarono fino a un piccolo B&B con vista sul lago. La stanza era semplice, ma bastava. Si sedettero sul letto, vestiti, senza sfiorarsi.
Angelo parlò per primo. Delle sue insicurezze. Del modo in cui ogni volta si sentiva di troppo, anche quando veniva cercato. Di quanto facesse male mostrarsi forte quando dentro crollava. Della paura di non saper amare nel modo giusto.
Giada si aprì a sua volta. Raccontò delle notti in cui l’ansia la svegliava senza motivo. Di quell’ex che le aveva insegnato a dubitare di ogni carezza. Della voglia di cedere, ma anche del terrore di diventare trasparente per chi diceva di amarla.
Non c’erano lacrime. Solo parole nude. Crude. Necessarie.
Poi, nel silenzio che seguì, lui le prese la mano. Niente di erotico. Solo una presa reale, viva.
Lei appoggiò la testa sulla sua spalla, e restarono così a lungo, ascoltando il respiro del lago, e il battito dell’altro.
“Nessuno mi ha mai vista così,” disse Giada piano.
“Forse è la prima volta che mi vedo anch’io,” rispose Angelo.
E in quella notte, lontani da tutto, vicini solo all’essenziale, fecero l’amore. Non nel modo in cui i corpi si cercano. Ma come due anime che si riconoscono.
Nudi. Finalmente.
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Parte II – Giada la porca
Bellagio dormiva, cullata dal respiro lento del lago. Le barche erano ferme, il vento aveva smesso di soffiare, e nella stanza al secondo piano del piccolo B&B, Angelo fissava Giada come se la stesse vedendo per la prima volta.
Fino a un’ora prima, lei era stata tutta pudore e parole profonde. Ma ora, qualcosa era cambiato.
“Lo senti anche tu?” aveva sussurrato lei, seduta sulle sue gambe, ancora vestita ma con gli occhi accesi.
“Sento tutto, Giada,” aveva risposto lui, “ma non so ancora chi sei, davvero.”
Lei si sollevò e si sfilò la maglietta. Niente reggiseno. Solo pelle e cuore.
“Vuoi davvero vedermi? Allora guardami.”
C’era fame nei suoi occhi. Fame di verità, ma anche di godimento.
“Io sono quella che geme forte, quella che si bagna mentre racconta i suoi dolori. Quella che si inginocchia e ti guarda mentre ti prende tutto. Sono porca, Angelo. Ma non sono vuota.”
Angelo le abbassò i jeans, rivelando un perizoma nero.
“Non sei porca. Sei viva.”
La spinse sul letto, la spogliò baciando ogni insicurezza.
Giada non chiese permesso. Lo prese in bocca con foga, lo accarezzava con la lingua come se fosse sua. Poi si voltò e si mise a quattro zampe, pronta, aperta.
“Fammi tua, ma non lasciarmi andare.”
E lui la prese, colpi profondi, veri, mentre lei godeva, gridava, rideva.
“Più mi scopi, più mi salvo.”
Quando i loro corpi crollarono uno sull’altro, non c’era più distinzione tra peccato e verità. Solo la certezza di essersi trovati.
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Parte III – La notte del peccato universale
Il campanile batteva mezzanotte, lento. Nella stanza, Giada era in piedi davanti allo specchio, nuda, il corpo segnato da morsi e liquidi.
“Stasera sono il peccato universale,” disse voltandosi.
S’inginocchiò e lo prese in bocca ancora, lenta, ipnotica. Poi salì sopra di lui e si fece scivolare addosso, affondando con un gemito profondo.
“Fammi gridare per tutte le volte in cui ho dovuto stare zitta.”
Poi si voltò e si offrì da dietro, guardando la finestra aperta.
“Se Dio guarda, che guardi bene. Questa è la mia messa.”
E lui la prese come una preghiera laica, carnale. Gemiti, colpi, confessioni.
Lei godeva come se stesse guarendo.
E quando venne, il corpo le tremò come in estasi.
Era nuda. Era vera. Era salva.
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Parte IV – L’ultima resa
L’alba si stendeva sul lago. Angelo era nudo, svuotato. Giada guardava l’acqua, le gambe nude, i seni segnati. Si voltò, si avvicinò, e lo guardò negli occhi.
“Adesso ti do tutto quello che resta.”
Lo prese in bocca con tenerezza. Poi salì sul letto, si mise a carponi, aprì le cosce.
“Prendimi dove ho sempre avuto paura. Fammi tua, del tutto.”
Lui lo fece. Piano. Profondo. Intimo. Lei godeva piangendo, gridando, vibrando. L’orgasmo fu una resa e una liberazione.
Poi, il silenzio.
Si rivestì con lentezza. Alla porta si fermò.
“Ora puoi dire di avermi avuta. Non solo il mio corpo. Hai avuto me. Tutta.
Ora torno alla mia vita. Ma tu… tu mi hai vista davvero.”
E svanì nel sole, lasciandogli tra le lenzuola solo l’odore di una donna che aveva osato vivere.
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Fine.
O l’inizio.
Dipende da quanto Angelo vorrà cercarla ancora.
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