Julie #1
di
movement
genere
etero
Una cosa totalmente a caso. Va bene, mi dico.
«Fab, oggi pomeriggio fai un giro da solo - ti secca?»
«Che è?»
«no niente, una che ‘sta qui mi ha detto se ci vediamo. Mi ha visto taggato su Facebook nella foto di ieri sera»
«ma dovevamo andare a Camden, porta anche lei no?»
«ehhh…»
No no, fuori discussione. Non è il caso visto che è successo l’altra volta con questa.
Allora io e Julie sediamo ad un piccolo caffè a Notting Hill. Il posto è tirato a lucido, lei pure, io al terzo giorno londinese lo sono nei limiti del possibile.
Mi racconta cose ma sono troppo stanco per ascoltare davvero.
Le racconto cose ma tanto la mente va all’altr’anno, ai suoi ricci sbarazzini sparsi sul cuscino mentre scopavamo ancora mezzi vestiti, stretti nella luce stroboscopica di una lampada fastidiosissima.
Mi desto solo quando butta lì, quasi a caso, che abita dietro l’angolo. Mi desto perché - hai capito la famiglia, well off abbastanza da piazzarla qua. Mi desto perché l’occasione fa l’uomo ladro.
Nemmeno lei si è dimenticata dell’altr’anno - forse - dato che m’invita «a vedere la casa». Per facciata, aggiunge che «così magari ti presento anche la mia flatmate Keisha». (Yeah, sure, whatever)
In casa, della coinquilina nemmeno l’ombra.
Allora succede quello che succede, che mi faccio sotto e pianto le mie labbra sulle sue mentre mi fa vedere delle foto di non so cosa. Succede che lei ricambia con una certa aggressività. Succede che torno inaspettatamente dentro di lei dopo tanto tempo.
Succede anche che nessuno dei due ha la porta in vista quando Keisha entra nel soggiorno.
Chissà da quanto sta lì quando decide di annunciarsi.
«guys! thanks for the show, jolly!»
Non che avessimo finito.
Non ero mai stato beccato a scopare. (C’è una prima volta per tutto, I guess)
Julie salta su isterica e comincia profusamente a scusarsi con la sua amica. Tanto lei nemmeno si è tolta il vestito: sono io quello pisello al vento in mezzo alla stanza. Keisha sembra più che altro divertita, almeno fino ad un certo punto.
«Wait-a-minute - scandisce - this ain’t Josh. Right?»
Mi ricordo di aver effettivamente intravisto qualche foto di Julie con un tipo. Quella comincia a implorare Keisha e ne nasce uno scambio fitto che però si chiude in fretta, nel tempo che Keisha occupa un po’ di distanza tra me e Julie, nel tempo che pianta un ghigno e guardandola le fa:
«Right. You can’t leave him like that»
Io non ho capito che vuole, Julie nemmeno, Keisha con un cenno della testona crespa le intima di tornare accanto a me.
«be a good girl then, don’t leave him like that»
«what…?»
«finish him, c’mon»
«…ok»
(Ok? Ma in che senso ok?)
Alchè Julie, tipo in trance, si allunga ad impugnarmi l’asta ancora discretamente tesa. Keisha ci fissa con le mani sui fianchi, piantata lì come una matrona in posa severa. Faccio che chiudo gli occhi se non altro per sfuggire allo sguardo di questa sconosciuta che sembra esaminarmi, nudo dall’ombelico in giù ed in questo stato.
«You can do better that this, Julie», la sento dire scocciata dopo un po’ e in linea di principio sarei anche d’accordo.
La sega si trasforma in un pompino. Keisha prende posto su una poltroncina mezzo metro davanti a me, accavalla le gambe compita. Julie è di tre quarti sul divano, si dedica al suo task con movimenti quasi meccanici, concentrati, efficienti.
La sua coinquilina scruta me, adesso. Mi punta dritto negli occhi. Faccio lo stesso, ma, mi rendo conto, con meno convinzione. D’altra parte io c’entro poco: uscirò da dove sono entrato, non rivedrò più queste due e non mi pare il caso di fare domande.
Sono quasi al limite e deve essere evidente anche a Keisha, perché sono lì che mugugno e tendo i muscoli verso l’orgasmo quando lei, furtiva, abbassa maglioncino e reggiseno quanto basta a mostrarmi un capezzolo larghissimo e scuro, carezzandoselo con finta casualità.
Sorride soddisfatta mentre fissandola mi scarico nella gola della sua amica e le premo giù la testa. Un ultimo affondo, decisivo, la tengo lì quasi a soffocare tra saliva e sperma. Da Julie nessuna rimostranza; tra l’altro, era già successo anche questo.
In un baleno sono fuori da quella casa. God bless, take care, thanks for the memories – di Julie me ne fregava il giusto prima, figuriamoci adesso, figuriamoci di Keisha o Josh.
Forse faccio in tempo ad arrivare a Camden per una pinta.
«Fab, oggi pomeriggio fai un giro da solo - ti secca?»
«Che è?»
«no niente, una che ‘sta qui mi ha detto se ci vediamo. Mi ha visto taggato su Facebook nella foto di ieri sera»
«ma dovevamo andare a Camden, porta anche lei no?»
«ehhh…»
No no, fuori discussione. Non è il caso visto che è successo l’altra volta con questa.
Allora io e Julie sediamo ad un piccolo caffè a Notting Hill. Il posto è tirato a lucido, lei pure, io al terzo giorno londinese lo sono nei limiti del possibile.
Mi racconta cose ma sono troppo stanco per ascoltare davvero.
Le racconto cose ma tanto la mente va all’altr’anno, ai suoi ricci sbarazzini sparsi sul cuscino mentre scopavamo ancora mezzi vestiti, stretti nella luce stroboscopica di una lampada fastidiosissima.
Mi desto solo quando butta lì, quasi a caso, che abita dietro l’angolo. Mi desto perché - hai capito la famiglia, well off abbastanza da piazzarla qua. Mi desto perché l’occasione fa l’uomo ladro.
Nemmeno lei si è dimenticata dell’altr’anno - forse - dato che m’invita «a vedere la casa». Per facciata, aggiunge che «così magari ti presento anche la mia flatmate Keisha». (Yeah, sure, whatever)
In casa, della coinquilina nemmeno l’ombra.
Allora succede quello che succede, che mi faccio sotto e pianto le mie labbra sulle sue mentre mi fa vedere delle foto di non so cosa. Succede che lei ricambia con una certa aggressività. Succede che torno inaspettatamente dentro di lei dopo tanto tempo.
Succede anche che nessuno dei due ha la porta in vista quando Keisha entra nel soggiorno.
Chissà da quanto sta lì quando decide di annunciarsi.
«guys! thanks for the show, jolly!»
Non che avessimo finito.
Non ero mai stato beccato a scopare. (C’è una prima volta per tutto, I guess)
Julie salta su isterica e comincia profusamente a scusarsi con la sua amica. Tanto lei nemmeno si è tolta il vestito: sono io quello pisello al vento in mezzo alla stanza. Keisha sembra più che altro divertita, almeno fino ad un certo punto.
«Wait-a-minute - scandisce - this ain’t Josh. Right?»
Mi ricordo di aver effettivamente intravisto qualche foto di Julie con un tipo. Quella comincia a implorare Keisha e ne nasce uno scambio fitto che però si chiude in fretta, nel tempo che Keisha occupa un po’ di distanza tra me e Julie, nel tempo che pianta un ghigno e guardandola le fa:
«Right. You can’t leave him like that»
Io non ho capito che vuole, Julie nemmeno, Keisha con un cenno della testona crespa le intima di tornare accanto a me.
«be a good girl then, don’t leave him like that»
«what…?»
«finish him, c’mon»
«…ok»
(Ok? Ma in che senso ok?)
Alchè Julie, tipo in trance, si allunga ad impugnarmi l’asta ancora discretamente tesa. Keisha ci fissa con le mani sui fianchi, piantata lì come una matrona in posa severa. Faccio che chiudo gli occhi se non altro per sfuggire allo sguardo di questa sconosciuta che sembra esaminarmi, nudo dall’ombelico in giù ed in questo stato.
«You can do better that this, Julie», la sento dire scocciata dopo un po’ e in linea di principio sarei anche d’accordo.
La sega si trasforma in un pompino. Keisha prende posto su una poltroncina mezzo metro davanti a me, accavalla le gambe compita. Julie è di tre quarti sul divano, si dedica al suo task con movimenti quasi meccanici, concentrati, efficienti.
La sua coinquilina scruta me, adesso. Mi punta dritto negli occhi. Faccio lo stesso, ma, mi rendo conto, con meno convinzione. D’altra parte io c’entro poco: uscirò da dove sono entrato, non rivedrò più queste due e non mi pare il caso di fare domande.
Sono quasi al limite e deve essere evidente anche a Keisha, perché sono lì che mugugno e tendo i muscoli verso l’orgasmo quando lei, furtiva, abbassa maglioncino e reggiseno quanto basta a mostrarmi un capezzolo larghissimo e scuro, carezzandoselo con finta casualità.
Sorride soddisfatta mentre fissandola mi scarico nella gola della sua amica e le premo giù la testa. Un ultimo affondo, decisivo, la tengo lì quasi a soffocare tra saliva e sperma. Da Julie nessuna rimostranza; tra l’altro, era già successo anche questo.
In un baleno sono fuori da quella casa. God bless, take care, thanks for the memories – di Julie me ne fregava il giusto prima, figuriamoci adesso, figuriamoci di Keisha o Josh.
Forse faccio in tempo ad arrivare a Camden per una pinta.
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