Daniela
di
movement
genere
etero
Il pendio fitto d’olivi che emergono dalla terra brulla e sudata; poi lo sguardo rotola più giù, rimbalza sui tetti del paese che da qui s’intuiscono appena e cade dritto nell’azzurro lucente dell’acqua. Strano trovarsi dietro uno di quei finestroni cielo-terra ricchi e calmi che tante volte scorgevo dal mio brulicare basso e piatto. La giornata è tersa e la vita da qui dev’essere sensazionale.
Daniela ancora sonnecchia, con i lunghi capelli corvini sparpagliati sul cuscino. Tiene le braccia incrociate dietro la testa, come stesse schiacciando un sonnellino sul prato, e non m’intendo d’arte ma una cosa la so (perché una fissa è pur sempre una fissa): che la posa stravaccata delle sue gambe è proprio quella del quadro di Courbet, L’Origine del Mondo; in cima, il sesso è adornato da una peluria dai contorni più definiti, ma altrettanto folta e scura, e la sua fisicità morbida e pallida è comunque assai ottocentesca.
La sveglio? Potrei provare col profumo del caffè.
Cerco la cucina, qui è tutto molto tenue e luminoso. Mi sorprendo a chiedermi quanti uomini abbiano già percorso i miei stessi passi ciondolando nudi in giro per questa casa. L’orologio a muro mi dice: le otto e dieci. Da quello che ho capito nella concitazione della notte abbiamo ancora un paio d’ore, torno sui miei passi.
Lei pare non esseri mossa di un millimetro, io mi sdraio un po’ così - un po’ su e un po’ giù dal letto - e m’insinuo tra le sue cosce invitanti, con lappate lente e delicate, mattutine. Un piccolo fremito, Dani si desta carezzandomi soffice tra i capelli.
«hmmm… è tipo un buongiorno?», chiede stiracchiandosi, tendendosi in lunghezza sul lettone
«è il servizio sveglia», ribatto distratto
«non… pensavo… forniste anche questo servizio»
M’impregno la barba del gusto della sua intimità, che è buono, che sento ancora striato del mio e pennellando tra le sue labbra le sorrido che manderò una fattura a parte, soddisfatti o rimborsati.
«per la soddisfazione - mugugna lei - allora usa anche le dita»
Bella diretta Dani, brava. Viene, stringendomi tra le gambe, premendomi giù la testa sul suo sesso, grida - un po’, è più un affanno che una scossa elettrica.
Mi riverso accanto a lei. Sento, vedo, di avercelo bello tosto, sveglio, ma ora come ora non mi interessa granché.
*
Ciarliamo di questo e di quello. Il cocktail aziendale è stata una palla - ma ringrazio ancora per l’invito, per quanto di rappresentanza - finché i suoi stagisti non si sono scatenati ubriachi in pista e chissà se la mora col vestito di pailettes dorate alla fine è finita a casa del tipo allampanato («secondo me non ci sono nemmeno arrivati, a casa»: questi i suoi two cents). Dice, vorrebbe sistemarsi qualche ruga col botox; dico, non dire fesserie. Nudi, sereni.
«e quindi, ti piacciono quelli più giovani?», la canzono
«ogni tanto, perché no. ieri sera evidentemente si», risponde con inaspettata serietà
Ci diciamo ad alta voce cose che già sappiamo entrambi, soprattutto che questa notte e questa mattina muoiono qui, che non ci sarà un secondo tempo anche se, ghigna lei, «se si sapesse in giro so che potrei farti vincere molte scommesse». Ridacchio.
«tra un attimo vado in doccia, devo rendermi presentabile»
«certo…»
«non avrei molta voglia di… ti offendi?»
«macché, nessuna offesa»
«però se vuoi fare da solo ti guardo. È tanto che non vedo un uomo che si masturba, t’andrebbe per me?»
Certe offerte sono fatte per non essere rifiutate.
«posso venirti sulle tette?»
Certe domande sono fatte per risposte semplici.
*
Mentre cammino giù per la collina m’immagino Daniela lavarsi via le tracce dense del nostro piccolo tempo supplementare. Incrocio la sua Audi scura che sale a prenderla, giusto in tempo. Oggi il mio brulicare è più leggero.
Daniela ancora sonnecchia, con i lunghi capelli corvini sparpagliati sul cuscino. Tiene le braccia incrociate dietro la testa, come stesse schiacciando un sonnellino sul prato, e non m’intendo d’arte ma una cosa la so (perché una fissa è pur sempre una fissa): che la posa stravaccata delle sue gambe è proprio quella del quadro di Courbet, L’Origine del Mondo; in cima, il sesso è adornato da una peluria dai contorni più definiti, ma altrettanto folta e scura, e la sua fisicità morbida e pallida è comunque assai ottocentesca.
La sveglio? Potrei provare col profumo del caffè.
Cerco la cucina, qui è tutto molto tenue e luminoso. Mi sorprendo a chiedermi quanti uomini abbiano già percorso i miei stessi passi ciondolando nudi in giro per questa casa. L’orologio a muro mi dice: le otto e dieci. Da quello che ho capito nella concitazione della notte abbiamo ancora un paio d’ore, torno sui miei passi.
Lei pare non esseri mossa di un millimetro, io mi sdraio un po’ così - un po’ su e un po’ giù dal letto - e m’insinuo tra le sue cosce invitanti, con lappate lente e delicate, mattutine. Un piccolo fremito, Dani si desta carezzandomi soffice tra i capelli.
«hmmm… è tipo un buongiorno?», chiede stiracchiandosi, tendendosi in lunghezza sul lettone
«è il servizio sveglia», ribatto distratto
«non… pensavo… forniste anche questo servizio»
M’impregno la barba del gusto della sua intimità, che è buono, che sento ancora striato del mio e pennellando tra le sue labbra le sorrido che manderò una fattura a parte, soddisfatti o rimborsati.
«per la soddisfazione - mugugna lei - allora usa anche le dita»
Bella diretta Dani, brava. Viene, stringendomi tra le gambe, premendomi giù la testa sul suo sesso, grida - un po’, è più un affanno che una scossa elettrica.
Mi riverso accanto a lei. Sento, vedo, di avercelo bello tosto, sveglio, ma ora come ora non mi interessa granché.
*
Ciarliamo di questo e di quello. Il cocktail aziendale è stata una palla - ma ringrazio ancora per l’invito, per quanto di rappresentanza - finché i suoi stagisti non si sono scatenati ubriachi in pista e chissà se la mora col vestito di pailettes dorate alla fine è finita a casa del tipo allampanato («secondo me non ci sono nemmeno arrivati, a casa»: questi i suoi two cents). Dice, vorrebbe sistemarsi qualche ruga col botox; dico, non dire fesserie. Nudi, sereni.
«e quindi, ti piacciono quelli più giovani?», la canzono
«ogni tanto, perché no. ieri sera evidentemente si», risponde con inaspettata serietà
Ci diciamo ad alta voce cose che già sappiamo entrambi, soprattutto che questa notte e questa mattina muoiono qui, che non ci sarà un secondo tempo anche se, ghigna lei, «se si sapesse in giro so che potrei farti vincere molte scommesse». Ridacchio.
«tra un attimo vado in doccia, devo rendermi presentabile»
«certo…»
«non avrei molta voglia di… ti offendi?»
«macché, nessuna offesa»
«però se vuoi fare da solo ti guardo. È tanto che non vedo un uomo che si masturba, t’andrebbe per me?»
Certe offerte sono fatte per non essere rifiutate.
«posso venirti sulle tette?»
Certe domande sono fatte per risposte semplici.
*
Mentre cammino giù per la collina m’immagino Daniela lavarsi via le tracce dense del nostro piccolo tempo supplementare. Incrocio la sua Audi scura che sale a prenderla, giusto in tempo. Oggi il mio brulicare è più leggero.
2
4
voti
voti
valutazione
7.8
7.8
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Rachele #2.2racconto sucessivo
Marta #5.1
Commenti dei lettori al racconto erotico