Follia

di
genere
etero

"Baccalà fritto, si! Prendo quello.”
La signora del tavolo tre, con una voce squillante che trovo altamente snervante, mi riporta alla realtà ordinando la sua seconda portata. Era ora! È vero che sono distratta e che ho la testa completamente altrove ma mi tiene qui praticamente da 10 minuti! Sono già le undici, cazzo! E la serata sembra essere davvero lunga. Eppure siamo a inizio settimana, è febbraio, c’è sempre meno affluenza in questo periodo. E ti pareva stasera!
“Va bene signora, per lei baccalà.”
Rispondo con decisone e con una fretta che non tento nemmeno di nascondere.
Mi accorgo, mentre ritiro il menu, che non mi ero affatto sbagliata prima. La signora continua a fissarmi le tette come se fosse normale. Per riflesso le guardo anche io.
Sarà la camicetta nera di organza. Morbida sul seno e troppo trasparente. Il tessuto leggero e velato lascia ben intravedere la scollatura audace della canotta di seta e pizzo, che indosso sotto.
Starà pensando che non è proprio l'abbigliamento adatto a una responsabile di sala. Si starà rendendo conto che l'uomo che è al tavolo con lei e che le siede di fronte, sembra più interessato alla mia divisa nera, che al suo twin set color grigio perla, bordato di un oscena pelliccetta bianca.
Deve essere il marito, per forza. Per tutto il tempo che sono stata qui non ha fatto altro che picchiettare, nervoso, le dita sul tavolo e fissarla spazientito.
Sarà la moglie, sicuro. Con un impercettibile ghigno e dopo una lunga pausa in cui ha fatto da padrona la sua indecisione, ha scelto l’unico piatto che lui non voleva. Un classico.
Chissà se tutti e due immaginano a cosa sto pensando. Chissà se almeno uno dei due si è accorto che sono qui solo con il corpo perché con la mente ti sto già scopando.
Porto la comanda in cucina e avvilita cerco di fare il punto della situazione. C’è ancora molta gente seduta, non può essere. Non stasera. Devo venire da te, è deciso. Non sono riuscita a pensare ad altro. Eccitata e smaniosa ho fatto cose solo per ingannare il tempo senza riscuotere, però, il minimo successo. L’occhio continua a cadere sul registratore di cassa che ora segna le undici e mezza. Mi sfioro il collo con le dita e l’immagine di te, a un passo da me, in quel vicolo, mi riporta all’irrequietezza che sento fra le cosce e che non mi ha dato mai tregua. Ti voglio. Non sono andata neanche a casa oggi. La brasiliana che indosso è la stessa di stamattina. Se vorrai, prima di qualsiasi altra cosa, te la farò annusare. Seduta sul bordo del letto, impaziente e stanca, abbasserò tutto insieme, pantaloni e mutande, così snifferai ogni goccia di voglia accumulata.
E sono ancora più fradicia ora.
Guardo di continuo il telefono, si sta facendo davvero tardi e la cosa mi turba. Non posso dormire con te e neanche tornare a casa a notte fonda, se solo fosse venerdì o sabato sarebbe diverso!
Mezzanotte.
Apro wathsapp e leggo il tuo messaggio.
“Non credo sia il caso di vederci quando avrai finito. È già mezzanotte, si farebbe troppo tardi e lo dico più per te che per me.”
Lo sapevo, cazzo! Me lo sentivo!
Continui. “Però dai, domani mattina sarò ancora qui, facciamo domani.”
Respiro. La possibilità che ci sia un domani immediato, mi calma.
Anche perché voglio tempo da passare con te, ore che siano ore e non minuti fugaci. Non ho aspettato così tanto per averti poco o niente!
Rallento e con una rassegnazione che non mi appartiene inizio a fare la chiusura cassa. Il mio stato d’animo mi riporta inevitabilmente indietro. A quando era sempre così. A quando ogni sera, agitata e ansiosa, non aspettavo altro che tutti andassero via per viverti. E se facevo tardi, come ora, mi disperavo. Mi dannavo, imprecavo. E se rimandavi, come ora, impazzivo! Ed è incredibile come ogni cosa, ogni piccolo dettaglio, ogni analoga situazione, mi rifaccia rivivere, ogni fottuta volta, tutto e sulla pelle. Perché è tutto troppo vivo, troppo e ancora.
Finalmente questa estenuante serata è finita, mi sento svuotata, spenta.
Prendo la giacca e la borsa uscendo con leggero anticipo rispetto agli altri.
L’aria fresca della notte mi rimette al mondo e la respiro a pieni polmoni. Mi sento di nuovo viva e la voglia di fare mi riassale. Non è facile starmene buona. Non è facile mettere a tacere quello che ho dentro, anche se per una notte sola. Il pensiero di te si rifà prepotente, sei qui, in città, e non me ne posso dimenticare, anche solo per una notte. So che è una follia, lo so! Ma ora non riuscirei manco a dormire. È una follia! Rischiare tutto per prendermi un po’ di niente, ma è così che mi sento e mi voglio sentire! Folle.
Senza deciderlo veramente sono già sotto casa di Giuseppe, dove ti appoggi spesso quando sei qui e lui è fuori città per lavoro.
So che sei solo e quindi lo posso fare. È sempre così con te. Un interminabile lista di cose che posso e non posso fare. Salgo le scale, direttamente, senza avvisarti.
Mi apri e il sorriso sicuro che ti si stampa sul volto, mi fa capire che te lo aspettavi, che mi aspettavi. Sei in mutande, scalzo, con l’aria assonnata di chi ha appena lasciato il letto.
“Ciao” ti dico mentre mi chiudo la porta alle spalle e lascio cadere la borsa a terra.
“Spero non ti di dispiaccia.” Mi lasci dire.
“È che da stamattina che non faccio altro che pensarti addosso.”
Mi avvicino e finalmente mi metti la lingua in bocca non lasciandomi dire altro. Con la mano fra i capelli mi spingi a te facendomi sentire in pieno il cazzo duro addosso.
Gli occhi sono aperti, il bacio diventa lento. Le labbra si schiudono, le lingue si intrecciano piano perché a te come a me, piace guardare ogni movimento, ogni rivolo di saliva che da me passa a te.
Bocca dentro bocca mi guidi fino al divano. Ti abbassi le mutande liberando la tua perfetta erezione. Abbassi i miei leggins insieme alla brasiliana, l’odore dei nostri sessi si espande nella stanza, sento la tua carne calda sulla mia. Ti siedi e mi tiri a te, apro le gambe con difficoltà, le ginocchia sul divano, sul bordo. Sento la punta del cazzo spingere, la fica aprirsi. Mi penetri e le tue mani sotto la camicia e poi sotto la canotta alzano il reggiseno per stringere le tette. Sollevi il bacino perché possa prenderti tutto, non riesco a muovermi bene, cerco di scendere più che posso ma il leggins stringe e spingo i pugni sul divano per aiutarmi. Il tuo cazzo dentro e i movimenti che non posso fare bene mi mandano fuori di testa. Voglio godere. Subito, adesso. Lo sfilo via da una sola caviglia. Mi alzo in piedi anche se il mio equilibrio è precario. Ti guardo fisso negli occhi e scendo piano per impalarmi come si deve sul cazzo che ora tieni in mano e che punti al mio buco finalmente aperto e pronto.
Ti prendo tutto, fino in fondo, fino a dentro la pancia. Mi alzo, riscendo e sbatto più che posso per sentire il rumore del culo sbatterti sulle cosce.
Le mani sulle tue spalle larghe seguono il ritmo dei miei affondi, poggi la testa alla spalliera del divano, la abbassi leggermente indietro. Ti sento gonfio, durissimo, vivo.
Ancora su, poi giù, ruoto il bacino spingendomi più che posso sul tuo cazzo e vengo perdendomi nei tuoi occhi accesi che ora mi guardano e godono del mio orgasmo. È tutto veloce, intenso, oh si fottutamente intenso.
“Girati” mi sussurri con la voce rotta dall’eccitazione. E di nuovo in ginocchio e a cosce aperte sulle tue, ti mostro il culo. Con una mano sulla schiena mi spingi leggermente in avanti.
Impugni il cazzo e ti seghi. Finisci il lavoro che non posso finirti io di bocca. Mi sfiori il buco de culo, ansimi. Mi giro a guardarti perché guardarti mentre ti dai piacere è una delle immagini che più mi batte in testa. Pochi secondi e lo sento. Il tuo rantolo e poi il tuo seme caldo. Mi schizzi addosso, sul culo, sulla schiena e sulla camicia non sollevata a sufficienza.
Pochi secondi di silenzio, poi la tua voce calda, soddisfatta.
“Ora devi andare e subito, è tardissimo.”
Ti alzi per prendermi un asciugamano, mi aiuti a ripulire almeno l’organza.
“Ci vediamo domani?”
È più un affermazione che una domanda perché nella mia testa non è assolutamente contemplato un no.
“Ti scrivo quando mi sveglio.” Rispondi con tono sincero.
Mi sento sollevata, leggera.
Mi accompagni alla porta, ti sorrido.
“Buonanotte” e mentre le tue labbra si schiudono per ricambiare mi viene in mente che domani prima di ogni cosa, te la devo mettere in bocca.
di
scritto il
2020-02-10
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