Tu Non Sai..

di
genere
etero

La pioggia battente di questo sabato mattina di allerta meteo, sembra bucare l’asfalto grigio e liscio del lungomare quasi deserto.
È una pioggia fitta, intensa, dal ritmo incessante. Una pioggia che fa rumore, così come i pensieri che sto facendo avendoti qui a fianco.
E sono già così fottutamente spinti che ti infilerei la lingua in bocca senza manco chiederti che ci fai qui.
Ancora non ci credo, cazzo, perché mai avrei immaginato.
Sei venuto in città senza nemmeno avvisare.
E stamattina che neanche avevo intenzione di uscire visto il cattivo tempo, mi ritrovo improvvisamente in macchina con te a realizzare che sei qui e che finalmente ti vedo.
Sono già fradicia e lo sono dal preciso istante in cui mi hai scritto che eri qui.
E non c’è bisogno di confessarti quello che mi smuovi dentro, perché la voglia oscena che ho di te, me la puoi leggere negli occhi accesi sorpresi di vederti. Il tuo essere sensuale puntualmente mi investe. E mi agiti, mi rendi nervosa. Nervosa e incapace di esordire con frasi sensate. Perché quando ti ho di fronte perdo il dannato controllo che tutti mi attribuiscono e che con te va a farsi fottere. Perché quando ti vedo ricordo l’esatto motivo del perché non posso farne a meno.
Mi hai dato 15 minuti per essere pronta e anche se ho dovuto fare tutto in fretta, il tuo scandire il tempo esortandomi a fare presto, mi ha eccitata ancora di più spazzando via ogni pensiero che non fosse quello di raggiungerti. Non ho potuto nemmeno scegliere con cura cosa indossare, l’unica cosa che mi sono concessa sono i cerchi grandi alle orecchie e un’arma di seduzione in borsetta.
Sono arrivata in piazza dove mi aspettavi, correndo e trovando pace solo quando mi sono chiusa la portiera alle spalle.
E ora che dopo un breve giro, ti sei fermato qui, vicino al mare, cerco di non partire in quarta con le mille cose che battono in testa e che ho necessità di dirti. Potrei passare direttamente ai fatti, alla mia solita maniera farti sentire quanto sono bagnata così da evitare parole inutili, invece respiro, sforzandomi di non vomitarti tutto e subito addosso. Perché farfuglierei e tu mi troveresti confusa, combattuta fra il dirti cose sporche e il ricordarti come cazzo mi sento quando mi sei vicino.
È che inevitabilmente, appena sono entrata in macchina e ho visto la tua faccia, ho sentito la differenza fra l’effetto che mi fai tu e quello che non mi fa nessun altro.
È che inevitabilmente, appena mi sono sistemata sul sedile e ho ispirato il tuo odore, ho ripensato all’ultima cazzata che ho fatto e a quanto significhi niente per me avere un altro davanti.
Mentre parliamo divertiti e faccio i conti con la gelosia che mi attanaglia, ti guardo quasi con insistenza seguendo con occhi attenti i movimenti lenti che fai nel fumarti una sigaretta. Sono concentrata su ciò che dici ma il corpo irrequieto ti manda segnali precisi. Il desiderio di metterti le mani addosso cozza con quello di starmene così, con te, anche in silenzio, a fissare il panorama. Mi piace molto il maglione verde che hai e che ti copre il collo, mi rendo conto di dirtelo così, spontaneamente, dal nulla.
Al di là del finestrino il mare è scuro, leggermente increspato. Tutt’uno con un cielo che sembra incazzato e che di schiarirsi proprio non ne vuole sapere. Ogni tanto mi giro per ammirarne la bellezza e distrarmi dal pensiero fisso di scendere giù fra le tue cosce.
I vetri appannati, però, oltre a impedire una visuale nitida, mi riportano con più prepotenza a quello che vorrei succedesse.
È che mi sembra tutto così fottutamente perfetto.
Il temporale fuori. Io e te dentro. Le chiacchiere leggere. La mia voglia esplicita, il tuo lasciarmi dire e fare.
“Sai che ora metterei in pratica ogni cosa di tutte le cose che sempre ti dico?”
Mi guardi malizioso con la consapevolezza che non sto dicendo tanto per dire. Perché è vero. Ti provoco dal primo minuto di questo incontro e
ho così voglia del tuo cazzo che non me fotte nulla di dove siamo.
“Qui passa gente, ci vedono, non si può fare.”
Non mi aspettavo risposta diversa perché a te piace giocare. Ti piace tenermi in attesa solo per vedere fin dove posso arrivare.
Le tue parole le vivo come un invito a continuare perché sai anche tu che la fitta condensa un po’ ci nasconde da quello che è fuori.
“Sai cosa mi piacerebbe più di tutto!?”
Alla mia domanda rispondi prima con un accennato sorriso poi con un secco “cosa?”
“Tu lo sai che voglio prendertelo in bocca.
E posso aprirti i pantaloni, tirartelo fuori, fare tutto da sola.”
Le parole escono fluide e lo sforzo di controllarle l’ho mandato ormai a puttane.
“Quello che mi piacerebbe più di tutto però, è che lo facessi tu, che ti abbassassi piano le mutande e lo impugnassi per segarti. Come tutte le volte che siamo distanti e mi mostri la tua eccitazione. Solo che adesso sono qui e posso goderti dal vivo prima di farmi venire in bocca.”
Non dici nulla ma resti a guardarmi in un silenzio che ora è diventato assordante. Non farai niente di ciò che ti ho chiesto, non qui, non ora eppure ci provo. Con le mani sui pantaloni ti scopro frettolosamente, non mi blocchi ma nemmeno ti muovi. Mi abbasso a leccartelo mentre tu non distogli lo sguardo dalla strada e da chi, nonostante il maltempo, passeggia sul lungomare passandoci a fianco.
Te lo prendo in bocca, istintivamente spingi ficcandomelo in gola, poi mi allontani.
“Devo fare pipì.” Lo dici quasi ghignando perché sei un fottuto bastardo e sai bene che come sono messa ora, mi farei pisciare in bocca qui, così dove siamo. Riaccendi la macchina e riparti, ci lasciamo alle spalle il lungomare, ti fermi al primo bar impedendomi di seguirti mentre farnetico che ti voglio nel primo cesso pubblico a disposizione.
La fica è gonfia e da sola in macchina stringo le cosce per darmi piacere. Mi sento su di giri, bagnata fradicia e in preda a un’irrequieta voglia di venire.
Quando risali la tua intenzione mi appare molto più chiara. Guidi velocemente fino ad arrivare a destinazione.
Una strada appartata, di cui ti avevo già parlato.
E mi va bene essere qui a sentire ancora una volta la differenza. Anche solo per ricordare a me stessa com’è avere di fronte qualcuno che vuoi veramente. Mi sento strana, leggera in un corpo molle e lascivo che vuole solo vederti godere.
Per questo prendo dalla borsa il body trasparente che ho indossato qualche giorno fa per masturbarmi. L’ho preso al volo prima di uscire con il pensiero di giocarmele tutte oggi.
Ti accorgi subito che è ancora sporco del mio orgasmo e lo porti al naso sniffandone l’odore.
Tu non sai che voglia ho di prendertelo in bocca e anche se ti diverte farmi aspettare finalmente cedi.
Ti slacci la cintura, così come ti avevo chiesto prima. Apri i bottoni uno ad uno e scosti le mutande per tirarlo fuori.
Ti guardo negli occhi mentre lo prendi in mano, perché più di tutto è la tua faccia eccitata che mi inchioda a questo folle piacere.
Che spettacolo che sei. E ancora di più lo sei quando sei stravolto dalla smania di fartelo succhiare. Quando non ti controlli più e usi la tua voce calda per dirmi le cose sporche che voglio sentirmi dire.
Mi tiri a te per la nuca e con prepotenza mi spingi sul cazzo. E spingi così deciso che me lo fai arrivare in gola, io annaspo, quasi affogo. Mi sento piena, senza fiato, la tua mano nei capelli mi trattiene, poi mi concede finta tregua.
Ad ogni respiro che mi permetti ripeto come una lagna “voglio il tuo cazzo” per poi riscendere giù e continuare il mio lavoro a mestiere.
Prima di ingoiarlo ancora, lo lecco sputandoci sopra saliva, poi lo annuso e ne ispiro l’afrore.
La lingua spinge sulla cappella scoperta come se volesse stimolarti a pisciare.
Perché quando poco fa mi hai detto che dovevi fare pipì, non ho desiderato altro che farti svuotare nella mia bocca aperta.
Quanto sei stato scorretto a mettermi questa malsana idea in testa. Che figlio di puttana.
Mi strizzi le tette esattamente come mi piace, forte.
Arrivi ai capezzoli nonostante i vestiti, nonostante la posizione scomoda, la macchina, la strada. E più tu stringi forte, io più gemo.
“Voglio succhiarti le palle”.
Tu non sai che voglia avevo di leccarti la pelle ruvida, baciarti l’inguine e incrociare i tuoi occhi accesi mentre mi inciti a succhiare.
Spingi il bacino su, perché riesca a imboccarle tutte, sono tese, piene e ansimo oscenamente agognando di bere il tuo orgasmo denso.
La tua mano mi fruga nei pantaloni, ti avvicini all’orecchio e suadente lo dici.
“Ora ti metto un dito nel culo che a te piace.”
Un solo affondo, sicuro e preciso, tutto dentro, solo perché vuoi sentirmi dire che il cazzo duro e turgido che mi sta scopando la bocca, lo bramo nel culo.
Tu non sai che voglia avevo di sentirmi così, presa e persa nelle tue mani. Così come mai mi sento ogni volta che provo a lasciarmi andare, anche solo per gioco, con un altro.
Continuo a succhiarti alternando movimenti lenti a mosse più audaci.
Tu non sai che voglia avevo del tuo cazzo.
Di essere fra le tue cosce, nelle tue mutande.
Ti sento fremere, un attimo prima di venire e succhio ancora, più veloce, più intensa. Spingi un ultima volta il tuo cazzo nella mia bocca e la mia bocca sul tuo cazzo. Respiri più forte e stringendomi i capelli vieni, ansimi e vieni inondandomi la bocca di sborra calda. Resto attaccata alla tua carne per ingoiare tutto e non lasciare goccia fuori da questa bocca.
Tu non sai che voglia avevo del tuo sapore.
Di succhiarti avida fino a farti esplodere e schizzare nella mia gola.
Ti ripulisco il cazzo e nella mia testa te lo asciugo per bene anche dalla pisciata che ti sei fatto prima.
Tu non sai che voglia avevo di questo fottuto momento.
Di questo fottuto trasporto che rende tutto il resto fottutamente insignificante.
Ti guardo rilassato mentre ti richiudi i pantaloni e metti in moto per andare via.
Sono sfatta e lentamente mi sistemo sul sedile non distogliendo lo sguardo dal tuo profilo serio e impegnato alla guida.
Scivolo con la mano nelle mie mutande fradicie, le dita nella fica entrano ed escono impetuose.
Che spettacolo sei.
Tu non sai che voglia ho adesso di fare l’amore.
scritto il
2022-03-01
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