Ci vuoi Tu

Scritto da , il 2022-06-24, genere etero

Avevo buone intenzioni stasera.
O quantomeno il buon proposito era mettere da parte, anche per un breve tempo, quelle cattive.
L’idea prevedeva una tiepida doccia rigenerante. Un piccolo rituale di bellezza con accurato scrub annesso. I granuli al sale marino avrebbero graffiato la pelle e l’acqua lavato via ogni residuo dalla carne.
Il profumo delicato si sarebbe diffuso nell’intero bagno e accarezzando ogni centimetro di questo corpo, mi sarei ritrovata, al tatto, più liscia e più tonica.
E invece niente, cazzo. Niente riesce a distogliere l’attenzione dal nostro ultimo incontro.
L’acqua continua a scorrermi addosso mentre persa nei pensieri che faccio, fisso il barattolo dell’ erboristeria che non ho ancora nemmeno aperto.
È che appena mi sfioro, il ricordo delle tue mani audaci arriva prepotente e non riesco a pensare a qualcosa che non sia averti qui e scoparti ancora.
Perché è una necessità rivivere il piacere che sai darmi. È un’esigenza toccarmi e venire ripensando ai nostri intensi orgasmi.
Che scelta stupida la mia. Cercare distrazione da quello che è stato, facendo una doccia.
Una doccia! Quando è proprio la doccia che hai fatto prima di andare via, a battermi in testa senza tregua. L’ultima immagine che ho di te, prima che uscissi da quella porta lasciandomi sola sul letto.
Quella cabina completamente trasparente, messa apposta di fronte al letto della camera d’albergo in cui siamo stati martedì, è stata pensata di sicuro per farmi male.
Non ci sono altre spiegazioni.
Sdraiata su quelle lenzuola sfatte e sporche di noi, ti ho guardato rapita, con una mano fra le cosce e con una fottuta voglia di averti ancora e ancora. Ma dovevi andare.
Appoggio la fronte alle mattonelle umide e scivolose. Il getto d’acqua picchia sulla nuca e l’idea di quello che doveva essere questo momento, va a farsi fottere definitivamente.
Chiudo gli occhi godendomi il fremito che mi attraversa il corpo, arriva giù dal profondo e si fa strada, lo sento risalire fino a bruciarmi nella pancia. Parole e immagini mi affollano la testa, ritorno sulle cose dette e non dette solo per ricordare ogni istante del poco tempo passato insieme.
“Sei bello.” Questo ho pensato appena ho aperto la porta e mi sei piombato davanti.
E anche se ho taciuto, è stata la prima fottuta cosa che avrei voluto dirti. “Sono pazza di te.”Avrei continuato ad oltranza. Solo che ho trattenuto ogni parola in gola per non sembrare patetica ai tuoi occhi e pure ai miei.
D’altronde guardami. Non lo sono anche ora, che mi tocco con foga ripercorrendo ogni virgola del nostro incontro?
Cosa avresti detto se vestita da puttana, così come ti ho accolto martedì, ancora una volta ti avessi detto quello che provo. Quando mi sono avvicinata lo hai sentito il mio corpo fremere? L’hai sentita l’irrequietezza che mi invade sempre nell’esatto momento in cui ti affondo il naso nel collo per sniffare il tuo odore? Non ti ho dato nemmeno il tempo di entrare, è vero. Ma cazzo, non sai quanto mi era mancato tutto e, semplicemente, te l’ho voluto dire subito e ansimando.
Sono corsa in albergo e non ricordo neanche come. Volevo solo arrivare, chiudermi la porta di quella stanza alle spalle e vivermi l’eccitante attesa.
E quando sei arrivato sbattendomi ancora una volta in faccia l’effetto che mi fai, ho cercato per pochi istanti un briciolo di ritegno. Ho aspettato buona che andassi in bagno nonostante l’istinto fosse quello di aprire la porta del cesso anche solo per vederti pisciare. Lo stesso istinto che avrei ora, se solo varcassi la porta di casa mia.
Sono fradicia. E l’eccitazione che non riesco più a tenere a bada scivola giù fra le cosce insieme all’acqua battente.
“Siediti sul letto.” Così ti ho detto. E ora la stessa voce che rompeva il silenzio di quella stanza, rimbomba fra queste mura, desiderosa di ripetersi ancora. “Siediti sul cesso.” Ti direi ora. “Guarda come godo.”
Doveva essere un ordine il mio e invece è stata una preghiera.
Mi fa impazzire il tuo lasciarmi fare. Quel tuo dirmi fra le righe “fammi vedere un po’ quello che sai fare.”
Ti ho guardato sorridendo perché tutto quello che più volevo era davanti a me. In quella stanza piccola dalle luci soffuse, in quell’albergo senza pretese dove si va per scopare.
In quello spazio stretto dove non servono mai spiegazioni o parole, a meno che non siano volgari.
Seduto, con la sigaretta fra le dita, ti sei messo comodo e io già godevo a pensarti nudo fra le mie mani. Ero di fronte a te, nel mio body di pizzo nero, auto reggenti e tacchi. La gonna leggera l’avevo messa solo per poi giocare a toglierla.
Sta tutta qui la differenza. Non ero nel mio cesso, in questa doccia da sola. Non eri al telefono. La tua faccia non era sul mio display. La tua voce non era in un fottuto audio. Ogni parola sporca ce la siamo detti in bocca fra uno sputo e un bacio. Ho ballato per te, mi sono esibita dal vivo. Ho giocato sporco solo per farti eccitare e poi godere della tua eccitazione.
Ho tutto così ancora attaccato addosso che mi sembra di sentire la stessa canzone, nonostante il rumore dell’acqua. Quando ho fatto partire la musica dal mio cellulare, ho iniziato a muovermi lentamente seguendone il ritmo. Le mani scivolavano sinuose sulle calze, ho alzato la gonna sui fianchi scoprendo il ricamo delle auto reggenti e soprattutto il culo. Volevo essere sensuale e per esserlo come mi piace, avevo bisogno dei tuoi occhi addosso, accesi, come tutte le volte che ti mostro me stessa senza inibizioni. Sono scesa lentamente sulle ginocchia, poi mi sono rialzata. Non ho resistito un minuto in più e ho messo fine alla mia danza solo per avvicinarmi e ingoiare la tua possente erezione.
E quando ero sopra, a cavalcioni su di te, ti ho messo la lingua in bocca e non sai quanto lo volevo. Mi strusciavo sul cazzo duro e lo sentivo. Sfregarmi la fica, il culo.
Le mani, di riflesso a ciò che mi sta attraversando la mente, afferrano le tette bagnate e stringono.
Hai cercato i capezzoli con i denti, li hai morsi forte, era un dolore che mi toglieva l’aria e più faceva male e più te ne chiedevo.
Con la mano sulla nuca mi hai spinto con impeto giù fra le tue cosce e nelle tue mutande. Te l’ho preso in bocca e ho succhiato ma poi mi sono allontanata perché ti volevo nel culo e tu volevi il mio culo, ma non prima di giocare ancora.
La prima cosa che ho messo in borsa quando mi hai detto che saresti venuto, è stato il dildo.
Per farti vedere dal vivo quanto mi fa bagnare il tuo essere stronzo ogni volta che al telefono mi dici “per te ci vogliono solo cazzi grandi.”
L’ho preso e, poggiata allo specchio che era alle mie spalle, ho iniziato a leccarlo con audacia non distogliendo mai lo sguardo dal tuo cazzo. Ne avevo ancora il sapore in bocca e quella, altro non era, che una squallida recita messa su per farti alzare di scatto e riempirmi della tua carne dura.
Con impeto esco dalla doccia, mi asciugo alla meglio e sempre alla meglio mi trucco.
Faccio tutto freneticamente perché la scena che ora mi passa davanti agli occhi mi fa colare copiosamente e ho urgenza di venire.
Prendo dal cassetto un vestitino aderente e trasparente nero. Infilo i sandali alti e irrequieta mi piego in avanti poggiando le mani alla parete della mia camera da letto.
È vestita da puttana che mi hai preso da dietro martedì nel nostro albergo e puttana voglio essere mentre oggi ci ripenso.
A pecora, con le mani spalmate sullo specchio, ti ho guardato perdendomi nella tua espressione attenta e impegnata ad alzarmi la gonna sui fianchi.
Mi hai scopato il culo, lasciando che ammirassi le nostre facce stravolte dal piacere. Mi hai tirato a te per i capelli per sussurrarmi all’orecchio “troia.”
Mi hai sbattuta sul letto e aprendomi le cosce mi hai messo il cazzo nella fica scopandomi come solo tu mi sai scopare. Non mi basto ora, non mi bastano due dita dentro per sentire quello che voglio sentire.
Devi entrare in questa cazzo di casa e mettermelo ancora nel culo, adesso, così come sono ora.
Ti voglio addosso, qui, sul mio letto a sussurrarmi in bocca che una come me va portata e chiavata in quell’albergo da quattro soldi.
Ho alzato gli occhi mentre mi scopavi e dallo specchio al soffitto ho ammirato il tuo corpo nudo e il tuo culo muoversi ritmicamente in affondi precisi e studiati.
Voglio montarti sopra ancora, metterti le tette in bocca. Cavalcarti forte e bloccarti le mani fino a venirti sul cazzo.
Aumento il ritmo delle dita, con movimenti armoniosi continuo a danzare sulla mia mano come se fossi lì in quella stanza a ballare ancora per te.
Sento il piacere arrivare, la lingua sulle labbra esattamente come quando ti ho guardato prima di riscendere fra le tue cosce e succhiarti il cazzo ancora.
Mi sei venuto in bocca. Ho ingoiato il tuo piacere caldo e leccato ogni goccia di sperma che ti ha sporcato la pelle.
Ci vogliono cazzi grandi per me.
Ci vuoi tu.

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