Dal mio diario

Scritto da , il 2018-10-26, genere esibizionismo

25/10/2018

Abbiamo dei biglietti numerati ma, se volessimo, potremmo cambiare posto ogni dieci minuti: siamo soli, gli spettacoli pomeridiani non vanno molto da queste parti.
Trovo curioso che quelli che ci ha assegnato l'annoiatissima signorina all'ingresso siano gli unici posti con le poltrone pieghevoli già predisposte per accomodarsi: quando accade qualcosa di bizzarro, la mia fantasia - preso per mano il mio istinto di conservazione e una buona dose di trame con situazioni assurde - si accende, e mi suggerisce degli scenari tanto improbabili quanto possibili…
Le luci si spengono.
Concentrati sui coming soon, ignari di tutto tranne che dello schermo e dell'odore unticcio di popcorn nell'aria, non possiamo certo vedere alle nostre spalle: la porta sul retro della sala si sta aprendo.
Lentamente, senza fare rumore, una figura scura si avvicina, i passi attutiti dalla moquette polverosa.
Costeggiando il perimetro della sala, quella persona sconosciuta decide di prendere come sua dimora temporanea la poltrona alla mia sinistra, solo una fila dietro.
“Con tutto il posto che c'è, se ha deciso di mettersi proprio lì non deve avere buone intenzioni...”
Ho sempre odiato le sale dei cinema e dei teatri, tutti quei luoghi in cui non posso guardarmi alle spalle.
Rabbrividisco e pongo un limite al terrificante film che mi sto facendo.

Le luci si spengono.
Mi prendi la mano e la stringi un po': forse vuoi essere sicuro che il buio non mi abbia portato via, consapevole che così tante volte me ne sono andata e altrettante, impossibili da contare, saranno quelle in cui me ne andrò ancora.
Più di una volta mi hai paragonata a Persefone: sei mesi nell'oscurità con Ade e il resto dell'anno in superficie, con Demetra. Non abbiamo ancora deciso chi sia chi, ma dici sempre che quando siamo insieme è comunque primavera, anche se il sole non dovesse brillare nemmeno un giorno.
Ti avvicini e mi baci, dapprima teneramente, via via più deciso: mi entri dentro, piano piano e poi profondamente.
Le tue mani ora sono su di me. Dietro il collo, s'un seno: so che stai maledendo il maglione che ho addosso, ma in questi giorni ho sempre freddo.
Una lama di luce filtra appena sotto le mie palpebre chiuse: è entrato qualcuno.
Apro gli occhi e mi stacco bruscamente da te: sono due ragazzi, arrivati appena in tempo per lo spettacolo che sta per iniziare.
Facciamo finta di niente, guardandoci con due sorrisi trattenuti a stento.
I due si vanno a sedere quattro o cinque file dietro di noi: che palle, mi stava venendo una mezza idea…
Il film inizia e il buio, se possibile, si fa ancor più intenso.
Seguo distrattamente. Il genere non mi piace troppo e tra qualche risata intervallata da momenti di vuoto cosmico, inizio a chiedermi perché diavolo non ho detto di no.
Poi, gradualmente, inizio a sentire un formicolio, un'eccitazione che parte dal calore tra le mie gambe e mi arriva al petto: l'eco dei baci mi fa tornare in mente la mezza idea di prima e inizio a portare, discretamente, la mano sul cavallo dei tuoi pantaloni.
Mi guardi interrogativo: non ho mai fatto niente del genere e pur sapendo che da dietro non ci possono vedere, l'idea mi fa venire ancora più voglia.
Ti accarezzo, la rigidità dei jeans non basta a nascondere la tua reazione: te l'ho fatto diventare duro e mi pregusto già le conseguenze.
Armeggi con la cintura: Dio, non posso credere che tu lo stia facendo davvero!
Mi lasci entrare con la mano sotto i boxer… Circondo la tua pelle vellutata con le dita: curve della carne, rilievi e pieghe che si schiudono sotto i miei movimenti, tutto è caldo e duro e bellissimo…
Armeggi ancora, questa volta per estrarlo e darmi libertà di accesso.
Non me lo faccio ripetere due volte.
Ti tocco e tu chiudi gli occhi.
Ti sento sospirare e prego mentalmente che non ti scappi un gemito in un momento di silenzio del film.
Vado lenta: quanto vorrei succhiartelo ora, ma sarebbe troppo e non voglio perdermi il divertimento.
Inizi a muovere il bacino, assecondando il mio movimento: chissà se da dietro si capisce qualcosa…
Mi lecco un dito, è bagnato di te: il momento giusto per smettere.

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