Sotto la superficie

di
genere
saffico

Monica si era seduta sul bordo del letto con la grazia felina che la contraddistingueva, le sue gambe lunghe e magre incrociate l’una sull’altra mentre i piedi nudi penzolavano a pochi centimetri dal pavimento. L’abitazione era immersa nel silenzio notturno, le tenui luci d’una lampada da comodino tingevano il volto di bagliori d’ambra e proiettavano ombre morbide sulle pareti beige. Alessia, appoggiata allo stipite della camera, la studiò per un lungo secondo: il top cipria in tessuto leggero aderiva al busto sottile di Monica, permettendo di scorgere il bottone turgido di un capezzolo pronto a farsi notare; gli shorts di jeans consumati mettevano in mostra cosce da ballerina slanciate che riflettevano la luce, quasi di porcellana.

Il cuore di Alessia prese a tamburellare più forte, un misto d’adrenalina e timore infantile di sbagliare. Erano amiche da sempre, ma negli ultimi mesi l’aria era cambiata: sguardi più lunghi, risate troppo vibranti, brividi diffusi lungo la pelle quando, per caso, vi si era sfiorate. Quella sera avevano superato il confine: erano arrivate a casa di Monica dopo una festa, ubriache di musica e fragore, e senza nemmeno darsi il tempo di riflettere si erano ritrovate in camera da letto.

«Allora…» Alessia si spostò di qualche passo, la gonna di pelle nera che scricchiolava appena ad ogni movimento. «Cosa vuoi sperimentare, davvero?»

Monica aggrottò la fronte con un sorriso tremolante, poi sollevò il mento. «Tutto quello che non abbiamo mai avuto il coraggio di chiedere.»

La risposta, sussurrata, colpì Alessia come una carica elettrica alla base dello stomaco. Non conosceva l’ignoto che li aspettava, eppure il desiderio di tuffarvisi era più forte delle paure. Si sedette accanto all’amica; il materasso sprofondò appena sotto il loro peso, facendo convergere le loro braccia. Il contatto generò un fremito condiviso.



Alessia si costrinse a rallentare. «Iniziamo lentamente, va bene?»

Monica annuì, ma i loro corpi sapevano già che la lentezza sarebbe durata poco. Le dita di Alessia si posarono sull’avambraccio di lei, percorrendolo con leggerezza fino alla spalla; lì si insinuarono sotto la sottile bretella del top, scorrevoli come seta, e la fecero scendere. Il piccolo seno di Monica sbucò fuori, pallido, perfetto: una mezzaluna tenera, con l’areola appena accennata nel color pesca e il capezzolo duro che reclamava attenzione.

Un respiro trattenuto si trasformò in sospiro quando Alessia si chinò in avanti. La lingua sfiorò il capezzolo: un contatto umettato, quasi innocente, ma sufficiente a far irrigidire Monica che emise un gemito rotto. «Oh… Alessia.»

Il suono del proprio nome sulle labbra dell’amica fece salire il desiderio di Alessia fino alla gola. Avvicinò di più il volto, chiuse la bocca intorno a quel piccolo granello di sale e zucchero, lo accarezzava con la punta, lo succhiava con ritmo lento. Con la mano libera tracciava cerchi sul braccio e poi sulla schiena di Monica, invitandola ad abbandonarsi.

Monica si obbligò testarda a lasciar andare la testa all’indietro; le mani si erano strette intorno alle copte piegate del lenzuolo. Il suo corpo vibrava, la pelle si copriva di brividi. «Sei… così brava» mormorò, la voce che saliva di tono all’ultima sillaba.



Alessia sentì i suoi umori scendere lentamente tra le cosce, un calore che le fece stringere i muscoli addominali. Sollevò la testa, il respiro caldo sul seno di Monica. «Sei pazzesca» dichiarò, lasciando che le dita scivolassero lungo il petto piano, oltrepassassero l’ombelico e arrivassero al bordo degli shorts. Il bottone scattò con facilità; la cerniera scese con un suono morbido.

Monica sollevò le anche senza bisogno di parole. I shorts le scivolarono via, lasciandola libera di gambe aperte. La sua pelle, ovunque, era lattiginosa; l’intera area inguinale era rasata con cura, e la fenditura brillava di umidità che rifletteva la luce. Il profumo di piacere misto a deodorante dolciastra saturò l’aria.

Alessia si inginocchiò sul pavimento di fronte a lei; il cuore le rimbombava nelle orecchie. Posò una mano sul ginocchio, lo aprì piano, poi l’altro, finché Monica si ritrovò spalancata davanti al suo sguardo. Il clitoride era gonfio, emergente; le piccole labbra rosse e lucide tremolavano come se avessero un battito proprio.

«Sei pronta?» sussurrò Alessia, il proprio respiro che le riscaldava l’interno cosce.

Monica annuì, la gola contratta, gli occhi socchiusi e luccicanti. «Si...ti prego.»

Alessia si chinò. Allungò la lingua, lambì il punto magico dal basso verso l’alto, assaporando la prima goccia salmastra che si diffuse sulle sue papille. Monica sbottò un gemito roco, la schiena si inarco. Continuò: tratti lunghi, lenti, come volesse dipingere con la lingua ogni millimetro di quella fessura affamata. Quando raggiunse il clitoride, lo circondò, ci rimase a passarvi sopra in piccoli movimenti orizzontali; la sua destra saliva e scendeva percorrendo l’interno coscia, accarezzando, poi allungandosi; due dita, indice e medio, entrarono a scorrere dentro la passera calda, scivolosa.

«Dio… sì…» Monica spostava il bacino seguendo il ritmo, il fiato che diventava colpi corti d’aria. «Ancora, ti prego.»

Alessia non ebbe bisogno d’inviti; immerse le dita più in profondità, trovando quel punto rugoso interno dove bastava un leggero strusciare per farla gracidare; la bocca chiudeva intorno al clitoride, sfiancandolo fra leccate e succhiate ritmate. Monica si irrigidì, lo squarcio di piacere che esplodeva sotto il velo della pelle: veniva, e lo urlava. «Sto… cazz… venendo!» Un battito vibrava dentro di lei, si irradiò fino alle punte dei piedi.

Non era finita. Al contrario, il tempo accelerò. Alessia continuò a penetrarla con le dita mentre la sua lingua disegnava otto infiniti intorno al bottone sensibile; Monica perse la cognizione, veniva ancora, un secondo orgasmo scuotendole le gambe e un terzo che le strappò una serie di singhiozzi consapevoli di diventare presto lacrime di gioia.

Quando rallentò, Monica era sparpagliata sul letto come una bambola a cui fosse stato tolto l’ossame di lustrini: tremolii di tanto in tanto, respiro affannoso, pelle madida di sudore. Alessia si tirò su in ginocchio, si passò la lingua sulle labbra per assaporare di nuovo il sapore di quella passera. Il proprio sesso era così congestionato da farle venire il solletico ad ogni minimo movimento della gonna.

Monica riaprì gli occhi, due smeraldi annebbiati. «Ora tocca a te,» mormorò, e la sua voce si era abbassata a un timbro rotto ma determinato. «Voglio assaggiarti.»

Si rimise in piedi, fece scorrere la lampo laterale della gonna: il pelle si aprì come una conchiglia, lasciando passare l’aria fresca sul suo ventre, sul suo sesso depilato, gonfio e lucente. Il tessuto scivolò a terra con un tonfo sordo. Rimase nella maglietta nera corta, ma nulla più.

Monica scorse la piena nudità e si mise a sedere sul letto, il suo volto aperto di meraviglia. «Sei stupenda.»

Tutto ciò che Alessia seppe fare fu sorridere, poi si sdraiò supina sul letto, le gambe piegate e divaricate, quel sacro luogo proteso verso il cielo come un invito dionisiaco. Monica si chinò in avanti, si portò tra le cosce di Alessia, inspirò l’aroma caldo di donna desiderosa.

Non perse tempo in cerimonie: la lingua si tuffò nel solco umido, si portò su finché non trovò il clitoride turgido, lo colpì con movimenti cuneiformi; l’interno delle sue labbra afferrava la carne di Alessia, succhiava, la scuoteva. Le dita di Monica, magre lunghe, entrarono: una prima, poi due, piegate a uncino per frugare contro la parete anteriore dove sapeva celarsi il paradiso. Alessia sbuffava, il piacere era diventato una corrente diretta, un cavo elettrico che le risaliva la colonna.

«Più forte…» riuscì a dire. «Fai quello che vuoi.»

Monica aumentò il ritmo, il viso affondava e riaffiorava, la bocca lasciava scia di labbra e lingua e saliva calda. Quando sentì l’amica irrigidirsi, infilò un terzo dito; con il pollice premette il clitoride, lo massaggiò in circolo. Alessia urlò, un urlo rotto che vibrò in fondo alla gola: l’orgasmo la colpì con la violenza d’una onda, le contrazioni della sua passera avvinte intorno alle dita di Monica, il piacere le esplose come macigni di luce calda, le faceva stringere il letto con le mani, le reni sollevate.

Non finirono. Le due ragazze rotolarono l’una sull’altra, baci tra le cosce, dita che andavano e venivano, lingue che pompavano succo di piacere. Vennero ancora, insieme o di seguito, dimenticandosi di contare, di parlare. Il tempo era sospeso, fuori il mondo taceva.

Affrante, sudate, tremanti, si strinsero infine l’una nell’altra, sguardi lucidi. Il primo barlume d’un sole invernale tingeva d’arancio l’orlo della finestra, infilandosi tra le persiane socchiuse. In fondo alla strada un motore si era spento, e l’assenza di traffico faceva sembrare la casa sul ciglio dell’universo.

Alessia accarezzò la guancia di Monica, le strinse il mento tra indice e pollice. «Non siamo più etero,» sussurrò, quasi sorpresa di quanto le uscisse naturale.

Monica si fece vicina fino a sfiorarle il naso con il proprio, socchiuse le labbra in un sorriso stanco, felice. «No,» confermò, «non lo siamo mai state davvero… Solo non lo sapevamo.»

Si baciano lente, la lingua di Monica che assaggiava ancora l’essenza propria di Alessia; le dita intrecciate, i corpi nudi che si cercano anche mentre rallentano, felici di abbracciare il nuovo giorno. Il sole saliva: una macchia rosa e oro all’orizzonte. Nessuna delle due fece per muoversi dal letto. Il mondo poteva aspettare: avevano un intero universo da esplorare dentro la loro pelle.
scritto il
2025-12-23
4 3 3
visite
2
voti
valutazione
8
il tuo voto
Segnala abuso in questo racconto erotico

Continua a leggere racconti dello stesso autore

racconto precedente

Camilla e la Disco

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.