La Penitenza

di
genere
tradimenti

Sebastiano e Laura ci hanno invitato a cena. E ora siamo nel loro terrazzino, seduti al tavolo di ferro. L’aria di Agosto non ci fa respirare, si sente il frinire delle cicale. Sopra di noi la catenaria di lampadine illumina la tovaglia bianca con i sacchetti di carta appallottolati di Sushi Hiro, i vassoi di plastica neri e vuoti. Alessandra ha preso il sashimi, Laura i maki, io e Sebastiano ci siamo buttati sulla roba cinese.
Sebastiano si versa l’Amarone nel calice. Si è rasato i capelli e ha lasciato un accenno di barba bionda. Guarda me e Ale, poi la moglie. «Vi volevo proporre un gioco.»
Laura sorride. I capelli neri lambiscono le scapole, indossa un vestitino floreale con le spalline e i seni si rilassano nello scollo. «Ancora?» Fa una smorfia. «Io eviterei.»
Lei e Sebastiano stanno insieme da otto, forse nove anni. Ho sempre pensato che Laura fosse scopabile, nulla di più. Lui alle superiori cambiava una ragazza a settimana. Poi ha conosciuto lei e si è fermato.
Mia moglie, Alessandra, accavalla le gambe fasciate nei jeans aderenti. Poggia le mani sulle ginocchia e li guarda, curiosa. «Che gioco?»
Laura solleva una mano, la smuove in aria, come per dire lascia stare, e i seni oscillano nel cotone del vestito. «Un gioco che ha preso su internet.»
Sebastiano appoggia il calice di rosso sulla tovaglia e annuisce. «La Penitenza, si chiama. Magari ci avete già giocato.»
Gli diciamo che no, non lo conosciamo. Ce lo spiega, e io guardo lui e ogni tanto Laura con i suoi seni. Sebastiano ci dice che si gioca in due coppie, e a turno ogni coppia pesca una carta. Le domande sono a risposta multipla e ogni risposta equivale ad un punto.
Sebastiano precisa che le domande sono a sfondo sessuale. Ridiamo tutti, perché l’idea stuzzica e accende, intanto Alessandra allunga una mano sulla mia. Intorno a noi ci sono i vasi di cactus, quelli di ciclamini, i rampicanti.
Sebastiano continua, il primo che arriva a dieci punti vince. Chi perde pesca la carta Penitenza, che può essere per Lei o per Lui.
Sospiro, guardo Alessandra che ha i capelli castani legati con una coda. «Che dici, proviamo?»
Lei mi tiene ancora la mano e sorride. Guarda Sebastiano, dubbiosa. «Le penitenze come sono?»
Lui allarga le braccia. «Dipende. Può capitare una cosa tranquilla, tipo un bacio a stampo. Oppure altro.»
Mia moglie ride. «È l’altro che mi preoccupa.»
Sebastiano si alza per prendere il gioco e nessuno lo ferma, poi torna e quando iniziamo ho l’adrenalina che mi afferra lo stomaco.
La partita è combattuta, ma alla fine vinciamo. Non conosco le penitenze, ma spero che esca qualcosa di forte. Con Alessandra abbiamo un conto aperto. La scopata che si è fatta con il suo collega sei mesi fa ha aperto una frattura. L’ho perdonata, a fatica, ma una parte di me vuole essere risarcita.
Sebastiano pesca una carta dal mazzo con il dorso nero e la scritta rossa Penitenza.
Vedo che sgrana gli occhi.
Laura si sporge, avvicinandosi al marito. Al centro della schiena nuda c’è il nodo del vestitino e ho la conferma che non indossa il reggiseno. «Che è questa faccia? Fammi vedere.»
Laura torna sulla sua sedia, fissa Sebastiano preoccupata e scuote la testa. «Non lo faccio. Scordatelo.»
Ha pescato male.
Io e Ale vogliamo sapere, Sebastiano gira la carta per farci leggere. “La Lei deve fare un pompino al Lui della coppia vincente”.
Un pompino, da Laura.
Sento la camicia appiccicata alla schiena.
Sebastiano posa la carta sul tavolo, accanto alla bottiglia di Amarone mezza vuota. Si massaggia il collo, guarda prima Ale, poi me. «Che si fa?»
Alessandra scrolla le spalle. «La penitenza è penitenza.»
Laura la fissa, allibita. «Siete seri?»
Sebastiano sistema la schiena sulla sedia, mi fa un cenno con il mento. «Tu che ne pensi?»
«Deve decidere Laura.»
Spero che lei cambi idea.
Perché una cosa così non ricapita.
Laura scruta il marito con un’espressione contrariata. «Non ti fa schifo che succhio il cazzo di un altro?»
Sebastiano sospira. «È un gioco, una cazzata. Domani ci dimentichiamo tutto e la prendiamo a ridere.»
Laura si alza con uno scatto e la sedia in ferro battuto arretra raschiando sul gres porcellanato. Si scola il suo calice in un sorso. È incazzata di brutto, mi fissa. «Giulio, ti aspetto in camera.» dice secca. Entra in casa lasciando dietro di sé la traccia di un profumo intenso.
Mi alzo e lo sento gonfiarsi nei boxer.
Alessandra mi guarda un secondo, distoglie lo sguardo e capisco che va bene così. Che questo è il suo modo per ripagare il debito.
Sebastiano fissa la carta sul tavolo.
Rientro nel salotto, in un angolo c’è un ventilatore che gira e ronza. Mi infilo nel corridoio, la porta della loro camera da letto è aperta e la luce è accesa.
Mi affaccio e la vedo, seduta sulle lenzuola celesti al bordo del letto. Il vestitino è corto, rivela le cosce abbronzate, Laura è più che scopabile.
Entro, mi arriva di nuovo il suo profumo. «Laura.»
«Chiudi la porta.»
La chiudo. Ho caldo, il cazzo spinge nei boxer. Mi avvicino, a terra c’è il parquet e sulla parete un enorme armadio bianco con le ante scorrevoli.
Laura si alza, si inginocchia davanti a me e slaccia la cintura dei jeans. Vedo l’apertura vertiginosa del vestitino, la forma tonda dei seni. Deglutisco.
Mi tira giù i jeans, i boxer.
Prende il cazzo in mano e passa la lingua sulla punta.
Non è vero, non sta succedendo.
Laura solleva lo sguardo. «Ho accettato solo per ripicca.»
Annuisco, non mi interessa, la sua lingua mulina intorno al glande. Fa entrare tutto il cazzo in bocca, lo sento dilatarsi fino all’estremo.
Prendo aria.
Laura fa scorrere le labbra piano mentre la mano è ferma alla base. Se lo fa arrivare fino in gola, lo tira fuori e un filo di saliva cola sul parquet. Lecca la punta, facendo cadere le mie resistenze.
Non potevo immaginare.
Me lo prende in bocca, ancora.
«Voglio venirti in bocca,» gli dico in un soffio.
Lei lo tira fuori, inarca le sopracciglia. Sorride con le labbra che non hanno più il rossetto. «Addirittura?»
«Di solito non lo fai?»
Spalanca la bocca e comincia a scuotere il cazzo bene.
Rantolo, mordendomi un labbro.
Tre schizzi di sperma centrano la lingua.
Poi mi dice che in camera c’è il bagno e ne approfitto per pulirmi.
Sono venuto in bocca a Laura.
Sento la porta della camera che si apre e quando esco non la trovo, riprendo il corridoio, torno fuori dove c’è lei, Sebastiano e Alessandra.
Siamo tutti tesi, imbarazzati, parliamo a fatica. Ho la testa leggera. Ci salutiamo, bella serata, io e Alessandra scendiamo in strada senza rivolgerci la parola. Raggiungiamo la nostra Nissan, parcheggiata accanto ad una fila di pini immersi nel buio.
Accendo il motore, dal finestrino abbassato entra l’odore di resina. «Vuoi parlarne?»
Alessandra si allaccia la cintura, mi guarda. «Ti è piaciuto?»
«Amore, dai.»
Lei abbandona la testa contro il sedile. «Non sono arrabbiata. Voglio solo sapere se ti è piaciuto.»
Sospiro, siamo pari e lo sa anche lei. «Sì, mi è piaciuto.»


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scritto il
2025-12-01
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