Diamanti

di
genere
etero

Arrivo al cinema Ariston, decido di aspettarlo davanti alla locandina illuminata di Diamanti di Ozpetek.
È più ritardo di me.
La gente mi passa davanti, avvolta nei cappotti e nelle sciarpe, si infila nel multisala.
L’ho conosciuto su Tinder, dopo un match.
Mi ha detto sei bella, altre due cazzate.
Per due settimane abbiamo parlato del nulla, ci siamo impantanati in battute a sfondo sessuale.
Scrollo la home di Instagram, i reel di cucina.
È dicembre, il freddo attraversa i collant troppo leggeri.
Lo riconosco, viene verso di me, è alto, il colletto bianco della camicia emerge dal Montgomery nero.
Dal vivo fa sangue.
Si scusa per il ritardo, non c’era parcheggio.
Mi saluta con un bacio sulla guancia e distinguo il profumo buono, Abercrombie.
Ha i capelli castani, più corti rispetto alla foto su Tinder, la mascella prominente.
So che ha trentaquattro anni e fa il geometra.
E che sa filtrare, giocare con le parole.
Entriamo nel cinema dove la gente chiacchiera in attesa.
Io voglio vedere Diamanti di Ozpetek, lui una banale commedia con Siani e Pieraccioni.
Cedo, ma che cazzo.
I biglietti li paga lui, gli dico Ti rido i soldi, non li vuole e non insisto.
Ha perso un punto, ma ha recuperato subito.
Con Marco facevamo una lui e una io.
Siamo andati avanti così per sette anni.
Fino a due mesi fa quando mi ha lasciata per un’altra.
Ci infiliamo nella sala verde che odora di popcorn.
Hanno spento già le luci e stanno dando i trailer, ci sediamo al centro della penultima fila.
Nel buio vedo due teste alle prime file, altre due teste nelle file intermedie, e poi una distesa di sedili vuoti.
Lui si toglie il cappotto. «La sala è vuota.»
Sorrido, soddisfatta. «Stanno vedendo tutti Diamanti.»
Inizia il film, dalle casse subwoofer arrivano forti le voci degli attori.
Mi appoggia una mano sulla coscia.
Non dico nulla, lui viene avanti con il viso, mi bacia e aggancio la mia lingua alla sua.
Il primo bacio post Marco.
Mi fermo, gli dico che con il cappotto addosso sto scomoda.
Vedo che sorride nel buio, è bello, mi libero di quell’ammasso di lana, lo piego e lo appoggio sul sedile di fianco.
Ricominciamo a baciarmi, la sua mano torna sulla mia coscia.
Mi sono bagnata e me rendo conto solo ora.
Lui fa scivolare la mano sotto al vestitino, e quando la infila nei collant mi arriva una scarica di freddo sull’inguine.
Rido.
Lui mi fissa, spaesato.
«Che ti ridi?»
«Hai la mano gelida.»
Non mi ascolta, fa scendere la mano nel perizoma.
Mi ficca nella fica due dita spesse.
Mi mordo un labbro e lo guardo negli occhi.
«Stronzo.»
Ho di nuovo la sua lingua in bocca e le dita che fanno avanti ed indietro, fra le gambe ho un lago, lo sento, e ansimo tanto i subwoofer coprono tutto.
Gli accarezzo il cazzo da sopra i jeans, è duro e pare scoppiare.
Andiamo avanti così fino a quando le luci si accendono.
Di nuovo silenzio, ci scolliamo l’uno dall’altra.
Sollevo il sedere dal sedile per permettergli di togliere la mano dalle mie mutande.
Vedo che un signore anziano si alza, fa lo stesso anche un altro uomo con un maglione rosso.
Distendo il vestitino nero, coprendo mezza coscia.
Lui ha una gobba enorme sotto i jeans.
Osserva la sala, poi mi guarda. «Vado a prendere qualcosa al bar. Tu vuoi qualcosa?»
Rido, con un cenno della testa indico l’erezione. «Ci vai così?»
Sorride. «Magari aspetto due minuti.»
Inarco le sopracciglia. «Magari.»
Gli dico che non voglio nulla, lui si alza ed esce dalla sala.
Una signora si alza e va in bagno.
Dopo qualche minuto lo vedo rientrare con un barattolo di popcorn in mano, appena si siede mi arriva una svampata di Abercrombie.
Incastra il secchiello nel buco fra i nostri sedili.
Le luci si abbassano, inizia il secondo tempo, mi viene fame e gli sfrego qualche popcorn leggera e croccante.
Poi finiscono, e allora lui sfila il barattolo e lo appoggia a terra.
Avvicina la testa, mi bacia sul collo facendomi venire un brivido sulla schiena.
Mi accarezza una coscia. «Andiamo in bagno» sussurra all’orecchio.
«Per?»
Non risponde e mi bacia.
A trentadue anni non mi chiudo nel bagno di un cinema a scopare.
Abbiamo le lingue che sanno di burro e sale.
Gli slaccio la cintura al primo tentativo, apro il bottone dei jeans e tiro giù la zip.
Tocco i boxer e trovo un’erezione al suo apice.
Mi chino verso il suo sedile, piego una ciocca ribelle dietro l’orecchio, libero il cazzo dai boxer e mi arriva l’odore di sperma.
Glielo prendo in bocca, tutto, fino in fondo.
Almeno cinque, sei centimetri in più di Marco.
Con delicatezza mi spinge la testa in basso e accarezza i capelli.
Invece io gli accarezzo il cazzo con le dita, con le labbra.
Lui toglie la mano dalla testa e me la mette sul sedere, stringe le natiche coperte dal vestitino, mi piace che mi tocca, continuo a succhiare, e andiamo avanti per un minuto mentre sento i peli spinosi dei testicoli sui palmi delle mani.
Un rantolo mi avvisa che ci siamo.
Le sue gambe sussultano e il cazzo mi sbatte in gola.
Fiotti di sperma amaro mi esplodono in bocca, provo a trattenerlo ma una parte cola caldo dalle labbra alla mano.
Ingoio tutto e sollevo la testa.
Ho la mano aperta verso l’alto e nella semioscurità vedo i fili gelatinosi di sperma incollati alle dita.
Gli sorrido. «Hai un fazzoletto?»
Si allunga verso il Montgomery, rovista nelle tasche.
Ride, scuote la testa, ha il cazzo ancora fuori dai boxer che dorme accasciato contro i jeans.
Sono tentata di pulirmi sul suo maglione.
Faccio strusciare la mano sul velluto del sedile di fronte.
Mi alzo, nello schermo c’è Siani che parla, vado in bagno e mi lavo le mani.
Torno al sedile e finiamo di vedere il film senza aver capito di cosa parla.
Usciamo dalla sala, dal cinema, il freddo di Dicembre mi punge il viso e mi stringo nel cappotto rosso.
Ci fermiamo davanti alle locandine racchiuse nei vetri, la gente defluisce fuori.
«Per curiosità, da quanto non ti facevi una sega?» chiedo a voce bassa.
Penso di non aver mai bevuto così tanto sperma.
Lui sorride, le mani affondate nelle tasche del cappotto. «Una settimana.»
«Ah, ecco.»
Iniziamo a ridere.
scritto il
2025-11-26
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