L'emozione di perdere la verginità
di
Valeria29
genere
etero
Mi chiamo Valeria, questa è una storia autobiografica. Sono cresciuta in una famiglia molto tradizionale, con valori religiosi radicati e un’educazione basata su principi morali rigidi. Questo, durante la mia adolescenza, mi ha causato non pochi disagi. Mentre le mie amiche raccontavano con entusiasmo delle loro prime storie d’amore e dei primi approcci fisici, io mi sentivo fuori posto, quasi discriminata. Mi sentivo intrappolata in un’educazione che mi rendeva troppo timorosa e sottomessa. Non è che non mi piacessero i ragazzi, al contrario, ma sognavo un amore puro, romantico, fatto di gesti dolci e comprensione. Tuttavia, ogni volta che qualcuno si avvicinava a me, sembrava interessato solo a una cosa: al sesso. E questo mi bloccava completamente. Oltre alla paura di andare contro i miei principi, avevo anche il terrore di non essere all’altezza, di fare brutte figure o, peggio, di diventare oggetto di chiacchiere e critiche da parte di altri.
Dentro di me, il sogno più grande era trovare qualcuno che mi capisse davvero, che mi facesse sentire importante e a mio agio, senza pressioni. Dopo tante delusioni, è arrivato Davide, un ragazzo di due anni più grande di me. All’inizio sembrava proprio la persona giusta: sapeva ascoltarmi, aveva pazienza e non mi faceva sentire in obbligo di correre. Abbiamo passato quasi un anno insieme, costruendo un legame che per me era speciale. Ma col tempo la sua pazienza ha iniziato a vacillare. Si era stancato dei semplici momenti di tenerezza e delle smancerie; voleva di più, qualcosa di concreto per “coronare” il nostro rapporto.
Sapevo che non potevo continuare a farlo aspettare. Avevo paura di perderlo, e non volevo assolutamente che accadesse. Con Davide sentivo di avere qualcosa di vero, un rapporto sincero, e sognavo di costruire con lui un futuro solido. Così, nonostante tutte le mie riserve e i miei limiti, ho capito che dovevo cedere, passo dopo passo, e concedergli qualcosa di più fisico. Questo pensiero, però, mi teneva costantemente in agitazione. Non avevo mai avuto esperienze intime con un ragazzo, non sapevo come affrontare la situazione e, soprattutto, temevo di non essere in grado di gestire tutto questo senza sentirmi inadeguata.
Alla fine, ho trovato il coraggio di confidarmi con lui. Gli ho raccontato del mio imbarazzo, delle mie insicurezze, di quanto mi sentissi impreparata. Davide, con grande sensibilità e comprensione, ha saputo cogliere le mie debolezze. Mi ha rassicurata e mi ha detto: “Non preoccuparti, lascia che ti guidi io. Faremo tutto con calma, al tuo ritmo.” Le sue parole mi hanno dato un po’ di conforto, anche se dentro di me restava comunque un nodo di ansia. Sapevo, però, che con lui al mio fianco potevo provare a superare le mie paure.
Ci appartammo in auto, era una sera di quelle buie, la luna nascosta chissà dove, quasi a voler proteggere il nostro segreto. Il silenzio rotto solo dal nostro respiro e dal battito forsennato del mio cuore. Non era eccitazione, era l’aspettativa di qualcosa di nuovo, di inesplorato, che mi stringeva il petto mentre ero seduta sul sedile del passeggero, con gli occhi su di lui in cerca di un segnale, di una mossa. Si avvicinò, le sue labbra sfiorarono le mie, un bacio leggero che mi fece rabbrividire. La sua mano scivolò sul mio fianco, “Tranquilla va tutto bene?” sussurrò, notando la mia tensione, il mio respiro corto.
Sentii la sua mano insinuarsi sotto la mia maglietta, esplorare la mia pelle con una delicatezza che mi fece trattenere il fiato. Salì, sfiorando il bordo del reggiseno, per poi intrufolarsi sotto. Sobbalzai, chiudendo gli occhi d’istinto, travolta da un mix di imbarazzo e curiosità. Le sue labbra non si fermarono: baci sul viso, sulla bocca, sul collo, mentre le sue dita giocavano delicatamente con i miei capezzoli, ormai tesi e sensibili. Ogni tocco era un’onda, che mi attraversava tutto il corpo.
Con un gesto deciso ma dolce, sollevò la mia maglietta insieme al reggiseno, liberando i miei seni. Arrossii , mi accesi come un fiammifero, ma non ebbi il tempo di pensare: abbassò il capo, le sue labbra calde su di me, baciando, succhiando piano. “Sono stupende", mi disse,facendomi arrossire ancora di più. La sua mano sinistra scese, esplorando oltre. Sfiorò il mio basso ventre, poi si fermò sulla fibbia della cintura dei jeans. La slacciò lentamente, sbottonando Il jeans alla vita e abbassando la zip.
“Falli scivolare giù,” mi disse, la voce un po’ roca, un invito che mi fece bruciare di imbarazzo. Esitai, ma con un cenno incoraggiante mi aiutò a liberarmi dei jeans, lasciandomi vulnerabile, esposta. La sua mano tornò su di me, scivolando sotto l’intimo, toccando la mia intimità con movimenti circolari che mi strapparono un gemito involontario. Ero immobile, come incantata, mentre cercavo di metabolizzare quelle sensazioni sconosciute, così intense, così nuove.
“Va tutto bene, tranquilla,” mi sussurrò all’orecchio, continuando a baciarmi il collo, le sue dita che esploravano con pazienza. Sentivo l’umidità tra le gambe, il calore che cresceva, e ogni volta che sfiorava il clitoride era come una scarica elettrica, un sussulto che mi scuoteva fin nel profondo. Il mio corpo reagiva da solo, contraendosi in modi che non capivo, ma che mi facevano desiderare di più. Poi, con un movimento rapido, Davide si abbassò pantaloni e slip. Per la prima volta vidi il suo membro, duro, imponente. Spaventata, spalancai gli occhi, chiedendomi cosa avrebbe fatto, cosa volesse da me. “Non aver paura,” disse con un sorriso, prendendomi la mano e guidandola verso il suo membro. Lo posò sul mio palmo, caldo, pulsante. Era la prima volta che toccavo, e la sensazione mi sconvolse. Rimasi ferma, incerta, finché lui non guidò la mia mano, mostrandomi i movimenti giusti. “Così, piano,” mi disse, la voce tesa ma incoraggiante.
Tenerlo in mano era strano, ma anche curioso. Sentivo il sangue scorrere sotto le dita, il calore che trasmetteva, e ripensavo alle confidenze delle mie amiche, ai loro racconti così spigliati, pieni di dettagli che allora mi sembravano osceni. Ora ero lì, a viverlo in prima persona. Lui lasciò la mia mano, tornando a concentrarsi su di me, e io continuai, ormai sicura di ciò che stavo facendo.
Dentro di me qualcosa stava cambiando. Ogni tocco suo, ogni movimento mio, alimentava una sensazione di benessere, un calore che si propagava in tutto il corpo. “Sai, ci sono tanti modi per far stare bene un uomo,” iniziò a dire, guardandomi con intensità. “Non devi fare nulla che non vuoi, ma…” Capii subito cosa intendeva. Un pompino. Il pensiero mi fece arrossire, il cuore che martellava. Non ero pronta, non ancora. Così accelerai il ritmo della mia mano, decisa a portarlo al limite, a farlo venire presto.
Nel frattempo, sentivo un ribollire dentro di me, un crescendo di stimoli che non sapevo come controllare. Era questo l’orgasmo di cui tanto avevo sentito parlare? Le sue dita non smettevano di muoversi, e alla fine un’ondata di contrazioni mi travolse, lasciandomi senza fiato. Il mio primo orgasmo. Contemporaneamente, sentii il suo corpo tendersi, un gemito profondo sfuggirgli mentre anche lui raggiungeva il culmine.
Restammo lì, ansimanti, i volti arrossati, un misto di soddisfazione e imbarazzo che ci avvolgeva. Ci ricomponemmo in silenzio, ma nei suoi occhi c’era una luce complice, e nei miei la consapevolezza di aver vissuto qualcosa di vero, di intenso, un passo in un mondo che fino a quel momento avevo solo immaginato.
Nelle settimane e nei mesi successivi, ogni incontro con lui diventava un’occasione per spingerci oltre, per esplorare territori che fino a poco prima mi erano sembrati proibiti. Avevo iniziato a metabolizzare la nostra intimità, a lasciarmi andare, a sciogliere le mie paure e i miei pregiudizi. Mi piaceva sempre di più, mi sentivo viva, eccitata dal gioco della scoperta, anche se una parte di me ancora combatteva con la morale. Lui, con il passare del tempo, aveva iniziato a insistere per qualcosa che mi metteva in una posizione di disagio: voleva che gli praticassi un rapporto orale. All’inizio me lo chiedeva con delicatezza, quasi timoroso, ma poi le sue richieste si erano fatte più pressanti, cariche di desiderio. L’idea di prenderlo in bocca mi faceva storcere il naso, mi provocava un misto di curiosità e repulsione. Sapevo però che, prima o poi, avrei dovuto cedere, concedergli quel pezzo di me che ancora trattenevo.
Quel giorno arrivò. Eravamo appartati in macchina, nascosti nel buio, immersi nei preliminari fatti di carezze bollenti e baci profondi. Sentivo il calore del suo corpo, il suo respiro accelerato contro il mio collo. Decisi di prendere l’iniziativa, di mostrargli che ero pronta a varcare quella soglia, anche se il cuore mi martellava nel petto per l’ansia. “Abbassa il sedile,” gli sussurrai con voce tremante, cercando di mascherare il mio turbamento. Lui obbedì senza dire una parola, ma sentivo il suo sguardo bruciarmi addosso. Mi avvicinai, posando le labbra sulle sue per un ultimo bacio, poi scesi lentamente, lasciando una scia di piccoli morsi e baci lungo il suo torace, fino a raggiungere il suo membro turgido. Non potevo vedere il suo volto, ma immaginavo un’espressione di trionfo, di pura lussuria, mentre mi avvicinavo a lui in quel modo.
Con un respiro profondo, iniziai a baciare il glande, timidamente, assaporando per la prima volta quella sensazione estranea. Poi, con la lingua, percorsi l’asta, sentendo la sua pelle reagire al mio tocco. Il cuore mi batteva all’impazzata, il fiato corto, quasi soffocante. Chiusi gli occhi, come per isolarmi da tutto, e aprii la bocca, accogliendolo lentamente. La sensazione viscida, il sapore acre dei suoi umori mi colpirono come un pugno nello stomaco, facendomi contrarre in un riflesso di nausea che riuscii a stento a controllare. I suoi gemiti, però, mi davano la forza di continuare; capivo che gli piaceva, che ogni mio movimento, per quanto incerto, lo stava portando al limite. “Non smettere,” mormorò con voce roca, e io strinsi le labbra attorno a lui, cercando di trovare un ritmo. Non sapevo se lo stessi facendo bene, ma il semplice fatto di essere lì, di dargli quel piacere, mi dava una strana euforia. “Avvisami quando stai per venire,” gli dissi con la voce spezzata, e dopo circa dieci minuti di dedizione, lo sentii irrigidirsi. “Ci sono,” grugnì, e io mi ritirai appena in tempo, lasciandolo esplodere fuori da me, il suo piacere copioso a sancire quel momento di trasgressione.
Ogni nostro incontro serale aggiungeva un tassello, un nuovo passo verso la libertà fisica, un’esplorazione che mi stava cambiando. Mi piaceva scoprire, mi piaceva il brivido di ciò che non conoscevo. Iniziai persino a curiosare su siti porno, io che non avevo mai osato farlo prima, cercando spunti, trucchi, modi per sorprenderlo e per sorprendere me stessa. Ogni immagine, ogni video, accendeva in me una scintilla di libidine, una voglia di spingermi oltre.
Arrivò il giorno del suo compleanno, e sapevo che avrebbe voluto qualcosa di speciale, qualcosa che segnasse un ulteriore confine abbattuto. Mi fece una richiesta che mi gelò il sangue: voleva il primo rapporto completo, la penetrazione. Mi sentii impreparata, vulnerabile. Sapevo che prima o poi me l’avrebbe chiesto, ma non ero ancora pronta a dargli tutto. “Non lo so,” risposi evasiva, con un nodo in gola. Decisi di distrarlo con un’alternativa, qualcosa che sapevo lo avrebbe appagato. Mi avvicinai a lui, lasciandogli intendere le mie intenzioni con uno sguardo malizioso. “Lascia fare a me,” sussurrai, e iniziai a lavorarlo con la bocca, con una passione che non avevo mai mostrato prima, sperando che dimenticasse la sua richiesta. Lui capì il mio disagio e, tra un gemito e l’altro, mormorò: “Ok, ho capito, non sei pronta.”
Mentre ero lì, con la bocca piena del suo sapore, la saliva e i suoi umori che si mescolavano, pensai tra me e me: “Anche questa volta l’ho scampata, ma per quanto ancora potrò dire di no?” Lo sentivo vicino al culmine, e stavo per tirarmi indietro, per finirlo con la mano, quando mi fermò con una richiesta che mi lasciò senza parole. “Ti prego, almeno stavolta voglio venirti in bocca,” disse con tono implorante. Rimasi di sasso, incredula. “Cosa, vuoi venirmi in bocca? Vuoi che accolga il tuo sperma in bocca? Sei fuori di testa?” ribattei, con la voce tremante di disgusto e curiosità allo stesso tempo. “Possiamo trovare una soluzione,” insistette lui, con un sorrisetto furbo. “Metto il preservativo, così non c’è rischio. Ti va?” Non volevo deluderlo, non in quel giorno speciale. Dopo un attimo di esitazione, cedetti. “Ok, se è così, va bene,” risposi, sentendo dentro di me un misto di ribellione e desiderio, una sensazione di trasgressione che mi eccitava profondamente.
Con il preservativo indossato, ripresi a succhiarlo, sentendo la sua eccitazione crescere a ogni movimento. I suoi gemiti si facevano più intensi, il suo membro più turgido. “Sto per venire, Valeria!” mi avvisò con voce strozzata. Sentii le contrazioni alla base del suo pene, il rigonfiamento del profilattico sotto la mia lingua mentre si abbandonava al piacere. Anche se era qualcosa che avevo sempre trovato ripugnante, in quel momento mi sentii potente, orgogliosa di aver fatto godere il mio ragazzo. Con il passare del tempo, fare sesso, spingermi oltre i miei limiti, diventava una liberazione. Ogni nuovo passo abbatteva un desiderio represso, mi faceva sentire viva. “Sei incredibile,” mi sussurrò mentre cercavo di riprendere fiato, e quelle parole mi riempirono di una strana forza. Sapevo che stavo cambiando, che stavo diventando più simile alle mie amiche, quelle più audaci, più sfacciate. E, in fondo, non vedevo l’ora di scoprire cosa sarebbe successo in avvenire.
Ogni volta che Davide mi chiedeva di avere un rapporto completo, sentivo un nodo stringermi lo stomaco. Gli insegnamenti dei miei genitori erano scolpiti nella mia mente: dovevo restare vergine fino ai 18 anni, e solo allora avrei potuto decidere della mia vita e del mio corpo. Davide lo sapeva bene, e la sua impazienza cresceva con il passare dei giorni, attendendo con fervore il momento della mia “svolta”. Me lo immaginavo spesso, quel primo istante: come sarebbe stato? Le fantasie lo dipingevano come un’esperienza magica, ma le confidenze delle mie amiche mi riportavano alla realtà, raccontandomi del dolore iniziale, della lacerazione dell’imene. Davide non mancava mai di ricordarmi che questo era l’obiettivo della nostra relazione, il culmine di tutto ciò che avevamo costruito. E io, con il cuore in gola, gli avevo promesso che al compimento dei 18 anni mi sarei concessa a lui, totalmente, senza riserve.
Il giorno tanto atteso arrivò, carico di ansia e aspettative che ci consumavano entrambi. Davide aveva prenotato una stanza in un piccolo B&B, un rifugio lontano da occhi indiscreti dove avremmo potuto celebrare la mia maggiore età con il piacere della carne. La festa si era svolta alla perfezione, circondati da familiari e amici, tra regali e buste piene di denaro. Al termine della serata ci allontanammo con la scusa di continuare i festeggiamenti con gli altri amici non invitati. La verità era un’altra. Il B&B ci aspettava, e il meglio della notte doveva ancora venire.
Entrammo nella stanza, e il primo gesto che facemmo fu guardarci negli occhi. Uno sguardo carico di complicità, di promesse silenziose, di desiderio represso. “Adesso non hai scampo,” mi disse Davide con un sorriso malizioso, rompendo il silenzio. Io risi, un po’ nervosa, mentre le sue mani mi aiutavano a liberarmi dei vestiti, sfiorando la mia pelle con una lentezza che mi fece rabbrividire. Avevamo portato con noi due teli da mare, spessi, per ogni evenienza: sapevamo che un po’ di sangue avrebbe potuto macchiare il letto, essendo la mia prima volta. Mi sdraiai supina, il cuore che mi batteva all’impazzata, e con voce tremante gli mormorai: “Fai piano, ti prego.” Lui mi guardò con dolcezza, ma con un lampo di lussuria negli occhi. “Tranquilla, sarò delicato. Devi solo rilassarti,” rispose, prima di chinarsi su di me. Le sue labbra iniziarono a esplorarmi, baciandomi ovunque: sul viso, in bocca con una passione famelica, sui seni, succhiando i capezzoli fino a farmi gemere piano. Ogni punto del mio corpo sembrava accendersi sotto il suo tocco. Con le mani mi accarezzava senza sosta, scivolando lungo i fianchi, tra le cosce, facendomi perdere in un’atmosfera di pura passione. L’eccitazione mi montava dentro, un fuoco che mi bruciava il cervello. Aspettavo con ansia il momento in cui gli avrei donato la mia verginità, in cui mi sarei data a lui completamente. Non dovetti attendere a lungo.
Davide si posizionò sopra di me, il suo respiro pesante contro il mio collo. Sentii il suo membro sfiorarmi, duro e caldo, mentre lo guidava verso la mia intimità. “Piano, ti supplico,” gli ricordai, stringendo le lenzuola tra le dita. Lui annuì, e con una lentezza straziante iniziò a farsi strada dentro di me. Un dolore acuto, lancinante, mi attraversò, strappandomi un gemito soffocato. Mi aveva deflorata. Si fermò un istante, lasciandomi abituare, poi avanzò ancora, millimetro dopo millimetro. Quando sentii i suoi testicoli premere contro di me, capii che era tutto dentro. “Come stai?” mi chiese, la voce roca di desiderio e preoccupazione. Presi il suo viso tra le mani, guardandolo negli occhi con un misto di dolore e sollievo. “Meglio… sì, meglio,” sussurrai.
Cominciò a muoversi, dapprima con piccoli affondi delicati, poi con maggiore profondità, trovando un ritmo che trasformava il dolore in un piacere strano, inebriante. Ogni spinta era un misto di sofferenza ed eccitazione, ma i miei gemiti iniziavano a raccontare di un piacere che cresceva. La mia intimità sembrava adattarsi a lui, accoglierlo. “Cambiamo posizione,” propose con un sorriso furbo, e io annuii, lasciandomi guidare. Mi mise a pecorina, posizionandosi dietro di me. Quando rientrò, un’ondata di piacere mi travolse. Sentire il suo corpo sbattere contro il mio, le sue mani che mi sorreggevano i seni, mi faceva impazzire. Con le mani sui miei fianchi mi teneva stretta a sé, e io spingevo indietro, desiderosa di sentirlo più a fondo. “Davide, ricordati il preservativo quando stai per venire,” gli ricordai tra un gemito e l’altro, la voce spezzata dall’eccitazione.
Il respiro si faceva sempre più corto, l’eccitazione ci consumava. I nostri gemiti riempivano la stanza, un’eco di pura libidine. Eravamo vicini al culmine. Lui si sfilò un istante per indossare il preservativo, poi tornò dentro di me, spingendo con affondi sempre più decisi. Un calore rovente mi invase, le contrazioni dentro di me annunciavano l’orgasmo. “Ohhh, più forte, più veloce!” gridai, incapace di trattenermi. Il piacere mi travolse, una sensazione mai provata prima, che mi svuotava di ogni forza. “Che bello, che bello, che bello!” ripetevo come un mantra, mentre il piacere sembrava non avere fine.
Ci accasciammo sul letto, esausti, i corpi ancora tremanti. Qualche gocciolina di sangue era fuoriuscita dalla mia intimità, un segno della verginità perduta, attesa per così tanto tempo. Restammo abbracciati per ore, scambiandoci baci lenti e carezze, assaporando la dolcezza di quel momento. “È stato incredibile,” mi sussurrò Davide, stringendomi più forte. E io, con un sorriso, sapevo che questo era solo l’inizio di un nuovo capitolo, fatto di trasgressione e desiderio senza limiti.
Da quel momento, la mia vita sessuale è completamente cambiata. Anche se, qualche anno dopo, la storia con Davide è finita, non ho alcun rimpianto per ciò che ho vissuto e condiviso con lui. È stato con Davide che ho scoperto il sesso, la passione e il desiderio di vivere emozioni intense, lasciandomi trasportare senza remore. Non sono più la donna di un tempo, chiusa in me stessa e vincolata a rigidi principi di castità. Ora vivo la mia vita seguendo ciò che mi fa sentire bene, ciò che mi riempie e mi appaga profondamente. Gli amori passano, si trasformano, ma ciò che conta davvero è quello che le persone ti lasciano, un’impronta indelebile che ti segna per sempre. Grazie, Davide, per avermi fatto scoprire una parte di me che non conoscevo.
P.s. Se vi è piaciuto e volete conoscere altre mie esperienze, fatemi sapere.
Dentro di me, il sogno più grande era trovare qualcuno che mi capisse davvero, che mi facesse sentire importante e a mio agio, senza pressioni. Dopo tante delusioni, è arrivato Davide, un ragazzo di due anni più grande di me. All’inizio sembrava proprio la persona giusta: sapeva ascoltarmi, aveva pazienza e non mi faceva sentire in obbligo di correre. Abbiamo passato quasi un anno insieme, costruendo un legame che per me era speciale. Ma col tempo la sua pazienza ha iniziato a vacillare. Si era stancato dei semplici momenti di tenerezza e delle smancerie; voleva di più, qualcosa di concreto per “coronare” il nostro rapporto.
Sapevo che non potevo continuare a farlo aspettare. Avevo paura di perderlo, e non volevo assolutamente che accadesse. Con Davide sentivo di avere qualcosa di vero, un rapporto sincero, e sognavo di costruire con lui un futuro solido. Così, nonostante tutte le mie riserve e i miei limiti, ho capito che dovevo cedere, passo dopo passo, e concedergli qualcosa di più fisico. Questo pensiero, però, mi teneva costantemente in agitazione. Non avevo mai avuto esperienze intime con un ragazzo, non sapevo come affrontare la situazione e, soprattutto, temevo di non essere in grado di gestire tutto questo senza sentirmi inadeguata.
Alla fine, ho trovato il coraggio di confidarmi con lui. Gli ho raccontato del mio imbarazzo, delle mie insicurezze, di quanto mi sentissi impreparata. Davide, con grande sensibilità e comprensione, ha saputo cogliere le mie debolezze. Mi ha rassicurata e mi ha detto: “Non preoccuparti, lascia che ti guidi io. Faremo tutto con calma, al tuo ritmo.” Le sue parole mi hanno dato un po’ di conforto, anche se dentro di me restava comunque un nodo di ansia. Sapevo, però, che con lui al mio fianco potevo provare a superare le mie paure.
Ci appartammo in auto, era una sera di quelle buie, la luna nascosta chissà dove, quasi a voler proteggere il nostro segreto. Il silenzio rotto solo dal nostro respiro e dal battito forsennato del mio cuore. Non era eccitazione, era l’aspettativa di qualcosa di nuovo, di inesplorato, che mi stringeva il petto mentre ero seduta sul sedile del passeggero, con gli occhi su di lui in cerca di un segnale, di una mossa. Si avvicinò, le sue labbra sfiorarono le mie, un bacio leggero che mi fece rabbrividire. La sua mano scivolò sul mio fianco, “Tranquilla va tutto bene?” sussurrò, notando la mia tensione, il mio respiro corto.
Sentii la sua mano insinuarsi sotto la mia maglietta, esplorare la mia pelle con una delicatezza che mi fece trattenere il fiato. Salì, sfiorando il bordo del reggiseno, per poi intrufolarsi sotto. Sobbalzai, chiudendo gli occhi d’istinto, travolta da un mix di imbarazzo e curiosità. Le sue labbra non si fermarono: baci sul viso, sulla bocca, sul collo, mentre le sue dita giocavano delicatamente con i miei capezzoli, ormai tesi e sensibili. Ogni tocco era un’onda, che mi attraversava tutto il corpo.
Con un gesto deciso ma dolce, sollevò la mia maglietta insieme al reggiseno, liberando i miei seni. Arrossii , mi accesi come un fiammifero, ma non ebbi il tempo di pensare: abbassò il capo, le sue labbra calde su di me, baciando, succhiando piano. “Sono stupende", mi disse,facendomi arrossire ancora di più. La sua mano sinistra scese, esplorando oltre. Sfiorò il mio basso ventre, poi si fermò sulla fibbia della cintura dei jeans. La slacciò lentamente, sbottonando Il jeans alla vita e abbassando la zip.
“Falli scivolare giù,” mi disse, la voce un po’ roca, un invito che mi fece bruciare di imbarazzo. Esitai, ma con un cenno incoraggiante mi aiutò a liberarmi dei jeans, lasciandomi vulnerabile, esposta. La sua mano tornò su di me, scivolando sotto l’intimo, toccando la mia intimità con movimenti circolari che mi strapparono un gemito involontario. Ero immobile, come incantata, mentre cercavo di metabolizzare quelle sensazioni sconosciute, così intense, così nuove.
“Va tutto bene, tranquilla,” mi sussurrò all’orecchio, continuando a baciarmi il collo, le sue dita che esploravano con pazienza. Sentivo l’umidità tra le gambe, il calore che cresceva, e ogni volta che sfiorava il clitoride era come una scarica elettrica, un sussulto che mi scuoteva fin nel profondo. Il mio corpo reagiva da solo, contraendosi in modi che non capivo, ma che mi facevano desiderare di più. Poi, con un movimento rapido, Davide si abbassò pantaloni e slip. Per la prima volta vidi il suo membro, duro, imponente. Spaventata, spalancai gli occhi, chiedendomi cosa avrebbe fatto, cosa volesse da me. “Non aver paura,” disse con un sorriso, prendendomi la mano e guidandola verso il suo membro. Lo posò sul mio palmo, caldo, pulsante. Era la prima volta che toccavo, e la sensazione mi sconvolse. Rimasi ferma, incerta, finché lui non guidò la mia mano, mostrandomi i movimenti giusti. “Così, piano,” mi disse, la voce tesa ma incoraggiante.
Tenerlo in mano era strano, ma anche curioso. Sentivo il sangue scorrere sotto le dita, il calore che trasmetteva, e ripensavo alle confidenze delle mie amiche, ai loro racconti così spigliati, pieni di dettagli che allora mi sembravano osceni. Ora ero lì, a viverlo in prima persona. Lui lasciò la mia mano, tornando a concentrarsi su di me, e io continuai, ormai sicura di ciò che stavo facendo.
Dentro di me qualcosa stava cambiando. Ogni tocco suo, ogni movimento mio, alimentava una sensazione di benessere, un calore che si propagava in tutto il corpo. “Sai, ci sono tanti modi per far stare bene un uomo,” iniziò a dire, guardandomi con intensità. “Non devi fare nulla che non vuoi, ma…” Capii subito cosa intendeva. Un pompino. Il pensiero mi fece arrossire, il cuore che martellava. Non ero pronta, non ancora. Così accelerai il ritmo della mia mano, decisa a portarlo al limite, a farlo venire presto.
Nel frattempo, sentivo un ribollire dentro di me, un crescendo di stimoli che non sapevo come controllare. Era questo l’orgasmo di cui tanto avevo sentito parlare? Le sue dita non smettevano di muoversi, e alla fine un’ondata di contrazioni mi travolse, lasciandomi senza fiato. Il mio primo orgasmo. Contemporaneamente, sentii il suo corpo tendersi, un gemito profondo sfuggirgli mentre anche lui raggiungeva il culmine.
Restammo lì, ansimanti, i volti arrossati, un misto di soddisfazione e imbarazzo che ci avvolgeva. Ci ricomponemmo in silenzio, ma nei suoi occhi c’era una luce complice, e nei miei la consapevolezza di aver vissuto qualcosa di vero, di intenso, un passo in un mondo che fino a quel momento avevo solo immaginato.
Nelle settimane e nei mesi successivi, ogni incontro con lui diventava un’occasione per spingerci oltre, per esplorare territori che fino a poco prima mi erano sembrati proibiti. Avevo iniziato a metabolizzare la nostra intimità, a lasciarmi andare, a sciogliere le mie paure e i miei pregiudizi. Mi piaceva sempre di più, mi sentivo viva, eccitata dal gioco della scoperta, anche se una parte di me ancora combatteva con la morale. Lui, con il passare del tempo, aveva iniziato a insistere per qualcosa che mi metteva in una posizione di disagio: voleva che gli praticassi un rapporto orale. All’inizio me lo chiedeva con delicatezza, quasi timoroso, ma poi le sue richieste si erano fatte più pressanti, cariche di desiderio. L’idea di prenderlo in bocca mi faceva storcere il naso, mi provocava un misto di curiosità e repulsione. Sapevo però che, prima o poi, avrei dovuto cedere, concedergli quel pezzo di me che ancora trattenevo.
Quel giorno arrivò. Eravamo appartati in macchina, nascosti nel buio, immersi nei preliminari fatti di carezze bollenti e baci profondi. Sentivo il calore del suo corpo, il suo respiro accelerato contro il mio collo. Decisi di prendere l’iniziativa, di mostrargli che ero pronta a varcare quella soglia, anche se il cuore mi martellava nel petto per l’ansia. “Abbassa il sedile,” gli sussurrai con voce tremante, cercando di mascherare il mio turbamento. Lui obbedì senza dire una parola, ma sentivo il suo sguardo bruciarmi addosso. Mi avvicinai, posando le labbra sulle sue per un ultimo bacio, poi scesi lentamente, lasciando una scia di piccoli morsi e baci lungo il suo torace, fino a raggiungere il suo membro turgido. Non potevo vedere il suo volto, ma immaginavo un’espressione di trionfo, di pura lussuria, mentre mi avvicinavo a lui in quel modo.
Con un respiro profondo, iniziai a baciare il glande, timidamente, assaporando per la prima volta quella sensazione estranea. Poi, con la lingua, percorsi l’asta, sentendo la sua pelle reagire al mio tocco. Il cuore mi batteva all’impazzata, il fiato corto, quasi soffocante. Chiusi gli occhi, come per isolarmi da tutto, e aprii la bocca, accogliendolo lentamente. La sensazione viscida, il sapore acre dei suoi umori mi colpirono come un pugno nello stomaco, facendomi contrarre in un riflesso di nausea che riuscii a stento a controllare. I suoi gemiti, però, mi davano la forza di continuare; capivo che gli piaceva, che ogni mio movimento, per quanto incerto, lo stava portando al limite. “Non smettere,” mormorò con voce roca, e io strinsi le labbra attorno a lui, cercando di trovare un ritmo. Non sapevo se lo stessi facendo bene, ma il semplice fatto di essere lì, di dargli quel piacere, mi dava una strana euforia. “Avvisami quando stai per venire,” gli dissi con la voce spezzata, e dopo circa dieci minuti di dedizione, lo sentii irrigidirsi. “Ci sono,” grugnì, e io mi ritirai appena in tempo, lasciandolo esplodere fuori da me, il suo piacere copioso a sancire quel momento di trasgressione.
Ogni nostro incontro serale aggiungeva un tassello, un nuovo passo verso la libertà fisica, un’esplorazione che mi stava cambiando. Mi piaceva scoprire, mi piaceva il brivido di ciò che non conoscevo. Iniziai persino a curiosare su siti porno, io che non avevo mai osato farlo prima, cercando spunti, trucchi, modi per sorprenderlo e per sorprendere me stessa. Ogni immagine, ogni video, accendeva in me una scintilla di libidine, una voglia di spingermi oltre.
Arrivò il giorno del suo compleanno, e sapevo che avrebbe voluto qualcosa di speciale, qualcosa che segnasse un ulteriore confine abbattuto. Mi fece una richiesta che mi gelò il sangue: voleva il primo rapporto completo, la penetrazione. Mi sentii impreparata, vulnerabile. Sapevo che prima o poi me l’avrebbe chiesto, ma non ero ancora pronta a dargli tutto. “Non lo so,” risposi evasiva, con un nodo in gola. Decisi di distrarlo con un’alternativa, qualcosa che sapevo lo avrebbe appagato. Mi avvicinai a lui, lasciandogli intendere le mie intenzioni con uno sguardo malizioso. “Lascia fare a me,” sussurrai, e iniziai a lavorarlo con la bocca, con una passione che non avevo mai mostrato prima, sperando che dimenticasse la sua richiesta. Lui capì il mio disagio e, tra un gemito e l’altro, mormorò: “Ok, ho capito, non sei pronta.”
Mentre ero lì, con la bocca piena del suo sapore, la saliva e i suoi umori che si mescolavano, pensai tra me e me: “Anche questa volta l’ho scampata, ma per quanto ancora potrò dire di no?” Lo sentivo vicino al culmine, e stavo per tirarmi indietro, per finirlo con la mano, quando mi fermò con una richiesta che mi lasciò senza parole. “Ti prego, almeno stavolta voglio venirti in bocca,” disse con tono implorante. Rimasi di sasso, incredula. “Cosa, vuoi venirmi in bocca? Vuoi che accolga il tuo sperma in bocca? Sei fuori di testa?” ribattei, con la voce tremante di disgusto e curiosità allo stesso tempo. “Possiamo trovare una soluzione,” insistette lui, con un sorrisetto furbo. “Metto il preservativo, così non c’è rischio. Ti va?” Non volevo deluderlo, non in quel giorno speciale. Dopo un attimo di esitazione, cedetti. “Ok, se è così, va bene,” risposi, sentendo dentro di me un misto di ribellione e desiderio, una sensazione di trasgressione che mi eccitava profondamente.
Con il preservativo indossato, ripresi a succhiarlo, sentendo la sua eccitazione crescere a ogni movimento. I suoi gemiti si facevano più intensi, il suo membro più turgido. “Sto per venire, Valeria!” mi avvisò con voce strozzata. Sentii le contrazioni alla base del suo pene, il rigonfiamento del profilattico sotto la mia lingua mentre si abbandonava al piacere. Anche se era qualcosa che avevo sempre trovato ripugnante, in quel momento mi sentii potente, orgogliosa di aver fatto godere il mio ragazzo. Con il passare del tempo, fare sesso, spingermi oltre i miei limiti, diventava una liberazione. Ogni nuovo passo abbatteva un desiderio represso, mi faceva sentire viva. “Sei incredibile,” mi sussurrò mentre cercavo di riprendere fiato, e quelle parole mi riempirono di una strana forza. Sapevo che stavo cambiando, che stavo diventando più simile alle mie amiche, quelle più audaci, più sfacciate. E, in fondo, non vedevo l’ora di scoprire cosa sarebbe successo in avvenire.
Ogni volta che Davide mi chiedeva di avere un rapporto completo, sentivo un nodo stringermi lo stomaco. Gli insegnamenti dei miei genitori erano scolpiti nella mia mente: dovevo restare vergine fino ai 18 anni, e solo allora avrei potuto decidere della mia vita e del mio corpo. Davide lo sapeva bene, e la sua impazienza cresceva con il passare dei giorni, attendendo con fervore il momento della mia “svolta”. Me lo immaginavo spesso, quel primo istante: come sarebbe stato? Le fantasie lo dipingevano come un’esperienza magica, ma le confidenze delle mie amiche mi riportavano alla realtà, raccontandomi del dolore iniziale, della lacerazione dell’imene. Davide non mancava mai di ricordarmi che questo era l’obiettivo della nostra relazione, il culmine di tutto ciò che avevamo costruito. E io, con il cuore in gola, gli avevo promesso che al compimento dei 18 anni mi sarei concessa a lui, totalmente, senza riserve.
Il giorno tanto atteso arrivò, carico di ansia e aspettative che ci consumavano entrambi. Davide aveva prenotato una stanza in un piccolo B&B, un rifugio lontano da occhi indiscreti dove avremmo potuto celebrare la mia maggiore età con il piacere della carne. La festa si era svolta alla perfezione, circondati da familiari e amici, tra regali e buste piene di denaro. Al termine della serata ci allontanammo con la scusa di continuare i festeggiamenti con gli altri amici non invitati. La verità era un’altra. Il B&B ci aspettava, e il meglio della notte doveva ancora venire.
Entrammo nella stanza, e il primo gesto che facemmo fu guardarci negli occhi. Uno sguardo carico di complicità, di promesse silenziose, di desiderio represso. “Adesso non hai scampo,” mi disse Davide con un sorriso malizioso, rompendo il silenzio. Io risi, un po’ nervosa, mentre le sue mani mi aiutavano a liberarmi dei vestiti, sfiorando la mia pelle con una lentezza che mi fece rabbrividire. Avevamo portato con noi due teli da mare, spessi, per ogni evenienza: sapevamo che un po’ di sangue avrebbe potuto macchiare il letto, essendo la mia prima volta. Mi sdraiai supina, il cuore che mi batteva all’impazzata, e con voce tremante gli mormorai: “Fai piano, ti prego.” Lui mi guardò con dolcezza, ma con un lampo di lussuria negli occhi. “Tranquilla, sarò delicato. Devi solo rilassarti,” rispose, prima di chinarsi su di me. Le sue labbra iniziarono a esplorarmi, baciandomi ovunque: sul viso, in bocca con una passione famelica, sui seni, succhiando i capezzoli fino a farmi gemere piano. Ogni punto del mio corpo sembrava accendersi sotto il suo tocco. Con le mani mi accarezzava senza sosta, scivolando lungo i fianchi, tra le cosce, facendomi perdere in un’atmosfera di pura passione. L’eccitazione mi montava dentro, un fuoco che mi bruciava il cervello. Aspettavo con ansia il momento in cui gli avrei donato la mia verginità, in cui mi sarei data a lui completamente. Non dovetti attendere a lungo.
Davide si posizionò sopra di me, il suo respiro pesante contro il mio collo. Sentii il suo membro sfiorarmi, duro e caldo, mentre lo guidava verso la mia intimità. “Piano, ti supplico,” gli ricordai, stringendo le lenzuola tra le dita. Lui annuì, e con una lentezza straziante iniziò a farsi strada dentro di me. Un dolore acuto, lancinante, mi attraversò, strappandomi un gemito soffocato. Mi aveva deflorata. Si fermò un istante, lasciandomi abituare, poi avanzò ancora, millimetro dopo millimetro. Quando sentii i suoi testicoli premere contro di me, capii che era tutto dentro. “Come stai?” mi chiese, la voce roca di desiderio e preoccupazione. Presi il suo viso tra le mani, guardandolo negli occhi con un misto di dolore e sollievo. “Meglio… sì, meglio,” sussurrai.
Cominciò a muoversi, dapprima con piccoli affondi delicati, poi con maggiore profondità, trovando un ritmo che trasformava il dolore in un piacere strano, inebriante. Ogni spinta era un misto di sofferenza ed eccitazione, ma i miei gemiti iniziavano a raccontare di un piacere che cresceva. La mia intimità sembrava adattarsi a lui, accoglierlo. “Cambiamo posizione,” propose con un sorriso furbo, e io annuii, lasciandomi guidare. Mi mise a pecorina, posizionandosi dietro di me. Quando rientrò, un’ondata di piacere mi travolse. Sentire il suo corpo sbattere contro il mio, le sue mani che mi sorreggevano i seni, mi faceva impazzire. Con le mani sui miei fianchi mi teneva stretta a sé, e io spingevo indietro, desiderosa di sentirlo più a fondo. “Davide, ricordati il preservativo quando stai per venire,” gli ricordai tra un gemito e l’altro, la voce spezzata dall’eccitazione.
Il respiro si faceva sempre più corto, l’eccitazione ci consumava. I nostri gemiti riempivano la stanza, un’eco di pura libidine. Eravamo vicini al culmine. Lui si sfilò un istante per indossare il preservativo, poi tornò dentro di me, spingendo con affondi sempre più decisi. Un calore rovente mi invase, le contrazioni dentro di me annunciavano l’orgasmo. “Ohhh, più forte, più veloce!” gridai, incapace di trattenermi. Il piacere mi travolse, una sensazione mai provata prima, che mi svuotava di ogni forza. “Che bello, che bello, che bello!” ripetevo come un mantra, mentre il piacere sembrava non avere fine.
Ci accasciammo sul letto, esausti, i corpi ancora tremanti. Qualche gocciolina di sangue era fuoriuscita dalla mia intimità, un segno della verginità perduta, attesa per così tanto tempo. Restammo abbracciati per ore, scambiandoci baci lenti e carezze, assaporando la dolcezza di quel momento. “È stato incredibile,” mi sussurrò Davide, stringendomi più forte. E io, con un sorriso, sapevo che questo era solo l’inizio di un nuovo capitolo, fatto di trasgressione e desiderio senza limiti.
Da quel momento, la mia vita sessuale è completamente cambiata. Anche se, qualche anno dopo, la storia con Davide è finita, non ho alcun rimpianto per ciò che ho vissuto e condiviso con lui. È stato con Davide che ho scoperto il sesso, la passione e il desiderio di vivere emozioni intense, lasciandomi trasportare senza remore. Non sono più la donna di un tempo, chiusa in me stessa e vincolata a rigidi principi di castità. Ora vivo la mia vita seguendo ciò che mi fa sentire bene, ciò che mi riempie e mi appaga profondamente. Gli amori passano, si trasformano, ma ciò che conta davvero è quello che le persone ti lasciano, un’impronta indelebile che ti segna per sempre. Grazie, Davide, per avermi fatto scoprire una parte di me che non conoscevo.
P.s. Se vi è piaciuto e volete conoscere altre mie esperienze, fatemi sapere.
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