Una sensuale barista
di
Mauro Virgilio Marone
genere
etero
Una sensuale barista
Il calore. Questo fu il primo pensiero, un’onda densa e umida che gli avvolgeva il corpo. Poi, l’odore. Un profumo di donna, intenso, un mix di sudore dolce, lenzuola calde e un vago retrogusto di fiori selvatici che gli riempiva le narici. Mauro aprì gli occhi, fissando il soffitto bianco, appena screziato da ombre violacee filtrate da una persiana non perfettamente chiusa. La testa gli pulsava appena, un eco sordo dei drink analcolici della sera prima, ma il corpo era completamente sveglio, vigile, ipersensibile ad ogni dettaglio di quella stanza sconosciuta.
Si voltò lentamente sul fianco destro, il materasso che cedette sotto il suo peso con un lieve gemito.
E lì, vide lei.
Katia. Il nome gli esplose nella mente come un fuoco d’artificio, ricordando i frammenti di conversazione del night. Era sdraiata a pancia in giù, un’estensione di pelle olivastra e liscia che sembrava non finire mai. Il suo viso era affondato nel cuscino, di profilo, rilassato in un sonno profondo. Il naso, un po’ pronunciato e fiero, dava carattere a una bellezza matura e conquistata. I suoi capelli, una cascata nera e disordinata, si sparpagliavano sulla federa come serpenti addormentati, scendendo poi a nascondere in parte la curva sinuosa della sua schiena.
Le lenzuola, tirate fino ai fianchi, non riuscivano a celare la magnificenza del suo corpo. La schiena era un arco perfetto, che si assottigliava in un vitino snello per poi esplodere in due natiche sode e rotonde, piene, che sembravano scolpite nell’alabastro. Un sedere da urlo, che faceva venire voglia di affondarci le mani, la faccia. Più in basso, le lunghe gambe erano leggermente divaricate. E poi il seno. Il fianco sinistro era schiacciato contro il materasso, ma dal lato dove giaceva Mauro, la curva di un seno pieno e pesante si intravedeva appena, sfuggita alle lenzuola, promettente e mozzafiato. La pelle era incredibilmente liscia, liscia ovunque, senza una singola imperfezione a rompere quel panorama di dolce carne dormiente.
La sua mente volò indietro, al Canarino Blu. Il night club era un calderone di luci basse e musica pulsante, un luogo dove il vapore dei cocktail si mescolava al luccichio del sudore sui pali di metallo. Ragazze di ogni forma, età ed etnia danzavano con una sicurezza ipnotica, staccando pezzi di vestiario per la gioia godereccia di una clientelaa variegata. Lui, Mauro, si era insediato al bancone, sentendosi leggermente fuori posto, ma affascinato dallo spettacolo umano.
"Un succo di pompelmo, grazie."
La voce che aveva risposto era rauca, graffiante, come il rumore della seta strappata. "Solo? Niente alcol?"
Lui aveva alzato lo sguardo e il mondo si era ristretto. La barista era… Xena. La principessa guerriera in carne e ossa. Alta, con spalle larghe, braccia muscolose che maneggiavano le bottiglie con una forza elegante, seni prosperosi che riempivano una camicetta nera semitrasparente. I suoi capelli neri erano raccolti in una coda di cavallo alta. Una nuvola sensuale e potente che attirava ogni raggio di luce e ogni sguardo della sala.
"Guido dopo," si era giustificato lui, sentendosi improvvisamente goffo.
Lei aveva annuito, un sorriso fugace che le illuminava gli occhi scuri e stanchi. In un attimo di pausa, mentre serviva altri clienti con movimenti rapidi ed efficienti, erano riusciti a scambiare due parole. Scoprì che si chiamava Katia. Divorziata. Due figli a carico. Barista da vent’anni. "Ho fatto un po’ di tutto, anche la spogliarellista, su quel palco lì. E perfino la camionista, per un periodo."
Lui, per contraccambiare, le aveva detto dello suo lavoro di scrittore, della sua piccola casa editrice, la Golem Noir, specializzata in horror e fantascienza. "Ma stiamo per buttarci anche nell'erotico," aveva aggiunto, in un tono che sperava suonasse disinvolto.
Lei aveva sorriso, un’espressione più complessa questa volta, mentre puliva un bicchiere. "Interessante."
C’era stata un’ora di questo, di sguardi rubati, di frasi smozzicate scambiate tra un cliente e l’altro, di quel sorriso che gli accendeva un fuoco lento e persistente nel basso ventre. Finché lui, prendendo coraggio, non aveva chiesto: "A che ora stacchi?"
Lei si era asciugata le mani su un panno, i suoi occhi avevano scrutato i suoi, valutandolo. "Ho ancora un paio d'ore. Resti in zona?"
Quel sorriso. Quella sfida negli occhi. Quell’invito non detto ma chiarissimo. Mauro aveva annuito, muto. E aveva atteso, bevendo un altro analcolico, guardando gli strip tease senza realmente vederli, sentendo solo il battito del proprio cuore battere all’unisono con la musica.
Ora, in quella stanza silenziosa, quel battito era di nuovo accelerato. Il ricordo si dissolse, sostituito dalla realtà palpabile, calda e profumata di Katia che dormiva accanto a lui. Un desiderio primordiale, istintivo, prese il sopravvento. Non poteva resistere. Non voleva resistere.
Si sollevò appena sul gomito, il suo corpo che si stagliava sopra il suo. Il calore che emanava da lei era una magnetite irresistibile. Abbassò la testa e con le labbra sfiorò prima la curva della sua spalla, un bacio così leggero da essere quasi un sospiro. La pelle sotto le sue labbra era seta viva, calda. Poi, seguì con la punta del naso la scanalatura della sua schiena, inalando il suo profumo intensificato dal sonno, baciando ogni vertebra che incontrava, finché non raggiunse la base della sua colonna, proprio dove le meravigliose curve del suo sedere iniziavano la loro salita.
Katia emise un piccolo gemito nel sonno, un suono roco e sognante. Il suo corpo si stirò leggermente, un movimento felino e inconsapevole che offrì ancor più di sé allo sguardo e al tocco di Mauro.
Lui non esitò. Con una lentezza esasperante, quasi religiosa, allargò le mani e le posò sulle sue natiche. La pelle era incredibilmente soda, vellutata, caldissima. Le sue dita affondarono appena nella carne morbida ma resistente, modellando quelle forme perfette. Si chinò ancora e con la lingua tracciò un solco lento, salino, dal centro della sua schiena bassa fino al punto più intimo e nascosto.
Katia sussultò, questa volta veramente. Un tremito le percorse tutto il corpo. Girò lentamente la testa sul cuscino, i suoi capelli neri che scoprivano un occhio socchiuso, annebbiato dal sonno ma in cui brillava già un barlume di consapevolezza. Le sue labbra, gonfie, si aprirono per emettere un sospiro roco.
"Mauro…" sussurrò, la voce velata dalla stanchezza e da qualcos’altro, qualcosa di molto più vicino al desiderio.
Lui non rispose con le parole. Le sue mani scivolarono dai suoi fianchi ai suoi fianchi, scivolando lungo i suoi fianchi, sfiorando il calore del suo ventre prima di risalire, con una lentezza torturante, lungo i suoi fianchi, fino a che i palmi non incontrarono la curva inferiore dei suoi seni. Li accarezzò, sentendone il peso e la forma piena anche attraverso il lenzuolo. Poi, infilò le dita sotto il tessuto, sollevandolo, scoprendo quel fianco meraviglioso centimetro dopo centimetro.
La pelle del suo seno era ancora più soffice, il tessuto sottile che lasciava intravedere il capezzolo scuro, già contratto e duro. Mauro chinò la testa e sostituì la stoffa con la sua bocca, appoggiando le labbra sul calore di quel seno, sentendo il battito del suo cuore accelerare sotto il suo bacio.
Katia gemette, una vibrazione bassa che si trasmise dal suo petto alla sua bocca. La sua mano, che era stata immobile, si sollevò e le sue dita si intrecciarono fra i capelli di Mauro, non per spingerlo via, ma per tenerlo lì, per premere la sua faccia contro di sé con un bisogno improvviso e feroce.
"Sì… proprio lì," ansimò, la voce ora completamente sveglia, roca di desiderio. Il suo altro braccio si piegò sotto di lei, spingendo il torso verso l’alto, offrendogli il seno in un movimento istintivo e arcaico. I suoi occhi erano spalancati adesso, fissi sui suoi, due pozzi neri di pura brama. "Non smettere."
--
Il ricordo lo colpì con la forza di un’ondata di calore, interrompendo la sua esplorazione del suo corpo dormiente. La sua bocca si staccò dal suo seno con un leggero pop, e per un attimo i suoi occhi, neri e carichi di desiderio, persero fuoco, annebbiandosi nel passato.La scala. Ricordò la stretta della sua mano callosa mentre lo conduceva su per le scale buie, il profumo dei suoi capelli che si mescolava all’odore di liquore e disinfettante del club. La porta dell’appartamento sopra il Canarino Blu che si chiudeva alle loro spalle, sigillando il mondo fuori. Dentro, solo il suono affannato del loro respiro e la luce ambra di una lampada da comodino che dipingeva d’oro la sua pelle.
Non avevano parlato molto. Le parole erano esplose in risate liberatorie, nervose, cariche di un’anticipazione elettrica. Lei gli aveva sfiorato il braccio prendendo una bottiglia d’acqua dal frigorifero, e quel semplice contatto aveva bruciato attraverso la manica della sua camicia. Lui le aveva teso un bicchiere, le loro dita si erano incontrate, e in quello sguardo, in quel silenzio improvviso, tutto era stato detto.
Poi, era successo. Il primo bacio. Non uno struscio di labbra timido, ma una presa di possesso. Le sue labbra erano calde, sanno di cocktail e di un’audacia ritrovata. La sua lingua aveva incontrato la sua in una danza subito familiare, urgente. Le sue mani, quelle stesse mani forti che avevano manovrato un camion e sollevato bottiglie tutto il night, gli avevano affondato nei capelli, tirandolo più vicino, annullando ogni distanza.
I loro corpi si erano premuti l’uno contro l’altro, un’unica forma ondeggiante al centro della stanza. Era una danza sensuale, primitiva. Lei si muoveva con una grazia atletica, i fianchi che seguivano un ritmo che solo lei poteva sentire, sfregando il calore del suo pube contro la sua crescente erezione. Lui le teneva i fianchi, sentendo i muscoli contrarsi sotto i jeans attillati, guidato da lei, completamente in suo potere. I vestiti erano diventati un ostacolo insopportabile. La sua maglietta volò via, rivelando il torso tonico. Le sue dita trovarono la cerniera dei suoi stivali, li fece scivolare via con un’abilità pratica. Poi fu il turno dei suoi pantaloni, che scivolarono lungo quelle gambe lunghe e potenti per finire in un mucchio sul pavimento. Lui lo imitò, liberandosi della sua camicia, dei jeans, degli slip, fino a restare nudo di fronte a lei, il suo corpo eccitato che pulsava nell’aria fresca della stanza.
Lui la guardò, trattenendo il fiato. Era magnifica. Il corpo lungo e snello, scolpito dalla vita, i seni pieni e fieri con capezzoli scuri e eretti, il ventre piatto che conduceva lo sguardo verso il folto triangolo nero dei suoi riccioli. Non era una nudità timida, ma una dichiarazione. Lei sorrise, un’espressione sicura e famelica, e chiuse la distanza.
Le sue mani gli palparono il petto, poi scesero lungo gli addominali, lente, deliberatamente lente, fino a che le sue dita non avvolsero la sua asta. Era dura, pulsante, un’offerta e una richiesta insieme. Lei la tastò, misurandone la lunghezza, la circonferenza, con la perizia di un’artigiana. Un leggero sfregamento del pollice sul glande già umido di precum lo fece gemere.
"Sei pronto?" sussurrò, la voce un roco suono che gli fece accapponare la pelle.
Lui annuì, incapace di parlare, il cuore in gola.
Lei lo guidò verso il letto, lo fece sdraiare e gli si mise a cavalcioni, le ginocchia ai suoi fianchi. Lo guardava dall’alto, i capelli neri che le incorniciavano il viso come un velo, gli occhi che brillavano di un potere antico. Con una mano, gli tenne il membro fermo. Con l’altra, si guidò. Lui vide la concentrazione sul suo volto, l’ombra di un morso sul labbro inferiore, mentre abbassava i fianchi.
L’ingresso fu un’esplosione di sensazioni. Caldo. Umido. Una stretta incredibile. La punta del suo cazzo scomparve dentro di lei, avvolta da un calore che sembrava vivere e pulsare. Lei emise un sospiro roco, una vibrazione che sentì lungo tutto il suo nervo. Poi, con un lento, torturante movimento dei fianchi, lo fece scivolare dentro completamente, fino all’elsa.
Mauro chiuse gli occhi, sopraffatto. Era come essere avvolto da una seta viva, da un guanto di velluto caldo che si adattava perfettamente a ogni suo centimetro, stringendo, accarezzando. Lei iniziò a muoversi, dapprima con un ritmo lento e circolare, facendolo roteare dentro di lei, massaggiandolo dall’interno. Poi il ritmo cambiò, divenne più deciso, più animalesco. Lei cavalcò con una forza e un’energia che venivano da un luogo profondo, i suoi seni che rimbalzavano ad ogni scossa, i capelli che le sventolavano sulle spalle.
Lui le afferrò i fianchi, le dita che affondavano nella carne ferma dei glutei, e iniziò a spingere incontro a lei, sincronizzandosi con i suoi movimenti. Il letto scricchiolava sotto di loro, un metronomo per la loro frenesia. I suoi gemiti si unirono ai suoi, un duetto asmatico e selvaggio. L’aria era densa dell’odore del loro sudore, del suo profumo, del scent acre e dolce del sesso.
Lei si piegò in avanti, appoggiando le mani sul suo petto, e cambiò l’angolo. Profondo. Così profondo. Ogni sua spinta sembrava raggiungere il suo nucleo, sfiorando un punto dentro di lei che la faceva urlare, un suono gutturale, di puro piacere incontrollato. I suoi muscoli vaginali si strinsero attorno a lui in spasmi ritmici, , spingendolo verso il limite.
Lui sentì il calore propagarsi dal suo basso ventre, un’onda inarrestabile di fuoco. "Sto per… Katia…"
"Anch’io…" ansimò lei, il viso contratto dall’estasi. "Dentro… voglio sentirti esplodere dentro di me."
Quelle parole furono la scintilla. L’orgasmo lo travolse con una violenza che lo lasciò senza fiato. Un’esplosione bianca e calda che gli pulsò attraverso il cazzo, scaricandosi in getti profondi dentro di lei. Il suo corpo fu scosso da tremiti incontrollabili, le sue dita le stringevano i fianchi come una ancora. Contemporaneamente, sentì lei contrarsi violentemente attorno a lui, un’onda di spasmi che sembrava non finire mai, il suo grido soffocato nel cuscino accanto alla sua testa mentre il suo stesso orgasmo la devastava.
Poi, il silenzio. Rotto solo dal suono affannoso del loro respiro. Il suo corpo, coperto di un sudore lucido, gli crollò sopra, spento. Lui le avvolse le braccia intorno, sentendo il battito folle del suo cuore contro il suo petto. Erano un groviglio di arti, sudati, esausti, liberati.
Nell’appartamento silenzioso, sopra il club ormai chiuso, non c’era altro che quel respiro condiviso e il calore del corpo dell’altro. Katia sollevò appena la testa, i capelli le si attaccavano alle tempie umide. I suoi occhi, ora stanchi e satolli, incontrarono i suoi. Un sorriso stanco, vero, le curò le labbra.
"Beh, scrittore…" mormorò, la voce roca e sfinita. "Per un drink analcolico… non c’è male."
Mauro rise, un suono basso e profondo che gli vibrò nel petto. La strinse più forte.
---
E nel presente, di nuovo nella stanza dell’alba, con il suo capezzolo ancora caldo sulla sua lingua e le sue dita ancora intrecciate nei suoi capelli, Mauro sapeva che quella notte non era stata solo uno sfogo. Era stato un inizio. Il suo membro, a cui il ricordo aveva donato nuova vita, pulsò vigorosamente contro la sua coscia.
"Pensieri sporchi, Mauro?" mormorò Katia, sentendo il suo corpo rispondere al ricordo condiviso. La sua mano lasciò i suoi capelli e scivolò giù, fra i loro corpi, le sue dita che cercavano la sua nuova erezione.
La sua mano si chiuse attorno a lui, ferma e sicura, e un brivido elettrico percorse Mauro dalla nuca ai talloni. Dio, quanto era reale. La sua pelle era calda, viva sotto le sue labbra, e il ricordo della notte si fuse con il bisogno immediato del presente.
Lei gli rivolse un sorriso assorto, i suoi occhi scuri ancora velati dal sonno ma già carichi di una luce promettente. "Pensieri sporchi, sì," sussurrò Mauro, catturando le sue labbra in un bacio che era insieme un’affermazione e una supplica. Il sapore di lei, un misto di sonno e di passione residua, gli fece girare la testa.
Dopo un lungo, languido minuto, fu Katia a staccarsi, il respiro un po’ affannato. Si passò il dorso della mano sulla bocca umida e lo guardò con un’espressione furba. "Io dico che ora come ora ci starebbe bene una bella doccia. E del sano sesso," propose, riecheggiando il suo stesso desiderio con una voce che era già un’anticipazione di piacere.
Mauro rise, una risata bassa e soddisfatta. "Dico che è una buona idea."
Si alzarono, i loro corpi nudi che si staccavano dalle lenzuola umide. Lui non poté fare a meno di ammirarla mentre si dirigeva verso il bagno, il suo corpo lungo e snello che si muoveva con una grazia atletica, i glutei sodi che si contraevano a ogni passo, la schiena una curva elegante che si perdeva nella cascata scura dei suoi capelli. Una sinfonia di muscoli e curve.
La seguì nella cabina doccia di dimensioni generose, e quando l’acqua calda iniziò a scendere su di loro, fu come un nuovo inizio. Gli schizzi li investirono, creando subito un’atmosfera intima e viva. I capelli di Katia si appesantirono d'acqua, aderendole alle spalle e alla schiena come seta bagnata.
Lui la cinse con le braccia, attirandola a sé sotto il getto caldo, e la bocca trovò di nuovo la sua. Questo bacio era diverso, meno un preludio e più una continuazione, bagnato, caldo, disperatamente intimo. Le sue mani scivolarono lungo la sua schiena, sentendo il tessuto potente dei muscoli sotto la pelle olivastra, fino a posarsi sulle meravigliose curve del suo sedere. La sollevò leggermente, appoggiandola contro la parete fresca delle piastrelle, e lei gemette nel bacio, avvolgendo le gambe attorno ai suoi fianchi.
L’acqua scorreva tra i loro corpi serrati, esaltando ogni sensazione. Mauro sentiva il peso caldo dei suoi seni pieni premuti contro il suo torace, i suoi capezzoli duri che gli perforavano la pelle. Le labbra si staccarono e lui si spostò lungo il suo collo, ai lobi delle orecchie, succhiando gocce d'acqua salate. Le sue mani continuavano a massaggiare e stringere i suoi glutei, spingendola ritmicamente contro di lui, mentre il suo membro, duro come roccia, premeva contro il suo pube, cercando l’ingresso.
"Ti voglio di nuovo, adesso," ringhiò lui contro la sua pelle.
"Allora prendimi," ansimò lei, una sfida e un invito fusi insieme.
Con un movimento fluido, quasi istintivo, lui la guidò dentro di sé. Un unico, profondo, travolgente scivolamento nell’umidità calda che non era solo dell’acqua. Un gemito strozzato le sfuggì, le sue dita gli artigliarono la schiena. Lui si bloccò, completamente immerso in lei, sentendo le sue pareti interiori contrarsi e adattarsi alla sua forma sotto la cascata d'acqua. Poi iniziò a muoversi. Un ritmo lento e ipnotico, reso surreale dall’ambiente, dall’acqua che gli scendeva sul viso, dai loro corpi che scivolavano l’uno sull’altro. Ogni spinta era amplificata dalla morbidezza dell’acqua, ogni ritirata un’agonia deliziosa. Le sue labbra trovarono un seno, succhiando il capezzolo tra i denti, la lingua che lo punzecchiava sotto il getto caldo. Lei gettò la testa all’indietro, urtando la piastrella, un lamento di piacere che si perse nel suono dell’acqua. I suoi fianchi rispondevano al suo ritmo, incontrandolo spinta dopo spinta, un’unione primordiale e perfetta.
Il calore tra di loro crebbe, alimentato dall’acqua, dall’attrito, dalla connessione totale. Il respiro di Mauro diventò un rantolo, i suoi movimenti più urgenti, più profondi. Sentiva l’orgasmo di Katia avvicinarsi nel modo in cui il suo corpo si irrigidiva, nel modo in cui le sue unghie gli scavavano solchi nella carne, in quel suo gemito roco e continuo che era più potente di qualsiasi urlo. Quando esplose, lui la sentì tremare violentemente tra le sue braccia, le sue contrazioni interne che lo strangolavano in un abbraccio di seta bollente. Fu quella sensazione, quel perfetto, spietato spasmo di piacere, a farlo venire. Con un grido soffocato che le labbra di Katia catturarono, lui si lasciò andare, svuotandosi in lei in lunghe, interminabili pulsazioni, il suo corpo scosso da brividi incontrollabili sotto il flusso costante dell’acqua.
Katia inarcò un sopracciglio, un’espressione di genuina sorpresa che subito si tramutò in divertimento. "Sai cucinare?"
Lui rise, spostando una ciocca di capelli bagnati dalla sua fronte. "Me la cavicchio."
"Allora direi che ci sto," annuì lei, districandosi dolcemente da lui e spegnendo l’acqua.
Si asciugarono con lentezza, gli asciugamani ruvidi che strusciavano sulla pelle sensibile, ogni passaggio un ricordo silenzioso di ciò che era appena accaduto. Si rivestirono con calma, i vestiti della sera prima che sembravano appartenere a un’altra vita. Alla porta, prima di uscire nel mondo, Mauro la attirò a sé per un ultimo, casto bacio. Un sigillo.
"A più tardi," sussurrò lei contro le sue labbra.
"A più tardi," ripeté lui, guardandola
Il calore. Questo fu il primo pensiero, un’onda densa e umida che gli avvolgeva il corpo. Poi, l’odore. Un profumo di donna, intenso, un mix di sudore dolce, lenzuola calde e un vago retrogusto di fiori selvatici che gli riempiva le narici. Mauro aprì gli occhi, fissando il soffitto bianco, appena screziato da ombre violacee filtrate da una persiana non perfettamente chiusa. La testa gli pulsava appena, un eco sordo dei drink analcolici della sera prima, ma il corpo era completamente sveglio, vigile, ipersensibile ad ogni dettaglio di quella stanza sconosciuta.
Si voltò lentamente sul fianco destro, il materasso che cedette sotto il suo peso con un lieve gemito.
E lì, vide lei.
Katia. Il nome gli esplose nella mente come un fuoco d’artificio, ricordando i frammenti di conversazione del night. Era sdraiata a pancia in giù, un’estensione di pelle olivastra e liscia che sembrava non finire mai. Il suo viso era affondato nel cuscino, di profilo, rilassato in un sonno profondo. Il naso, un po’ pronunciato e fiero, dava carattere a una bellezza matura e conquistata. I suoi capelli, una cascata nera e disordinata, si sparpagliavano sulla federa come serpenti addormentati, scendendo poi a nascondere in parte la curva sinuosa della sua schiena.
Le lenzuola, tirate fino ai fianchi, non riuscivano a celare la magnificenza del suo corpo. La schiena era un arco perfetto, che si assottigliava in un vitino snello per poi esplodere in due natiche sode e rotonde, piene, che sembravano scolpite nell’alabastro. Un sedere da urlo, che faceva venire voglia di affondarci le mani, la faccia. Più in basso, le lunghe gambe erano leggermente divaricate. E poi il seno. Il fianco sinistro era schiacciato contro il materasso, ma dal lato dove giaceva Mauro, la curva di un seno pieno e pesante si intravedeva appena, sfuggita alle lenzuola, promettente e mozzafiato. La pelle era incredibilmente liscia, liscia ovunque, senza una singola imperfezione a rompere quel panorama di dolce carne dormiente.
La sua mente volò indietro, al Canarino Blu. Il night club era un calderone di luci basse e musica pulsante, un luogo dove il vapore dei cocktail si mescolava al luccichio del sudore sui pali di metallo. Ragazze di ogni forma, età ed etnia danzavano con una sicurezza ipnotica, staccando pezzi di vestiario per la gioia godereccia di una clientelaa variegata. Lui, Mauro, si era insediato al bancone, sentendosi leggermente fuori posto, ma affascinato dallo spettacolo umano.
"Un succo di pompelmo, grazie."
La voce che aveva risposto era rauca, graffiante, come il rumore della seta strappata. "Solo? Niente alcol?"
Lui aveva alzato lo sguardo e il mondo si era ristretto. La barista era… Xena. La principessa guerriera in carne e ossa. Alta, con spalle larghe, braccia muscolose che maneggiavano le bottiglie con una forza elegante, seni prosperosi che riempivano una camicetta nera semitrasparente. I suoi capelli neri erano raccolti in una coda di cavallo alta. Una nuvola sensuale e potente che attirava ogni raggio di luce e ogni sguardo della sala.
"Guido dopo," si era giustificato lui, sentendosi improvvisamente goffo.
Lei aveva annuito, un sorriso fugace che le illuminava gli occhi scuri e stanchi. In un attimo di pausa, mentre serviva altri clienti con movimenti rapidi ed efficienti, erano riusciti a scambiare due parole. Scoprì che si chiamava Katia. Divorziata. Due figli a carico. Barista da vent’anni. "Ho fatto un po’ di tutto, anche la spogliarellista, su quel palco lì. E perfino la camionista, per un periodo."
Lui, per contraccambiare, le aveva detto dello suo lavoro di scrittore, della sua piccola casa editrice, la Golem Noir, specializzata in horror e fantascienza. "Ma stiamo per buttarci anche nell'erotico," aveva aggiunto, in un tono che sperava suonasse disinvolto.
Lei aveva sorriso, un’espressione più complessa questa volta, mentre puliva un bicchiere. "Interessante."
C’era stata un’ora di questo, di sguardi rubati, di frasi smozzicate scambiate tra un cliente e l’altro, di quel sorriso che gli accendeva un fuoco lento e persistente nel basso ventre. Finché lui, prendendo coraggio, non aveva chiesto: "A che ora stacchi?"
Lei si era asciugata le mani su un panno, i suoi occhi avevano scrutato i suoi, valutandolo. "Ho ancora un paio d'ore. Resti in zona?"
Quel sorriso. Quella sfida negli occhi. Quell’invito non detto ma chiarissimo. Mauro aveva annuito, muto. E aveva atteso, bevendo un altro analcolico, guardando gli strip tease senza realmente vederli, sentendo solo il battito del proprio cuore battere all’unisono con la musica.
Ora, in quella stanza silenziosa, quel battito era di nuovo accelerato. Il ricordo si dissolse, sostituito dalla realtà palpabile, calda e profumata di Katia che dormiva accanto a lui. Un desiderio primordiale, istintivo, prese il sopravvento. Non poteva resistere. Non voleva resistere.
Si sollevò appena sul gomito, il suo corpo che si stagliava sopra il suo. Il calore che emanava da lei era una magnetite irresistibile. Abbassò la testa e con le labbra sfiorò prima la curva della sua spalla, un bacio così leggero da essere quasi un sospiro. La pelle sotto le sue labbra era seta viva, calda. Poi, seguì con la punta del naso la scanalatura della sua schiena, inalando il suo profumo intensificato dal sonno, baciando ogni vertebra che incontrava, finché non raggiunse la base della sua colonna, proprio dove le meravigliose curve del suo sedere iniziavano la loro salita.
Katia emise un piccolo gemito nel sonno, un suono roco e sognante. Il suo corpo si stirò leggermente, un movimento felino e inconsapevole che offrì ancor più di sé allo sguardo e al tocco di Mauro.
Lui non esitò. Con una lentezza esasperante, quasi religiosa, allargò le mani e le posò sulle sue natiche. La pelle era incredibilmente soda, vellutata, caldissima. Le sue dita affondarono appena nella carne morbida ma resistente, modellando quelle forme perfette. Si chinò ancora e con la lingua tracciò un solco lento, salino, dal centro della sua schiena bassa fino al punto più intimo e nascosto.
Katia sussultò, questa volta veramente. Un tremito le percorse tutto il corpo. Girò lentamente la testa sul cuscino, i suoi capelli neri che scoprivano un occhio socchiuso, annebbiato dal sonno ma in cui brillava già un barlume di consapevolezza. Le sue labbra, gonfie, si aprirono per emettere un sospiro roco.
"Mauro…" sussurrò, la voce velata dalla stanchezza e da qualcos’altro, qualcosa di molto più vicino al desiderio.
Lui non rispose con le parole. Le sue mani scivolarono dai suoi fianchi ai suoi fianchi, scivolando lungo i suoi fianchi, sfiorando il calore del suo ventre prima di risalire, con una lentezza torturante, lungo i suoi fianchi, fino a che i palmi non incontrarono la curva inferiore dei suoi seni. Li accarezzò, sentendone il peso e la forma piena anche attraverso il lenzuolo. Poi, infilò le dita sotto il tessuto, sollevandolo, scoprendo quel fianco meraviglioso centimetro dopo centimetro.
La pelle del suo seno era ancora più soffice, il tessuto sottile che lasciava intravedere il capezzolo scuro, già contratto e duro. Mauro chinò la testa e sostituì la stoffa con la sua bocca, appoggiando le labbra sul calore di quel seno, sentendo il battito del suo cuore accelerare sotto il suo bacio.
Katia gemette, una vibrazione bassa che si trasmise dal suo petto alla sua bocca. La sua mano, che era stata immobile, si sollevò e le sue dita si intrecciarono fra i capelli di Mauro, non per spingerlo via, ma per tenerlo lì, per premere la sua faccia contro di sé con un bisogno improvviso e feroce.
"Sì… proprio lì," ansimò, la voce ora completamente sveglia, roca di desiderio. Il suo altro braccio si piegò sotto di lei, spingendo il torso verso l’alto, offrendogli il seno in un movimento istintivo e arcaico. I suoi occhi erano spalancati adesso, fissi sui suoi, due pozzi neri di pura brama. "Non smettere."
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Il ricordo lo colpì con la forza di un’ondata di calore, interrompendo la sua esplorazione del suo corpo dormiente. La sua bocca si staccò dal suo seno con un leggero pop, e per un attimo i suoi occhi, neri e carichi di desiderio, persero fuoco, annebbiandosi nel passato.La scala. Ricordò la stretta della sua mano callosa mentre lo conduceva su per le scale buie, il profumo dei suoi capelli che si mescolava all’odore di liquore e disinfettante del club. La porta dell’appartamento sopra il Canarino Blu che si chiudeva alle loro spalle, sigillando il mondo fuori. Dentro, solo il suono affannato del loro respiro e la luce ambra di una lampada da comodino che dipingeva d’oro la sua pelle.
Non avevano parlato molto. Le parole erano esplose in risate liberatorie, nervose, cariche di un’anticipazione elettrica. Lei gli aveva sfiorato il braccio prendendo una bottiglia d’acqua dal frigorifero, e quel semplice contatto aveva bruciato attraverso la manica della sua camicia. Lui le aveva teso un bicchiere, le loro dita si erano incontrate, e in quello sguardo, in quel silenzio improvviso, tutto era stato detto.
Poi, era successo. Il primo bacio. Non uno struscio di labbra timido, ma una presa di possesso. Le sue labbra erano calde, sanno di cocktail e di un’audacia ritrovata. La sua lingua aveva incontrato la sua in una danza subito familiare, urgente. Le sue mani, quelle stesse mani forti che avevano manovrato un camion e sollevato bottiglie tutto il night, gli avevano affondato nei capelli, tirandolo più vicino, annullando ogni distanza.
I loro corpi si erano premuti l’uno contro l’altro, un’unica forma ondeggiante al centro della stanza. Era una danza sensuale, primitiva. Lei si muoveva con una grazia atletica, i fianchi che seguivano un ritmo che solo lei poteva sentire, sfregando il calore del suo pube contro la sua crescente erezione. Lui le teneva i fianchi, sentendo i muscoli contrarsi sotto i jeans attillati, guidato da lei, completamente in suo potere. I vestiti erano diventati un ostacolo insopportabile. La sua maglietta volò via, rivelando il torso tonico. Le sue dita trovarono la cerniera dei suoi stivali, li fece scivolare via con un’abilità pratica. Poi fu il turno dei suoi pantaloni, che scivolarono lungo quelle gambe lunghe e potenti per finire in un mucchio sul pavimento. Lui lo imitò, liberandosi della sua camicia, dei jeans, degli slip, fino a restare nudo di fronte a lei, il suo corpo eccitato che pulsava nell’aria fresca della stanza.
Lui la guardò, trattenendo il fiato. Era magnifica. Il corpo lungo e snello, scolpito dalla vita, i seni pieni e fieri con capezzoli scuri e eretti, il ventre piatto che conduceva lo sguardo verso il folto triangolo nero dei suoi riccioli. Non era una nudità timida, ma una dichiarazione. Lei sorrise, un’espressione sicura e famelica, e chiuse la distanza.
Le sue mani gli palparono il petto, poi scesero lungo gli addominali, lente, deliberatamente lente, fino a che le sue dita non avvolsero la sua asta. Era dura, pulsante, un’offerta e una richiesta insieme. Lei la tastò, misurandone la lunghezza, la circonferenza, con la perizia di un’artigiana. Un leggero sfregamento del pollice sul glande già umido di precum lo fece gemere.
"Sei pronto?" sussurrò, la voce un roco suono che gli fece accapponare la pelle.
Lui annuì, incapace di parlare, il cuore in gola.
Lei lo guidò verso il letto, lo fece sdraiare e gli si mise a cavalcioni, le ginocchia ai suoi fianchi. Lo guardava dall’alto, i capelli neri che le incorniciavano il viso come un velo, gli occhi che brillavano di un potere antico. Con una mano, gli tenne il membro fermo. Con l’altra, si guidò. Lui vide la concentrazione sul suo volto, l’ombra di un morso sul labbro inferiore, mentre abbassava i fianchi.
L’ingresso fu un’esplosione di sensazioni. Caldo. Umido. Una stretta incredibile. La punta del suo cazzo scomparve dentro di lei, avvolta da un calore che sembrava vivere e pulsare. Lei emise un sospiro roco, una vibrazione che sentì lungo tutto il suo nervo. Poi, con un lento, torturante movimento dei fianchi, lo fece scivolare dentro completamente, fino all’elsa.
Mauro chiuse gli occhi, sopraffatto. Era come essere avvolto da una seta viva, da un guanto di velluto caldo che si adattava perfettamente a ogni suo centimetro, stringendo, accarezzando. Lei iniziò a muoversi, dapprima con un ritmo lento e circolare, facendolo roteare dentro di lei, massaggiandolo dall’interno. Poi il ritmo cambiò, divenne più deciso, più animalesco. Lei cavalcò con una forza e un’energia che venivano da un luogo profondo, i suoi seni che rimbalzavano ad ogni scossa, i capelli che le sventolavano sulle spalle.
Lui le afferrò i fianchi, le dita che affondavano nella carne ferma dei glutei, e iniziò a spingere incontro a lei, sincronizzandosi con i suoi movimenti. Il letto scricchiolava sotto di loro, un metronomo per la loro frenesia. I suoi gemiti si unirono ai suoi, un duetto asmatico e selvaggio. L’aria era densa dell’odore del loro sudore, del suo profumo, del scent acre e dolce del sesso.
Lei si piegò in avanti, appoggiando le mani sul suo petto, e cambiò l’angolo. Profondo. Così profondo. Ogni sua spinta sembrava raggiungere il suo nucleo, sfiorando un punto dentro di lei che la faceva urlare, un suono gutturale, di puro piacere incontrollato. I suoi muscoli vaginali si strinsero attorno a lui in spasmi ritmici, , spingendolo verso il limite.
Lui sentì il calore propagarsi dal suo basso ventre, un’onda inarrestabile di fuoco. "Sto per… Katia…"
"Anch’io…" ansimò lei, il viso contratto dall’estasi. "Dentro… voglio sentirti esplodere dentro di me."
Quelle parole furono la scintilla. L’orgasmo lo travolse con una violenza che lo lasciò senza fiato. Un’esplosione bianca e calda che gli pulsò attraverso il cazzo, scaricandosi in getti profondi dentro di lei. Il suo corpo fu scosso da tremiti incontrollabili, le sue dita le stringevano i fianchi come una ancora. Contemporaneamente, sentì lei contrarsi violentemente attorno a lui, un’onda di spasmi che sembrava non finire mai, il suo grido soffocato nel cuscino accanto alla sua testa mentre il suo stesso orgasmo la devastava.
Poi, il silenzio. Rotto solo dal suono affannoso del loro respiro. Il suo corpo, coperto di un sudore lucido, gli crollò sopra, spento. Lui le avvolse le braccia intorno, sentendo il battito folle del suo cuore contro il suo petto. Erano un groviglio di arti, sudati, esausti, liberati.
Nell’appartamento silenzioso, sopra il club ormai chiuso, non c’era altro che quel respiro condiviso e il calore del corpo dell’altro. Katia sollevò appena la testa, i capelli le si attaccavano alle tempie umide. I suoi occhi, ora stanchi e satolli, incontrarono i suoi. Un sorriso stanco, vero, le curò le labbra.
"Beh, scrittore…" mormorò, la voce roca e sfinita. "Per un drink analcolico… non c’è male."
Mauro rise, un suono basso e profondo che gli vibrò nel petto. La strinse più forte.
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E nel presente, di nuovo nella stanza dell’alba, con il suo capezzolo ancora caldo sulla sua lingua e le sue dita ancora intrecciate nei suoi capelli, Mauro sapeva che quella notte non era stata solo uno sfogo. Era stato un inizio. Il suo membro, a cui il ricordo aveva donato nuova vita, pulsò vigorosamente contro la sua coscia.
"Pensieri sporchi, Mauro?" mormorò Katia, sentendo il suo corpo rispondere al ricordo condiviso. La sua mano lasciò i suoi capelli e scivolò giù, fra i loro corpi, le sue dita che cercavano la sua nuova erezione.
La sua mano si chiuse attorno a lui, ferma e sicura, e un brivido elettrico percorse Mauro dalla nuca ai talloni. Dio, quanto era reale. La sua pelle era calda, viva sotto le sue labbra, e il ricordo della notte si fuse con il bisogno immediato del presente.
Lei gli rivolse un sorriso assorto, i suoi occhi scuri ancora velati dal sonno ma già carichi di una luce promettente. "Pensieri sporchi, sì," sussurrò Mauro, catturando le sue labbra in un bacio che era insieme un’affermazione e una supplica. Il sapore di lei, un misto di sonno e di passione residua, gli fece girare la testa.
Dopo un lungo, languido minuto, fu Katia a staccarsi, il respiro un po’ affannato. Si passò il dorso della mano sulla bocca umida e lo guardò con un’espressione furba. "Io dico che ora come ora ci starebbe bene una bella doccia. E del sano sesso," propose, riecheggiando il suo stesso desiderio con una voce che era già un’anticipazione di piacere.
Mauro rise, una risata bassa e soddisfatta. "Dico che è una buona idea."
Si alzarono, i loro corpi nudi che si staccavano dalle lenzuola umide. Lui non poté fare a meno di ammirarla mentre si dirigeva verso il bagno, il suo corpo lungo e snello che si muoveva con una grazia atletica, i glutei sodi che si contraevano a ogni passo, la schiena una curva elegante che si perdeva nella cascata scura dei suoi capelli. Una sinfonia di muscoli e curve.
La seguì nella cabina doccia di dimensioni generose, e quando l’acqua calda iniziò a scendere su di loro, fu come un nuovo inizio. Gli schizzi li investirono, creando subito un’atmosfera intima e viva. I capelli di Katia si appesantirono d'acqua, aderendole alle spalle e alla schiena come seta bagnata.
Lui la cinse con le braccia, attirandola a sé sotto il getto caldo, e la bocca trovò di nuovo la sua. Questo bacio era diverso, meno un preludio e più una continuazione, bagnato, caldo, disperatamente intimo. Le sue mani scivolarono lungo la sua schiena, sentendo il tessuto potente dei muscoli sotto la pelle olivastra, fino a posarsi sulle meravigliose curve del suo sedere. La sollevò leggermente, appoggiandola contro la parete fresca delle piastrelle, e lei gemette nel bacio, avvolgendo le gambe attorno ai suoi fianchi.
L’acqua scorreva tra i loro corpi serrati, esaltando ogni sensazione. Mauro sentiva il peso caldo dei suoi seni pieni premuti contro il suo torace, i suoi capezzoli duri che gli perforavano la pelle. Le labbra si staccarono e lui si spostò lungo il suo collo, ai lobi delle orecchie, succhiando gocce d'acqua salate. Le sue mani continuavano a massaggiare e stringere i suoi glutei, spingendola ritmicamente contro di lui, mentre il suo membro, duro come roccia, premeva contro il suo pube, cercando l’ingresso.
"Ti voglio di nuovo, adesso," ringhiò lui contro la sua pelle.
"Allora prendimi," ansimò lei, una sfida e un invito fusi insieme.
Con un movimento fluido, quasi istintivo, lui la guidò dentro di sé. Un unico, profondo, travolgente scivolamento nell’umidità calda che non era solo dell’acqua. Un gemito strozzato le sfuggì, le sue dita gli artigliarono la schiena. Lui si bloccò, completamente immerso in lei, sentendo le sue pareti interiori contrarsi e adattarsi alla sua forma sotto la cascata d'acqua. Poi iniziò a muoversi. Un ritmo lento e ipnotico, reso surreale dall’ambiente, dall’acqua che gli scendeva sul viso, dai loro corpi che scivolavano l’uno sull’altro. Ogni spinta era amplificata dalla morbidezza dell’acqua, ogni ritirata un’agonia deliziosa. Le sue labbra trovarono un seno, succhiando il capezzolo tra i denti, la lingua che lo punzecchiava sotto il getto caldo. Lei gettò la testa all’indietro, urtando la piastrella, un lamento di piacere che si perse nel suono dell’acqua. I suoi fianchi rispondevano al suo ritmo, incontrandolo spinta dopo spinta, un’unione primordiale e perfetta.
Il calore tra di loro crebbe, alimentato dall’acqua, dall’attrito, dalla connessione totale. Il respiro di Mauro diventò un rantolo, i suoi movimenti più urgenti, più profondi. Sentiva l’orgasmo di Katia avvicinarsi nel modo in cui il suo corpo si irrigidiva, nel modo in cui le sue unghie gli scavavano solchi nella carne, in quel suo gemito roco e continuo che era più potente di qualsiasi urlo. Quando esplose, lui la sentì tremare violentemente tra le sue braccia, le sue contrazioni interne che lo strangolavano in un abbraccio di seta bollente. Fu quella sensazione, quel perfetto, spietato spasmo di piacere, a farlo venire. Con un grido soffocato che le labbra di Katia catturarono, lui si lasciò andare, svuotandosi in lei in lunghe, interminabili pulsazioni, il suo corpo scosso da brividi incontrollabili sotto il flusso costante dell’acqua.
Katia inarcò un sopracciglio, un’espressione di genuina sorpresa che subito si tramutò in divertimento. "Sai cucinare?"
Lui rise, spostando una ciocca di capelli bagnati dalla sua fronte. "Me la cavicchio."
"Allora direi che ci sto," annuì lei, districandosi dolcemente da lui e spegnendo l’acqua.
Si asciugarono con lentezza, gli asciugamani ruvidi che strusciavano sulla pelle sensibile, ogni passaggio un ricordo silenzioso di ciò che era appena accaduto. Si rivestirono con calma, i vestiti della sera prima che sembravano appartenere a un’altra vita. Alla porta, prima di uscire nel mondo, Mauro la attirò a sé per un ultimo, casto bacio. Un sigillo.
"A più tardi," sussurrò lei contro le sue labbra.
"A più tardi," ripeté lui, guardandola
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