Patrizia: una moglie principiante assoluta. Parte quarta

di
genere
etero

Mi alzai lentamente provai a camminare, ma il dolore era forte, irresistibile, dovevo andare al bagno, per fortuna il corridoio era vuoto, camminavo con le gambe divaricate, mi sentivo ridicola con quella camminata da papera. Nel bagno aprii il rubinetto del bidet, acqua tutta fredda, e diressi il getto verso il buchetto del mio culo, ebbi un po' di sollievo, momentaneo, ma piacevole, poi presi lo specchietto e inquadrai il buchetto…non potevo crederci! Avevo il buco totalmente dilatato, quasi potevo scorgere le viscere, altro che buchetto, mi prese il panico. Domenico, come promesso, me lo aveva davvero rotto. Tutto il giorno fu una sofferenza inaudita. Alle cinque del pomeriggio decisi di andare a casa. Nell’atrio dell’edificio Domenico mi chiamo “signora Patrizia c’è una lettera per lei” avanzai verso di lui e con tutta la forza che mi era rimasta e con grande dolore iniziai ad avanzare fingendo un passo normale nascondendo il bruciore tra le mie natiche ma non volevo dargli nessuna soddisfazione; presi la lettera, era di una società nostra cliente, la misi nella borsa, augurai la buonasera e guadagnai l’uscita. Nel parcheggio smisi di fingere e mi avvicinai alla mia auto con passo lento e gambe divaricate.
Arrivata a casa, mia suocera e Francesco stavano tranquillamente seduti sul divano, quando videro il mio modo di camminare si allarmarono, mi chiesero cosa mi fosse successo, niente dissi, un semplice stiramento sul lavoro; “i bambini?” chiesi, mia suocera mi disse che si trovavano in parrocchia e alle 19 sarebbe andata a prenderli, sorrisi, poi Francesco mi prese sottobraccio e mi accompagno in camera da letto. Ero stanca. Appena Francesco torno da sua madre frugai nel mio comodino, trovai una crema lenitiva a la spalmai per bene sul buco e mi rilassai. La mattina seguente sentii che il dolore era passato. Nel bagno, guardandomi allo specchio e spalancandomi le natiche, vidi che il buco si era richiuso, sospirai per il pericolo scampato, dare una spiegazione al mio medico per quel buco allargato non era proprio il caso. Alle nove portai i miei figli a scuola. Alle 9,30 ero al parcheggio del lavoro, prima di scendere dalla mia auto mi ricordai della lettera, l’aprii, non era della società, l’aveva scritta Domenico utilizzando poi una busta di quella società. Il testo diceva: “signora Patrizia ho in mente qualcosa che davvero le piacerà, trovi un giorno in cui può assentarsi da casa dopo il lavoro diciamo tra le 17 e le 21 e non se ne pentirà, nulla di pericoloso, si fidi. Grazie”. Non sapevo cosa pensare, mi colpiva la sfrontatezza di questo rospo maledetto, d’altro canto mi incuriosiva questa proposta segreta. Nell’ atrio mi diressi alla caffetteria e selezionai un caffè espresso, nell’attesa sentii la voce di Domenico che mi sussurrò “d’accordo”. Non lo guardai nemmeno, ma che audacia lo stronzo. L’occasione si presentò dopo dieci giorni. Un giovedì mattina di metà marzo Francesco mi informò che il venerdì seguente sarebbe dovuto andare all’addio al celibato del suo amico e collega Andrea e sicuramente avrebbe fatto tardi e mia madre aveva già acconsentito di dormire da noi la notte di venerdì. Non sapevo se accettare quella specie di invito di Domenico o rifiutare. Tutto il giorno rimasi con il dubbio, da un lato mi chiedevo se ne valesse la pena correre il rischio per una avventura che non conoscevo nei dettagli e dall’altro la curiosità, l’eccitazione e la segretezza mi dicevano di provare. Scelsi di accettare. Il pomeriggio uscendo dal lavoro, passai davanti a Domenico e le porsi la stessa lettera che mi aveva scritto, dentro c’era scritto un semplice accetto, domani dalle 17 alle 20. Lui me ne consegno un’altra. Arrivata sulla mia auto la lessi, il testo diceva: porta con te un cappotto perché la sera fa freddino, con la tua auto deve arrivare in questo parcheggio dove troverai un camper vecchiotto e parcheggia a fianco, io arriverò dopo dieci minuti. Finito nessuna altra indicazione o spiegazione di quello che doveva accadere. Avevo capito dove si trovava il parcheggio, a circa 2 chilometri dall’ufficio un posto semi isolato.
Il venerdì arrivò pieno di attese e paure da parte mia mentre Francesco, con il suo addio al celibato, era carico di aspettative di baldoria in una serata tra amici. Per tutto il giorno mi sentivo come una corda di violino. Alle 17,30 passai attraverso l’atrio, Domenico al mio passaggio mosse la testa come per dirmi “ci siamo”. Come previsto trovai il camper e parcheggiai accanto, dopo 15 minuti sentii suonare, era Domenico con la sua Fiat Punto, mi fece segno di salire. Ormai il giorno era svanito e la sera si presentava molto buia. Non parlammo, muti, sentendo tutta la tensione tra di noi. Dopo due chilometri circa svoltammo su una strada secondaria e poi di nuovo in una strada alberata. Ci fermammo davanti un negozio tutto illuminato di blu, l’insegna recitava “momenti di passione”. Domenico suonò il campanello, entrammo e ci accolse una signora. Era un sex shop, a sinistra la parete era coperta da tutti cazzi di ogni misura e colore, al lato c’erano le vagine, invece tutta la sala a destra era riservata all’abbigliamento sexy. Domenico disse alla signora “Liliana, ti presento mia moglie Patrizia, come ti ho detto per telefono questa mattina, io e lei abbiamo una fantasia, vorrei che la trasformassi in una vera puttana”. Rimasi ammutolita. Liliana mi prese per mano e disse “Fidati di me, stasera sarai la più bella puttana di Bologna, avrai la fila di auto” poi mi porta in una stanza e chiuse la porta. Mi valuto, mi chiese delle mie misure, vestiti e scarpe, scelse dei colori per il trucco e la parrucca. Cominciò l’operazione di trasformazione in Patrizia la puttana. Appena ebbe finito mi porto davanti a uno specchio, rimasi a bocca aperta. Avevo un gonnellino tipo scozzese che mi arriva appena sotto la fica, un collant a rete a maglie larghe senza mutande un modo che si potesse veder il folto pelo nero, scarpe eleganti con tacco da 10 centimetri, un top che mi tirava su il seno a dismisura, una parrucca bionda con capelli mossi che mi toccavano le spalle e un trucco da troia patentata, aveva anche passato la matita marrone seguendo il contorno della mie labbra in modo da incorniciarle con una sottile linea, disse che così davo l’immagine di una esperta pompinara. Uscimmo dalla stanza e Domenico rimasi a bocca aperta, poi mi prese per mano e mi portò fuori. Quando salimmo in auto Domenico cominciò a toccarmi la fica facendomi un ditalino io gli sbottonai la patta e tirai fuori il suo cazzo e cominciai a masturbarlo poi mi chinai a succhiarlo e mordergli la cappella, ad ogni morso Domenico sussultava, mi sentivo troia, quell’abbigliamento mi aveva trasformato, senza pudore e paure. Dissi” dove mi porti?” lui rispose “ti porto a battere”. Misi la mano in bocca, mi portava a fare la puttana sul serio, sulla strada, ero in panico assoluto, volevo tornare in dietro, ma non ebbi il coraggio di dirglielo, ormai mi sentivo nella parte e nulla poteva trattenermi. Nel tragitto mi spiego che non dovevo andare con i clienti, era un gioco, puttana per una sera, che se qualche cliente insisteva dovevo sparare cifre folli, ma nel caso qualcuno mi fosse interessato sul serio, allora mi spiego come usare il preservativo e altre cose. Disse di non preoccuparmi di nulla che lui, con la sua auto, sarebbe stato nei pressi. Arrivati presso via Stalingrado trovò un posto apparentemente tranquillo, senza altre prostitute in giro. Mi disse “scendi e datti da fare” e io risposi “ lo farò” aprii lo sportello e mi ritrovai sul marciapiede. Quel venerdì sera l’avventura di Patrizia la troiona era iniziata… continua

di
scritto il
2025-09-17
2 2 0
visite
4
voti
valutazione
7.3
il tuo voto

Continua a leggere racconti dello stesso autore

Segnala abuso in questo racconto erotico

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.