Flavia

di
genere
trans

Quando mi si avvicinò, non capii più un cazzo.
Flavia era troppo bella ed io stavo troppo male.
Ero disperato, non avevo soldi nemmeno per un treno che mi riportasse a casa. Quel porco di mio padre sarebbe stato felice: aveva vinto lui, ero un buono a nulla, dovevo tornare da lui e farmi vero uomo nel suo cantiere. Merda, piuttosto mi sarei buttato sotto il treno.
E Flavia sorrideva. “Che problemi c'è?” Disse col suo meraviglioso accento sudamericano.
“Nessuno.” Risposi e le raccontai tutta la mia vita di merda. Raccontavo anche se avevo l'impressione che non capisse bene l'italiano, perché sorrideva ad ogni mia tragedia.
M'arruffò i capelli. “Quanti grossi problemi per un ragazzo così giovane! Intanto tu devi farti una doccia... e se vuoi stanotte puoi dormire da me.”
La seguii come se fosse la mia fata. Tacco 12, pantaloni attillatissimi e bocce che gonfiavano la camicetta. Aveva la vita stretta e un brillantino all'ombelico, sul ventre piatto e teso, meravigliosamente colorato dal sole del Brasile. Profumava di buono. In metro ci guardavano tutti, mi sentivo sporco e brutto vicino a lei.
Sembrava giovanissima, aveva forse solo qualche hanno più di me, ma pareva forte e sicura di sé. Lei aveva conosciuto il mondo ed era rimasta bellissima.
La sua voce era musica, adoravo ascoltare dei vestitini che s'era presa e le sue chiacchiere interminabili al cellulare con le amiche.
Abitava al primo piano d'un palazzo grigio. M'indicò dov'era la doccia: “Intanto preparo da mangiare, io sono vegetariana, t'avviso... Hai da cambiarti?”
Cazzo, io nella borsa avevo solo roba sporca. Tirò fuori dei boxer elasticizzati. “Metti questi, poi fai la lavatrice.”
Figa, dopo tre settimane era un sogno fare la doccia in una vera casa! Mi lavai col suo docciaschiuma ed annusai tutti i suoi flaconcini. Ero così positivo che volli farmi anche la barba, i tre peli che avevo. Flavia mi passò la borsa col mio rasoio, a mezza porta, senza guardare.
Ero un altro, ma mi vergognavo ad uscire, i boxer erano strettissimi, misi un asciugamano in vita.
“Ma sei tu?, fatti vedere, sei bellissimo, frocetto mio!” Mi baciò sulle labbra, rapidissima con la punta della lingua, e una scossa mi tagliò le gambe. Le sarei saltato addosso, l'avrei baciata e ribaciata stretta tra le braccia.
Anche lei aveva sentito la scossa, m'aveva tolto l'asciugamano e mi ballava intorno col bacino che si muoveva da solo, ma standomi distante e mandandomi occhiate maliziose. Sculettava felice come una ragazzina.
Era cambiata anche lei. S'era levata la parrucca bionda ed ora aveva capelli castani lisci, tagliati a caschetto. Senza tacchi era sciolta e flessuosa ed era più bassa di me; indossava dei pantaloni di felpa leggera che le cadevano larghi dai fianchi nudi e un top attillato che le esaltava il seno. Ballai con lei, di fianco con una mano dietro la schiena nuda, le guardavo i piedi per imparare i passi. Dava il tempo serissima, contava in portoghese e si spostavano a destra e sinistra, ma non capiva come potessi essere così imbranato, era facilissimo! Poi capì e rise bellissima, con gli occhi luccicanti. Mi teneva le mani sulle spalle. “Devi guardarmi i piedi!, ahah., non il cazzo!” Strinse la mano sui pantaloni di felpa e lo scampanellò. Due scampanellate che mi tolsero il fiato.
“Vieni, devi mangiare.” La seguii nel cucinino fissandole il culo. Sei fortunato, stasera e domani non lavoro, possiamo mangiare tranquilli.”
Mangiammo seduti l'uno di fronte all'altra Lei rideva sempre e raccontava palle mostruose per far ridere anche me. Rise pure quando le riraccontai meglio ch'ero scappato con un uomo di quarantasei anni ed ero poi stato scaricato nella merda: “Fidati, cucciolo mio, quello è solo il primo stronzo che hai incontrato.”
Poi, con una serietà che manco una suora usa in chiesa, mi disse che potevo rimanere da lei, c'era un letto libero, ma che dovevo contribuire a pagare affitto e spesa se mi fermavo più di una notte.
Ovviamente accettai, ben sapendo che potevo rimanere solo quella notte. Ero al verde.
Lei mi lesse negli occhi e rise: “Tu ti preoccupi troppo di domani.” Mi strinse il ciuffo in fronte. “Ti va di guardare un vecchio film insieme?!!”

La Tv era di fronte al letto nella camera dove lavorava. Buttò dei cuscini e mise un cd. “È il mio preferito.” Saltò sul letto e batté sul materasso per farmi sedere accanto. Ero seminudo ed impacciato. Finsi di guardare il film: era Honey, il musical con Jessica Alba, in portoghese.
Flavia era eccitata, mi spiegava tutto il film, i dialoghi, balletti e quant'era brava lei. “Sai di buono disse.” disse all'improvviso.
“Ho usato il tuo doccia schiuma.”
“No, non è quello.” Mi baciò in bocca tenendomi per la nuca. “Sai di buono. Tu piaci agli uomini.” Abbassò l'audio e tornò a penetrarmi con la lingua con una foga che mi ridusse puttana. Mi baciava ad occhi chiusi, stesa al mio fianco, e come una cieca scorreva la sua mano sul mio corpo; mi sfiorava tutto, anche cazzo e coglioni, seguendo erezione e gonfiori, ma poi scendeva a palparmi forte l'ano e le natiche.
Figa se l'amavo! Non respiravo per paura che smettesse. Centimetro dopo centimetro infilai la mano fino al gonfiore che mi premeva sulla coscia e, felicissimo di quello che avevo scoperto, spinsi lingua e testa ribaltando Flavia sulla schiena. Si lasciò cercare e palpare senza smettere di succhiarmi la lingua: era liscia come una ragazza e morbida come il peccato. Era morbido anche il suo cazzo spropositato sotto quel pancino adorabile, ma che sarebbe stato enorme anche per il mandingo dei miei porno mentali. Era morbido, addormentato barzotto sulla sua coscia femminile, e s'indurì lentamente distendendosi lungo il mio braccio, mentre le sorreggevo i bei coglioni lisci e pesanti sul mio palmo.
Non capivo se ero spaventato od eccitato. Per farla felice palpai anche le tette, troppo morbide e perfette.
“Non fare lo scemo, a te non interessano.” Rise.
Risi imbarazzato: “Ce l'hai fantastico.”
Poggiò la spanna sui miei boxer. “Ma cucciolo, anche tu sei messo bene!... Lo usi?”
Le carezzai la natica nuda sotto il pantalone. Mi sussultò il cazzo contro la sua mano. Lei mi schioccò un bacio sulle labbra.
“Tu mi fai impazzire, sei dolcissima, mi ecciti anche i capelli, giuro, mi fai venire i brividi. Mai incontrato nessuna più bella e dolce di te! Ti amo.”
Mi spinse indietro e con quel tono serio da suora, in contrasto col suo musicale accento sudamericano, m'avvertì: “Tu parli troppo, non dire che mi ami, lo vuoi solo in culo.”
Le carezzai la guancia: “Allora violentami.”
Allargò gli occhioni stupiti e mi saltò addosso ridendo ed afferrandomi per il ciuffo: “Guarda che io ti violento davvero!!!”
Mi rigirai sotto lei ed abbassai i boxer. “No, cucciolo, ti voglio troppo bene.” Cercò la crema.
Mentre mi mungeva il cazzo tirandolo verso il basso, infilò due dita unte facendomi fremere da cagna. Ero in estasi, s'era miracolosamente dissolto il peggior periodo della mia vita e mi pareva di poter rinascere. Ma io ricordavo ogni mia singola cazzata delle ultime settimane: i furti nei supermercati, lo zainetto di quella ragazza e la borsetta giù dal tram, i pompini nei cessi, le ingroppate nei boschetti per venti euro... Forse era finito tutto, doveva essere finito!
Sentii il cazzo premere.
Entrò piano, aprendomi di piacere immenso ma poi fu lo schianto di tutti i miei peccati, m'impalò con la forza del piccone di mio padre. Il dolore fu pari solo alla sorpresa, m'era entrato un palo nel culo e non m'ero aperto in due, anzi, alla terza pistonata m'era tornata la vista. Inarcai indietro il collo per baciarla. Mi baciò e bevvi la sua saliva.
Amavo la mia dolce amante, adoravo la mia crudele padrona, Flavia, leggera come una ragazzina me lo picchiava pesante come un toro, mi baciava e insultava, carezzava e graffiava, il cazzone non era mai abbastanza dentro, allo stomaco voleva arrivare, i coglioni battevano contro i miei.
Gemevo, guaivo di non smettere, mi faceva godere da cagna; ululavo maledicendo il culo che si contraeva sul cazzone mente schizzavo a cazzo libero sul lenzuolo; boccheggiavo che mi faceva un male cane, che nessuno m'aveva mai scopato così, che non avrei più camminato, che ce l'aveva da cavallo, ch'era la più bella, la più bastarda, la più profumata, la più stronza; ansimavo che l'amavo.
Avevo già sudato l'anima ed ancora infieriva nel mio culo.
Venne urlando, più sconvolta di me. Io ero in tilt neuronale, nemmeno il sollievo che fosse finita, solo il desiderio di darle un bimbo e lo stupore di sentire l'ano che si richiudeva palpitando.
L'abbracciai tutta, mi sentivo in colpa: l'avevo ridotta ad uno scricciolo bagnato senza forze. La rianimai di baci e feci lentamente l'amore in quel culetto che nessuno aveva mai amato come me. M'aggrappavo ai suoi seni, oh quanto li desideravo adesso, alle sue spalle lisce ed al suo cazzone schiacciato sotto noi.

Tutta la notte non bastò per ammosciarle il cazzo. Limonammo, chiacchierammo, bevemmo vodka, guardammo la Tv, ridemmo e piangemmo, sempre penetrati a vicenda.
Ero tornato dal bagno, m'ero rimesso i boxer e seduto sul letto, lontano da lei. “Cos'hai?, sei già stanco?”.
Mi sentivo cretino: “No, nulla, pensavo... è un casino!”
“Tu pensi troppo! Pensi sempre a tuo padre, non devi.”
“E come faccio? Io sono nella merd...”
Mi salto addossò, mi strappò i boxer come una ragazzina eccitata, lottammo come scemi. Alla fine era dietro contro me, a cucchiaio, il suo cazzo impalato in culo. Pompava piano, mi godevo quel cazzo come se fosse stato l'ultimo giorno della mia vita.
Credo d'essermi addormentato.


Si svegliò alle tre, io ero in piedi da ore. Un paio di volte aprii anche la porta per scappare. Non ce l'avrei fatta a salutarla e m'ero coltivato mille paranoie: ero certo che per Flavia ero stato solo il gioco di una notte, una bella scopata da dimenticare.
“Perché cazzo ti sei rimesso la roba sporca?” Indossava in pigiamino fucsia con i pantaloncini svolazzanti sul culetto tondo e le gambe perfette. Inserì una cialda di caffè ed addentò arrabbiata un biscotto integrale. Cercai di spiegarle mentre mi dava continuamente del cretino. Bevve il caffè scottandosi.
“Adesso mi stai a sentire! Tu non torni da quello stronzo di tuo padre. Punto!, non ci torni e basta. Puoi rimanere qui. Ti prendi il primo lavoro che capita o e se ti va lavori con me. Qualche mese, ti rimetti in sesto e poi deciderai cosa fare, ma con un po' di soldi in tasca. Qui hai la tua camera: mi passi il venticinque per cento, tieni in ordine e noi siamo a posto. Cercano sempre bei culetti col cazzo come il tuo e credimi, non devi fartene venti al giorno per mettere da parte i soldi che ti servono. Ti insegno tutto io, avrai successo... e a luglio ci trasferiamo al mare, due mesi e sei pieno di soldi. Possiamo anche incontrare insieme, tu e io; a molti piace guardare soltanto o farlo in tre... e mi cercano sempre per feste. Insieme lo mettiamo in culo al mondo! Mi stai a sentire???”
No, stavo osservando il suo cazzone sotto i pantaloncini. Era eccitata per me, mi amava!
“Allora???”
“Sei bellissima, violentami.”
Rise incazzata. “Tu sei troppo frocio, amore mio.” e mi spaccò il culo a novanta. Me lo picchiava incazzata. “Poi basta, stasera inizi a lavorare! Ti faccio le foto e mettiamo l'annuncio... Niente viso, il primo piano del tuo culetto con su i miei slip di pizzo, la foto del cazzotto, quella ci deve essere per forza, e una bella foto per far vedere il tuo corpicino liscio... So già cosa scrivere: ' Frocetta di classe – attiva-passiva – baci con la lingua – XL - 18anni'... Scriviamo tutte le palle che vuoi, tuo non è un XL, ma chi se ne frega... Sei maggiorenne vero?, non mettermi nei casini! Ma i baci sono fondamentali! Abituati, pagano quello che vuoi per un frocetto vero e poi tornano tutti... Sei d'accordo?”
“Le foto...” Minchia non riuscivo a parlare con quel cazzo in culo. “... fammi le foto con indosso il tuo pigiamino.”
scritto il
2025-08-10
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