Come se non ci fosse un domani
di
Angelo B
genere
prime esperienze
Il ponte della nave era deserto, umido di brezza marina e impregnato dell’eccitazione che solo la notte sapeva generare. Una notte bollente, carnale. Il mare sotto di noi faceva da sottofondo, lento, ipnotico. Nicole mi camminava davanti, nuda sotto la mia camicia aperta, con il culo sodo che si muoveva a ogni passo, le cosce leggermente lucide del desiderio già in attesa.
Si voltò, occhi di brace e labbra dischiuse.
«Fammi male… voglio sentirti dentro fino a domani. Oggi non esiste più.»
In quel momento, non c’era più nulla. Solo lei. Solo la mia voglia. Solo quella figa bagnata pronta ad accogliermi.
La raggiunsi in un istante, la strinsi da dietro, il mio cazzo già duro che premeva contro le sue natiche. Le mani la esploravano, fameliche: le accarezzai i fianchi, poi risalii fino a stringerle i seni sotto la camicia, pizzicando i capezzoli duri, sentendola gemere.
«Ti sei preparata per me, troia mia?» le sussurrai all’orecchio.
«Mi sono masturbata pensando a te… mentre dormivi. Ora voglio il tuo cazzo. Tutto.»
Le infilai due dita tra le cosce, sentendola grondare.
«Sei zuppa…»
«Aprimi, scopami, non voglio resistere più. Non voglio carezze. Solo il tuo cazzo che mi devasta.»
Le spinse il busto contro la balaustra, piegata in avanti, la camicia che si apre di lato come un sipario indecente. Il culo perfetto, leggermente all’insù, la figa nuda che si offre, spalancata, sfrontata. La mia bocca ci si tuffa sopra, la lecco con tutta la lingua, lenta, profonda, poi veloce e brutale. Lei geme, si aggrappa al ferro.
«Ti sto squagliando la figa… lo senti? Vuole il cazzo. Vuole solo il tuo cazzo dentro.»
Me lo prendo. Il mio cazzo è gonfio, lucido, vivo. Lo accarezzo sul suo clitoride un paio di volte, poi glielo pianto dentro di colpo, tutto, fino in fondo.
«Sìììì! Così! Dio, mi spacchi…» urla.
La tengo ferma per i fianchi e la scopo con violenza, ritmica, decisa. Ogni colpo è un rumore sordo di pelle contro pelle, ogni affondo più profondo, ogni spinta un possesso totale. Le sue urla si perdono nel mare.
«Ti piace, troia?»
«Sì! Più forte, più dentro… fammi sentire che sono tua… che sono solo la tua puttana!»
Le mani le scendono tra le cosce, si masturba mentre la scopo, mentre la riempio.
Poi la afferro per i capelli, la tiro indietro, le mordo il collo. Cambio posizione, la giro, me la sbatto addosso. Lei si apre, alza le gambe e me le stringe intorno alla vita. Mi infilo di nuovo dentro, stavolta guardandola negli occhi.
«Guardami mentre ti scopo. Voglio vederti godere.»
E lei gode. Forte. La sua figa si stringe attorno al mio cazzo come una bocca affamata. Il suo orgasmo esplode in un grido rotto, le cosce che tremano, i capezzoli duri come pietre.
Ma non mi fermo. La voglio ancora. Di più.
Mi inginocchio, la faccio sedere sul mio viso. Lei geme, si muove, mi cavalca la bocca mentre la lingua le lecca ogni goccia. La figa è una fontana, esplode ancora.
«Sto venendo di nuovo… ti sto bagnando tutto, Dio sììì!»
Poi la stendo per terra, le sollevo le gambe sopra le spalle e le pianto il cazzo di nuovo, più forte. Le scopo l’anima. Lei si aggrappa a me con le unghie, mi incide la schiena.
«Riempi la mia figa… fammi sentire il tuo sperma dentro, voglio gocciolare di te fino a domani.»
L’ultima spinta è totale. Grido anche io, la tengo stretta e vengo dentro, in profondità. Una fucilata calda che la fa tremare di nuovo.
Restiamo così, attaccati, mescolati, sudati. Il mare continua sotto di noi, ma ormai è solo un dettaglio.
Perché questa notte… l’abbiamo vissuta con tutto.
Con il corpo.
Con l’anima.
Come se non ci fosse un domani.
Si voltò, occhi di brace e labbra dischiuse.
«Fammi male… voglio sentirti dentro fino a domani. Oggi non esiste più.»
In quel momento, non c’era più nulla. Solo lei. Solo la mia voglia. Solo quella figa bagnata pronta ad accogliermi.
La raggiunsi in un istante, la strinsi da dietro, il mio cazzo già duro che premeva contro le sue natiche. Le mani la esploravano, fameliche: le accarezzai i fianchi, poi risalii fino a stringerle i seni sotto la camicia, pizzicando i capezzoli duri, sentendola gemere.
«Ti sei preparata per me, troia mia?» le sussurrai all’orecchio.
«Mi sono masturbata pensando a te… mentre dormivi. Ora voglio il tuo cazzo. Tutto.»
Le infilai due dita tra le cosce, sentendola grondare.
«Sei zuppa…»
«Aprimi, scopami, non voglio resistere più. Non voglio carezze. Solo il tuo cazzo che mi devasta.»
Le spinse il busto contro la balaustra, piegata in avanti, la camicia che si apre di lato come un sipario indecente. Il culo perfetto, leggermente all’insù, la figa nuda che si offre, spalancata, sfrontata. La mia bocca ci si tuffa sopra, la lecco con tutta la lingua, lenta, profonda, poi veloce e brutale. Lei geme, si aggrappa al ferro.
«Ti sto squagliando la figa… lo senti? Vuole il cazzo. Vuole solo il tuo cazzo dentro.»
Me lo prendo. Il mio cazzo è gonfio, lucido, vivo. Lo accarezzo sul suo clitoride un paio di volte, poi glielo pianto dentro di colpo, tutto, fino in fondo.
«Sìììì! Così! Dio, mi spacchi…» urla.
La tengo ferma per i fianchi e la scopo con violenza, ritmica, decisa. Ogni colpo è un rumore sordo di pelle contro pelle, ogni affondo più profondo, ogni spinta un possesso totale. Le sue urla si perdono nel mare.
«Ti piace, troia?»
«Sì! Più forte, più dentro… fammi sentire che sono tua… che sono solo la tua puttana!»
Le mani le scendono tra le cosce, si masturba mentre la scopo, mentre la riempio.
Poi la afferro per i capelli, la tiro indietro, le mordo il collo. Cambio posizione, la giro, me la sbatto addosso. Lei si apre, alza le gambe e me le stringe intorno alla vita. Mi infilo di nuovo dentro, stavolta guardandola negli occhi.
«Guardami mentre ti scopo. Voglio vederti godere.»
E lei gode. Forte. La sua figa si stringe attorno al mio cazzo come una bocca affamata. Il suo orgasmo esplode in un grido rotto, le cosce che tremano, i capezzoli duri come pietre.
Ma non mi fermo. La voglio ancora. Di più.
Mi inginocchio, la faccio sedere sul mio viso. Lei geme, si muove, mi cavalca la bocca mentre la lingua le lecca ogni goccia. La figa è una fontana, esplode ancora.
«Sto venendo di nuovo… ti sto bagnando tutto, Dio sììì!»
Poi la stendo per terra, le sollevo le gambe sopra le spalle e le pianto il cazzo di nuovo, più forte. Le scopo l’anima. Lei si aggrappa a me con le unghie, mi incide la schiena.
«Riempi la mia figa… fammi sentire il tuo sperma dentro, voglio gocciolare di te fino a domani.»
L’ultima spinta è totale. Grido anche io, la tengo stretta e vengo dentro, in profondità. Una fucilata calda che la fa tremare di nuovo.
Restiamo così, attaccati, mescolati, sudati. Il mare continua sotto di noi, ma ormai è solo un dettaglio.
Perché questa notte… l’abbiamo vissuta con tutto.
Con il corpo.
Con l’anima.
Come se non ci fosse un domani.
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