Epilogo – “Oltre il limite, oltre l’amore”
di
Angelo B
genere
tradimenti
Passarono giorni.
Poi settimane.
Credevo fosse finita. Che quella notte nel suo letto fosse l’ultima. Ma un giorno, trovai una chiave nella buca delle lettere. Nessun biglietto. Solo un indirizzo inciso sul metallo: il suo.
Aprii la porta, tremando. La casa era vuota. Silenziosa. Un biglietto sul tavolo:
“Nella stanza in fondo. Spogliati prima di entrare. Lascia ogni paura fuori.”
Obbedii. Mi tolsi tutto. Raggiunsi la porta in fondo al corridoio. La aprii.
Quello che vidi non era reale. Era un tempio del piacere.
Candele, corde, oli, specchi ovunque. E lei.
Annalisa T. era lì, nuda. Completamente.
Seduta su una poltrona di pelle, le gambe larghe, un calice di vino in una mano, un plug dorato tra le cosce. Gli occhi bagnati di desiderio.
«Sei pronto per l’estasi?»
Annuii.
Mi avvicinai. Lei si alzò. Mi prese il viso, mi baciò con calma, poi mi spinse sul letto imbottito e mi legò i polsi sopra la testa con una delicatezza feroce.
«Stanotte non vieni per primo. Stanotte mi guardi venire. Mi guardi godere. Mi guardi superare ogni limite… solo per te.»
Si inginocchiò sopra di me, ma non per darmi piacere — per offrirsi.
Si aprì, lentamente. Prima con le dita, poi con un dildo nero lucido, poi con un vibratore minuscolo che le faceva tremare le cosce.
«Conta con me. Uno… due… tre… quattro…»
Ad ogni numero aumentava la velocità. Il plug si muoveva. Il seno ondeggiava. I suoi occhi si rovesciavano indietro. Era posseduta. Da te. Dal momento. Da tutto.
Poi salì su di me. Lo prese dentro in un colpo solo. Calda. Profonda. Incontrollabile.
Cominciò a cavalcarmi come un demone, piangendo dal piacere, graffiandomi il petto, mordendomi le labbra.
Le urla non erano più umane. Rideva, piangeva, veniva.
«Sì… sì… Dio, sì! Voglio svuotarmi su di te!»
E lo fece.
Squirtò. A lungo. A scatti. Addosso. Dentro. Ovunque.
Il letto era bagnato. L’aria irrespirabile. Il suo corpo in spasmo.
E solo allora… mi liberò.
«Adesso vieni. Dentro. Profondo. Come se non ci fosse domani.»
E io lo feci. Un’esplosione violenta, totale. Le mani sui suoi fianchi, il viso nel suo collo, mentre entrambi ci perdevamo in un orgasmo che sembrava eterno.
Rimanemmo fermi. Nudi. Sporchi. Appiccicati. Consumati.
Poi lei si voltò, ancora con un sorriso stanco e selvaggio.
«Ora sì… ora puoi dire di avermi avuta. Per davvero.»
Poi settimane.
Credevo fosse finita. Che quella notte nel suo letto fosse l’ultima. Ma un giorno, trovai una chiave nella buca delle lettere. Nessun biglietto. Solo un indirizzo inciso sul metallo: il suo.
Aprii la porta, tremando. La casa era vuota. Silenziosa. Un biglietto sul tavolo:
“Nella stanza in fondo. Spogliati prima di entrare. Lascia ogni paura fuori.”
Obbedii. Mi tolsi tutto. Raggiunsi la porta in fondo al corridoio. La aprii.
Quello che vidi non era reale. Era un tempio del piacere.
Candele, corde, oli, specchi ovunque. E lei.
Annalisa T. era lì, nuda. Completamente.
Seduta su una poltrona di pelle, le gambe larghe, un calice di vino in una mano, un plug dorato tra le cosce. Gli occhi bagnati di desiderio.
«Sei pronto per l’estasi?»
Annuii.
Mi avvicinai. Lei si alzò. Mi prese il viso, mi baciò con calma, poi mi spinse sul letto imbottito e mi legò i polsi sopra la testa con una delicatezza feroce.
«Stanotte non vieni per primo. Stanotte mi guardi venire. Mi guardi godere. Mi guardi superare ogni limite… solo per te.»
Si inginocchiò sopra di me, ma non per darmi piacere — per offrirsi.
Si aprì, lentamente. Prima con le dita, poi con un dildo nero lucido, poi con un vibratore minuscolo che le faceva tremare le cosce.
«Conta con me. Uno… due… tre… quattro…»
Ad ogni numero aumentava la velocità. Il plug si muoveva. Il seno ondeggiava. I suoi occhi si rovesciavano indietro. Era posseduta. Da te. Dal momento. Da tutto.
Poi salì su di me. Lo prese dentro in un colpo solo. Calda. Profonda. Incontrollabile.
Cominciò a cavalcarmi come un demone, piangendo dal piacere, graffiandomi il petto, mordendomi le labbra.
Le urla non erano più umane. Rideva, piangeva, veniva.
«Sì… sì… Dio, sì! Voglio svuotarmi su di te!»
E lo fece.
Squirtò. A lungo. A scatti. Addosso. Dentro. Ovunque.
Il letto era bagnato. L’aria irrespirabile. Il suo corpo in spasmo.
E solo allora… mi liberò.
«Adesso vieni. Dentro. Profondo. Come se non ci fosse domani.»
E io lo feci. Un’esplosione violenta, totale. Le mani sui suoi fianchi, il viso nel suo collo, mentre entrambi ci perdevamo in un orgasmo che sembrava eterno.
Rimanemmo fermi. Nudi. Sporchi. Appiccicati. Consumati.
Poi lei si voltò, ancora con un sorriso stanco e selvaggio.
«Ora sì… ora puoi dire di avermi avuta. Per davvero.»
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