“La moglie perfetta”
di
Angelo B
genere
corna
Prefazione – Nata per essere usata
Non tutte le donne sono nate per essere madri.
Non tutte le mogli sono nate per essere fedeli.
Io sono nata per essere guardata, desiderata, scopata. Da chiunque. Ovunque. In ogni modo.
Mi chiamo Stefania, ho un marito che mi adora e una faccia da brava donna.
Ma sotto questa pelle liscia e questi occhi puliti, c’è solo voglia, calore, e fame di cazzo.
Mia madre mi ha insegnato a essere elegante.
La vita mi ha insegnato a essere una puttana.
E ora vi racconto tutto. Perché ogni santa domenica…
…divento l’inferno in carne viva.
⸻
Capitolo 1 – Rete di piacere
Campo da calcio, sabato sera.
Fari accesi, silenzio, odore di terra bagnata.
Lino, mio marito, era a casa davanti alla tv. Io no. Io ero lì per Angelo, numero 9, fisico da pantera e occhi che mi spogliavano a ogni corsa.
Mi avvicinai a lui nel silenzio degli spogliatoi. Addosso un vestitino corto e nient’altro.
Senza parlare mi chinai, glielo baciai sul collo e poi mi piegai io. Contro la rete. Come un regalo.
«Sei pazza…» sussurrò.
«Sono solo bagnata.»
Mi prese da dietro, con foga, senza chiedere. La rete cigolava, le sue mani mi marchiavano.
Venni con un urlo, a gambe larghe, faccia nella rete, e lui dentro. Forte.
Quando uscì da me, mi passai un dito tra le cosce e lo leccai.
«Settimana prossima stessa ora.»
«Solo se giochi senza mutande» rise lui.
⸻
Capitolo 2 – La domenica infernale
Ore 10:43. Cucina.
Lino parlava della partita. Io pensavo ancora alla scopata della sera prima.
Avevo le sue tracce addosso mentre preparavo il caffè.
Al pomeriggio lo accompagnai allo stadio.
Ma il mio biglietto era un altro: pass spogliatoi.
Sotto la divisa, ancora niente. Solo voglia.
Alle 13:00 ero già in ginocchio, in mezzo al vapore dello spogliatoio.
Lo presi in bocca come una drogata, gemendo con le sue mani nei miei capelli.
Mi venne in gola. Lo mostrai sulla lingua. Poi ingoiai.
Semplice. Come una professionista.
Io non sono una moglie. Io sono una funzione.
⸻
Capitolo 3 – Il parcheggio degli orrori
Fine partita.
Lino rideva con gli amici, io “sistemavo il trucco”. In realtà salivo su un SUV con due giocatori.
«Angelo dice che siete bravi. Ma io voglio provare.»
Fui scopata come una cosa. Un trofeo da passarsi. Bocca, figa, culo.
Uscì con le cosce appiccicose, il rossetto sbavato, e le mutandine in tasca a uno di loro.
Tornai accanto a Lino.
«Bella partita, eh amore?»
«La migliore dell’anno» dissi, con due sborrate dentro.
⸻
Capitolo Finale – La regina dei cornuti
Venerdì sera. Lino sistemava la lavastoviglie.
Io uscivo per una “cena tra amiche”.
Destinazione: villa privata, otto ragazzi, una regola: “stasera sei nostra.”
Mi spogliarono, mi usarono, mi presero ovunque.
Manette, dita in gola, risate e bestemmie.
Mi sculacciarono, mi riempirono, mi sborarono addosso. In faccia, sulla pancia, dentro.
Quando mi slegarono, ero sfinita, felice, disintegrata. Una puttana completa.
Tornai a casa all’1:55.
Lino dormiva. Mi infilai a letto nuda, ancora sporca, ancora piena.
Mi baciò la fronte, mezzo addormentato.
«Com’è andata la cena?»
«Bellissima, amore. Le ragazze mi invidiano.»
Mi strinse forte.
E io chiusi gli occhi, con la figa che pizzicava ancora.
⸻
Epilogo – La troia perfetta
Mi chiamo Stefania.
Sono una moglie. Una signora. Una troia.
E non voglio scegliere.
Perché ogni bacio che do a Lino ha il sapore delle sborrate degli altri.
Ogni carezza che lui mi fa è un premio che non si è mai meritato.
Ogni volta che lo guardo negli occhi, mi godo la sua ignoranza.
Perché la verità è semplice:
Lino è felice.
E io sono usata.
Ogni volta, meglio.
Ogni giorno, più troia.
E mai stata più viva.
Non tutte le donne sono nate per essere madri.
Non tutte le mogli sono nate per essere fedeli.
Io sono nata per essere guardata, desiderata, scopata. Da chiunque. Ovunque. In ogni modo.
Mi chiamo Stefania, ho un marito che mi adora e una faccia da brava donna.
Ma sotto questa pelle liscia e questi occhi puliti, c’è solo voglia, calore, e fame di cazzo.
Mia madre mi ha insegnato a essere elegante.
La vita mi ha insegnato a essere una puttana.
E ora vi racconto tutto. Perché ogni santa domenica…
…divento l’inferno in carne viva.
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Capitolo 1 – Rete di piacere
Campo da calcio, sabato sera.
Fari accesi, silenzio, odore di terra bagnata.
Lino, mio marito, era a casa davanti alla tv. Io no. Io ero lì per Angelo, numero 9, fisico da pantera e occhi che mi spogliavano a ogni corsa.
Mi avvicinai a lui nel silenzio degli spogliatoi. Addosso un vestitino corto e nient’altro.
Senza parlare mi chinai, glielo baciai sul collo e poi mi piegai io. Contro la rete. Come un regalo.
«Sei pazza…» sussurrò.
«Sono solo bagnata.»
Mi prese da dietro, con foga, senza chiedere. La rete cigolava, le sue mani mi marchiavano.
Venni con un urlo, a gambe larghe, faccia nella rete, e lui dentro. Forte.
Quando uscì da me, mi passai un dito tra le cosce e lo leccai.
«Settimana prossima stessa ora.»
«Solo se giochi senza mutande» rise lui.
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Capitolo 2 – La domenica infernale
Ore 10:43. Cucina.
Lino parlava della partita. Io pensavo ancora alla scopata della sera prima.
Avevo le sue tracce addosso mentre preparavo il caffè.
Al pomeriggio lo accompagnai allo stadio.
Ma il mio biglietto era un altro: pass spogliatoi.
Sotto la divisa, ancora niente. Solo voglia.
Alle 13:00 ero già in ginocchio, in mezzo al vapore dello spogliatoio.
Lo presi in bocca come una drogata, gemendo con le sue mani nei miei capelli.
Mi venne in gola. Lo mostrai sulla lingua. Poi ingoiai.
Semplice. Come una professionista.
Io non sono una moglie. Io sono una funzione.
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Capitolo 3 – Il parcheggio degli orrori
Fine partita.
Lino rideva con gli amici, io “sistemavo il trucco”. In realtà salivo su un SUV con due giocatori.
«Angelo dice che siete bravi. Ma io voglio provare.»
Fui scopata come una cosa. Un trofeo da passarsi. Bocca, figa, culo.
Uscì con le cosce appiccicose, il rossetto sbavato, e le mutandine in tasca a uno di loro.
Tornai accanto a Lino.
«Bella partita, eh amore?»
«La migliore dell’anno» dissi, con due sborrate dentro.
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Capitolo Finale – La regina dei cornuti
Venerdì sera. Lino sistemava la lavastoviglie.
Io uscivo per una “cena tra amiche”.
Destinazione: villa privata, otto ragazzi, una regola: “stasera sei nostra.”
Mi spogliarono, mi usarono, mi presero ovunque.
Manette, dita in gola, risate e bestemmie.
Mi sculacciarono, mi riempirono, mi sborarono addosso. In faccia, sulla pancia, dentro.
Quando mi slegarono, ero sfinita, felice, disintegrata. Una puttana completa.
Tornai a casa all’1:55.
Lino dormiva. Mi infilai a letto nuda, ancora sporca, ancora piena.
Mi baciò la fronte, mezzo addormentato.
«Com’è andata la cena?»
«Bellissima, amore. Le ragazze mi invidiano.»
Mi strinse forte.
E io chiusi gli occhi, con la figa che pizzicava ancora.
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Epilogo – La troia perfetta
Mi chiamo Stefania.
Sono una moglie. Una signora. Una troia.
E non voglio scegliere.
Perché ogni bacio che do a Lino ha il sapore delle sborrate degli altri.
Ogni carezza che lui mi fa è un premio che non si è mai meritato.
Ogni volta che lo guardo negli occhi, mi godo la sua ignoranza.
Perché la verità è semplice:
Lino è felice.
E io sono usata.
Ogni volta, meglio.
Ogni giorno, più troia.
E mai stata più viva.
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