Redenzione di Natale

di
genere
gay


Esclamò Bob entusiasta, prima di asciugare la lacrima che lustrava il viso angelico di Denise.



Concluse Bob convinto delle frecce al proprio arco.
Dopo aver raccolto i lunghi capelli biondi in una stretta coda, il ragazzo infilò il lungo impermeabile nero che si univa come nell’oscurità a dei pantaloni bruni e a delle scarpe da tennis rimediate in un precedente colpo.
Nonostante la giovane età, Bob non era oramai più un dilettante e padroneggiava l’arte del furto come un veterano di vecchia scuola. Aveva iniziato alle scuole medie con qualche furtarello dentro l’istituto e fin da subito aveva realizzato che la sua, fosse una vera e propria vocazione, condita da un insolito talento. Il salto di qualità lo aveva compiuto all’età di 17 anni, con il suo primo grande assalto in villa. Il bottino tra gioielli e lingotti d’ora era ammontato a quasi un milione di euro che era riuscito a riconvertire in denaro attraverso un fidato ricettatore.
Ora, a 22 anni appena compiuti, possedeva un patrimonio milionario, una splendida casa e soprattutto una famiglia che lo amava per quello che era. Denise conosceva l’uomo che aveva sposato, e più volte aveva provato a convincerlo a desistere. Si ripeteva che prima o poi avrebbe smesso con i furti e tutto sarebbe tornato a essere normale, o forse banale.
Ma Bob sentiva il bisogno di quell’adrenalina. Quella sferzata di energia che solo le ruberie sapevano regalargli. Percepire il rumore del silenzio mentre non si è soli in casa, sapere che ogni istante può essere l’ultimo, lo aiutavano a sopravvivere nell’agonia del quotidiano. Nella sua testa ogni furto era una fantasia erotica su cui spesso tornava a rimembrare.
Caricò il borsone dentro il bagagliaio, e dopo aver infilato il sedile del guidatore, mise in moto la sua utilitaria nera. Scelse per la sera di Natale l’auto più normale che possedeva. Poco rumorosa e incapace di dare sull’occhio. Tutto sarebbe filato liscio nel giro di un paio di ore. Premette il pedale sull’acceleratore giusto prima di scorgere dallo specchietto retrovisore la sagoma di sua figlia Aurora che lo salutava dalla finestra della cameretta.
“Tornerò presto a casa, amore di papà. Vi regalerò una vita di prima classe.”
La città appariva nel suo consueto deserto, con tutta la gente riunita nelle proprie case per il cenone della vigilia. Anche le saracinesche dei negozi erano abbassate, alcune per la chiusura serale altre per la perdurante crisi economica. Le luminarie attenuavano solo parzialmente quel senso di malinconia che ogni Natale portava con sé. Tra tutte le feste, quella era in assoluto la più odiata anche per gli esigui bottini che si facevano.
Quella notte però qualcosa sarebbe cambiato. Quella villa situata nell’immediata collina era un’occasione che non poteva farsi sfuggire. Il proprietario era un facoltoso industriale 63enne che si era arricchito grazie a una piccola azienda di giocattoli. Le sue grandi passioni erano le opere antiche, le donne, gli orologi di valore e negli ultimi anni anche il gioco d’azzardo. Dalle informazioni raccolte, l’uomo era volato in Egitto insieme a una delle tante giovani amanti e la casa era stata lasciata in custodia a un servo che passava più ore da sbronzo che da lucido. Un basista facente parte della servitù, gli aveva fornito la mappa della villa e con dettagliate tutte le possibili trappole. La cassaforte era al piano superiore, nascosta dietro a un quadro risalente all’età rinascimentale. Tutto sembrava così facile, forse fin troppo, e un cattivo presentimento si fece spazio nella mente del giovane.
Estrasse dal borsone il passamontagna che infilò assieme ai guantoni neri. Nella tasca sinistra dell’impermeabile la torcia, mentre in quella dei pantaloni la sua immancabile Beretta avvolta nella mappa della villa. Si assicurò che non ci fossero telecamere attive e si avviò a passo svelto verso la recinzione esterna di quella villa. Una sferzata di aria gelida, dallo strano sapore di salsedine, lo investì fino a quasi frantumargli le ossa e gli rammentò quell’infausta sensazione che lo aveva percosso pochi minuti prima. Come si aspettava, nessun allarme scattò. Un sospiro di sollievo alleggerì la tensione che si era accumulata nel petto.
“Bravo Thomas, hai rispettato gli accordi presi. Ti meriti una lauta ricompensa.”
Attraversato il lungo giardino addobbato di querce secolari, si trovò di fronte alla vetrata di quella sfarzosa villa che torreggiava in dei volumi morbidi e tondeggianti con arredi in pietra locale, corian e abete. L’abitazione più vicina era a diversi chilometri di distanza e nessuno lo avrebbe di certo disturbato in quella notte speciale.
Ci vollero pochi secondi per forzare la porta-finestra e fiondarsi finalmente all’interno. La flebile luce della torcia illuminò gli sfarzosi interni, incorniciati da pareti addobbate di affreschi settecenteschi. Ammagliato di fronte a tanta maestosità, illuminò con la torcia la mappa prima di individuare la scalinata che lo avrebbe condotto alla cassaforte. Superò una ventina di scalini in marmo bianco e senza nemmeno accorgersene, si trovò al piano superiore.
Un vasto salone tappezzato si apriva alla piccola areola di luce artificiale. Al centro, un lungo tavolo in mogano con ben diciotto sedie accostate in maniera ordinata. Otto per ogni lato lungo e una su ciascun lato corto. Alle spalle di una di quelle al capotavola, un angusto quadro con dipinto uno storpio dal volto tumefatto, sembrava essere fuori posto in quel contesto fatto di tasselli dentro a un mosaico.
Si avvicinò a quel dipinto e facendo attenzione a non fare rumore, lo sollevò fino ad appoggiarlo a fianco dei suoi piedi. La parete presentava uno strano incavo a formare una specie di quadrato. Al lato destro, una piccola tastiera digitale era illuminata a intermittenza da una luce rossa. Recuperò la mappa e digitò il codice che si era segnato con una penna color blu.
“03378594”
La luce passò dal rosso al verde prima di emettere un flebile suono. Era il segnale che era arrivato alla meta. Con grande sorpresa, osservò la parete avanzare verso di lui fino quasi a colpirlo e poi spostarsi lateralmente, aprendo alle spalle lo spazio a una grande cavità. Immediatamente rivolse la torcia verso quella stanza che illuminò una serie di scaffali addobbati con strani oggetti. Si scorgevano mazze, bastoni, catene e manette. Non certo i gioielli e i diamanti che si aspettava di trovare. Al centro, una sedia in pelle che poggiava su cinque rotelle faceva da sostegno a un oggetto fallico color rosa.
Sempre più confuso e dubbioso, si avvicinò a quella specie di opera di arte moderna. Una strana calura lo avvolse non appena mise piede all’interno. Poi un brivido di nuovo lo prese alle spalle. Ancora quella dannata sensazione di disagio. Un suono, forse un fischio, come il fruscio del vento. E infine la luce della torcia che sembrava diventare sempre più intensa.
“Pum.”
Qualcosa lo colpì alla testa. Tutto divenne nero.


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nicola.pavelli@gmail.com
scritto il
2025-05-17
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