Pianeta Utopia

Scritto da , il 2021-11-15, genere sentimentali

Mila giaceva sotto la coperta di lana, distesa sull’erba fresca del mattino. Accanto a lei, abbandonato nella quiete del sonno, percepiva il respiro regolare di Zechar. Si girò appena. Il viso di lui illuminato dalla luce soffice del mattino. Nudi entrambi, dopo aver fatto l’amore la sera precedente. Tutti dormivano, sparsi sul prato che circondava il lago. Chi da solo, chi in coppia, chi con i figli.

Mila si alzò, senza preoccuparsi di coprirsi in alcun modo. Sul loro pianeta nessuno si vergognava della nudità. Nessuno giudicava i corpi. Erano diversi, certo. Giovani, vecchi, alti, bassi, con seni prosperosi o meno, membri diversi per dimensioni. Tutti erano diversi. Nessuno ci faceva caso però. Si diceva che ognuno aveva il suo corrispettivo, e tanto bastava.

Al mattino l’aria era fresca, ma piacevole. L’acqua un richiamo irresistibile. Lasciò che la coperta scivolasse a terra e si diresse verso la riva. Immerse appena i piedi rabbrividendo per il contatto, poi si tuffò. Il fluire dell’acqua le diede un piacere dolcissimo. Una carezza sulla pelle, che la percorreva in ogni anfratto. Sentiva il seme di lui abbandonare il suo corpo. Sorrise. Quell’anno si sarebbero sposati, avevano comunicato la decisione al consiglio del Pianeta. Per i figli c’era tempo. In fondo erano giovani. Avevano soltanto 80 anni. Sul loro pianeta la vita durava assai più che sulla Terra. Si moriva, in assenza di incidenti ovvio, a circa 250 anni, più o meno. Le erbe dei vecchi guaritori garantivano l’assenza di gravidanze indesiderate. Per questo motivo potevano fare l’amore senza preoccuparsi. I figli erano decisi di comune accordo con la comunità. Ne troppi, ne troppo pochi.

Nuotò verso il centro del lago, girandosi di tanto in tanto per tener d’occhio la riva. Fu così che lo vide alzarsi, stiracchiarsi, nudo come la sera prima. Il membro rilassato, il corpo muscoloso ed agile illuminato dalla luce del loro sole. Sorrise nell’acqua, a quella vista. Lo stesso fece lui, quando intuì la sua testa emergere. Si tuffò e con vigorose bracciate la raggiunse. Si abbracciarono e baciarono, felici. Lei cinse il suo busto con le gambe, appoggiandosi al suo corpo sicura. I seni premevano sul petto di lui, una pressione morbida e calda. Non dissero una parola. Non era necessario. Si parlarono con la telepatia. Tanto tutti dormivano, nessuno avrebbe ascoltato. Parole di innamorati, parole che è meglio tacere che riportare. Non servirebbero, comunque.

Nuotarono insieme. Giocarono. Si unirono ancora. Quando stanchi, tornarono insieme alla riva e si sedettero sulla piccola spiaggia sabbiosa. Lui dietro, lei appoggiata a lui. Le braccia a cingerla, stringendola a sé. Gli occhi sull’acqua appena increspata del lago.
- Sai c’è una cosa che non capisco della Terra- disse lei
- Stavi pensando alla Terra? -
- Si...cioè, anche-
- E cosa pensavi? -
Lei si girò, prese il suo abito lasciato a terra e ne estrasse un piccolo oggetto.
- Cos’è? - chiese lui
- Ti racconto, poi mi dici- c’era di meglio da fare quella mattina se non ascoltare la voce di lei raccontare del suo recente viaggio sulla Terra?
Così lei iniziò a raccontare come avesse incontrato tante persone strane su quel pianeta. Raccontò che vi era ancora la barbara usanza di usare il denaro, da loro abolito da millenni. Che alcune persone, non avendo denaro, morivano di fame. Lui inorridì. Quanto erano barbari i terrestri! Ah, poi mangiavano cadaveri. Cadaveri? Ma si, la carne. Zechar ebbe un moto di disgusto.
Inoltre, si muovevano ancora su automobili, pratica anch’essa scomparsa ormai da moltissimo tempo. Non ultimo, invece dei loro cervelli, usavano i computer.

Questa si era bella! Con tutte le potenzialità dei loro cervelli gli umani perdevano tempo a costruire computer. Che cosa assurda! Sul loro pianeta i cervelli trasmettevano informazioni ad altri. Le lingue, per esempio. Bastava appoggiare la fronte su quella di un altro e immediatamente si acquisiva la capacità di parlare ogni lingua. In realtà sul loro pianeta ce n’era solo una, ma avevano imparato e diffuso quelle dei pianeti su cui erano stati. Migliaia di lingue diverse.

Solo sulla Terra però se ne parlavano tante, e tutte insieme. Decisamente erano i meno evoluti degli abitanti dell’Universo!

Ma la cosa più strana le era accaduta a Parigi. Era ospite nella casa di un noto professionista, come si diceva sulla Terra. Da cosa aveva capito erano persone con conoscenze particolari, più evolute, in qualche campo specifico. Per quanto ne aveva capito lei, ne sapeva quanto un loro bambino che avesse iniziato da poco la scuola di telepatia. Però tutti lo rispettavano e lo stimavano.

Comunque, quest’uomo era sposato. La moglie, che incantevole donna! Capelli castani alle spalle, un viso dolce e un corpo sinuoso, una voce che era una melodia. Eppure, tra quei due le cose non sembravano andare bene. Lei lo percepiva, anche se tacevano.

Le donne sulla Terra avevano dei curiosi sacchi, che chiamavano borse. Sempre piene, pesanti. Piene di cosa? Boh, lei non lo aveva capito. Le sembravano inutili fardelli, ma le terrestri ci tenevano molto. Non bastava mica una, e no! Ne avevano molte. Beh, non tutte. Ci voleva il denaro per averle, e non tutti ne possedevano. Alcuni, come aveva detto, non possedevano nemmeno il denaro per il cibo, figuriamoci per le borse.

La moglie del professionista, però, non sembrava avere problemi di denaro. Tant’è che non solo possedeva più borse, le riempiva anche con molti oggetti diversi.
Un esempio? Le chiavi di casa. Mila sorrise all’espressione perplessa di Zechar. Casa? Chiavi? Eh, sì mio caro. Gli umani abitano case che dicono di possedere e che chiudono a tutti gli altri. Case per avere le quali occorrono soldi, come ormai si era capito. Niente soldi? Niente casa. Zechar sollevò un sopracciglio, sempre più stupito. Dopo miliardi di anni si sarebbe aspettato maggiore evoluzione sulla Terra, invece…

Ma ora veniamo a questo oggetto. Mila lo prese, tolse il coperchio dorato, lo girò come una vite tra le dita. Uno strano cilindro rosso emerse, sempre più ad ogni giro.

Zechar chiese cosa fosse e Mila rispose: un rossetto. Un che? Un rossetto, ripeté Mila.

A che serve? Chiese Zechar. Qui inizia il bello, e spero che tu me lo possa spiegare perché io, a dire il vero, non ci ho capito nulla, rispose lei.

Raccontò che la donna lo metteva sulle labbra. A che scopo? In un primo tempo Mila aveva pensato si trattasse di una medicina. La donna, però, aveva sorriso negando. Lo scopo era diventare più belle, più sexy. Aveva proprio detto così: belle e sexy.
Allo sguardo smarrito di Mila la donna aveva riso, spiegandole che era per piacere. Lei ci aveva pensato un attimo e poi le aveva chiesto a chi avrebbe dovuto piacere. La signora, con grande pazienza, le aveva risposto alle persone, agli uomini. A tutti, aveva chiesto Mila? Seppur titubante le aveva risposto sì. Anzi, aveva detto una cosa ancora più incredibile: per essere amata da tutti. Proprio così, amata.
Quanto doveva essere difficile, aveva fatto notare Mila! Per questo aveva bisogno di quella medicina, perché tutti la amassero? Non era proprio così, aveva rimarcato la donna. Ma Mila aveva continuato con le domande, chiedendole se fosse per questo, per poter essere amata che lei metteva il rossetto, perché senza non sarebbe stato possibile. La sua voce si era fatta incerta, lo sguardo sfuggente e, seppure un si le fosse uscito come un sussurro dalle labbra, purtuttavia le sue certezze parvero vacillare.

Due lacrime bagnarono i suoi occhi. Mila le chiese se avesse ferito i suoi sentimenti, nel qual caso si scusava. La donna negò, asciugandosi con il dorso di una mano.

Fu in quel momento che Mila notò strane immagini nella borsa. Le prese. La donna sorrise, indicando i suoi genitori, i figli e anche il marito. Mila sorrise, chiedendo alla donna se quelle fossero le persone che lei amava. Lai rispose di sì. Osservando meglio le immagini, notò un particolare che la confuse. Nessuno aveva il rossetto. Eppure, lei le amava lo stesso. Com’era possibile? La donna non rispose e se ne andò, visibilmente scossa.

Il racconto era finito. Mila tacque, lasciando una domanda sospesa.

Guardò Zechar, che sembrava capirne tanto quanto lei. Rimasero un po' abbracciati, fermi sulla sponda del lago. Poi lui prese quello strano arnese, si mise davanti a Mila e piano passò il rossetto sulle sue labbra. Lo passò fino che furono coperte di quella rossa sostanza. La guardò.
-Mi ami ora? – chiese Mila
-Ti amavo anche prima – disse lui
-Mi ami di più allora –
- Perché dovrei? -
-Non lo so, perché ho le labbra rosse credo –
- Ma io amo le tue labbra, e ora non le vedo più. Queste non sono le tue –
Mila rise e insieme a lei anche Zechar. Si alzò, immerse il viso nell’acqua del lago e con una mano rimosse quello strano impiastro rosso.

Che strani erano i terrestri. Forse ci sarebbe tornata, sulla Terra. Ma ora voleva Zechar. Ripose il rossetto e si gettò tra le sue braccia.

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