Asiago - Il rapimento
di
VicentinoGrey
genere
orge
Il paesino ai piedi dell’altopiano era sovrastato da una cappa di impenetrabile foschia. Marina aveva appena finito il turno serale al pub dove lavorava come cameriera e stava salutando il collega impegnato a chiudere la serranda. Era stanca, disillusa, mortificata dal concentrato di maleducazione che quel giorno le si era rivoltato contro. Erano appena le ventitré e non si vedeva nessuno. In autunno la gente non restava fuori a respirare fredda umidità. Il locale era pure su una strada secondaria ed era totalmente priva di traffico. Si avviò verso l’auto parcheggiata nella piazza in una zona malamente illuminata e rischiarata a stento dal giallo sbiadito di alcune lampade al sodio. Il silenzio era pressoché totale e si ruppe per un momento quando un motore fu avviato. La ragazza, imbacuccata nel suo pesante giaccone impermeabile, gettò un’occhiata verso la fonte del suono e notò un furgone che si mise in moto lentamente verso la piazza. Attese che le passasse davanti per attraversare dopo il suo passaggio. Alzò il bavero per non respirare direttamente il puzzolente fumo nero che usciva dal vecchio motore diesel e notò che la targa era sporca di fango e quasi illeggibile. Infilò la mano dentro la tasca del giubbotto per prendere le chiavi, ma si erano incastrate nella fodera bucata e non riuscì a sfilarle subito. Un cambio di marcia le fece girare la testa verso l’unica forma di vita che c’era in quel momento e vide il mezzo che tornava in retromarcia verso di lei. Notò che dal lato del passeggero s’era sporto un viso. Con il terrore che si manifestò improvvisamente, osservò che la portiera era già stata aperta, come se quell’uomo volesse scendere al volo. Il cuore iniziò immediatamente a battere nella gola e la paura le fece perdere preziosi secondi nel cercare di liberare le chiavi della macchina. Il panico le fece dimenticare di chiedere aiuto e tentò una fuga verso il centro del paese. Il furgone però accelerò la sua retromarcia fino ad affiancarsi. Marina scappò verso il vicino parco e stavolta riuscì a lanciare un grido d’aiuto. Non fece in tempo a lanciarne un altro: una mano le chiuse la bocca e un braccio le circondò le spalle, mentre qualcun altro la prese per le gambe e la alzò di peso. Con gli occhi sbarrati dal terrore, la giovane donna vide solo i rami nerastri privi di foglie che grondavano gocce di fredda umidità. Scalciò, si agitò, tentò disperatamente di liberarsi, ma fu tutto inutile. Fu trascinata dentro il furgone e bloccata con un paio di manette a un supporto interno. L’uomo che le teneva tappata la bocca la lasciò urlare, ma ormai il furgone stava correndo via nella nebbia. I due rapitori le dicevano di stare zitta e che non le avrebbero fatto male purché collaborasse, ma l’orrore di quello che era appena successo impediva ogni forma di razionalità e le grida echeggiarono incessanti. Marina si trovò in breve una ball-gag in bocca.
Anche l’altro polso fu bloccato e la donna si trovò seduta e in balia dei due uomini che a loro volta si sedettero sul pavimento coperto da un materassino da palestra.
Il frequente cambio di marce e le numerose curve fecero capire a Marina che stavano salendo sull’altopiano. Contò dieci tornanti e poi percepì curve più dolci. Non riusciva a capire cosa volessero quegli uomini. Pensava a uno scambio di persone, ma l’avevano vista uscire dal pub e non poteva essere certamente la figlia di qualche facoltoso imprenditore. Un tuffo al cuore si manifestò a questa evidente circostanza: volevano proprio lei e non si trattava di un rapimento ai fini di un riscatto.
Percepì il cambio del fondo strada e il rallentamento del mezzo: stavano percorrendo un sentiero sassoso. Dopo qualche minuto, la corsa terminò e Marina fu liberata delle manette, ma non della ball gag.
Fu trascinata dentro una casetta isolata in pietra e legno. C’era un’ampia sala dove un caminetto scoppiettava allegro e un uomo che attizzava il fuoco dava le spalle al quartetto che era appena entrato.
- Ciao, Scheggia – disse l’uomo che le aveva tappato la bocca con la mano prima e la ball gag poi – abbiamo trovato chi ci farà divertire.
- Ciao, Lama. Siete stati rapidi. Chi hai trovato?
- La cameriera del pub nel paese a valle – rispose l’autista – l’abbiamo presa finché tentava di salire in macchina.
- Bravo, Gas – riprese Scheggia – ha gridato molto?
- Gas non sa nulla – intervenne il quarto uomo – lui ha guidato il furgone. La ragazza l’abbiamo presa io e il Lama e comunque ha gridato una sola volta.
- Ok. Chi comincia?
Calò un silenzio innaturale, rotto solo dallo scoppiettare del fuoco. Marina aveva gli occhi sbarrati ed era tenuta strettamente dal Lama e dal Grosso. I suoi lucidi capelli castani mandavano lampi arancioni in sincronia con le lingue di fuoco che guizzavano allegre.
- Inizio io – esclamò Lama – in fin dei conti l’idea è stata mia. Tenetela ferma.
- Aspetta! – intervenne Gas – se la costringi con la violenza, non sarà mai pronta per scopare. Fammi parlare con lei e intanto tu fatti una doccia, così sarai più attraente.
Lama rifletté alcuni secondi e poi accettò la proposta.
- Ok, ma quando torno qui la voglio pronta.
- Vai pure. Ci penso io a pulirla per bene.
Marina si sentì gli occhi riempirsi di lacrime, ma suo malgrado accettò di seguire Gas senza fare storie. Si trovò dentro il bagno al piano terra e l’uomo le tolse la pallina di bocca. Quando fu finalmente libera, Marina ringraziò Gas e chiese acqua.
- C’è un bicchiere di plastica. Prendine pure. Qui l’acqua è freddissima, ma buona. Adesso ascoltami bene: Lama si chiama così perché ha ammazzato la moglie con un coltello. È scappato di galera e vuole divertirsi con una donna. Io ti consiglio anche di pulirti bene dentro, così se perde il controllo, almeno non subirai umiliazioni maggiori.
- Perché proprio io? - singhiozzò la ragazza – non poteva sfogarsi con una prostituta?
- In strada non ne trovi più e da quando hanno ripristinato le case chiuse, è diventato tutto più controllato, clienti compresi.
- Cosa mi farete? E dopo mi ucciderete? – chiese Marina, con la voce smozzicata dalla tensione.
- Ti lasciamo andare, sta’ tranquilla. Cercherò di convincere gli altri a considerarti una donna e non una bambola di pezza. Adesso vieni qui: ti faccio un clistere e poi andiamo di là.
- Anche quello mi tocca subire? Bastardi!
- Fidati di me: sono quello che ha più cervello di tutti qui dentro.
- Perché non mi fai scappare? Te ne sarò grata e non ti denuncerò.
- Perché mi hanno promesso di dividere la grana guadagnata con una rapina. Ora togliti jeans e slip: ti devo pulire l’intestino.
Marina acconsentì e Gas le fece due clisteri. Terminata l’umiliante operazione, Gas la convinse a indossare un dilatatore anale giusto il tempo della doccia. Un piccolo espediente per non dover soffrire troppo in caso di penetrazione.
- Allora? Ci vuole ancora tanto? Scheggia si sta facendo la doccia pure lui e il Grosso si sta asciugando i capelli - la voce potente del Lama attraversò la porta del bagno - dai, Gas, non puoi scopartela da solo!
La porta si aprì e Marina uscì avvolta nell’accappatoio.
I capelli castani erano ancora bagnati e gocce d’acqua rigavano il volto fresco e compassato della giovane donna. Si avvicinò al Lama e si tolse l’accappatoio: Gas le aveva consigliato la piena collaborazione, in modo da evitare inutili violenze e costrizioni.
Lama rimase senza parole nel vedere il corpo nudo di Marina di fronte a lui. Aveva un bel seno tondo e sodo e i fianchi morbidi. L’incertezza svanì in pochi secondi perché l’uomo calò i pantaloni ed estrasse il membro semi turgido dai boxer.
- Dai bella, mettiti in ginocchio.
Marina ubbidì e gli prese in bocca il membro. Gas uscì dal bagno con un telo da bagno avvolto attorno al corpo e guardò la ragazza che si impegnava al massimo consentito dal disgusto e dalla disperazione. Nel frattempo giunsero anche Scheggia e il Grosso e quest’ultimo si accomodò nudo sul divano.
- Ehi, cocca! Fintanto che spompini il capo, potresti venirti a sedere su questo bel pilone!
Una risata seguì la frase e il Lama appoggiò una mano sulla spalla di Marina, facendole capire che doveva assecondare il Grosso. La donna si alzò e si avvicinò all’uomo massiccio che stava stravaccato a gambe larghe. Il suo membro ero corto e tozzo e la ragazza si accovacciò su di esso, allargandosi le labbra. “Fai finta di farlo con tuo moroso”. Marina si stava ripetendo tutti i consigli di Gas. “Immagina per una volta di essere una prostituta: non ricevi soldi, ma la possibilità di vivere senza troppi danni”. “Quando succhierai i cazzi, chiudi gli occhi e non pensare a chi è attaccato: pensa solo che è un organo sensibile. Meglio tratti lui, meglio il suo padrone avrà cura di te”.
Il Grosso era dentro di lei e grugnì soddisfatto. Il Lama si era avvicinato al suo fianco destro e le infilò il cazzo in bocca senza troppe cerimonie. “Scheggia era un falegname” le aveva confessato Gas “E’ in galera perché all’ispettore di Equitalia che gli portava l’ingiunzione di pagamento infilò un palo nel culo dopo averlo legato alla staccionata”. Marina succhiava il membro del Lama guidata dal suo istinto di sopravvivenza. Ogni tanto gli prendeva in mano i testicoli e glieli premeva. Era tentatissima di dargli una strizzata potente, ma avrebbe rischiato la vita. Sentì un dito che le frugava l’ano e dopo qualche secondo di tregua percepì che stava entrando nel suo retto, ma con uno strato di grasso sopra. Forse burro o forse lardo: non lo sapeva, ma almeno la penetrazione era sopportabile. Il dito entrò fino in fondo, facendola gemere.
- Dai Scheggia: non senti che le piace? Ingrassa l’indice e infilaglieli tutti e due – lo incitò Lama – e tu Gas, che stai lì a fare? Vieni qui con noi.
Marina sapeva che Gas non era d’accordo a partecipare e infatti fu lei a proporgli un compromesso. Invece che tenerlo per mano, lo avrebbe tenuto per il pene. Gas si avvicinò al suo lato sinistro e lasciò cadere il telo di spugna. Marina vide che il suo sesso era giù duro e glielo prese in mano, muovendola appena, per non suscitare sospetti negli altri componenti della banda.
- Ah, che meraviglia. Questa bambola ha una figa che fa resuscitare i morti.
- Anche la bocca non è affatto male – confermò il Lama – che ne dici di fare cambio?
- Meglio – si intromise Scheggia – sono l’unico che non se la sta godendo.
Marina si tolse dal cazzo di Grosso e attese che fosse il Lama a sedersi sul divano. Dovette poi impalarsi sopra di lui, offrendo le tette alla sua vista, mentre il Grosso le prese la testa e la portò direttamente a strofinarla contro il suo membro intriso dei suoi stessi umori. La giovane stette al gioco, mentre il Lama si dilettava a strizzarle i capezzoli e Scheggia invece si era posizionato per sodomizzarla. Quando sentì che il glande si faceva largo nello sfintere, Marina strinse forte il sesso di Gas che non poté fare a meno di gemere.
La donna si stupì per quello che stava facendo: stava scopando con quattro uomini contemporaneamente e, sebbene fosse conscia che lo stava facendo perché costretta, trovò che quella situazione era paradossalmente eccitante.
Il suo corpo stava accogliendo tre membri e la sua mano stavo stringendone un quarto. I gemiti e i lamenti stavano riempiendo la stanza e nonostante tutto Marina sentì che stava per godere anche lei. Il primo che venne fu Il Grosso che le schizzò lo sperma in faccia. Il Lama, vedendo la sua bella amazzone imbrattata di rivoli bianchi, la sollevò dal suo cazzo e la fece inginocchiare sul divano per permettere a Scheggia di proseguire con la sodomizzazione. Si pose al suo fianco e volle farsi fare un pompino con ingoio.
Marina non sapeva se avrebbe sopportato quella immonda bevanda, ma decise di accontentarlo con un piccolo sotterfugio. Sentì che i gemiti crescere in intensità e si preparò a ricevere i fiotti in bocca. Quando il primo le colpì il palato, fece in modo che tutti gli altri le riempissero totalmente il cavo orale e poi lei fece lentamente colare sul pavimento.
- Chiedo scusa, ma stavo soffocando. Era tantissimo! - mentì.
- Brava troia – commentò il Lama – mi hai fatto godere per bene.
- Tocca a me! – disse Scheggia – vieni qui, bella, assaggia anche il mio.
In quel momento Marina capì perché Gas avesse voluto farle il clistere. Si inginocchiò di fronte al possente falegname e leccò l’intera asta. Quando Scheggia iniziò l’ululato finale, Marina sentì la mano dell’uomo bloccarle la testa sul proprio cazzo e stavolta non poté evitare di ingoiare metà dello sperma che si riversò in gola.
Gas era rimasto a bocca asciutta e fu oggetto di scherno da parte degli altri.
- Se non mi spiace, me la porto a letto e me la sbatto un po’. Domattina ve la potete trombare appena alzati.
- Vai pure, Gas e divertiti.
- Buonanotte a tutti – disse l’uomo, prendendo un polso della giovane e porgendole il telo di spugna perché si pulisse il viso e il seno.
Quando raggiunsero il piano superiore, Gas aprì la porta del bagno e si rivolse a Marina.
- Fatti una doccia. Nel cassetto del mobile c’è uno spazzolino da viaggio: usalo. Sul piano del lavabo c’è del collutorio. Penso che tu voglia disinfettarti la bocca. Ti aspetto nella camera qui di fronte. Non ti conviene pensare alla fuga: non sei vestita adeguatamente e i tre che sono sotto conoscono bene la zona.
- Sta’ tranquillo. Finora hai saputo darmi i consigli giusti. Mi fido di te.
Dopo dieci minuti, Marina entrò in camera completamente nuda. Gas ne rimase turbato e le lanciò una felpa e un paio di pantaloni sportivi in caldo cotone. Marina li prese e li appoggiò sul letto. Si infilò sotto le coperte e prese in bocca il sesso dello stupefatto Gas.
- Ma che fai? Non ne hai avuto abbastanza?
- DI farmi violentare? Sì. Ma io voglio te. Sei stato un vero uomo e io voglio essere tua. Raccontami come sei finito in mezzo a questi delinquenti.
- Sono un hacker. Loro stanno organizzando un colpo in banca. Li sto aiutando perché con la mia parte riuscirò a pagare gli assegni arretrati che la mia ex moglie vuole prima di farmi rivedere i miei due figli.
- Da quanto non vai con una donna?
- Un anno e mezzo – rispose Gas
- Sarò tua – sussurrò Marina salendogli sopra.
I fianchi della donna si mossero dolcemente, ma ben presto la danza divenne altamente erotica. L’uomo le accarezzava i seni con la giusta energia, strizzandole ogni tanto i capezzoli. La situazione era estremamente erotica per Gas che iniziò ben presto a gemere per l’imminente piacere. Marina non si fece scrupolo di cavalcare Gas anche dopo il suo orgasmo e godette immediatamente dopo l’uomo.
Dormirono nudi; Marina si strinse contro il corpo dell’uomo e si addormentò in pochi minuti.
Alle quattro, Gas la scosse e le bisbigliò di svegliarsi. Le porse una maglia termica e dei pantaloni da sci, un maglione e le passò un giaccone. Marina non aprì bocca e si vestì. Gas non le fece indossare le scarpe fino a che non uscirono dalla porta. Salirono velocemente sul furgone e Gas girò la chiave.
Il motorino di avviamento girava a vuoto: il gelo della notte aveva raffreddato il gasolio. L’uomo riprovò una seconda volta, ma inutilmente.
Lama si destò di soprassalto e iniziò a gridare.
- Che sta succedendo? Chi sta usando il furgone?
Scheggia e il Grosso che dormivano nella stanza a fianco si alzarono a vedere fuori dalla finestra e videro solo il furgone con due figure all’interno.
- È quel porco traditore di Gas! Vuole fotterci il furgone e portarsi via la figa. Figlio di troia.
I due si fiondarono sulle scale e persero qualche secondo a infilarsi le scarpe, prima di spalancare la porta e uscire sullo spiazzo dove videro il furgone. Scheggia prese un piccone appoggiato sul muro di casa, corsero verso il mezzo, pronti a fracassare il cristallo per entrare, ma non videro nessuno. La notte era senza luna, ma riuscirono a individuare le impronte nel fango. Si dirigevano verso la legnaia e Scheggia fece cenno al Grosso di aggirare la costruzione dal retro. Il portone era aperto e dentro non c’era nessuno. Notarono però un solco che stava in mezzo al sentiero che conduceva a valle. Poi udirono il rumore di una moto che si avviava a fatica e poi andò su di giri, rombando a pieno volume.
Gas e Marina erano riusciti a scappare.
Anche l’altro polso fu bloccato e la donna si trovò seduta e in balia dei due uomini che a loro volta si sedettero sul pavimento coperto da un materassino da palestra.
Il frequente cambio di marce e le numerose curve fecero capire a Marina che stavano salendo sull’altopiano. Contò dieci tornanti e poi percepì curve più dolci. Non riusciva a capire cosa volessero quegli uomini. Pensava a uno scambio di persone, ma l’avevano vista uscire dal pub e non poteva essere certamente la figlia di qualche facoltoso imprenditore. Un tuffo al cuore si manifestò a questa evidente circostanza: volevano proprio lei e non si trattava di un rapimento ai fini di un riscatto.
Percepì il cambio del fondo strada e il rallentamento del mezzo: stavano percorrendo un sentiero sassoso. Dopo qualche minuto, la corsa terminò e Marina fu liberata delle manette, ma non della ball gag.
Fu trascinata dentro una casetta isolata in pietra e legno. C’era un’ampia sala dove un caminetto scoppiettava allegro e un uomo che attizzava il fuoco dava le spalle al quartetto che era appena entrato.
- Ciao, Scheggia – disse l’uomo che le aveva tappato la bocca con la mano prima e la ball gag poi – abbiamo trovato chi ci farà divertire.
- Ciao, Lama. Siete stati rapidi. Chi hai trovato?
- La cameriera del pub nel paese a valle – rispose l’autista – l’abbiamo presa finché tentava di salire in macchina.
- Bravo, Gas – riprese Scheggia – ha gridato molto?
- Gas non sa nulla – intervenne il quarto uomo – lui ha guidato il furgone. La ragazza l’abbiamo presa io e il Lama e comunque ha gridato una sola volta.
- Ok. Chi comincia?
Calò un silenzio innaturale, rotto solo dallo scoppiettare del fuoco. Marina aveva gli occhi sbarrati ed era tenuta strettamente dal Lama e dal Grosso. I suoi lucidi capelli castani mandavano lampi arancioni in sincronia con le lingue di fuoco che guizzavano allegre.
- Inizio io – esclamò Lama – in fin dei conti l’idea è stata mia. Tenetela ferma.
- Aspetta! – intervenne Gas – se la costringi con la violenza, non sarà mai pronta per scopare. Fammi parlare con lei e intanto tu fatti una doccia, così sarai più attraente.
Lama rifletté alcuni secondi e poi accettò la proposta.
- Ok, ma quando torno qui la voglio pronta.
- Vai pure. Ci penso io a pulirla per bene.
Marina si sentì gli occhi riempirsi di lacrime, ma suo malgrado accettò di seguire Gas senza fare storie. Si trovò dentro il bagno al piano terra e l’uomo le tolse la pallina di bocca. Quando fu finalmente libera, Marina ringraziò Gas e chiese acqua.
- C’è un bicchiere di plastica. Prendine pure. Qui l’acqua è freddissima, ma buona. Adesso ascoltami bene: Lama si chiama così perché ha ammazzato la moglie con un coltello. È scappato di galera e vuole divertirsi con una donna. Io ti consiglio anche di pulirti bene dentro, così se perde il controllo, almeno non subirai umiliazioni maggiori.
- Perché proprio io? - singhiozzò la ragazza – non poteva sfogarsi con una prostituta?
- In strada non ne trovi più e da quando hanno ripristinato le case chiuse, è diventato tutto più controllato, clienti compresi.
- Cosa mi farete? E dopo mi ucciderete? – chiese Marina, con la voce smozzicata dalla tensione.
- Ti lasciamo andare, sta’ tranquilla. Cercherò di convincere gli altri a considerarti una donna e non una bambola di pezza. Adesso vieni qui: ti faccio un clistere e poi andiamo di là.
- Anche quello mi tocca subire? Bastardi!
- Fidati di me: sono quello che ha più cervello di tutti qui dentro.
- Perché non mi fai scappare? Te ne sarò grata e non ti denuncerò.
- Perché mi hanno promesso di dividere la grana guadagnata con una rapina. Ora togliti jeans e slip: ti devo pulire l’intestino.
Marina acconsentì e Gas le fece due clisteri. Terminata l’umiliante operazione, Gas la convinse a indossare un dilatatore anale giusto il tempo della doccia. Un piccolo espediente per non dover soffrire troppo in caso di penetrazione.
- Allora? Ci vuole ancora tanto? Scheggia si sta facendo la doccia pure lui e il Grosso si sta asciugando i capelli - la voce potente del Lama attraversò la porta del bagno - dai, Gas, non puoi scopartela da solo!
La porta si aprì e Marina uscì avvolta nell’accappatoio.
I capelli castani erano ancora bagnati e gocce d’acqua rigavano il volto fresco e compassato della giovane donna. Si avvicinò al Lama e si tolse l’accappatoio: Gas le aveva consigliato la piena collaborazione, in modo da evitare inutili violenze e costrizioni.
Lama rimase senza parole nel vedere il corpo nudo di Marina di fronte a lui. Aveva un bel seno tondo e sodo e i fianchi morbidi. L’incertezza svanì in pochi secondi perché l’uomo calò i pantaloni ed estrasse il membro semi turgido dai boxer.
- Dai bella, mettiti in ginocchio.
Marina ubbidì e gli prese in bocca il membro. Gas uscì dal bagno con un telo da bagno avvolto attorno al corpo e guardò la ragazza che si impegnava al massimo consentito dal disgusto e dalla disperazione. Nel frattempo giunsero anche Scheggia e il Grosso e quest’ultimo si accomodò nudo sul divano.
- Ehi, cocca! Fintanto che spompini il capo, potresti venirti a sedere su questo bel pilone!
Una risata seguì la frase e il Lama appoggiò una mano sulla spalla di Marina, facendole capire che doveva assecondare il Grosso. La donna si alzò e si avvicinò all’uomo massiccio che stava stravaccato a gambe larghe. Il suo membro ero corto e tozzo e la ragazza si accovacciò su di esso, allargandosi le labbra. “Fai finta di farlo con tuo moroso”. Marina si stava ripetendo tutti i consigli di Gas. “Immagina per una volta di essere una prostituta: non ricevi soldi, ma la possibilità di vivere senza troppi danni”. “Quando succhierai i cazzi, chiudi gli occhi e non pensare a chi è attaccato: pensa solo che è un organo sensibile. Meglio tratti lui, meglio il suo padrone avrà cura di te”.
Il Grosso era dentro di lei e grugnì soddisfatto. Il Lama si era avvicinato al suo fianco destro e le infilò il cazzo in bocca senza troppe cerimonie. “Scheggia era un falegname” le aveva confessato Gas “E’ in galera perché all’ispettore di Equitalia che gli portava l’ingiunzione di pagamento infilò un palo nel culo dopo averlo legato alla staccionata”. Marina succhiava il membro del Lama guidata dal suo istinto di sopravvivenza. Ogni tanto gli prendeva in mano i testicoli e glieli premeva. Era tentatissima di dargli una strizzata potente, ma avrebbe rischiato la vita. Sentì un dito che le frugava l’ano e dopo qualche secondo di tregua percepì che stava entrando nel suo retto, ma con uno strato di grasso sopra. Forse burro o forse lardo: non lo sapeva, ma almeno la penetrazione era sopportabile. Il dito entrò fino in fondo, facendola gemere.
- Dai Scheggia: non senti che le piace? Ingrassa l’indice e infilaglieli tutti e due – lo incitò Lama – e tu Gas, che stai lì a fare? Vieni qui con noi.
Marina sapeva che Gas non era d’accordo a partecipare e infatti fu lei a proporgli un compromesso. Invece che tenerlo per mano, lo avrebbe tenuto per il pene. Gas si avvicinò al suo lato sinistro e lasciò cadere il telo di spugna. Marina vide che il suo sesso era giù duro e glielo prese in mano, muovendola appena, per non suscitare sospetti negli altri componenti della banda.
- Ah, che meraviglia. Questa bambola ha una figa che fa resuscitare i morti.
- Anche la bocca non è affatto male – confermò il Lama – che ne dici di fare cambio?
- Meglio – si intromise Scheggia – sono l’unico che non se la sta godendo.
Marina si tolse dal cazzo di Grosso e attese che fosse il Lama a sedersi sul divano. Dovette poi impalarsi sopra di lui, offrendo le tette alla sua vista, mentre il Grosso le prese la testa e la portò direttamente a strofinarla contro il suo membro intriso dei suoi stessi umori. La giovane stette al gioco, mentre il Lama si dilettava a strizzarle i capezzoli e Scheggia invece si era posizionato per sodomizzarla. Quando sentì che il glande si faceva largo nello sfintere, Marina strinse forte il sesso di Gas che non poté fare a meno di gemere.
La donna si stupì per quello che stava facendo: stava scopando con quattro uomini contemporaneamente e, sebbene fosse conscia che lo stava facendo perché costretta, trovò che quella situazione era paradossalmente eccitante.
Il suo corpo stava accogliendo tre membri e la sua mano stavo stringendone un quarto. I gemiti e i lamenti stavano riempiendo la stanza e nonostante tutto Marina sentì che stava per godere anche lei. Il primo che venne fu Il Grosso che le schizzò lo sperma in faccia. Il Lama, vedendo la sua bella amazzone imbrattata di rivoli bianchi, la sollevò dal suo cazzo e la fece inginocchiare sul divano per permettere a Scheggia di proseguire con la sodomizzazione. Si pose al suo fianco e volle farsi fare un pompino con ingoio.
Marina non sapeva se avrebbe sopportato quella immonda bevanda, ma decise di accontentarlo con un piccolo sotterfugio. Sentì che i gemiti crescere in intensità e si preparò a ricevere i fiotti in bocca. Quando il primo le colpì il palato, fece in modo che tutti gli altri le riempissero totalmente il cavo orale e poi lei fece lentamente colare sul pavimento.
- Chiedo scusa, ma stavo soffocando. Era tantissimo! - mentì.
- Brava troia – commentò il Lama – mi hai fatto godere per bene.
- Tocca a me! – disse Scheggia – vieni qui, bella, assaggia anche il mio.
In quel momento Marina capì perché Gas avesse voluto farle il clistere. Si inginocchiò di fronte al possente falegname e leccò l’intera asta. Quando Scheggia iniziò l’ululato finale, Marina sentì la mano dell’uomo bloccarle la testa sul proprio cazzo e stavolta non poté evitare di ingoiare metà dello sperma che si riversò in gola.
Gas era rimasto a bocca asciutta e fu oggetto di scherno da parte degli altri.
- Se non mi spiace, me la porto a letto e me la sbatto un po’. Domattina ve la potete trombare appena alzati.
- Vai pure, Gas e divertiti.
- Buonanotte a tutti – disse l’uomo, prendendo un polso della giovane e porgendole il telo di spugna perché si pulisse il viso e il seno.
Quando raggiunsero il piano superiore, Gas aprì la porta del bagno e si rivolse a Marina.
- Fatti una doccia. Nel cassetto del mobile c’è uno spazzolino da viaggio: usalo. Sul piano del lavabo c’è del collutorio. Penso che tu voglia disinfettarti la bocca. Ti aspetto nella camera qui di fronte. Non ti conviene pensare alla fuga: non sei vestita adeguatamente e i tre che sono sotto conoscono bene la zona.
- Sta’ tranquillo. Finora hai saputo darmi i consigli giusti. Mi fido di te.
Dopo dieci minuti, Marina entrò in camera completamente nuda. Gas ne rimase turbato e le lanciò una felpa e un paio di pantaloni sportivi in caldo cotone. Marina li prese e li appoggiò sul letto. Si infilò sotto le coperte e prese in bocca il sesso dello stupefatto Gas.
- Ma che fai? Non ne hai avuto abbastanza?
- DI farmi violentare? Sì. Ma io voglio te. Sei stato un vero uomo e io voglio essere tua. Raccontami come sei finito in mezzo a questi delinquenti.
- Sono un hacker. Loro stanno organizzando un colpo in banca. Li sto aiutando perché con la mia parte riuscirò a pagare gli assegni arretrati che la mia ex moglie vuole prima di farmi rivedere i miei due figli.
- Da quanto non vai con una donna?
- Un anno e mezzo – rispose Gas
- Sarò tua – sussurrò Marina salendogli sopra.
I fianchi della donna si mossero dolcemente, ma ben presto la danza divenne altamente erotica. L’uomo le accarezzava i seni con la giusta energia, strizzandole ogni tanto i capezzoli. La situazione era estremamente erotica per Gas che iniziò ben presto a gemere per l’imminente piacere. Marina non si fece scrupolo di cavalcare Gas anche dopo il suo orgasmo e godette immediatamente dopo l’uomo.
Dormirono nudi; Marina si strinse contro il corpo dell’uomo e si addormentò in pochi minuti.
Alle quattro, Gas la scosse e le bisbigliò di svegliarsi. Le porse una maglia termica e dei pantaloni da sci, un maglione e le passò un giaccone. Marina non aprì bocca e si vestì. Gas non le fece indossare le scarpe fino a che non uscirono dalla porta. Salirono velocemente sul furgone e Gas girò la chiave.
Il motorino di avviamento girava a vuoto: il gelo della notte aveva raffreddato il gasolio. L’uomo riprovò una seconda volta, ma inutilmente.
Lama si destò di soprassalto e iniziò a gridare.
- Che sta succedendo? Chi sta usando il furgone?
Scheggia e il Grosso che dormivano nella stanza a fianco si alzarono a vedere fuori dalla finestra e videro solo il furgone con due figure all’interno.
- È quel porco traditore di Gas! Vuole fotterci il furgone e portarsi via la figa. Figlio di troia.
I due si fiondarono sulle scale e persero qualche secondo a infilarsi le scarpe, prima di spalancare la porta e uscire sullo spiazzo dove videro il furgone. Scheggia prese un piccone appoggiato sul muro di casa, corsero verso il mezzo, pronti a fracassare il cristallo per entrare, ma non videro nessuno. La notte era senza luna, ma riuscirono a individuare le impronte nel fango. Si dirigevano verso la legnaia e Scheggia fece cenno al Grosso di aggirare la costruzione dal retro. Il portone era aperto e dentro non c’era nessuno. Notarono però un solco che stava in mezzo al sentiero che conduceva a valle. Poi udirono il rumore di una moto che si avviava a fatica e poi andò su di giri, rombando a pieno volume.
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