Francesco il primo money slave di Valentina la mia schiava e compagna
di
padronebastardo
genere
dominazione
Valentina(profilo telegram@mistressvalentina2024) era inginocchiata sul tappeto di velluto. Il collare di pelle nera le segnava il collo come un marchio; la gabbietta d’acciaio chirurgico, quella con la grata interna che schiacciava il clitoride era chiusa da otto ore esatte. L’avevo lubrificata con il suo stesso succo: le avevo fatto masturbare il clitoride per venti minuti, poi fermata con un “Basta, puttana” secco. Le sue dita tremanti avevano raccolto il liquido caldo e viscoso, spalmandolo sulle sbarre fredde mentre il suo respiro si faceva spezzato. Il lucchetto aveva fatto clic.
Io ero seduto su una poltrona di pelle nera, la chiave d’argento al collo, il mio sguardo fisso sulla sua schiena che si inarcava ad ogni battito. Il laptop era aperto sul tavolino basso, lo schermo che proiettava una luce fredda sul suo corpo nudo. Il profumo di gelsomino, sudore e desiderio saturava l’aria.
"Sei pronta, schiava mia?" le sussurrai, la voce bassa, un ringhio.
"Sì, Padrone," rispose, mordendosi il labbro inferiore. "Voglio umiliarlo. Voglio che paghi per ogni parola che gli sputo in faccia."
La chat era aperta. Lo schiavo si chiamava Francesco, 36 anni, trovato in un canale Telegram privato. Aveva implorato per giorni: “Padrona, lasciatemi essere il vostro bancomat umano.” Valentina aveva accettato. E ora, era il momento.
Ore 20:00 Valentina apre la chat
Valentina “Senti, verme patetico, sei in ginocchio come il cesso che sei? Gabbietta chiusa?”
Francesco “sì Padrona. 9 giorni. acciaio inox. gocciola sul pavimento. vi prego, iniziate.”
Valentina “Ascolta bene, schifoso. Il mio Padrone mi ha chiusa stamattina. Gabbietta d’acciaio. Stretta. Il mio clitoride è schiacciato contro la grata interna. Ogni battito è un colpo. Ogni parola che scrivo è una scarica elettrica. Il mio succo cola sul velluto. Ma tu, lurido maiale, non lo meriti. 50 euro. Ora. O ti ignoro come il nulla che sei.
Ore 20:02
Francesco “fatto Padrona. 50€. vi prego, ditemi di più”.
Valentina “Patetico. Il metallo è freddo. Il clitoride è intrappolato in una fessura minuscola. Non può gonfiarsi. Ogni contrazione è un’agonia. Sento il calore salire dal basso ventre, i muscoli che si stringono intorno al nulla. È un orgasmo sospeso a mezz’aria. Ma tu, coglione, pagherai per ogni goccia che non puoi leccare. 100 euro per il prossimo dettaglio, o ti sputo in faccia virtualmente.”
Ore 20:04
Francesco “fatto. 100€. sto tremando Padrona. la mia gabbietta è bagnata.
Valentina “Il mio Padrone mi ha negato per 96 ore prima di chiudermi. Il clitoride era già viola, gonfio, disperato. Ora è schiacciato. Ogni pensiero di te che paghi mi fa contrarre. Ma tu, lurido schifoso, non vali nemmeno il mio succo. Il vuoto è insopportabile. Il succo cola in rivoli caldi sul velluto. 200 euro. E descrivi la tua gabbietta, coglione, o ti blocco.”
Ore 20:07
Francesco “acciaio inox. stretta. il cazzo è piccolo dentro. la punta è viola. gocciola senza controllo. vorrei leccare il vostro succo dal velluto. 200€ fatti.”
Valentina “Il suono del metallo è costante: tintinnio ogni volta che mi muovo. Il clitoride sfrega contro la grata interna. È un massaggio crudele. Ogni respiro è un gemito strozzato. Il mio Padrone mi guarda. Sa che sto implodendo. Ma tu, verme, pagherai 150 euro per il prossimo gemito, o ti mando a fanculo.”
Ore 20:10
Francesco “fatto. 150€. vi prego, gemete per me.”
Valentina “Ahhh… patetico coglione…Il clitoride pulsa. Il succo è caldo, appiccicoso, cola tra le cosce. Ma le sbarre sono inflessibili. Il mio Padrone ha la chiave. Tu non la vedrai mai, lurido maiale. 250 euro per proseguire, o ti cancello dalla mia vita.”
Ore 20:13 Francesco “fatto. 250€. sto piangendo Padrona. la gabbietta mi fa male.”
Valentina “Il mio Padrone mi ha fatto inginocchiare sul letto. Mi ha fatto leccare le sbarre fredde. Il sapore del metallo misto al mio succo. Poi l’ha fatta scorrere sul clitoride. Il metallo ha morso. Il lucchetto ha fatto clic. Da allora, ogni passo è un’agonia. Ogni pensiero di te che paghi è una contrazione. Ma tu, schifoso, pagherai 300 euro. Ultimo tributo, o ti sputo addosso.”
Ore 20:17
Francesco” fatto. 300€. vi prego, Padrona. lasciatemi venire.”
Valentina “No, coglione. La tua gabbietta resta chiusa. Come la mia. Tornerai domani. Con più soldi. E la chiave resterà al collo del mio Padrone. Ora sparisci, verme.
Ore 20:19 Valentina chiude la chat.
Valentina chiuse il laptop con un clic secco. Crollò sul velluto, il corpo scosso da brividi violenti. Le cosce aperte, la gabbietta luccicava tra le labbra gonfie, il clitoride visibile attraverso le sbarre, rosso, pulsante, implorante.
"Padrone…" la sua voce era un filo. "È… è dentro di me. Un fuoco che non si spegne. Ogni parola era una scarica. Ogni bip un colpo."
Mi inginocchiai. La chiave era calda. La feci scorrere piano sulla sua coscia, sfiorando il metallo. Il suo corpo si inarcò al solo contatto.
"Descrivi," ordinai.
"Il clitoride… è schiacciato. Ogni battito è un’esplosione. Il succo cola, ma non può toccarlo. È come… come essere sull’orlo da ore. Ma non arriva. Ti prego…"
La chiave si fermò sul lucchetto. Lo sfiorai, senza aprirlo. Il suo corpo tremò, le cosce si strinsero inutilmente, il tintinnio della gabbietta che echeggiò nella stanza. Poi, con un gesto lento, inserii la chiave. Il meccanismo scattò con un clic secco, definitivo, liberatorio.
La gabbietta si aprì.
Il clitoride, liberato, pulsò libero, gonfiandosi istantaneamente in un rigonfiamento rosso e lucido. Valentina urlò – un suono primordiale, animalesco – il corpo che si inarcava in un arco perfetto. Un orgasmo la travolse senza tocco, solo per la liberazione. Il suo succo schizzò in spruzzi caldi e ritmici, bagnando il velluto in pozze viscose, i muscoli che si contraevano in spasmi violenti. Le sue mani si aggrapparono al mio braccio, le unghie che affondavano nella carne.
Ma non era finita.
La presi per i fianchi, le dita che affondavano nella carne morbida. La girai sul velluto, a quattro zampe, il culo in alto, la figa gonfia e aperta. Il clitoride, ancora ipersensibile, sfregava contro l’aria, ogni movimento un’onda di piacere insostenibile. La penetrai con un colpo secco, il mio cazzo che scivolava dentro di lei con facilità, avvolto dal suo calore umido e avido. Ogni spinta era un tuono. Ogni contrazione un’implorazione.
"Ancora…" ansimò, la voce rotta. "Non fermarti…"
La scopai con forza, le mani sui suoi seni, pizzicando i capezzoli turgidi. Il suo secondo orgasmo arrivò subito, più violento del primo: schizzi caldi che bagnarono le mie cosce, i muscoli che si stringevano intorno a me in spasmi ritmici. Poi un terzo, quando la presi da dietro, una mano tra i suoi capelli, tirandole la testa all’indietro. Il suo corpo era un mare in tempesta, ogni onda più alta della precedente.
Quando venni dentro di lei, con un grugnito profondo, il suo quarto orgasmo la travolse. Urlò il mio nome, il corpo che collassava sul velluto, esausto, tremante, bagnato.
La tenni tra le braccia, il suo respiro ancora affannoso contro il mio petto. La gabbietta giaceva aperta accanto a noi, luccicante di succo.
"Sei stata perfetta, schiava mia," le sussurrai, baciandole la fronte. "E questa è solo la prima chat."
http://www.padronebastardo.org
Io ero seduto su una poltrona di pelle nera, la chiave d’argento al collo, il mio sguardo fisso sulla sua schiena che si inarcava ad ogni battito. Il laptop era aperto sul tavolino basso, lo schermo che proiettava una luce fredda sul suo corpo nudo. Il profumo di gelsomino, sudore e desiderio saturava l’aria.
"Sei pronta, schiava mia?" le sussurrai, la voce bassa, un ringhio.
"Sì, Padrone," rispose, mordendosi il labbro inferiore. "Voglio umiliarlo. Voglio che paghi per ogni parola che gli sputo in faccia."
La chat era aperta. Lo schiavo si chiamava Francesco, 36 anni, trovato in un canale Telegram privato. Aveva implorato per giorni: “Padrona, lasciatemi essere il vostro bancomat umano.” Valentina aveva accettato. E ora, era il momento.
Ore 20:00 Valentina apre la chat
Valentina “Senti, verme patetico, sei in ginocchio come il cesso che sei? Gabbietta chiusa?”
Francesco “sì Padrona. 9 giorni. acciaio inox. gocciola sul pavimento. vi prego, iniziate.”
Valentina “Ascolta bene, schifoso. Il mio Padrone mi ha chiusa stamattina. Gabbietta d’acciaio. Stretta. Il mio clitoride è schiacciato contro la grata interna. Ogni battito è un colpo. Ogni parola che scrivo è una scarica elettrica. Il mio succo cola sul velluto. Ma tu, lurido maiale, non lo meriti. 50 euro. Ora. O ti ignoro come il nulla che sei.
Ore 20:02
Francesco “fatto Padrona. 50€. vi prego, ditemi di più”.
Valentina “Patetico. Il metallo è freddo. Il clitoride è intrappolato in una fessura minuscola. Non può gonfiarsi. Ogni contrazione è un’agonia. Sento il calore salire dal basso ventre, i muscoli che si stringono intorno al nulla. È un orgasmo sospeso a mezz’aria. Ma tu, coglione, pagherai per ogni goccia che non puoi leccare. 100 euro per il prossimo dettaglio, o ti sputo in faccia virtualmente.”
Ore 20:04
Francesco “fatto. 100€. sto tremando Padrona. la mia gabbietta è bagnata.
Valentina “Il mio Padrone mi ha negato per 96 ore prima di chiudermi. Il clitoride era già viola, gonfio, disperato. Ora è schiacciato. Ogni pensiero di te che paghi mi fa contrarre. Ma tu, lurido schifoso, non vali nemmeno il mio succo. Il vuoto è insopportabile. Il succo cola in rivoli caldi sul velluto. 200 euro. E descrivi la tua gabbietta, coglione, o ti blocco.”
Ore 20:07
Francesco “acciaio inox. stretta. il cazzo è piccolo dentro. la punta è viola. gocciola senza controllo. vorrei leccare il vostro succo dal velluto. 200€ fatti.”
Valentina “Il suono del metallo è costante: tintinnio ogni volta che mi muovo. Il clitoride sfrega contro la grata interna. È un massaggio crudele. Ogni respiro è un gemito strozzato. Il mio Padrone mi guarda. Sa che sto implodendo. Ma tu, verme, pagherai 150 euro per il prossimo gemito, o ti mando a fanculo.”
Ore 20:10
Francesco “fatto. 150€. vi prego, gemete per me.”
Valentina “Ahhh… patetico coglione…Il clitoride pulsa. Il succo è caldo, appiccicoso, cola tra le cosce. Ma le sbarre sono inflessibili. Il mio Padrone ha la chiave. Tu non la vedrai mai, lurido maiale. 250 euro per proseguire, o ti cancello dalla mia vita.”
Ore 20:13 Francesco “fatto. 250€. sto piangendo Padrona. la gabbietta mi fa male.”
Valentina “Il mio Padrone mi ha fatto inginocchiare sul letto. Mi ha fatto leccare le sbarre fredde. Il sapore del metallo misto al mio succo. Poi l’ha fatta scorrere sul clitoride. Il metallo ha morso. Il lucchetto ha fatto clic. Da allora, ogni passo è un’agonia. Ogni pensiero di te che paghi è una contrazione. Ma tu, schifoso, pagherai 300 euro. Ultimo tributo, o ti sputo addosso.”
Ore 20:17
Francesco” fatto. 300€. vi prego, Padrona. lasciatemi venire.”
Valentina “No, coglione. La tua gabbietta resta chiusa. Come la mia. Tornerai domani. Con più soldi. E la chiave resterà al collo del mio Padrone. Ora sparisci, verme.
Ore 20:19 Valentina chiude la chat.
Valentina chiuse il laptop con un clic secco. Crollò sul velluto, il corpo scosso da brividi violenti. Le cosce aperte, la gabbietta luccicava tra le labbra gonfie, il clitoride visibile attraverso le sbarre, rosso, pulsante, implorante.
"Padrone…" la sua voce era un filo. "È… è dentro di me. Un fuoco che non si spegne. Ogni parola era una scarica. Ogni bip un colpo."
Mi inginocchiai. La chiave era calda. La feci scorrere piano sulla sua coscia, sfiorando il metallo. Il suo corpo si inarcò al solo contatto.
"Descrivi," ordinai.
"Il clitoride… è schiacciato. Ogni battito è un’esplosione. Il succo cola, ma non può toccarlo. È come… come essere sull’orlo da ore. Ma non arriva. Ti prego…"
La chiave si fermò sul lucchetto. Lo sfiorai, senza aprirlo. Il suo corpo tremò, le cosce si strinsero inutilmente, il tintinnio della gabbietta che echeggiò nella stanza. Poi, con un gesto lento, inserii la chiave. Il meccanismo scattò con un clic secco, definitivo, liberatorio.
La gabbietta si aprì.
Il clitoride, liberato, pulsò libero, gonfiandosi istantaneamente in un rigonfiamento rosso e lucido. Valentina urlò – un suono primordiale, animalesco – il corpo che si inarcava in un arco perfetto. Un orgasmo la travolse senza tocco, solo per la liberazione. Il suo succo schizzò in spruzzi caldi e ritmici, bagnando il velluto in pozze viscose, i muscoli che si contraevano in spasmi violenti. Le sue mani si aggrapparono al mio braccio, le unghie che affondavano nella carne.
Ma non era finita.
La presi per i fianchi, le dita che affondavano nella carne morbida. La girai sul velluto, a quattro zampe, il culo in alto, la figa gonfia e aperta. Il clitoride, ancora ipersensibile, sfregava contro l’aria, ogni movimento un’onda di piacere insostenibile. La penetrai con un colpo secco, il mio cazzo che scivolava dentro di lei con facilità, avvolto dal suo calore umido e avido. Ogni spinta era un tuono. Ogni contrazione un’implorazione.
"Ancora…" ansimò, la voce rotta. "Non fermarti…"
La scopai con forza, le mani sui suoi seni, pizzicando i capezzoli turgidi. Il suo secondo orgasmo arrivò subito, più violento del primo: schizzi caldi che bagnarono le mie cosce, i muscoli che si stringevano intorno a me in spasmi ritmici. Poi un terzo, quando la presi da dietro, una mano tra i suoi capelli, tirandole la testa all’indietro. Il suo corpo era un mare in tempesta, ogni onda più alta della precedente.
Quando venni dentro di lei, con un grugnito profondo, il suo quarto orgasmo la travolse. Urlò il mio nome, il corpo che collassava sul velluto, esausto, tremante, bagnato.
La tenni tra le braccia, il suo respiro ancora affannoso contro il mio petto. La gabbietta giaceva aperta accanto a noi, luccicante di succo.
"Sei stata perfetta, schiava mia," le sussurrai, baciandole la fronte. "E questa è solo la prima chat."
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