Il circolo degli anziani che ha ospitato Francesca

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Nel Circolo Anziani, quel palazzo neogotico avvolto da un velo di decadenza e lusso proibito, Francesca non era l'unica schiava a servire gli appetiti insaziabili dei membri over 75. Il signor Rossi e i suoi compari – Bianchi, Verdi, Nero e gli altri relitti aristocratici con vene varicose e cazzi curvi odorosi di sigari stantii  avevano un harem nascosto, un roaster di giovani sottomesse addestrate per sessioni di umiliazione e piacere estremo. Queste schiave, tutte appena maggiorenni o poco più, provenivano da background diversi: alcune reclutate online, altre "prestate" da padroni come me, altre ancora "acquisite" attraverso debiti familiari o promesse di protezione. Ognuna era un capolavoro di sottomissione, plasmata da mesi di training: bondage, frustate, plug anali progressivi, umiliazioni verbali che le facevano bagnare all'istante. "Siete nate per essere usate, puttane," era il mantra del circolo, ripetuto durante le cene private dove i nonni si alternavano a riempirle di sborra calda e appiccicosa.

Ecco un approfondimento su alcune delle altre schiave che condividevano il destino di Francesca. Immaginatele come parte di un catalogo vivente, esposte durante le riunioni mensili del circolo, legate a croci di San Andrea o striscianti sotto i tavoli di mogano, mentre gli anziani le palpavano con mani tremanti da Parkinson, ma abili nel torcere capezzoli e sfregare clitoridi piercingati.

Elena era arrivata al circolo sei mesi prima di Francesca, "importata" da un trafficante di San Pietroburgo che doveva un favore a Rossi. Alta e slanciata, con capelli biondi come grano maturo che le arrivavano al culo sodo e rotondo, aveva un corpo da modella: tette sode (una 4a naturale, capezzoli rosa pallido sempre eretti per l'eccitazione cronica), figa depilata con labbra carnose che gocciolavano al minimo tocco, e un ano addestrato a ospitare cazzi multipli grazie a sessioni quotidiane con dildo giganti. Il suo trucco da troia – eyeliner smoky e rossetto rosso sangue – accentuava gli occhi azzurri lucidi di lacrime. Indossava sempre un collare di pelle con borchie d'oro e polsini abbinati, pronti per essere incatenati.

Elena era la preferita per le "catene umane": durante le cene, la legavano al centro del tavolo, gambe spalancate con caviglie fissate ai candelabri, e i nonni la usavano a rotazione. Bianchi le infilava il suo cazzo venoso nella figa umida, pompando lento mentre le strizzava i seni fino a farli gonfiare rossi; Verdi, sadico ex medico, le apriva l'ano con dita lubrificate di saliva e la penetrava con un plug vibrante, facendola urlare: "Sì, nonno... dilatami di più!" Spesso la facevano venire con doppie o triple penetrazioni – un cazzo in figa, uno in culo, uno in bocca – mentre lei mugolava in russo misto a italiano: "Scopatemi forte, signori... sono la vostra puttana russa." La umiliavano facendola pisciare in un calice di cristallo, che poi beveva inginocchiata, gocciolando umori sul pavimento di marmo. Alla fine della notte, era coperta di sborra secca, lividi da morsi sui capezzoli, e ano dilatato che colava seme. "Torna presto, troietta slava," le grugniva Rossi, schiaffeggiandole il culo arrossato dalle frustate con la cintura.

Marta invece era una locale, figlia di un debitore di Rossi, ceduta al circolo per saldare un prestito. Piccola e formosa, con curve da pin-up: fianchi larghi, culo alto e sodo marchiato da tatuaggi discreti ("Proprietà del Circolo"), tette pesanti (una 5a, capezzoli scuri e sensibili, piercingati con barrette d'argento), figa rasata con un anello al clitoride che tintinnava a ogni passo sui tacchi a spillo di 15 cm. I suoi capelli neri corvini le incorniciavano il viso angelico, truccato con fondotinta che nascondeva i rossori naturali e rossetto viola che lasciava impronte sui cazzi flaccidi dei nonni.

Addestrata specificamente per il bondage estremo, Marta passava ore legata in posizioni hogtie durante le riunioni: polsi e caviglie incatenati dietro la schiena, schiena inarcata, figa e ano esposti come un invito. I membri la frustavano con canne di bambù, lasciando strisce rosse che sanguinavano leggermente, mentre le sussurravano oscenità: "Sei una vacca da mungere, puttana... dimmi quanto ami i vecchi cazzi puzzolenti." Lei rispondeva tra i gemiti: "Li amo, nonni... usatemi come una bambola rotta." La sua specialità erano le umiliazioni verbali reciproche: la costringevano a insultarsi da sola mentre la masturbavano con dita callose – "Sono una troia inutile, nata per la sborra dei nonni" – fino a farla schizzare orgasmi multipli sul tavolo. Nero, con il suo cazzo enorme da 20 cm, la scopava in gola fino a farla vomitare saliva, poi la riempiva di seme caldo nel culo, stirando le pareti fino al limite. Alla fine, la slegavano solo per farla strisciare e leccare il pavimento bagnato dei suoi.

Maria era stata "prestata" invece da un padrone madrileno, un alleato del circolo, per sessioni stagionali. Fiammeggiante con capelli rossi ondulati fino alla vita, pelle olivastra coperta di lentiggini, corpo atletico: tette medie (una 3a, capezzoli rossi come ciliegie, succhiati fino a diventare viola), figa con labbra gonfie e un piercing al cappuccio del clitoride, ano stretto ma elastico grazie a plug anali infusi di peperoncino per un bruciore extra. Vestita con un abito di lattice rosso trasparente, calze a rete e stivali alti, camminava con il culo in fuori, inarcando la schiena per esporre tutto.

Maria eccelleva nei giochi di ruolo: durante le cene, la vestivano da "nipotina birichina" o "badante troia", e i nonni la punivano con frustate sadiche. Verdi le legava i polsi ai bastoni da passeggio, poi le schiaffeggiava il culo con mani aperte – pam! pam! – fino a renderlo rosso fuoco, mentre lei contava: "Uno... due... grazie per educarmi, nonno!" Rossi le versava vino caldo sulla figa, poi la leccava con lingua viscida, facendola contorcere: "Sa di spezie spagnole, puttana." La scopavano in gruppo: uno in figa, pompando ritmico mentre le torceva i capezzoli; un altro in ano, con spinte dolorose che la facevano urlare in spagnolo: "Más fuerte, abuelos... rompédme!" Umiliazioni culminanti: la facevano masturbarsi con verdure dal buffet – un cetriolo nella figa, una carota nel culo – mentre beveva la propria urina da un piatto. Orgasmi esplosivi la lasciavano esausta, corpo livido e gocciolante, ma con un sorriso tra le lacrime: "Sono la vostra schiava rossa, signori."

Queste schiave, come Francesca, ruotavano nelle serate del circolo, a volte usate insieme in orge collettive: legate l'una all'altra, fighe che sfregavano in scissoring forzato mentre i nonni le penetravano a turno. Il Padrone di Francesca le aveva promesso una sessione condivisa: "Presto incontrerai le tue sorelle puttane, schiava. Insieme servirete i nonni fino all'alba." Era un mondo di inferno e piacere, dove l'umiliazione era la moneta del desiderio, e ogni schiava trovava la sua estasi nel servire.

http://www.padronebastardo.org
scritto il
2025-12-28
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