Antonella 8
di
ANNA BOLERANI
genere
corna
Capitolo Otto
La vendetta di Monti
La notte si trascinò in una strana intimità. Luis rifiutò il taxi proposto da Ettore: "Camminerò sotto la pioggia per calmare certe... tensioni". Prima di uscire mi strinse i fianchi: "Il tuo culo è diventato la mia droga". Quando la porta si chiuse, Ettore mi spinse contro il muro: "Se Monti chiamerà ancora. Gli manderemo il video". Il suo sguardo aveva la lucidità fredda della vendetta.
Al lavoro, il silenzio di Monti pesava più delle minacce. All’ora di pranzo, mentre sistemavo una litografia settecentesca, mi raggiunse un profumo di gelsomino. Ilenia entrò senza preavviso. "Ho saputo della scena con Monti" sussurrò, sfiorandomi la schiena. "Se il porco ti minaccia ancora..."
La sua mano mi strisciò sotto la gonna. Sentii le dita affondare tra le mie natiche ancora indolenzite mentre fingevo di aggiustare un’incorniciatura. "Non preoccuparti" ansimai. "Ettore ha un piano". La sua risata fu un brivido caldo sul collo: "Tu invece hai bisogno di una vera distrazione".
Il fax ruggì alle tre precise. Monti, che conosceva benissimo il proprietario della pinacoteca, era intervenuto ed aveva fatto bloccare l'inaugurazione della mia mostra. L’appiccicaticcio del nastro adesivo sui pacchi, che iniziai a preparare per sistemare le litografie che avrei riportato nei locali della mia agenzia, mi ricordò le dita di Luis strette sulle mie natiche. Quando rientrai a casa, il salotto odorava di tabacco e legno speziato. Ettore fumava contemplando lo schermo del cellulare: il video di Luis che mi sfondava pulsava nell’oscurità. "Monti ha reagito al video che gli hai mandato, ha bloccato la mia mostra." dissi, lasciando cadere la borsa. Senza voltarsi, schiacciò la sigaretta: "Allora è ora della seconda parte della nostra vendetta.".
Il giorno dopo indossai il tailleur più severo, la gonna a tubino che nascondeva ogni curva. Ma quando entrai nell’ufficio di Monti alle 10:17, il suo sguardo si incollò al mio culo come una calamita. "Lo sapevo che eri tu." disse "Se coprissi tuo viso nella folla", sibilò indicando lo skyline dalla vetrata, "ti riconoscerei dal passo". Si alzò, il rigonfiamento nei pantaloni tradiva di più delle sue parole. "Quel sedere che rimbalza come una troia sotto quel vestito è inconfondibile". La mano mi afferrò la nuca mentre puntava il vetro verso il parcheggio sottostante: "Vedi la tua auto? Ogni mattina la fisso mentre ti sistemi lo specchietto. Sai cosa immagino?". Le sue dita strisciarono sul collo. "Immagino di spaccarti quel culo sullo sterzo mentre guidi".
La porta si aprì senza preavviso. Ettore entrò con un passo silenzioso di gatto, il volto un maschera impassibile. Monti si ritrasse come scottato. "Lasciala" disse Ettore con una cortesia glaciale, avvicinandosi a lui con un foglio in mano. Ho trovato questo nel server aziendale." Appoggiò sul tavolo una stampa: Monti che palpeggiava una commessa addetta alle pulizie minorenne nello stanzino delle scope. L’aria si fece tagliente. "E ci sono tutti gli altri video" aggiunse Ettore aprendo la cartella sul cellulare. "La settimana scorsa in bagno con la capo reparto... e ieri nel magazzino con quella apprendista". Monti impallidì, le vene sul collo pulsavano come corde. "Cancella tutto" ringhiò. "Ti ho promosso! Ho mantenuto la mia promessa". Ettore scosse la testa lentamente, un sorriso da squalo: " Ora farai quello che ti dico, chiama subito il responsabile della Pinacoteca Morgese il tuo amico, e fai ripristinare immediatamente la programmazione della mostra di Antonella. Se non lo farai, subito, entro domani questi file finiscono sul server centrale."
Mentre io guardavo Ettore con ammirazione per qull'intervento deciso e perentorio, Mentre Monti prendeva il telefono per chiamare il suo amico. l'uscita. Aggiunse: "Ti devi dimenticare di mia moglie, ricordati che i video restano in mano mia." poi rivolgendosi a me: "Andiamo via. Torna alla pinacoteca a preparare la tua mostra." Uscimmo lasciandolo infuriato più che mai. Ilenia era seduta al suo posto, mi guardò, mi sorrise e senza farsi vedere da mio marito, mi fece il segno della telefonata portandosi le dita all'orecchio. Feci un leggero cenno di assenso e proseguii oltre.
In ascensore Ettore fissava i numeri lampeggianti. Mentre le porte si chiudevano, mi spinse contro lo specchio. "Hai visto come tremava?" Il fiato caldo mi sfiorò l'orecchio mentre la sua mano mi sollevò la gonna. Anziché premere il bottone per scendere a piano terra, premette per il piano attico e prima che arrivassimo bloccò l'ascensore.
Le dita affondarono nel solco ancora umido dai ricordi della notte precedente. "Gli serviva solo questo" sibilò penetrandomi con due dita mentre l'ascensore restava fermo. "Gli abbiamo messo un po' di pepe al culo. Ora forse smetterà di importunarti". Gemetti quando le sue nocche sfiorarono la parete interna sensibile del mio culo. "Qui? lo vuoi?" chiese spingendo più forte. Annuiti freneticamente, la fronte fredda contro il vetro. Mi fece girare, poggiai le mani alla parete dell'ascensore e allargai le gambe. Mi alzò la gonna e con le dita che gia mi stavano mi abbassò le mutandine fino alle ginocchia.
Sentii il rumore della cintura che si slacciava. "Mettiti a novanta" ordinò mentre mi piegavo sul corrimano per facilitargli la penetrazione. L'ascensore vibrava impercettibilmente quando il suo cazzo entrò nel mio buco ancora lasso. Un gemito mi sfuggì mentre mi afferrò i fianchi. "Se Monti sapesse che ti sto scopando proprio sopra il suo ufficio..." Ogni spinta mi schiacciava contro la ringhiera metallica. La sua mano mi coprì la bocca quando le grida diventarono troppo acute. "Zitta, , qualcuno potrebbe sentire". Il vetro rifletteva la mia espressione stravolta mentre prendevo le sue spinte profonde. L'odore del disinfettante della cabina, appena pulita dagli addetti, si mescolava al nostro sudore quando sentii le sue palle schiacciarsi contro le mie natiche. "Vieni dentro. Sborra" implorai stringendo le pareti interne per trattenerlo. L'ultima spinta mi trafisse, il getto caldo che inondava le mie viscere mentre tringevo il corrimano per non urlare. Rimasi curva e aperta mentre il suo sperma colava lungo le mie cosce sopra le mutandine. "La tua mostra è salva" sussurrò lui sistemandosi i pantaloni. "Ora vai a ultimare i preparativi per l'inaugurazione."
Alla Galleria Morgese, il profumo della della pittura fresca per le pareti da poco tinteggiate copriva appena l'odore del mio corpo non lavato. Le mie scarpe con il tacco scricchiolavano sul parquet mentre sistemavo l'ultima litografia. Fuori, la pioggia disegnava strisce grigie sui vetri quando vidi Monti varcare il portone. "Ti stai godendo la vittoria?" ringhiò fissando la cornice che sistemavo. Sorrisi dolcemente, sfiorando il collo ancora segnato dalle dita di Ettore e con indifferenza dissi: "La mostra apre domani, Direttore. Spero verrà. Ora vada via.Ho da lavorare per finire in tempo". Il suo sguardo cadde sulla mia gonna aderente. "Lo sai che te farò pagare, in un modo o nell'altro". Si chinò all'improvviso, le labbra calde contro il mio orecchio: "Quando meno te lo aspetti, ti ritroverai piegata sulla mia scrivania e spaccherò nuovamente il tuo bel culetto ". Un brivido mi percorse la schiena mentre si allontanava. Alle mie spalle, sentii un respiro familiare. "E allora?" chiese Ilenia sfiorandomi la vita. "Monti è più pericoloso di prima". La sua mano strisciò sotto la mia giacca, le dita che serravano un biglietto da visita. "Chiamami stasera" sussurrò. "Abbiamo cose da discutere". Quando se ne fu andata, guardai il retro del biglietto: *Hotel Belvedere, stanza 304. Le 20. Non dire nulla a tuo marito.*
Il telefono vibrò nel taschino. Il messaggio di Ettore illuminò lo schermo: "Monti appena licenziato. Il consiglio ha visto i video." Lo chiamai e gli dissi che ero felice per quella conclusione e lo avvisai avrei fatto tardi. Dissi avevo una cena con dei mecenati che erano interessati alla mia mostra e che sarei tornata tardi. Mi rispose che mi avrebbe aspettato sveglio, voleva festeggiare la sconfitta definitiva di Monti. Fuori, la luce del tramonto trasformava le pozzanghere in stagni di sangue. Tutto era pronto per l'inaugurazione della mostra il giorno successivo. Attesi che l'ultimo degli operaio che avevano sistemato le stampe alle pareti. uscisse prima di chiudere a chiave il portone. Eramo le 19,45 e mi avviai verso l'Hotel Belvedere, che distava qualche isolato dalla Pinacoteca.
La stanza 304 odorava di candele di sandalo e sudore fresco. Ilenia indossava solo un corpetto di pizzo nero che lasciava scoperto il ventre liscio. "Sapevo che saresti venuta" sussurrò mentre mi spingeva contro la porta. La sua lingua esplorò il collo ancora segnato dalle dita di Ettore. Le mie mani afferrarono i suoi fianchi mentre lei mi slacciava la gonna. "Sei ancora tutta aperta" mormorò affondando due dita nel mio sfintere senza preamboli. Scommetto che te lo sei fatta aprire in ascensore da tuo marito. Ho visto che è rimasto bloccato per venti minuti al piano attico. Un gemito mi sfuggì quando le sue nocche ruotarono dentro la carne sensibile. "Monti è fuori dai giochi" mi disse, "E' stato licenziato dal consiglio. ansimai. "Lo so" sorrisi stringendo le dita.
"E adesso?"
"Devi stare più attenta, sicuramente si vendicherà, non ha più niente da perdere. Ma non pensarci ora." Le sue labbra catturarono i miei capezzoli attraverso la camicetta.
"Adesso" sibilò guidando la mia mano tra le sue cosce bagnate "Mi mostri come sei brava a succhiare non solo il cazzo..."
Mi inginocchiai sul tappeto persiano mentre lei si appoggiava
al letto a baldacchino. Il sapore salmastro della sua figa si confuse col rossetto amaranto quando la mia lingua percorse le sue pieghe. Le sue mani nei miei capelli controllavano il ritmo. "Più piano" gemette "voglio sentire ogni strisciata". Fuori, il rombo di un motorino si perse nel crepuscolo. Quando le mie dita sostituirono la lingua, lei mi tirò su con uno strattone. "Il tuo turno" disse aprendo il cassetto del comodino. La cintura di cuoio nero luccicò alla fioca luce. "Monti non è l'unico che sa punire".
Mi fece piegare sul davanzale, la fronte contro i vetri freddi che affacciavano sui tetti bagnati. La prima frustata mi sorprese, un fuoco improvviso sulle natiche già martoriate. "Conta!" ordinò. "Uno" ansimai. La seconda scoccò più forte, sovrapponendosi ai segni di Luis. "D-due..." Le frustate si alternavano alla penetrazione profonda delle dita mentre il mio riflesso tremolava nel vetro. Alla quinta, la pelle pulsava di dolore trasformato in piacere. "Bene" sussurrò posando la cinghia. Le sue labbra baciarono le ferite mentre le dita mi aprivano ulteriormente. "Ora festeggiamo". Mi trascinò sul letto, la sua bocca che inseguiva il mio clitoride come una preda. Quando il primo orgasmo mi scosse, le sue dita erano ancora conficcate nel mio retto. Il telefono sul comodino vibrò. Il display mostrava "Ettore". "Ignoralo" ordinò Ilenia affondando i denti nella mia coscia. La luce morente del tramonto dipingeva di viola le nostre ombre intrecciate. Fuori, sotto i portici, qualcuno stava fumando. L'odore di sigaretta filtrò dalla finestra socchiusa insieme alla promessa delle nuove battaglie che Monti avrebbe scatenato.
Godemmo entrambe più volte**, le mie convulsioni mescolate ai suoi gemiti rochi mentre mi mordeva la spalla. Ilenia sapeva esattamente dove premere, come piegare le dita dentro di me per farmi urlare contro il velluto del copriletto. La terza volta persi il conto delle dita—quattro? cinque?—ma il dolore si fuse col piacere in un lampo bianco che mi fece vedere stelle nel soffitto a specchio. Lei rise, un suono basso e soddisfatto, le labbra ancora umide del mio sapore. "Sei una troia meravigliosa" sibilò, leccando il sudore dalla mia clavicola. Mi voltai a guardarla: gli occhi verdi erano pozze di fiamma nel buio, i capelli ramati sparsi sul cuscino come sangue versato.
Lasciai l'hotel stordita, il mio passo barcollante sul pavimento a scacchi della hall. Il portiere mi fissò senza espressione mentre attraversavo la porte girevoli. Ilenia era rimasta a fare un bagno nella vasca idromassaggio. La pioggia notturna aveva lavato i marciapiedi, lasciando pozze che riflettevano i lampioni come occhi gialli. Camminai verso casa sentendo ancora le dita di Ilenia nel mio culo aperto, il bruciore delle frustate che pulsava a ogni passo. Il mio corpo era un territorio di guerra: segni di Luis sopra quelli di Ettore, sopra le nuove mappe tracciate da Ilenia. Ogni dolore era un ricordo che gridava ancora. Al semaforo, una macchina frenò bruscamente. Dietro il vetro appannato intravidi il profilo di Monti. I suoi occhi erano buchi neri nella carne pallida. Mi passò accelerando troppo vicino, schizzandomi d'acqua il soprabito. Le sue ruote stridettero sull'asfalto bagnato mentre spariva nell'oscurità di via Fontana. Un brivido mi corse lungo la schiena—non paura, ma eccitazione.
Giunta sotto casa, il mio riflesso tremolò nei vetri dell'ascensore. Premetti il citofono. "Sono io," sussurrai alla griglia fredda. La serratura borbottò in risposta. Salii le scale sentendo l'umido della pioggia che si diffondeva nell'aria stagnante. Entrai in casa, Il corridoio odorava di legno vecchio e sigarette, traccia di Luis che aveva fumato lì la sera prima. Ettore era seduto al tavolo della cucina con una bottiglia di Brunello mezzo vuota. La luce della lampada da scrivania tagliava il suo viso a metà: occhi lucidi da ubriaco sopra una bocca serrata. Sul tavolo, accanto al calice, luccicava la mia collana d'oro, quella che portavo sempre. L'avevo dimenticata sul comodino dell'Hotel Belvedere. "L'ha portata poco un fattorino dell'Hotel Belvedere. Qualcuno te l'ha fatta recapitare con questo biglietto: "Tesoro, l'ho trovata prima di uscire sul comodino della stanza 304. P.S. Sei stata favolosa." Ti sei dimenticata di dirgli che eri a cena con dei mecenati?"
Mi bloccai sulla soglia, la porta ancora socchiusa alle mie spalle. Le chiavi mi scivolarono di mano, tintinnando sul pavimento di marmo. "Ettore, posso spiegarti..." dissi. Lui si alzò lentamente, il riflesso del vino rosso nei bicchieri tremolava come un avvertimento. Senza parlare, avanzò verso di me. Sentii il calore del suo respiro alcolico mescolarsi all'odore della pioggia sul mio cappotto. Le sue mani mi afferrarono le braccia, le dita che affondavano nella carne sopra i lividi lasciati dalle cinghiate di Ilenia. "Spiegami una cosa sola," sussurrò girandomi di forza verso lo specchio dell'ingresso. La sua voce era gelida contro il mio orecchio: "Mentre quel sudicio di Monti ti scopava , pensavi al mio cazzo dentro di te?" La sua mano schiaffeggiò la mia natica sinistra, proprio sulla frustata più fresca. Un guizzo di dolore mi fece contrarre i muscoli mentre nel vetro vedevo i suoi occhi diventare pozze nere. "Rispondi!" La presa si strinse, gli anelli che mi segnavano la pelle sopra il segno dei denti di Ilenia.
Mi voltai di scatto nella sua stretta. La mia fronte sfiorò il suo mento. "Non è come pensi!" sbottai, il respiro corto. "Non ho scopato con Monti, te lo giuro" Gli occhi di Ettore si strinsero. Il silenzio crebbe, rotto solo dal ticchettio della pendola nel salotto. "Con chi allora?" chiese, le parole pesanti come macigni. "Con Ilenia," confessai sentendo bruciarmi la gola. "Era con me all'Hotel Belvedere." Il mio sguardo cadde sulla collana sul tavolo mentre le sue dita mi lasciavano lentamente. "Quando... quando ci siamo baciate sul letto, mi sono tolta la collana. L'ho appoggiata sul comodino." Mi accorsi di tremare. "È lì che l'ho dimenticata. Sei stato tu a dirmi che se mi piaceva potevo incontrarla ancora."
"E perché non me lo hai detto ed hai inventato quella storia dei mecenati.?"
"Scusami, hai ragione ho sbagliato, Perdonami. "gli dissi allungando la mia mia mano sulla sua sua patta. "Mi ha frustato e poi mi ha scopavamo, e mentre godevo pensavo al tuo cazzo nel mio culo oggi in ascensore. Te lo giuro"
Senza che lui avesse il tempo di ribattere mi inginocchiai, gli slaccia i pantaloni e iniziai a baciarlo e leccarlo . Lui mugolò e mi mise la mano sulla testa, muovendo il suo cazzo avanti e indietro nella mia bocca . Mi tolsi il cappotto e la camicetta. Poi mi slaccia il reggiseno lasciando libere le mie tette di ondeggiare sotto i movimenti sempre più rapidi della mia bocca.
Ettore mi sollevò dal pavimento, le mani sotto le mie ascelle. "Sul divano," ringhiò. Mi trascinò nel salotto, spingendomi contro i cuscini di pelle. Le sue dita strapparono via le mutandine . Mi aprì le gambe con ginocchio, i pantaloni ancora abbassati sui fianchi. "Dimmi la verità," ordinò mentre due dita si insinuavano dentro di me senza preavviso. "Quando ti ha frustata..." Le nocche ruotarono contro le pareti interne sensibili del mio culo ancora aperto. "...Pensavi a questo?" La pressione aumentò, costringendomi ad inarcare la schiena. "Sì!" ansimai aggrappandomi ai braccioli del divano. "Ogni colpo... ogni volta che mi entrava..." Le dita si ritirarono improvvisamente. Sentii la punta del suo cazzo premere sull'ingresso ancora dolorante. "...Pensavo alla tua mano sul mio collo quando mi scopavi nello specchio oggi". Le parole si trasformarono in un lungo gemito quando affondò completamente dentro di me. Il divano cigolò sotto il nostro peso sincronizzato. Fuori, un tuono lontano annunciava che la pioggia non era finita. L'attesa per la mostra si dissolveva nella carne.
La punta delle sue dita lasciò segni rossi sulle mie cosce mentre mi inchiodava al divano a pancia in giu. Ogni spinta di Ettore sbatteva il mio petto contro la pelle rigida del bracciolo, il rumore umido dei nostri corpi che si fondevano col rombo del temporale oltre i vetri. "Sì... così!" ansimai, affondando le unghie nelle sue spalle quando il suo cazzo raggiunse il punto bruciante lasciato dalle frustate di Ilenia. La collisione di dolore e piacere mi fece contorcere, le labbra che cercavano le sue cicatrici sul petto.
"Spingi..., spingi ancora, piu forte... dimmi che sono la tua troia. Sborrami dentro."
Quando le mie convulsioni iniziarono, Ettore mi sollevò per un'ultima spinta profonda. Lo sperma caldo inondò le mie viscere mentre gridavo contro il suo collo sudato. . Fuori, la pioggia aveva trasformato la strada in uno specchio spezzato dove i fari delle auto disegnavano archi dorati. Qualcosa si muoveva nell'ombra oltre il cancello una sagoma immobile sotto l'acquazzone che osservava la nostra finestra illuminata.
La luce della cucina tagliava il buio. Ettore era in piedi davanti alla finestra, una sigaretta spenta tra le dita. "Quella sagoma..." mormorò senza voltarsi. "Sembrava Monti." Mi avvicinai tremando ancora per l'orgasmo, il mio riflesso pallido sovrapposto al vetro bagnato. Il cancello era vuoto. Solo pioggia che cadeva sul marciapiede deserto. "È solo la tua fantasia," sussurrai appoggiando la fronte alla sua schiena. Lui scosse la testa lentamente. "No. Ho visto gli occhi riflettersi sotto il lampione." Un brivido mi attraversò la schiena nuda mentre la sua mano si posava sulla mia vita. "Domattina alla mostra," disse, voce bassa e metallica, "stai attenta." Il vino lasciato sul tavolo luccicava come sangue rappreso sotto la lampada spenta.
All'alba preparai il caffè con mani tremanti. Il profumo amaro si mescolò all'odore dei miei nervi mentre versavo la bevanda fumante nella tazza di Ettore. "Non guardarmi così," sibilò lui afferrandomi il polso. "La mostra apre oggi. Sii impeccabile." Il suo sguardo cadde sul mio collo dove i segni delle frustate di Ilenia erano diventati lividi violacei. "Copri quelle ferite." Mi passò una sciarpa di seta che odorava ancora del suo legno di sandalo. "Monti può essere ovunque." Bevvi il mio caffè in piedi, il liquido bollente che mi bruciava la lingua come una minaccia.
Alla Galleria Morgese trovai il portone sprangato. Le stampe erano ancora coperte da teli bianchi, le luci spente, il silenzio tombale. Un biglietto sul pavimento vicino alla reception: "La mostra è cancellata per ordine del consiglio direttivo. " Le parole danzavano davanti ai miei occhi mentre il mio cuore affondava. Monti aveva ancora potere. Sentii passi alle mie spalle prima di riconoscere l'odore del profumo di Ilenia. "Te l'avevo detto che era ancora pericoloso." sussurrò lei posandomi una mano gelida sulla spalla. "È appena stato qui con due uomini della sicurezza. Ora che il suo ufficio lo ha licenziato, si è fatto assumere dal suo amico che lo ha nominato consulente speciale." La sua bocca sfiorò il mio orecchio mentre mi porgeva una chiavetta USB. "Ho trovato questo nel suo computer. Video del direttore che usa fondi pubblici per festini privati. Distruggilo o usalo. La scelta è tua."
"Ettore ha gia dei video compromettenti, con questo tuo lo distruggeremo.
Chiamai Ettore. "Le porte sono sbarrate, la mostra è stata annullata."
"Monti...si è fatto assumere come consulente speciale dal suo amico, il proprietario della Pinacoteca, e ha bloccato tutto. "Aspettami alla caffetteria di fronte," tagliò corto Ettore. "Ti raggiungo."
Seduta al tavolino di vetro appannato, osservavo i passanti affrettarsi sotto la pioggia incessante. La chiavetta USB che Ilenia mi aveva dato pesava come un macigno nella tasca interna della giacca. Ogni clic della tazzina sul piattino sembrava scandire il tempo che mi separava dalla vendetta. Ettore entrò con passo deciso, il trench nero impermeabile che gocciolava sul pavimento. Si sedette e ordinò un caffe. Gli porsi la chiavetta. " Con questa potremo distruggerlo " Afferrò la chiavetta. "Chi te l'ha dato?"
"Ilenia. L'ha scaricata dal computer di Monti."
"Cosa c'è dentro?"
"Tante cose, le prove di tangenti e corruzioni accumulate negli anni, ma soprattutto un video di Monti che violenta una minorenne. Secondo Ilenia, che lo ha visionato, la ragazzina non deve avere più di 13 anni e nel video piange e grida per svincolarsi mentre lui sorride compiaciuto.
"Che bastardo." Un sorriso carnivoro gli increspò le labbra mentre infilava il dispositivo nella tasca dell'impermeabile. "Finalmente abbiamo il colpo mortale. Lo mandiamo in galera" Bevve un sorso del mio caffè, gli occhi fissi sul portone sprangato della galleria. Poi alzandosi per tornare in ufficio mi disse." Se ti va chiama Luis ed invitalo per stasera, magari, con le sue amicizie al tribunale, ci può aiutare per sistemare definitivamente Monti."
L'idea ad un nuovo incontro con Luis non mi dispiaceva affatto. "Buona idea, lo chiamerò."
Poi mi salutò con un bacio sulle labbra ed andò via mentre la mia mente pensava ai prossimi passi da fare.
Tornai alla galleria per controllare di nuovo le porte sprangate. Monti aveva lasciato un'altra sorpresa: attaccato con nastro adesivo alla serratura, un disegno a matita della mia faccia sfigurata da lividi, con la scritta "La prossima volta sarà peggio". Strappai il foglio con mani tremanti, il sangue che batteva alle tempie. Quando mi voltai per chiamare Luis, quasi mi scontrai con lui sotto l'arcata del portico.
"Ciao, ero venuto per l'inaugurazione, ma vedo che è ancora tutto chiuso, che succede?. Sembri agitata." Mi strinsi al suo trench umido mentre gli raccontavo tutto. Quando accennai ai video, strinse i pugni con un moto di rabbia.. "Dove sono?" sussurrò. "La chiavetta l'ho data ad Ettore."
" E lui dov'è?
"E' tornato in ufficio ma prima di andarsene mi ha chiesto di chiamarti per invitarti a cena stasera, se non hai altri impegni. Lui pensa che con le tue amicizie al tribunale potresti aiutarci a mandarlo in prigione quel porco."
"Per te sono sempre libero, ci vediamo alle otto a casa tua." Le sue labbra sfiorarono il segno delle frustate sul mio collo.
"E porta qualcosa da bere. Saremo occupati tutta la sera." ammiccai con tono lascivo.
"Direi che saremo occupati per tutta la notte, se ce la farai...." Andò via sorridendo mentre io chiamavo il mio ufficio per informarli delle novità. Il Responsabile dell'agenzia mi disse che aveva gia saputo tutto e che stava mandando una squadra per recuperare le opere. Aggiunse inoltre che avremmo trovato un'altra Location per fare la mostra. " Il tuo lavoro non andrà perduto ." mi disse per sollevarmi il morale.
Capitolo Otto
La vendetta di Monti
La notte si trascinò in una strana intimità. Luis rifiutò il taxi proposto da Ettore: "Camminerò sotto la pioggia per calmare certe... tensioni". Prima di uscire mi strinse i fianchi: "Il tuo culo è diventato la mia droga". Quando la porta si chiuse, Ettore mi spinse contro il muro: "Se Monti chiamerà ancora. Gli manderemo il video". Il suo sguardo aveva la lucidità fredda della vendetta.
Al lavoro, il silenzio di Monti pesava più delle minacce. All’ora di pranzo, mentre sistemavo una litografia settecentesca, mi raggiunse un profumo di gelsomino. Ilenia entrò senza preavviso. "Ho saputo della scena con Monti" sussurrò, sfiorandomi la schiena. "Se il porco ti minaccia ancora..."
La sua mano mi strisciò sotto la gonna. Sentii le dita affondare tra le mie natiche ancora indolenzite mentre fingevo di aggiustare un’incorniciatura. "Non preoccuparti" ansimai. "Ettore ha un piano". La sua risata fu un brivido caldo sul collo: "Tu invece hai bisogno di una vera distrazione".
Il fax ruggì alle tre precise. Monti, che conosceva benissimo il proprietario della pinacoteca, era intervenuto ed aveva fatto bloccare l'inaugurazione della mia mostra. L’appiccicaticcio del nastro adesivo sui pacchi, che iniziai a preparare per sistemare le litografie che avrei riportato nei locali della mia agenzia, mi ricordò le dita di Luis strette sulle mie natiche. Quando rientrai a casa, il salotto odorava di tabacco e legno speziato. Ettore fumava contemplando lo schermo del cellulare: il video di Luis che mi sfondava pulsava nell’oscurità. "Monti ha reagito al video che gli hai mandato, ha bloccato la mia mostra." dissi, lasciando cadere la borsa. Senza voltarsi, schiacciò la sigaretta: "Allora è ora della seconda parte della nostra vendetta.".
Il giorno dopo indossai il tailleur più severo, la gonna a tubino che nascondeva ogni curva. Ma quando entrai nell’ufficio di Monti alle 10:17, il suo sguardo si incollò al mio culo come una calamita. "Lo sapevo che eri tu." disse "Se coprissi tuo viso nella folla", sibilò indicando lo skyline dalla vetrata, "ti riconoscerei dal passo". Si alzò, il rigonfiamento nei pantaloni tradiva di più delle sue parole. "Quel sedere che rimbalza come una troia sotto quel vestito è inconfondibile". La mano mi afferrò la nuca mentre puntava il vetro verso il parcheggio sottostante: "Vedi la tua auto? Ogni mattina la fisso mentre ti sistemi lo specchietto. Sai cosa immagino?". Le sue dita strisciarono sul collo. "Immagino di spaccarti quel culo sullo sterzo mentre guidi".
La porta si aprì senza preavviso. Ettore entrò con un passo silenzioso di gatto, il volto un maschera impassibile. Monti si ritrasse come scottato. "Lasciala" disse Ettore con una cortesia glaciale, avvicinandosi a lui con un foglio in mano. Ho trovato questo nel server aziendale." Appoggiò sul tavolo una stampa: Monti che palpeggiava una commessa addetta alle pulizie minorenne nello stanzino delle scope. L’aria si fece tagliente. "E ci sono tutti gli altri video" aggiunse Ettore aprendo la cartella sul cellulare. "La settimana scorsa in bagno con la capo reparto... e ieri nel magazzino con quella apprendista". Monti impallidì, le vene sul collo pulsavano come corde. "Cancella tutto" ringhiò. "Ti ho promosso! Ho mantenuto la mia promessa". Ettore scosse la testa lentamente, un sorriso da squalo: " Ora farai quello che ti dico, chiama subito il responsabile della Pinacoteca Morgese il tuo amico, e fai ripristinare immediatamente la programmazione della mostra di Antonella. Se non lo farai, subito, entro domani questi file finiscono sul server centrale."
Mentre io guardavo Ettore con ammirazione per qull'intervento deciso e perentorio, Mentre Monti prendeva il telefono per chiamare il suo amico. l'uscita. Aggiunse: "Ti devi dimenticare di mia moglie, ricordati che i video restano in mano mia." poi rivolgendosi a me: "Andiamo via. Torna alla pinacoteca a preparare la tua mostra." Uscimmo lasciandolo infuriato più che mai. Ilenia era seduta al suo posto, mi guardò, mi sorrise e senza farsi vedere da mio marito, mi fece il segno della telefonata portandosi le dita all'orecchio. Feci un leggero cenno di assenso e proseguii oltre.
In ascensore Ettore fissava i numeri lampeggianti. Mentre le porte si chiudevano, mi spinse contro lo specchio. "Hai visto come tremava?" Il fiato caldo mi sfiorò l'orecchio mentre la sua mano mi sollevò la gonna. Anziché premere il bottone per scendere a piano terra, premette per il piano attico e prima che arrivassimo bloccò l'ascensore.
Le dita affondarono nel solco ancora umido dai ricordi della notte precedente. "Gli serviva solo questo" sibilò penetrandomi con due dita mentre l'ascensore restava fermo. "Gli abbiamo messo un po' di pepe al culo. Ora forse smetterà di importunarti". Gemetti quando le sue nocche sfiorarono la parete interna sensibile del mio culo. "Qui? lo vuoi?" chiese spingendo più forte. Annuiti freneticamente, la fronte fredda contro il vetro. Mi fece girare, poggiai le mani alla parete dell'ascensore e allargai le gambe. Mi alzò la gonna e con le dita che gia mi stavano mi abbassò le mutandine fino alle ginocchia.
Sentii il rumore della cintura che si slacciava. "Mettiti a novanta" ordinò mentre mi piegavo sul corrimano per facilitargli la penetrazione. L'ascensore vibrava impercettibilmente quando il suo cazzo entrò nel mio buco ancora lasso. Un gemito mi sfuggì mentre mi afferrò i fianchi. "Se Monti sapesse che ti sto scopando proprio sopra il suo ufficio..." Ogni spinta mi schiacciava contro la ringhiera metallica. La sua mano mi coprì la bocca quando le grida diventarono troppo acute. "Zitta, , qualcuno potrebbe sentire". Il vetro rifletteva la mia espressione stravolta mentre prendevo le sue spinte profonde. L'odore del disinfettante della cabina, appena pulita dagli addetti, si mescolava al nostro sudore quando sentii le sue palle schiacciarsi contro le mie natiche. "Vieni dentro. Sborra" implorai stringendo le pareti interne per trattenerlo. L'ultima spinta mi trafisse, il getto caldo che inondava le mie viscere mentre tringevo il corrimano per non urlare. Rimasi curva e aperta mentre il suo sperma colava lungo le mie cosce sopra le mutandine. "La tua mostra è salva" sussurrò lui sistemandosi i pantaloni. "Ora vai a ultimare i preparativi per l'inaugurazione."
Alla Galleria Morgese, il profumo della della pittura fresca per le pareti da poco tinteggiate copriva appena l'odore del mio corpo non lavato. Le mie scarpe con il tacco scricchiolavano sul parquet mentre sistemavo l'ultima litografia. Fuori, la pioggia disegnava strisce grigie sui vetri quando vidi Monti varcare il portone. "Ti stai godendo la vittoria?" ringhiò fissando la cornice che sistemavo. Sorrisi dolcemente, sfiorando il collo ancora segnato dalle dita di Ettore e con indifferenza dissi: "La mostra apre domani, Direttore. Spero verrà. Ora vada via.Ho da lavorare per finire in tempo". Il suo sguardo cadde sulla mia gonna aderente. "Lo sai che te farò pagare, in un modo o nell'altro". Si chinò all'improvviso, le labbra calde contro il mio orecchio: "Quando meno te lo aspetti, ti ritroverai piegata sulla mia scrivania e spaccherò nuovamente il tuo bel culetto ". Un brivido mi percorse la schiena mentre si allontanava. Alle mie spalle, sentii un respiro familiare. "E allora?" chiese Ilenia sfiorandomi la vita. "Monti è più pericoloso di prima". La sua mano strisciò sotto la mia giacca, le dita che serravano un biglietto da visita. "Chiamami stasera" sussurrò. "Abbiamo cose da discutere". Quando se ne fu andata, guardai il retro del biglietto: *Hotel Belvedere, stanza 304. Le 20. Non dire nulla a tuo marito.*
Il telefono vibrò nel taschino. Il messaggio di Ettore illuminò lo schermo: "Monti appena licenziato. Il consiglio ha visto i video." Lo chiamai e gli dissi che ero felice per quella conclusione e lo avvisai avrei fatto tardi. Dissi avevo una cena con dei mecenati che erano interessati alla mia mostra e che sarei tornata tardi. Mi rispose che mi avrebbe aspettato sveglio, voleva festeggiare la sconfitta definitiva di Monti. Fuori, la luce del tramonto trasformava le pozzanghere in stagni di sangue. Tutto era pronto per l'inaugurazione della mostra il giorno successivo. Attesi che l'ultimo degli operaio che avevano sistemato le stampe alle pareti. uscisse prima di chiudere a chiave il portone. Eramo le 19,45 e mi avviai verso l'Hotel Belvedere, che distava qualche isolato dalla Pinacoteca.
La stanza 304 odorava di candele di sandalo e sudore fresco. Ilenia indossava solo un corpetto di pizzo nero che lasciava scoperto il ventre liscio. "Sapevo che saresti venuta" sussurrò mentre mi spingeva contro la porta. La sua lingua esplorò il collo ancora segnato dalle dita di Ettore. Le mie mani afferrarono i suoi fianchi mentre lei mi slacciava la gonna. "Sei ancora tutta aperta" mormorò affondando due dita nel mio sfintere senza preamboli. Scommetto che te lo sei fatta aprire in ascensore da tuo marito. Ho visto che è rimasto bloccato per venti minuti al piano attico. Un gemito mi sfuggì quando le sue nocche ruotarono dentro la carne sensibile. "Monti è fuori dai giochi" mi disse, "E' stato licenziato dal consiglio. ansimai. "Lo so" sorrisi stringendo le dita.
"E adesso?"
"Devi stare più attenta, sicuramente si vendicherà, non ha più niente da perdere. Ma non pensarci ora." Le sue labbra catturarono i miei capezzoli attraverso la camicetta.
"Adesso" sibilò guidando la mia mano tra le sue cosce bagnate "Mi mostri come sei brava a succhiare non solo il cazzo..."
Mi inginocchiai sul tappeto persiano mentre lei si appoggiava
al letto a baldacchino. Il sapore salmastro della sua figa si confuse col rossetto amaranto quando la mia lingua percorse le sue pieghe. Le sue mani nei miei capelli controllavano il ritmo. "Più piano" gemette "voglio sentire ogni strisciata". Fuori, il rombo di un motorino si perse nel crepuscolo. Quando le mie dita sostituirono la lingua, lei mi tirò su con uno strattone. "Il tuo turno" disse aprendo il cassetto del comodino. La cintura di cuoio nero luccicò alla fioca luce. "Monti non è l'unico che sa punire".
Mi fece piegare sul davanzale, la fronte contro i vetri freddi che affacciavano sui tetti bagnati. La prima frustata mi sorprese, un fuoco improvviso sulle natiche già martoriate. "Conta!" ordinò. "Uno" ansimai. La seconda scoccò più forte, sovrapponendosi ai segni di Luis. "D-due..." Le frustate si alternavano alla penetrazione profonda delle dita mentre il mio riflesso tremolava nel vetro. Alla quinta, la pelle pulsava di dolore trasformato in piacere. "Bene" sussurrò posando la cinghia. Le sue labbra baciarono le ferite mentre le dita mi aprivano ulteriormente. "Ora festeggiamo". Mi trascinò sul letto, la sua bocca che inseguiva il mio clitoride come una preda. Quando il primo orgasmo mi scosse, le sue dita erano ancora conficcate nel mio retto. Il telefono sul comodino vibrò. Il display mostrava "Ettore". "Ignoralo" ordinò Ilenia affondando i denti nella mia coscia. La luce morente del tramonto dipingeva di viola le nostre ombre intrecciate. Fuori, sotto i portici, qualcuno stava fumando. L'odore di sigaretta filtrò dalla finestra socchiusa insieme alla promessa delle nuove battaglie che Monti avrebbe scatenato.
Godemmo entrambe più volte**, le mie convulsioni mescolate ai suoi gemiti rochi mentre mi mordeva la spalla. Ilenia sapeva esattamente dove premere, come piegare le dita dentro di me per farmi urlare contro il velluto del copriletto. La terza volta persi il conto delle dita—quattro? cinque?—ma il dolore si fuse col piacere in un lampo bianco che mi fece vedere stelle nel soffitto a specchio. Lei rise, un suono basso e soddisfatto, le labbra ancora umide del mio sapore. "Sei una troia meravigliosa" sibilò, leccando il sudore dalla mia clavicola. Mi voltai a guardarla: gli occhi verdi erano pozze di fiamma nel buio, i capelli ramati sparsi sul cuscino come sangue versato.
Lasciai l'hotel stordita, il mio passo barcollante sul pavimento a scacchi della hall. Il portiere mi fissò senza espressione mentre attraversavo la porte girevoli. Ilenia era rimasta a fare un bagno nella vasca idromassaggio. La pioggia notturna aveva lavato i marciapiedi, lasciando pozze che riflettevano i lampioni come occhi gialli. Camminai verso casa sentendo ancora le dita di Ilenia nel mio culo aperto, il bruciore delle frustate che pulsava a ogni passo. Il mio corpo era un territorio di guerra: segni di Luis sopra quelli di Ettore, sopra le nuove mappe tracciate da Ilenia. Ogni dolore era un ricordo che gridava ancora. Al semaforo, una macchina frenò bruscamente. Dietro il vetro appannato intravidi il profilo di Monti. I suoi occhi erano buchi neri nella carne pallida. Mi passò accelerando troppo vicino, schizzandomi d'acqua il soprabito. Le sue ruote stridettero sull'asfalto bagnato mentre spariva nell'oscurità di via Fontana. Un brivido mi corse lungo la schiena—non paura, ma eccitazione.
Giunta sotto casa, il mio riflesso tremolò nei vetri dell'ascensore. Premetti il citofono. "Sono io," sussurrai alla griglia fredda. La serratura borbottò in risposta. Salii le scale sentendo l'umido della pioggia che si diffondeva nell'aria stagnante. Entrai in casa, Il corridoio odorava di legno vecchio e sigarette, traccia di Luis che aveva fumato lì la sera prima. Ettore era seduto al tavolo della cucina con una bottiglia di Brunello mezzo vuota. La luce della lampada da scrivania tagliava il suo viso a metà: occhi lucidi da ubriaco sopra una bocca serrata. Sul tavolo, accanto al calice, luccicava la mia collana d'oro, quella che portavo sempre. L'avevo dimenticata sul comodino dell'Hotel Belvedere. "L'ha portata poco un fattorino dell'Hotel Belvedere. Qualcuno te l'ha fatta recapitare con questo biglietto: "Tesoro, l'ho trovata prima di uscire sul comodino della stanza 304. P.S. Sei stata favolosa." Ti sei dimenticata di dirgli che eri a cena con dei mecenati?"
Mi bloccai sulla soglia, la porta ancora socchiusa alle mie spalle. Le chiavi mi scivolarono di mano, tintinnando sul pavimento di marmo. "Ettore, posso spiegarti..." dissi. Lui si alzò lentamente, il riflesso del vino rosso nei bicchieri tremolava come un avvertimento. Senza parlare, avanzò verso di me. Sentii il calore del suo respiro alcolico mescolarsi all'odore della pioggia sul mio cappotto. Le sue mani mi afferrarono le braccia, le dita che affondavano nella carne sopra i lividi lasciati dalle cinghiate di Ilenia. "Spiegami una cosa sola," sussurrò girandomi di forza verso lo specchio dell'ingresso. La sua voce era gelida contro il mio orecchio: "Mentre quel sudicio di Monti ti scopava , pensavi al mio cazzo dentro di te?" La sua mano schiaffeggiò la mia natica sinistra, proprio sulla frustata più fresca. Un guizzo di dolore mi fece contrarre i muscoli mentre nel vetro vedevo i suoi occhi diventare pozze nere. "Rispondi!" La presa si strinse, gli anelli che mi segnavano la pelle sopra il segno dei denti di Ilenia.
Mi voltai di scatto nella sua stretta. La mia fronte sfiorò il suo mento. "Non è come pensi!" sbottai, il respiro corto. "Non ho scopato con Monti, te lo giuro" Gli occhi di Ettore si strinsero. Il silenzio crebbe, rotto solo dal ticchettio della pendola nel salotto. "Con chi allora?" chiese, le parole pesanti come macigni. "Con Ilenia," confessai sentendo bruciarmi la gola. "Era con me all'Hotel Belvedere." Il mio sguardo cadde sulla collana sul tavolo mentre le sue dita mi lasciavano lentamente. "Quando... quando ci siamo baciate sul letto, mi sono tolta la collana. L'ho appoggiata sul comodino." Mi accorsi di tremare. "È lì che l'ho dimenticata. Sei stato tu a dirmi che se mi piaceva potevo incontrarla ancora."
"E perché non me lo hai detto ed hai inventato quella storia dei mecenati.?"
"Scusami, hai ragione ho sbagliato, Perdonami. "gli dissi allungando la mia mia mano sulla sua sua patta. "Mi ha frustato e poi mi ha scopavamo, e mentre godevo pensavo al tuo cazzo nel mio culo oggi in ascensore. Te lo giuro"
Senza che lui avesse il tempo di ribattere mi inginocchiai, gli slaccia i pantaloni e iniziai a baciarlo e leccarlo . Lui mugolò e mi mise la mano sulla testa, muovendo il suo cazzo avanti e indietro nella mia bocca . Mi tolsi il cappotto e la camicetta. Poi mi slaccia il reggiseno lasciando libere le mie tette di ondeggiare sotto i movimenti sempre più rapidi della mia bocca.
Ettore mi sollevò dal pavimento, le mani sotto le mie ascelle. "Sul divano," ringhiò. Mi trascinò nel salotto, spingendomi contro i cuscini di pelle. Le sue dita strapparono via le mutandine . Mi aprì le gambe con ginocchio, i pantaloni ancora abbassati sui fianchi. "Dimmi la verità," ordinò mentre due dita si insinuavano dentro di me senza preavviso. "Quando ti ha frustata..." Le nocche ruotarono contro le pareti interne sensibili del mio culo ancora aperto. "...Pensavi a questo?" La pressione aumentò, costringendomi ad inarcare la schiena. "Sì!" ansimai aggrappandomi ai braccioli del divano. "Ogni colpo... ogni volta che mi entrava..." Le dita si ritirarono improvvisamente. Sentii la punta del suo cazzo premere sull'ingresso ancora dolorante. "...Pensavo alla tua mano sul mio collo quando mi scopavi nello specchio oggi". Le parole si trasformarono in un lungo gemito quando affondò completamente dentro di me. Il divano cigolò sotto il nostro peso sincronizzato. Fuori, un tuono lontano annunciava che la pioggia non era finita. L'attesa per la mostra si dissolveva nella carne.
La punta delle sue dita lasciò segni rossi sulle mie cosce mentre mi inchiodava al divano a pancia in giu. Ogni spinta di Ettore sbatteva il mio petto contro la pelle rigida del bracciolo, il rumore umido dei nostri corpi che si fondevano col rombo del temporale oltre i vetri. "Sì... così!" ansimai, affondando le unghie nelle sue spalle quando il suo cazzo raggiunse il punto bruciante lasciato dalle frustate di Ilenia. La collisione di dolore e piacere mi fece contorcere, le labbra che cercavano le sue cicatrici sul petto.
"Spingi..., spingi ancora, piu forte... dimmi che sono la tua troia. Sborrami dentro."
Quando le mie convulsioni iniziarono, Ettore mi sollevò per un'ultima spinta profonda. Lo sperma caldo inondò le mie viscere mentre gridavo contro il suo collo sudato. . Fuori, la pioggia aveva trasformato la strada in uno specchio spezzato dove i fari delle auto disegnavano archi dorati. Qualcosa si muoveva nell'ombra oltre il cancello una sagoma immobile sotto l'acquazzone che osservava la nostra finestra illuminata.
La luce della cucina tagliava il buio. Ettore era in piedi davanti alla finestra, una sigaretta spenta tra le dita. "Quella sagoma..." mormorò senza voltarsi. "Sembrava Monti." Mi avvicinai tremando ancora per l'orgasmo, il mio riflesso pallido sovrapposto al vetro bagnato. Il cancello era vuoto. Solo pioggia che cadeva sul marciapiede deserto. "È solo la tua fantasia," sussurrai appoggiando la fronte alla sua schiena. Lui scosse la testa lentamente. "No. Ho visto gli occhi riflettersi sotto il lampione." Un brivido mi attraversò la schiena nuda mentre la sua mano si posava sulla mia vita. "Domattina alla mostra," disse, voce bassa e metallica, "stai attenta." Il vino lasciato sul tavolo luccicava come sangue rappreso sotto la lampada spenta.
All'alba preparai il caffè con mani tremanti. Il profumo amaro si mescolò all'odore dei miei nervi mentre versavo la bevanda fumante nella tazza di Ettore. "Non guardarmi così," sibilò lui afferrandomi il polso. "La mostra apre oggi. Sii impeccabile." Il suo sguardo cadde sul mio collo dove i segni delle frustate di Ilenia erano diventati lividi violacei. "Copri quelle ferite." Mi passò una sciarpa di seta che odorava ancora del suo legno di sandalo. "Monti può essere ovunque." Bevvi il mio caffè in piedi, il liquido bollente che mi bruciava la lingua come una minaccia.
Alla Galleria Morgese trovai il portone sprangato. Le stampe erano ancora coperte da teli bianchi, le luci spente, il silenzio tombale. Un biglietto sul pavimento vicino alla reception: "La mostra è cancellata per ordine del consiglio direttivo. " Le parole danzavano davanti ai miei occhi mentre il mio cuore affondava. Monti aveva ancora potere. Sentii passi alle mie spalle prima di riconoscere l'odore del profumo di Ilenia. "Te l'avevo detto che era ancora pericoloso." sussurrò lei posandomi una mano gelida sulla spalla. "È appena stato qui con due uomini della sicurezza. Ora che il suo ufficio lo ha licenziato, si è fatto assumere dal suo amico che lo ha nominato consulente speciale." La sua bocca sfiorò il mio orecchio mentre mi porgeva una chiavetta USB. "Ho trovato questo nel suo computer. Video del direttore che usa fondi pubblici per festini privati. Distruggilo o usalo. La scelta è tua."
"Ettore ha gia dei video compromettenti, con questo tuo lo distruggeremo.
Chiamai Ettore. "Le porte sono sbarrate, la mostra è stata annullata."
"Monti...si è fatto assumere come consulente speciale dal suo amico, il proprietario della Pinacoteca, e ha bloccato tutto. "Aspettami alla caffetteria di fronte," tagliò corto Ettore. "Ti raggiungo."
Seduta al tavolino di vetro appannato, osservavo i passanti affrettarsi sotto la pioggia incessante. La chiavetta USB che Ilenia mi aveva dato pesava come un macigno nella tasca interna della giacca. Ogni clic della tazzina sul piattino sembrava scandire il tempo che mi separava dalla vendetta. Ettore entrò con passo deciso, il trench nero impermeabile che gocciolava sul pavimento. Si sedette e ordinò un caffe. Gli porsi la chiavetta. " Con questa potremo distruggerlo " Afferrò la chiavetta. "Chi te l'ha dato?"
"Ilenia. L'ha scaricata dal computer di Monti."
"Cosa c'è dentro?"
"Tante cose, le prove di tangenti e corruzioni accumulate negli anni, ma soprattutto un video di Monti che violenta una minorenne. Secondo Ilenia, che lo ha visionato, la ragazzina non deve avere più di 13 anni e nel video piange e grida per svincolarsi mentre lui sorride compiaciuto.
"Che bastardo." Un sorriso carnivoro gli increspò le labbra mentre infilava il dispositivo nella tasca dell'impermeabile. "Finalmente abbiamo il colpo mortale. Lo mandiamo in galera" Bevve un sorso del mio caffè, gli occhi fissi sul portone sprangato della galleria. Poi alzandosi per tornare in ufficio mi disse." Se ti va chiama Luis ed invitalo per stasera, magari, con le sue amicizie al tribunale, ci può aiutare per sistemare definitivamente Monti."
L'idea ad un nuovo incontro con Luis non mi dispiaceva affatto. "Buona idea, lo chiamerò."
Poi mi salutò con un bacio sulle labbra ed andò via mentre la mia mente pensava ai prossimi passi da fare.
Tornai alla galleria per controllare di nuovo le porte sprangate. Monti aveva lasciato un'altra sorpresa: attaccato con nastro adesivo alla serratura, un disegno a matita della mia faccia sfigurata da lividi, con la scritta "La prossima volta sarà peggio". Strappai il foglio con mani tremanti, il sangue che batteva alle tempie. Quando mi voltai per chiamare Luis, quasi mi scontrai con lui sotto l'arcata del portico.
"Ciao, ero venuto per l'inaugurazione, ma vedo che è ancora tutto chiuso, che succede?. Sembri agitata." Mi strinsi al suo trench umido mentre gli raccontavo tutto. Quando accennai ai video, strinse i pugni con un moto di rabbia.. "Dove sono?" sussurrò. "La chiavetta l'ho data ad Ettore."
" E lui dov'è?
"E' tornato in ufficio ma prima di andarsene mi ha chiesto di chiamarti per invitarti a cena stasera, se non hai altri impegni. Lui pensa che con le tue amicizie al tribunale potresti aiutarci a mandarlo in prigione quel porco."
"Per te sono sempre libero, ci vediamo alle otto a casa tua." Le sue labbra sfiorarono il segno delle frustate sul mio collo.
"E porta qualcosa da bere. Saremo occupati tutta la sera." ammiccai con tono lascivo.
"Direi che saremo occupati per tutta la notte, se ce la farai...." Andò via sorridendo mentre io chiamavo il mio ufficio per informarli delle novità. Il Responsabile dell'agenzia mi disse che aveva gia saputo tutto e che stava mandando una squadra per recuperare le opere. Aggiunse inoltre che avremmo trovato un'altra Location per fare la mostra. " Il tuo lavoro non andrà perduto ." mi disse per sollevarmi il morale.
La vendetta di Monti
La notte si trascinò in una strana intimità. Luis rifiutò il taxi proposto da Ettore: "Camminerò sotto la pioggia per calmare certe... tensioni". Prima di uscire mi strinse i fianchi: "Il tuo culo è diventato la mia droga". Quando la porta si chiuse, Ettore mi spinse contro il muro: "Se Monti chiamerà ancora. Gli manderemo il video". Il suo sguardo aveva la lucidità fredda della vendetta.
Al lavoro, il silenzio di Monti pesava più delle minacce. All’ora di pranzo, mentre sistemavo una litografia settecentesca, mi raggiunse un profumo di gelsomino. Ilenia entrò senza preavviso. "Ho saputo della scena con Monti" sussurrò, sfiorandomi la schiena. "Se il porco ti minaccia ancora..."
La sua mano mi strisciò sotto la gonna. Sentii le dita affondare tra le mie natiche ancora indolenzite mentre fingevo di aggiustare un’incorniciatura. "Non preoccuparti" ansimai. "Ettore ha un piano". La sua risata fu un brivido caldo sul collo: "Tu invece hai bisogno di una vera distrazione".
Il fax ruggì alle tre precise. Monti, che conosceva benissimo il proprietario della pinacoteca, era intervenuto ed aveva fatto bloccare l'inaugurazione della mia mostra. L’appiccicaticcio del nastro adesivo sui pacchi, che iniziai a preparare per sistemare le litografie che avrei riportato nei locali della mia agenzia, mi ricordò le dita di Luis strette sulle mie natiche. Quando rientrai a casa, il salotto odorava di tabacco e legno speziato. Ettore fumava contemplando lo schermo del cellulare: il video di Luis che mi sfondava pulsava nell’oscurità. "Monti ha reagito al video che gli hai mandato, ha bloccato la mia mostra." dissi, lasciando cadere la borsa. Senza voltarsi, schiacciò la sigaretta: "Allora è ora della seconda parte della nostra vendetta.".
Il giorno dopo indossai il tailleur più severo, la gonna a tubino che nascondeva ogni curva. Ma quando entrai nell’ufficio di Monti alle 10:17, il suo sguardo si incollò al mio culo come una calamita. "Lo sapevo che eri tu." disse "Se coprissi tuo viso nella folla", sibilò indicando lo skyline dalla vetrata, "ti riconoscerei dal passo". Si alzò, il rigonfiamento nei pantaloni tradiva di più delle sue parole. "Quel sedere che rimbalza come una troia sotto quel vestito è inconfondibile". La mano mi afferrò la nuca mentre puntava il vetro verso il parcheggio sottostante: "Vedi la tua auto? Ogni mattina la fisso mentre ti sistemi lo specchietto. Sai cosa immagino?". Le sue dita strisciarono sul collo. "Immagino di spaccarti quel culo sullo sterzo mentre guidi".
La porta si aprì senza preavviso. Ettore entrò con un passo silenzioso di gatto, il volto un maschera impassibile. Monti si ritrasse come scottato. "Lasciala" disse Ettore con una cortesia glaciale, avvicinandosi a lui con un foglio in mano. Ho trovato questo nel server aziendale." Appoggiò sul tavolo una stampa: Monti che palpeggiava una commessa addetta alle pulizie minorenne nello stanzino delle scope. L’aria si fece tagliente. "E ci sono tutti gli altri video" aggiunse Ettore aprendo la cartella sul cellulare. "La settimana scorsa in bagno con la capo reparto... e ieri nel magazzino con quella apprendista". Monti impallidì, le vene sul collo pulsavano come corde. "Cancella tutto" ringhiò. "Ti ho promosso! Ho mantenuto la mia promessa". Ettore scosse la testa lentamente, un sorriso da squalo: " Ora farai quello che ti dico, chiama subito il responsabile della Pinacoteca Morgese il tuo amico, e fai ripristinare immediatamente la programmazione della mostra di Antonella. Se non lo farai, subito, entro domani questi file finiscono sul server centrale."
Mentre io guardavo Ettore con ammirazione per qull'intervento deciso e perentorio, Mentre Monti prendeva il telefono per chiamare il suo amico. l'uscita. Aggiunse: "Ti devi dimenticare di mia moglie, ricordati che i video restano in mano mia." poi rivolgendosi a me: "Andiamo via. Torna alla pinacoteca a preparare la tua mostra." Uscimmo lasciandolo infuriato più che mai. Ilenia era seduta al suo posto, mi guardò, mi sorrise e senza farsi vedere da mio marito, mi fece il segno della telefonata portandosi le dita all'orecchio. Feci un leggero cenno di assenso e proseguii oltre.
In ascensore Ettore fissava i numeri lampeggianti. Mentre le porte si chiudevano, mi spinse contro lo specchio. "Hai visto come tremava?" Il fiato caldo mi sfiorò l'orecchio mentre la sua mano mi sollevò la gonna. Anziché premere il bottone per scendere a piano terra, premette per il piano attico e prima che arrivassimo bloccò l'ascensore.
Le dita affondarono nel solco ancora umido dai ricordi della notte precedente. "Gli serviva solo questo" sibilò penetrandomi con due dita mentre l'ascensore restava fermo. "Gli abbiamo messo un po' di pepe al culo. Ora forse smetterà di importunarti". Gemetti quando le sue nocche sfiorarono la parete interna sensibile del mio culo. "Qui? lo vuoi?" chiese spingendo più forte. Annuiti freneticamente, la fronte fredda contro il vetro. Mi fece girare, poggiai le mani alla parete dell'ascensore e allargai le gambe. Mi alzò la gonna e con le dita che gia mi stavano mi abbassò le mutandine fino alle ginocchia.
Sentii il rumore della cintura che si slacciava. "Mettiti a novanta" ordinò mentre mi piegavo sul corrimano per facilitargli la penetrazione. L'ascensore vibrava impercettibilmente quando il suo cazzo entrò nel mio buco ancora lasso. Un gemito mi sfuggì mentre mi afferrò i fianchi. "Se Monti sapesse che ti sto scopando proprio sopra il suo ufficio..." Ogni spinta mi schiacciava contro la ringhiera metallica. La sua mano mi coprì la bocca quando le grida diventarono troppo acute. "Zitta, , qualcuno potrebbe sentire". Il vetro rifletteva la mia espressione stravolta mentre prendevo le sue spinte profonde. L'odore del disinfettante della cabina, appena pulita dagli addetti, si mescolava al nostro sudore quando sentii le sue palle schiacciarsi contro le mie natiche. "Vieni dentro. Sborra" implorai stringendo le pareti interne per trattenerlo. L'ultima spinta mi trafisse, il getto caldo che inondava le mie viscere mentre tringevo il corrimano per non urlare. Rimasi curva e aperta mentre il suo sperma colava lungo le mie cosce sopra le mutandine. "La tua mostra è salva" sussurrò lui sistemandosi i pantaloni. "Ora vai a ultimare i preparativi per l'inaugurazione."
Alla Galleria Morgese, il profumo della della pittura fresca per le pareti da poco tinteggiate copriva appena l'odore del mio corpo non lavato. Le mie scarpe con il tacco scricchiolavano sul parquet mentre sistemavo l'ultima litografia. Fuori, la pioggia disegnava strisce grigie sui vetri quando vidi Monti varcare il portone. "Ti stai godendo la vittoria?" ringhiò fissando la cornice che sistemavo. Sorrisi dolcemente, sfiorando il collo ancora segnato dalle dita di Ettore e con indifferenza dissi: "La mostra apre domani, Direttore. Spero verrà. Ora vada via.Ho da lavorare per finire in tempo". Il suo sguardo cadde sulla mia gonna aderente. "Lo sai che te farò pagare, in un modo o nell'altro". Si chinò all'improvviso, le labbra calde contro il mio orecchio: "Quando meno te lo aspetti, ti ritroverai piegata sulla mia scrivania e spaccherò nuovamente il tuo bel culetto ". Un brivido mi percorse la schiena mentre si allontanava. Alle mie spalle, sentii un respiro familiare. "E allora?" chiese Ilenia sfiorandomi la vita. "Monti è più pericoloso di prima". La sua mano strisciò sotto la mia giacca, le dita che serravano un biglietto da visita. "Chiamami stasera" sussurrò. "Abbiamo cose da discutere". Quando se ne fu andata, guardai il retro del biglietto: *Hotel Belvedere, stanza 304. Le 20. Non dire nulla a tuo marito.*
Il telefono vibrò nel taschino. Il messaggio di Ettore illuminò lo schermo: "Monti appena licenziato. Il consiglio ha visto i video." Lo chiamai e gli dissi che ero felice per quella conclusione e lo avvisai avrei fatto tardi. Dissi avevo una cena con dei mecenati che erano interessati alla mia mostra e che sarei tornata tardi. Mi rispose che mi avrebbe aspettato sveglio, voleva festeggiare la sconfitta definitiva di Monti. Fuori, la luce del tramonto trasformava le pozzanghere in stagni di sangue. Tutto era pronto per l'inaugurazione della mostra il giorno successivo. Attesi che l'ultimo degli operaio che avevano sistemato le stampe alle pareti. uscisse prima di chiudere a chiave il portone. Eramo le 19,45 e mi avviai verso l'Hotel Belvedere, che distava qualche isolato dalla Pinacoteca.
La stanza 304 odorava di candele di sandalo e sudore fresco. Ilenia indossava solo un corpetto di pizzo nero che lasciava scoperto il ventre liscio. "Sapevo che saresti venuta" sussurrò mentre mi spingeva contro la porta. La sua lingua esplorò il collo ancora segnato dalle dita di Ettore. Le mie mani afferrarono i suoi fianchi mentre lei mi slacciava la gonna. "Sei ancora tutta aperta" mormorò affondando due dita nel mio sfintere senza preamboli. Scommetto che te lo sei fatta aprire in ascensore da tuo marito. Ho visto che è rimasto bloccato per venti minuti al piano attico. Un gemito mi sfuggì quando le sue nocche ruotarono dentro la carne sensibile. "Monti è fuori dai giochi" mi disse, "E' stato licenziato dal consiglio. ansimai. "Lo so" sorrisi stringendo le dita.
"E adesso?"
"Devi stare più attenta, sicuramente si vendicherà, non ha più niente da perdere. Ma non pensarci ora." Le sue labbra catturarono i miei capezzoli attraverso la camicetta.
"Adesso" sibilò guidando la mia mano tra le sue cosce bagnate "Mi mostri come sei brava a succhiare non solo il cazzo..."
Mi inginocchiai sul tappeto persiano mentre lei si appoggiava
al letto a baldacchino. Il sapore salmastro della sua figa si confuse col rossetto amaranto quando la mia lingua percorse le sue pieghe. Le sue mani nei miei capelli controllavano il ritmo. "Più piano" gemette "voglio sentire ogni strisciata". Fuori, il rombo di un motorino si perse nel crepuscolo. Quando le mie dita sostituirono la lingua, lei mi tirò su con uno strattone. "Il tuo turno" disse aprendo il cassetto del comodino. La cintura di cuoio nero luccicò alla fioca luce. "Monti non è l'unico che sa punire".
Mi fece piegare sul davanzale, la fronte contro i vetri freddi che affacciavano sui tetti bagnati. La prima frustata mi sorprese, un fuoco improvviso sulle natiche già martoriate. "Conta!" ordinò. "Uno" ansimai. La seconda scoccò più forte, sovrapponendosi ai segni di Luis. "D-due..." Le frustate si alternavano alla penetrazione profonda delle dita mentre il mio riflesso tremolava nel vetro. Alla quinta, la pelle pulsava di dolore trasformato in piacere. "Bene" sussurrò posando la cinghia. Le sue labbra baciarono le ferite mentre le dita mi aprivano ulteriormente. "Ora festeggiamo". Mi trascinò sul letto, la sua bocca che inseguiva il mio clitoride come una preda. Quando il primo orgasmo mi scosse, le sue dita erano ancora conficcate nel mio retto. Il telefono sul comodino vibrò. Il display mostrava "Ettore". "Ignoralo" ordinò Ilenia affondando i denti nella mia coscia. La luce morente del tramonto dipingeva di viola le nostre ombre intrecciate. Fuori, sotto i portici, qualcuno stava fumando. L'odore di sigaretta filtrò dalla finestra socchiusa insieme alla promessa delle nuove battaglie che Monti avrebbe scatenato.
Godemmo entrambe più volte**, le mie convulsioni mescolate ai suoi gemiti rochi mentre mi mordeva la spalla. Ilenia sapeva esattamente dove premere, come piegare le dita dentro di me per farmi urlare contro il velluto del copriletto. La terza volta persi il conto delle dita—quattro? cinque?—ma il dolore si fuse col piacere in un lampo bianco che mi fece vedere stelle nel soffitto a specchio. Lei rise, un suono basso e soddisfatto, le labbra ancora umide del mio sapore. "Sei una troia meravigliosa" sibilò, leccando il sudore dalla mia clavicola. Mi voltai a guardarla: gli occhi verdi erano pozze di fiamma nel buio, i capelli ramati sparsi sul cuscino come sangue versato.
Lasciai l'hotel stordita, il mio passo barcollante sul pavimento a scacchi della hall. Il portiere mi fissò senza espressione mentre attraversavo la porte girevoli. Ilenia era rimasta a fare un bagno nella vasca idromassaggio. La pioggia notturna aveva lavato i marciapiedi, lasciando pozze che riflettevano i lampioni come occhi gialli. Camminai verso casa sentendo ancora le dita di Ilenia nel mio culo aperto, il bruciore delle frustate che pulsava a ogni passo. Il mio corpo era un territorio di guerra: segni di Luis sopra quelli di Ettore, sopra le nuove mappe tracciate da Ilenia. Ogni dolore era un ricordo che gridava ancora. Al semaforo, una macchina frenò bruscamente. Dietro il vetro appannato intravidi il profilo di Monti. I suoi occhi erano buchi neri nella carne pallida. Mi passò accelerando troppo vicino, schizzandomi d'acqua il soprabito. Le sue ruote stridettero sull'asfalto bagnato mentre spariva nell'oscurità di via Fontana. Un brivido mi corse lungo la schiena—non paura, ma eccitazione.
Giunta sotto casa, il mio riflesso tremolò nei vetri dell'ascensore. Premetti il citofono. "Sono io," sussurrai alla griglia fredda. La serratura borbottò in risposta. Salii le scale sentendo l'umido della pioggia che si diffondeva nell'aria stagnante. Entrai in casa, Il corridoio odorava di legno vecchio e sigarette, traccia di Luis che aveva fumato lì la sera prima. Ettore era seduto al tavolo della cucina con una bottiglia di Brunello mezzo vuota. La luce della lampada da scrivania tagliava il suo viso a metà: occhi lucidi da ubriaco sopra una bocca serrata. Sul tavolo, accanto al calice, luccicava la mia collana d'oro, quella che portavo sempre. L'avevo dimenticata sul comodino dell'Hotel Belvedere. "L'ha portata poco un fattorino dell'Hotel Belvedere. Qualcuno te l'ha fatta recapitare con questo biglietto: "Tesoro, l'ho trovata prima di uscire sul comodino della stanza 304. P.S. Sei stata favolosa." Ti sei dimenticata di dirgli che eri a cena con dei mecenati?"
Mi bloccai sulla soglia, la porta ancora socchiusa alle mie spalle. Le chiavi mi scivolarono di mano, tintinnando sul pavimento di marmo. "Ettore, posso spiegarti..." dissi. Lui si alzò lentamente, il riflesso del vino rosso nei bicchieri tremolava come un avvertimento. Senza parlare, avanzò verso di me. Sentii il calore del suo respiro alcolico mescolarsi all'odore della pioggia sul mio cappotto. Le sue mani mi afferrarono le braccia, le dita che affondavano nella carne sopra i lividi lasciati dalle cinghiate di Ilenia. "Spiegami una cosa sola," sussurrò girandomi di forza verso lo specchio dell'ingresso. La sua voce era gelida contro il mio orecchio: "Mentre quel sudicio di Monti ti scopava , pensavi al mio cazzo dentro di te?" La sua mano schiaffeggiò la mia natica sinistra, proprio sulla frustata più fresca. Un guizzo di dolore mi fece contrarre i muscoli mentre nel vetro vedevo i suoi occhi diventare pozze nere. "Rispondi!" La presa si strinse, gli anelli che mi segnavano la pelle sopra il segno dei denti di Ilenia.
Mi voltai di scatto nella sua stretta. La mia fronte sfiorò il suo mento. "Non è come pensi!" sbottai, il respiro corto. "Non ho scopato con Monti, te lo giuro" Gli occhi di Ettore si strinsero. Il silenzio crebbe, rotto solo dal ticchettio della pendola nel salotto. "Con chi allora?" chiese, le parole pesanti come macigni. "Con Ilenia," confessai sentendo bruciarmi la gola. "Era con me all'Hotel Belvedere." Il mio sguardo cadde sulla collana sul tavolo mentre le sue dita mi lasciavano lentamente. "Quando... quando ci siamo baciate sul letto, mi sono tolta la collana. L'ho appoggiata sul comodino." Mi accorsi di tremare. "È lì che l'ho dimenticata. Sei stato tu a dirmi che se mi piaceva potevo incontrarla ancora."
"E perché non me lo hai detto ed hai inventato quella storia dei mecenati.?"
"Scusami, hai ragione ho sbagliato, Perdonami. "gli dissi allungando la mia mia mano sulla sua sua patta. "Mi ha frustato e poi mi ha scopavamo, e mentre godevo pensavo al tuo cazzo nel mio culo oggi in ascensore. Te lo giuro"
Senza che lui avesse il tempo di ribattere mi inginocchiai, gli slaccia i pantaloni e iniziai a baciarlo e leccarlo . Lui mugolò e mi mise la mano sulla testa, muovendo il suo cazzo avanti e indietro nella mia bocca . Mi tolsi il cappotto e la camicetta. Poi mi slaccia il reggiseno lasciando libere le mie tette di ondeggiare sotto i movimenti sempre più rapidi della mia bocca.
Ettore mi sollevò dal pavimento, le mani sotto le mie ascelle. "Sul divano," ringhiò. Mi trascinò nel salotto, spingendomi contro i cuscini di pelle. Le sue dita strapparono via le mutandine . Mi aprì le gambe con ginocchio, i pantaloni ancora abbassati sui fianchi. "Dimmi la verità," ordinò mentre due dita si insinuavano dentro di me senza preavviso. "Quando ti ha frustata..." Le nocche ruotarono contro le pareti interne sensibili del mio culo ancora aperto. "...Pensavi a questo?" La pressione aumentò, costringendomi ad inarcare la schiena. "Sì!" ansimai aggrappandomi ai braccioli del divano. "Ogni colpo... ogni volta che mi entrava..." Le dita si ritirarono improvvisamente. Sentii la punta del suo cazzo premere sull'ingresso ancora dolorante. "...Pensavo alla tua mano sul mio collo quando mi scopavi nello specchio oggi". Le parole si trasformarono in un lungo gemito quando affondò completamente dentro di me. Il divano cigolò sotto il nostro peso sincronizzato. Fuori, un tuono lontano annunciava che la pioggia non era finita. L'attesa per la mostra si dissolveva nella carne.
La punta delle sue dita lasciò segni rossi sulle mie cosce mentre mi inchiodava al divano a pancia in giu. Ogni spinta di Ettore sbatteva il mio petto contro la pelle rigida del bracciolo, il rumore umido dei nostri corpi che si fondevano col rombo del temporale oltre i vetri. "Sì... così!" ansimai, affondando le unghie nelle sue spalle quando il suo cazzo raggiunse il punto bruciante lasciato dalle frustate di Ilenia. La collisione di dolore e piacere mi fece contorcere, le labbra che cercavano le sue cicatrici sul petto.
"Spingi..., spingi ancora, piu forte... dimmi che sono la tua troia. Sborrami dentro."
Quando le mie convulsioni iniziarono, Ettore mi sollevò per un'ultima spinta profonda. Lo sperma caldo inondò le mie viscere mentre gridavo contro il suo collo sudato. . Fuori, la pioggia aveva trasformato la strada in uno specchio spezzato dove i fari delle auto disegnavano archi dorati. Qualcosa si muoveva nell'ombra oltre il cancello una sagoma immobile sotto l'acquazzone che osservava la nostra finestra illuminata.
La luce della cucina tagliava il buio. Ettore era in piedi davanti alla finestra, una sigaretta spenta tra le dita. "Quella sagoma..." mormorò senza voltarsi. "Sembrava Monti." Mi avvicinai tremando ancora per l'orgasmo, il mio riflesso pallido sovrapposto al vetro bagnato. Il cancello era vuoto. Solo pioggia che cadeva sul marciapiede deserto. "È solo la tua fantasia," sussurrai appoggiando la fronte alla sua schiena. Lui scosse la testa lentamente. "No. Ho visto gli occhi riflettersi sotto il lampione." Un brivido mi attraversò la schiena nuda mentre la sua mano si posava sulla mia vita. "Domattina alla mostra," disse, voce bassa e metallica, "stai attenta." Il vino lasciato sul tavolo luccicava come sangue rappreso sotto la lampada spenta.
All'alba preparai il caffè con mani tremanti. Il profumo amaro si mescolò all'odore dei miei nervi mentre versavo la bevanda fumante nella tazza di Ettore. "Non guardarmi così," sibilò lui afferrandomi il polso. "La mostra apre oggi. Sii impeccabile." Il suo sguardo cadde sul mio collo dove i segni delle frustate di Ilenia erano diventati lividi violacei. "Copri quelle ferite." Mi passò una sciarpa di seta che odorava ancora del suo legno di sandalo. "Monti può essere ovunque." Bevvi il mio caffè in piedi, il liquido bollente che mi bruciava la lingua come una minaccia.
Alla Galleria Morgese trovai il portone sprangato. Le stampe erano ancora coperte da teli bianchi, le luci spente, il silenzio tombale. Un biglietto sul pavimento vicino alla reception: "La mostra è cancellata per ordine del consiglio direttivo. " Le parole danzavano davanti ai miei occhi mentre il mio cuore affondava. Monti aveva ancora potere. Sentii passi alle mie spalle prima di riconoscere l'odore del profumo di Ilenia. "Te l'avevo detto che era ancora pericoloso." sussurrò lei posandomi una mano gelida sulla spalla. "È appena stato qui con due uomini della sicurezza. Ora che il suo ufficio lo ha licenziato, si è fatto assumere dal suo amico che lo ha nominato consulente speciale." La sua bocca sfiorò il mio orecchio mentre mi porgeva una chiavetta USB. "Ho trovato questo nel suo computer. Video del direttore che usa fondi pubblici per festini privati. Distruggilo o usalo. La scelta è tua."
"Ettore ha gia dei video compromettenti, con questo tuo lo distruggeremo.
Chiamai Ettore. "Le porte sono sbarrate, la mostra è stata annullata."
"Monti...si è fatto assumere come consulente speciale dal suo amico, il proprietario della Pinacoteca, e ha bloccato tutto. "Aspettami alla caffetteria di fronte," tagliò corto Ettore. "Ti raggiungo."
Seduta al tavolino di vetro appannato, osservavo i passanti affrettarsi sotto la pioggia incessante. La chiavetta USB che Ilenia mi aveva dato pesava come un macigno nella tasca interna della giacca. Ogni clic della tazzina sul piattino sembrava scandire il tempo che mi separava dalla vendetta. Ettore entrò con passo deciso, il trench nero impermeabile che gocciolava sul pavimento. Si sedette e ordinò un caffe. Gli porsi la chiavetta. " Con questa potremo distruggerlo " Afferrò la chiavetta. "Chi te l'ha dato?"
"Ilenia. L'ha scaricata dal computer di Monti."
"Cosa c'è dentro?"
"Tante cose, le prove di tangenti e corruzioni accumulate negli anni, ma soprattutto un video di Monti che violenta una minorenne. Secondo Ilenia, che lo ha visionato, la ragazzina non deve avere più di 13 anni e nel video piange e grida per svincolarsi mentre lui sorride compiaciuto.
"Che bastardo." Un sorriso carnivoro gli increspò le labbra mentre infilava il dispositivo nella tasca dell'impermeabile. "Finalmente abbiamo il colpo mortale. Lo mandiamo in galera" Bevve un sorso del mio caffè, gli occhi fissi sul portone sprangato della galleria. Poi alzandosi per tornare in ufficio mi disse." Se ti va chiama Luis ed invitalo per stasera, magari, con le sue amicizie al tribunale, ci può aiutare per sistemare definitivamente Monti."
L'idea ad un nuovo incontro con Luis non mi dispiaceva affatto. "Buona idea, lo chiamerò."
Poi mi salutò con un bacio sulle labbra ed andò via mentre la mia mente pensava ai prossimi passi da fare.
Tornai alla galleria per controllare di nuovo le porte sprangate. Monti aveva lasciato un'altra sorpresa: attaccato con nastro adesivo alla serratura, un disegno a matita della mia faccia sfigurata da lividi, con la scritta "La prossima volta sarà peggio". Strappai il foglio con mani tremanti, il sangue che batteva alle tempie. Quando mi voltai per chiamare Luis, quasi mi scontrai con lui sotto l'arcata del portico.
"Ciao, ero venuto per l'inaugurazione, ma vedo che è ancora tutto chiuso, che succede?. Sembri agitata." Mi strinsi al suo trench umido mentre gli raccontavo tutto. Quando accennai ai video, strinse i pugni con un moto di rabbia.. "Dove sono?" sussurrò. "La chiavetta l'ho data ad Ettore."
" E lui dov'è?
"E' tornato in ufficio ma prima di andarsene mi ha chiesto di chiamarti per invitarti a cena stasera, se non hai altri impegni. Lui pensa che con le tue amicizie al tribunale potresti aiutarci a mandarlo in prigione quel porco."
"Per te sono sempre libero, ci vediamo alle otto a casa tua." Le sue labbra sfiorarono il segno delle frustate sul mio collo.
"E porta qualcosa da bere. Saremo occupati tutta la sera." ammiccai con tono lascivo.
"Direi che saremo occupati per tutta la notte, se ce la farai...." Andò via sorridendo mentre io chiamavo il mio ufficio per informarli delle novità. Il Responsabile dell'agenzia mi disse che aveva gia saputo tutto e che stava mandando una squadra per recuperare le opere. Aggiunse inoltre che avremmo trovato un'altra Location per fare la mostra. " Il tuo lavoro non andrà perduto ." mi disse per sollevarmi il morale.
Capitolo Otto
La vendetta di Monti
La notte si trascinò in una strana intimità. Luis rifiutò il taxi proposto da Ettore: "Camminerò sotto la pioggia per calmare certe... tensioni". Prima di uscire mi strinse i fianchi: "Il tuo culo è diventato la mia droga". Quando la porta si chiuse, Ettore mi spinse contro il muro: "Se Monti chiamerà ancora. Gli manderemo il video". Il suo sguardo aveva la lucidità fredda della vendetta.
Al lavoro, il silenzio di Monti pesava più delle minacce. All’ora di pranzo, mentre sistemavo una litografia settecentesca, mi raggiunse un profumo di gelsomino. Ilenia entrò senza preavviso. "Ho saputo della scena con Monti" sussurrò, sfiorandomi la schiena. "Se il porco ti minaccia ancora..."
La sua mano mi strisciò sotto la gonna. Sentii le dita affondare tra le mie natiche ancora indolenzite mentre fingevo di aggiustare un’incorniciatura. "Non preoccuparti" ansimai. "Ettore ha un piano". La sua risata fu un brivido caldo sul collo: "Tu invece hai bisogno di una vera distrazione".
Il fax ruggì alle tre precise. Monti, che conosceva benissimo il proprietario della pinacoteca, era intervenuto ed aveva fatto bloccare l'inaugurazione della mia mostra. L’appiccicaticcio del nastro adesivo sui pacchi, che iniziai a preparare per sistemare le litografie che avrei riportato nei locali della mia agenzia, mi ricordò le dita di Luis strette sulle mie natiche. Quando rientrai a casa, il salotto odorava di tabacco e legno speziato. Ettore fumava contemplando lo schermo del cellulare: il video di Luis che mi sfondava pulsava nell’oscurità. "Monti ha reagito al video che gli hai mandato, ha bloccato la mia mostra." dissi, lasciando cadere la borsa. Senza voltarsi, schiacciò la sigaretta: "Allora è ora della seconda parte della nostra vendetta.".
Il giorno dopo indossai il tailleur più severo, la gonna a tubino che nascondeva ogni curva. Ma quando entrai nell’ufficio di Monti alle 10:17, il suo sguardo si incollò al mio culo come una calamita. "Lo sapevo che eri tu." disse "Se coprissi tuo viso nella folla", sibilò indicando lo skyline dalla vetrata, "ti riconoscerei dal passo". Si alzò, il rigonfiamento nei pantaloni tradiva di più delle sue parole. "Quel sedere che rimbalza come una troia sotto quel vestito è inconfondibile". La mano mi afferrò la nuca mentre puntava il vetro verso il parcheggio sottostante: "Vedi la tua auto? Ogni mattina la fisso mentre ti sistemi lo specchietto. Sai cosa immagino?". Le sue dita strisciarono sul collo. "Immagino di spaccarti quel culo sullo sterzo mentre guidi".
La porta si aprì senza preavviso. Ettore entrò con un passo silenzioso di gatto, il volto un maschera impassibile. Monti si ritrasse come scottato. "Lasciala" disse Ettore con una cortesia glaciale, avvicinandosi a lui con un foglio in mano. Ho trovato questo nel server aziendale." Appoggiò sul tavolo una stampa: Monti che palpeggiava una commessa addetta alle pulizie minorenne nello stanzino delle scope. L’aria si fece tagliente. "E ci sono tutti gli altri video" aggiunse Ettore aprendo la cartella sul cellulare. "La settimana scorsa in bagno con la capo reparto... e ieri nel magazzino con quella apprendista". Monti impallidì, le vene sul collo pulsavano come corde. "Cancella tutto" ringhiò. "Ti ho promosso! Ho mantenuto la mia promessa". Ettore scosse la testa lentamente, un sorriso da squalo: " Ora farai quello che ti dico, chiama subito il responsabile della Pinacoteca Morgese il tuo amico, e fai ripristinare immediatamente la programmazione della mostra di Antonella. Se non lo farai, subito, entro domani questi file finiscono sul server centrale."
Mentre io guardavo Ettore con ammirazione per qull'intervento deciso e perentorio, Mentre Monti prendeva il telefono per chiamare il suo amico. l'uscita. Aggiunse: "Ti devi dimenticare di mia moglie, ricordati che i video restano in mano mia." poi rivolgendosi a me: "Andiamo via. Torna alla pinacoteca a preparare la tua mostra." Uscimmo lasciandolo infuriato più che mai. Ilenia era seduta al suo posto, mi guardò, mi sorrise e senza farsi vedere da mio marito, mi fece il segno della telefonata portandosi le dita all'orecchio. Feci un leggero cenno di assenso e proseguii oltre.
In ascensore Ettore fissava i numeri lampeggianti. Mentre le porte si chiudevano, mi spinse contro lo specchio. "Hai visto come tremava?" Il fiato caldo mi sfiorò l'orecchio mentre la sua mano mi sollevò la gonna. Anziché premere il bottone per scendere a piano terra, premette per il piano attico e prima che arrivassimo bloccò l'ascensore.
Le dita affondarono nel solco ancora umido dai ricordi della notte precedente. "Gli serviva solo questo" sibilò penetrandomi con due dita mentre l'ascensore restava fermo. "Gli abbiamo messo un po' di pepe al culo. Ora forse smetterà di importunarti". Gemetti quando le sue nocche sfiorarono la parete interna sensibile del mio culo. "Qui? lo vuoi?" chiese spingendo più forte. Annuiti freneticamente, la fronte fredda contro il vetro. Mi fece girare, poggiai le mani alla parete dell'ascensore e allargai le gambe. Mi alzò la gonna e con le dita che gia mi stavano mi abbassò le mutandine fino alle ginocchia.
Sentii il rumore della cintura che si slacciava. "Mettiti a novanta" ordinò mentre mi piegavo sul corrimano per facilitargli la penetrazione. L'ascensore vibrava impercettibilmente quando il suo cazzo entrò nel mio buco ancora lasso. Un gemito mi sfuggì mentre mi afferrò i fianchi. "Se Monti sapesse che ti sto scopando proprio sopra il suo ufficio..." Ogni spinta mi schiacciava contro la ringhiera metallica. La sua mano mi coprì la bocca quando le grida diventarono troppo acute. "Zitta, , qualcuno potrebbe sentire". Il vetro rifletteva la mia espressione stravolta mentre prendevo le sue spinte profonde. L'odore del disinfettante della cabina, appena pulita dagli addetti, si mescolava al nostro sudore quando sentii le sue palle schiacciarsi contro le mie natiche. "Vieni dentro. Sborra" implorai stringendo le pareti interne per trattenerlo. L'ultima spinta mi trafisse, il getto caldo che inondava le mie viscere mentre tringevo il corrimano per non urlare. Rimasi curva e aperta mentre il suo sperma colava lungo le mie cosce sopra le mutandine. "La tua mostra è salva" sussurrò lui sistemandosi i pantaloni. "Ora vai a ultimare i preparativi per l'inaugurazione."
Alla Galleria Morgese, il profumo della della pittura fresca per le pareti da poco tinteggiate copriva appena l'odore del mio corpo non lavato. Le mie scarpe con il tacco scricchiolavano sul parquet mentre sistemavo l'ultima litografia. Fuori, la pioggia disegnava strisce grigie sui vetri quando vidi Monti varcare il portone. "Ti stai godendo la vittoria?" ringhiò fissando la cornice che sistemavo. Sorrisi dolcemente, sfiorando il collo ancora segnato dalle dita di Ettore e con indifferenza dissi: "La mostra apre domani, Direttore. Spero verrà. Ora vada via.Ho da lavorare per finire in tempo". Il suo sguardo cadde sulla mia gonna aderente. "Lo sai che te farò pagare, in un modo o nell'altro". Si chinò all'improvviso, le labbra calde contro il mio orecchio: "Quando meno te lo aspetti, ti ritroverai piegata sulla mia scrivania e spaccherò nuovamente il tuo bel culetto ". Un brivido mi percorse la schiena mentre si allontanava. Alle mie spalle, sentii un respiro familiare. "E allora?" chiese Ilenia sfiorandomi la vita. "Monti è più pericoloso di prima". La sua mano strisciò sotto la mia giacca, le dita che serravano un biglietto da visita. "Chiamami stasera" sussurrò. "Abbiamo cose da discutere". Quando se ne fu andata, guardai il retro del biglietto: *Hotel Belvedere, stanza 304. Le 20. Non dire nulla a tuo marito.*
Il telefono vibrò nel taschino. Il messaggio di Ettore illuminò lo schermo: "Monti appena licenziato. Il consiglio ha visto i video." Lo chiamai e gli dissi che ero felice per quella conclusione e lo avvisai avrei fatto tardi. Dissi avevo una cena con dei mecenati che erano interessati alla mia mostra e che sarei tornata tardi. Mi rispose che mi avrebbe aspettato sveglio, voleva festeggiare la sconfitta definitiva di Monti. Fuori, la luce del tramonto trasformava le pozzanghere in stagni di sangue. Tutto era pronto per l'inaugurazione della mostra il giorno successivo. Attesi che l'ultimo degli operaio che avevano sistemato le stampe alle pareti. uscisse prima di chiudere a chiave il portone. Eramo le 19,45 e mi avviai verso l'Hotel Belvedere, che distava qualche isolato dalla Pinacoteca.
La stanza 304 odorava di candele di sandalo e sudore fresco. Ilenia indossava solo un corpetto di pizzo nero che lasciava scoperto il ventre liscio. "Sapevo che saresti venuta" sussurrò mentre mi spingeva contro la porta. La sua lingua esplorò il collo ancora segnato dalle dita di Ettore. Le mie mani afferrarono i suoi fianchi mentre lei mi slacciava la gonna. "Sei ancora tutta aperta" mormorò affondando due dita nel mio sfintere senza preamboli. Scommetto che te lo sei fatta aprire in ascensore da tuo marito. Ho visto che è rimasto bloccato per venti minuti al piano attico. Un gemito mi sfuggì quando le sue nocche ruotarono dentro la carne sensibile. "Monti è fuori dai giochi" mi disse, "E' stato licenziato dal consiglio. ansimai. "Lo so" sorrisi stringendo le dita.
"E adesso?"
"Devi stare più attenta, sicuramente si vendicherà, non ha più niente da perdere. Ma non pensarci ora." Le sue labbra catturarono i miei capezzoli attraverso la camicetta.
"Adesso" sibilò guidando la mia mano tra le sue cosce bagnate "Mi mostri come sei brava a succhiare non solo il cazzo..."
Mi inginocchiai sul tappeto persiano mentre lei si appoggiava
al letto a baldacchino. Il sapore salmastro della sua figa si confuse col rossetto amaranto quando la mia lingua percorse le sue pieghe. Le sue mani nei miei capelli controllavano il ritmo. "Più piano" gemette "voglio sentire ogni strisciata". Fuori, il rombo di un motorino si perse nel crepuscolo. Quando le mie dita sostituirono la lingua, lei mi tirò su con uno strattone. "Il tuo turno" disse aprendo il cassetto del comodino. La cintura di cuoio nero luccicò alla fioca luce. "Monti non è l'unico che sa punire".
Mi fece piegare sul davanzale, la fronte contro i vetri freddi che affacciavano sui tetti bagnati. La prima frustata mi sorprese, un fuoco improvviso sulle natiche già martoriate. "Conta!" ordinò. "Uno" ansimai. La seconda scoccò più forte, sovrapponendosi ai segni di Luis. "D-due..." Le frustate si alternavano alla penetrazione profonda delle dita mentre il mio riflesso tremolava nel vetro. Alla quinta, la pelle pulsava di dolore trasformato in piacere. "Bene" sussurrò posando la cinghia. Le sue labbra baciarono le ferite mentre le dita mi aprivano ulteriormente. "Ora festeggiamo". Mi trascinò sul letto, la sua bocca che inseguiva il mio clitoride come una preda. Quando il primo orgasmo mi scosse, le sue dita erano ancora conficcate nel mio retto. Il telefono sul comodino vibrò. Il display mostrava "Ettore". "Ignoralo" ordinò Ilenia affondando i denti nella mia coscia. La luce morente del tramonto dipingeva di viola le nostre ombre intrecciate. Fuori, sotto i portici, qualcuno stava fumando. L'odore di sigaretta filtrò dalla finestra socchiusa insieme alla promessa delle nuove battaglie che Monti avrebbe scatenato.
Godemmo entrambe più volte**, le mie convulsioni mescolate ai suoi gemiti rochi mentre mi mordeva la spalla. Ilenia sapeva esattamente dove premere, come piegare le dita dentro di me per farmi urlare contro il velluto del copriletto. La terza volta persi il conto delle dita—quattro? cinque?—ma il dolore si fuse col piacere in un lampo bianco che mi fece vedere stelle nel soffitto a specchio. Lei rise, un suono basso e soddisfatto, le labbra ancora umide del mio sapore. "Sei una troia meravigliosa" sibilò, leccando il sudore dalla mia clavicola. Mi voltai a guardarla: gli occhi verdi erano pozze di fiamma nel buio, i capelli ramati sparsi sul cuscino come sangue versato.
Lasciai l'hotel stordita, il mio passo barcollante sul pavimento a scacchi della hall. Il portiere mi fissò senza espressione mentre attraversavo la porte girevoli. Ilenia era rimasta a fare un bagno nella vasca idromassaggio. La pioggia notturna aveva lavato i marciapiedi, lasciando pozze che riflettevano i lampioni come occhi gialli. Camminai verso casa sentendo ancora le dita di Ilenia nel mio culo aperto, il bruciore delle frustate che pulsava a ogni passo. Il mio corpo era un territorio di guerra: segni di Luis sopra quelli di Ettore, sopra le nuove mappe tracciate da Ilenia. Ogni dolore era un ricordo che gridava ancora. Al semaforo, una macchina frenò bruscamente. Dietro il vetro appannato intravidi il profilo di Monti. I suoi occhi erano buchi neri nella carne pallida. Mi passò accelerando troppo vicino, schizzandomi d'acqua il soprabito. Le sue ruote stridettero sull'asfalto bagnato mentre spariva nell'oscurità di via Fontana. Un brivido mi corse lungo la schiena—non paura, ma eccitazione.
Giunta sotto casa, il mio riflesso tremolò nei vetri dell'ascensore. Premetti il citofono. "Sono io," sussurrai alla griglia fredda. La serratura borbottò in risposta. Salii le scale sentendo l'umido della pioggia che si diffondeva nell'aria stagnante. Entrai in casa, Il corridoio odorava di legno vecchio e sigarette, traccia di Luis che aveva fumato lì la sera prima. Ettore era seduto al tavolo della cucina con una bottiglia di Brunello mezzo vuota. La luce della lampada da scrivania tagliava il suo viso a metà: occhi lucidi da ubriaco sopra una bocca serrata. Sul tavolo, accanto al calice, luccicava la mia collana d'oro, quella che portavo sempre. L'avevo dimenticata sul comodino dell'Hotel Belvedere. "L'ha portata poco un fattorino dell'Hotel Belvedere. Qualcuno te l'ha fatta recapitare con questo biglietto: "Tesoro, l'ho trovata prima di uscire sul comodino della stanza 304. P.S. Sei stata favolosa." Ti sei dimenticata di dirgli che eri a cena con dei mecenati?"
Mi bloccai sulla soglia, la porta ancora socchiusa alle mie spalle. Le chiavi mi scivolarono di mano, tintinnando sul pavimento di marmo. "Ettore, posso spiegarti..." dissi. Lui si alzò lentamente, il riflesso del vino rosso nei bicchieri tremolava come un avvertimento. Senza parlare, avanzò verso di me. Sentii il calore del suo respiro alcolico mescolarsi all'odore della pioggia sul mio cappotto. Le sue mani mi afferrarono le braccia, le dita che affondavano nella carne sopra i lividi lasciati dalle cinghiate di Ilenia. "Spiegami una cosa sola," sussurrò girandomi di forza verso lo specchio dell'ingresso. La sua voce era gelida contro il mio orecchio: "Mentre quel sudicio di Monti ti scopava , pensavi al mio cazzo dentro di te?" La sua mano schiaffeggiò la mia natica sinistra, proprio sulla frustata più fresca. Un guizzo di dolore mi fece contrarre i muscoli mentre nel vetro vedevo i suoi occhi diventare pozze nere. "Rispondi!" La presa si strinse, gli anelli che mi segnavano la pelle sopra il segno dei denti di Ilenia.
Mi voltai di scatto nella sua stretta. La mia fronte sfiorò il suo mento. "Non è come pensi!" sbottai, il respiro corto. "Non ho scopato con Monti, te lo giuro" Gli occhi di Ettore si strinsero. Il silenzio crebbe, rotto solo dal ticchettio della pendola nel salotto. "Con chi allora?" chiese, le parole pesanti come macigni. "Con Ilenia," confessai sentendo bruciarmi la gola. "Era con me all'Hotel Belvedere." Il mio sguardo cadde sulla collana sul tavolo mentre le sue dita mi lasciavano lentamente. "Quando... quando ci siamo baciate sul letto, mi sono tolta la collana. L'ho appoggiata sul comodino." Mi accorsi di tremare. "È lì che l'ho dimenticata. Sei stato tu a dirmi che se mi piaceva potevo incontrarla ancora."
"E perché non me lo hai detto ed hai inventato quella storia dei mecenati.?"
"Scusami, hai ragione ho sbagliato, Perdonami. "gli dissi allungando la mia mia mano sulla sua sua patta. "Mi ha frustato e poi mi ha scopavamo, e mentre godevo pensavo al tuo cazzo nel mio culo oggi in ascensore. Te lo giuro"
Senza che lui avesse il tempo di ribattere mi inginocchiai, gli slaccia i pantaloni e iniziai a baciarlo e leccarlo . Lui mugolò e mi mise la mano sulla testa, muovendo il suo cazzo avanti e indietro nella mia bocca . Mi tolsi il cappotto e la camicetta. Poi mi slaccia il reggiseno lasciando libere le mie tette di ondeggiare sotto i movimenti sempre più rapidi della mia bocca.
Ettore mi sollevò dal pavimento, le mani sotto le mie ascelle. "Sul divano," ringhiò. Mi trascinò nel salotto, spingendomi contro i cuscini di pelle. Le sue dita strapparono via le mutandine . Mi aprì le gambe con ginocchio, i pantaloni ancora abbassati sui fianchi. "Dimmi la verità," ordinò mentre due dita si insinuavano dentro di me senza preavviso. "Quando ti ha frustata..." Le nocche ruotarono contro le pareti interne sensibili del mio culo ancora aperto. "...Pensavi a questo?" La pressione aumentò, costringendomi ad inarcare la schiena. "Sì!" ansimai aggrappandomi ai braccioli del divano. "Ogni colpo... ogni volta che mi entrava..." Le dita si ritirarono improvvisamente. Sentii la punta del suo cazzo premere sull'ingresso ancora dolorante. "...Pensavo alla tua mano sul mio collo quando mi scopavi nello specchio oggi". Le parole si trasformarono in un lungo gemito quando affondò completamente dentro di me. Il divano cigolò sotto il nostro peso sincronizzato. Fuori, un tuono lontano annunciava che la pioggia non era finita. L'attesa per la mostra si dissolveva nella carne.
La punta delle sue dita lasciò segni rossi sulle mie cosce mentre mi inchiodava al divano a pancia in giu. Ogni spinta di Ettore sbatteva il mio petto contro la pelle rigida del bracciolo, il rumore umido dei nostri corpi che si fondevano col rombo del temporale oltre i vetri. "Sì... così!" ansimai, affondando le unghie nelle sue spalle quando il suo cazzo raggiunse il punto bruciante lasciato dalle frustate di Ilenia. La collisione di dolore e piacere mi fece contorcere, le labbra che cercavano le sue cicatrici sul petto.
"Spingi..., spingi ancora, piu forte... dimmi che sono la tua troia. Sborrami dentro."
Quando le mie convulsioni iniziarono, Ettore mi sollevò per un'ultima spinta profonda. Lo sperma caldo inondò le mie viscere mentre gridavo contro il suo collo sudato. . Fuori, la pioggia aveva trasformato la strada in uno specchio spezzato dove i fari delle auto disegnavano archi dorati. Qualcosa si muoveva nell'ombra oltre il cancello una sagoma immobile sotto l'acquazzone che osservava la nostra finestra illuminata.
La luce della cucina tagliava il buio. Ettore era in piedi davanti alla finestra, una sigaretta spenta tra le dita. "Quella sagoma..." mormorò senza voltarsi. "Sembrava Monti." Mi avvicinai tremando ancora per l'orgasmo, il mio riflesso pallido sovrapposto al vetro bagnato. Il cancello era vuoto. Solo pioggia che cadeva sul marciapiede deserto. "È solo la tua fantasia," sussurrai appoggiando la fronte alla sua schiena. Lui scosse la testa lentamente. "No. Ho visto gli occhi riflettersi sotto il lampione." Un brivido mi attraversò la schiena nuda mentre la sua mano si posava sulla mia vita. "Domattina alla mostra," disse, voce bassa e metallica, "stai attenta." Il vino lasciato sul tavolo luccicava come sangue rappreso sotto la lampada spenta.
All'alba preparai il caffè con mani tremanti. Il profumo amaro si mescolò all'odore dei miei nervi mentre versavo la bevanda fumante nella tazza di Ettore. "Non guardarmi così," sibilò lui afferrandomi il polso. "La mostra apre oggi. Sii impeccabile." Il suo sguardo cadde sul mio collo dove i segni delle frustate di Ilenia erano diventati lividi violacei. "Copri quelle ferite." Mi passò una sciarpa di seta che odorava ancora del suo legno di sandalo. "Monti può essere ovunque." Bevvi il mio caffè in piedi, il liquido bollente che mi bruciava la lingua come una minaccia.
Alla Galleria Morgese trovai il portone sprangato. Le stampe erano ancora coperte da teli bianchi, le luci spente, il silenzio tombale. Un biglietto sul pavimento vicino alla reception: "La mostra è cancellata per ordine del consiglio direttivo. " Le parole danzavano davanti ai miei occhi mentre il mio cuore affondava. Monti aveva ancora potere. Sentii passi alle mie spalle prima di riconoscere l'odore del profumo di Ilenia. "Te l'avevo detto che era ancora pericoloso." sussurrò lei posandomi una mano gelida sulla spalla. "È appena stato qui con due uomini della sicurezza. Ora che il suo ufficio lo ha licenziato, si è fatto assumere dal suo amico che lo ha nominato consulente speciale." La sua bocca sfiorò il mio orecchio mentre mi porgeva una chiavetta USB. "Ho trovato questo nel suo computer. Video del direttore che usa fondi pubblici per festini privati. Distruggilo o usalo. La scelta è tua."
"Ettore ha gia dei video compromettenti, con questo tuo lo distruggeremo.
Chiamai Ettore. "Le porte sono sbarrate, la mostra è stata annullata."
"Monti...si è fatto assumere come consulente speciale dal suo amico, il proprietario della Pinacoteca, e ha bloccato tutto. "Aspettami alla caffetteria di fronte," tagliò corto Ettore. "Ti raggiungo."
Seduta al tavolino di vetro appannato, osservavo i passanti affrettarsi sotto la pioggia incessante. La chiavetta USB che Ilenia mi aveva dato pesava come un macigno nella tasca interna della giacca. Ogni clic della tazzina sul piattino sembrava scandire il tempo che mi separava dalla vendetta. Ettore entrò con passo deciso, il trench nero impermeabile che gocciolava sul pavimento. Si sedette e ordinò un caffe. Gli porsi la chiavetta. " Con questa potremo distruggerlo " Afferrò la chiavetta. "Chi te l'ha dato?"
"Ilenia. L'ha scaricata dal computer di Monti."
"Cosa c'è dentro?"
"Tante cose, le prove di tangenti e corruzioni accumulate negli anni, ma soprattutto un video di Monti che violenta una minorenne. Secondo Ilenia, che lo ha visionato, la ragazzina non deve avere più di 13 anni e nel video piange e grida per svincolarsi mentre lui sorride compiaciuto.
"Che bastardo." Un sorriso carnivoro gli increspò le labbra mentre infilava il dispositivo nella tasca dell'impermeabile. "Finalmente abbiamo il colpo mortale. Lo mandiamo in galera" Bevve un sorso del mio caffè, gli occhi fissi sul portone sprangato della galleria. Poi alzandosi per tornare in ufficio mi disse." Se ti va chiama Luis ed invitalo per stasera, magari, con le sue amicizie al tribunale, ci può aiutare per sistemare definitivamente Monti."
L'idea ad un nuovo incontro con Luis non mi dispiaceva affatto. "Buona idea, lo chiamerò."
Poi mi salutò con un bacio sulle labbra ed andò via mentre la mia mente pensava ai prossimi passi da fare.
Tornai alla galleria per controllare di nuovo le porte sprangate. Monti aveva lasciato un'altra sorpresa: attaccato con nastro adesivo alla serratura, un disegno a matita della mia faccia sfigurata da lividi, con la scritta "La prossima volta sarà peggio". Strappai il foglio con mani tremanti, il sangue che batteva alle tempie. Quando mi voltai per chiamare Luis, quasi mi scontrai con lui sotto l'arcata del portico.
"Ciao, ero venuto per l'inaugurazione, ma vedo che è ancora tutto chiuso, che succede?. Sembri agitata." Mi strinsi al suo trench umido mentre gli raccontavo tutto. Quando accennai ai video, strinse i pugni con un moto di rabbia.. "Dove sono?" sussurrò. "La chiavetta l'ho data ad Ettore."
" E lui dov'è?
"E' tornato in ufficio ma prima di andarsene mi ha chiesto di chiamarti per invitarti a cena stasera, se non hai altri impegni. Lui pensa che con le tue amicizie al tribunale potresti aiutarci a mandarlo in prigione quel porco."
"Per te sono sempre libero, ci vediamo alle otto a casa tua." Le sue labbra sfiorarono il segno delle frustate sul mio collo.
"E porta qualcosa da bere. Saremo occupati tutta la sera." ammiccai con tono lascivo.
"Direi che saremo occupati per tutta la notte, se ce la farai...." Andò via sorridendo mentre io chiamavo il mio ufficio per informarli delle novità. Il Responsabile dell'agenzia mi disse che aveva gia saputo tutto e che stava mandando una squadra per recuperare le opere. Aggiunse inoltre che avremmo trovato un'altra Location per fare la mostra. " Il tuo lavoro non andrà perduto ." mi disse per sollevarmi il morale.
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